1)I'm just a reject.
Stasera non è
decisamente la mia serata.
Per prima cosa io e Engel non siamo riusciti a trovare da
mangiare e quindi abbiamo saltato la cena da bravi soldatini. Se vivi
per
strada come me non sempre riesci a mangiare o a dormire come vuoi.
Mi chiamano Hyena, il mio vero nome ormai ha perso
importanza, ho vent’anni e vivo per le strade di New York da
cinque anni circa.
Sono una ragazza bassa con dei lunghi capelli tinti di
verde acido, gli occhi tra l’azzurro e il verde molto
truccati di nero, ho un
septum, due piercing al labbro inferiore e un paio di tatuaggi.
Tutti i miei averi sono racchiusi in un vecchio zaino e
in una vecchia borsa militare, Engel è il mio migliore amico.
Non si chiama davvero Engel e non è tedesco però
assomiglia molto al protagonista di un film (*) che ho visto e da
lì è nato il suo
nome, da lì e dal fatto che mi ha salvata più
volte.
È alto, magro, con i capelli biondi tinti scompigliati e
gli occhi blu scuro.
Di solito siamo sempre insieme, ma – come ho detto
–
stasera non è la mia serata. Lui ha trovato posto in un
dormitorio per poveri,
io no.
Quella vecchia bastarda della custode si è rifiutata di
farmi entrare dicendo che non c’erano più posti
liberi, la verità è che da
quando l’ho rifiutata urlandole che non mi piacciono gli
invertiti come lei mi
odia.
Fanculo.
Engel ha provato a convincerla, ma lei non ne ha voluto
sapere, allora hanno litigato. Io ho assistito a tutto sapendo che era
la
vecchia ad avere il coltello dalla parte del manico e infatti alla fine
l’ha
avuta vinta lei, nonostante le urla di Engel, io ho dovuto levare le
tende.
Farò come faccio di solito quando non ho un posto per
dormire, camminerò tutta notte e poi riposerò un
po’ di giorno. Se provassi a
dormire per strada morirei per
assideramento, ne ho visti troppi fare quella fine. Dicono
che si
siederanno per cinque minuti e finiscono per stare sdraiati in eterno
in una
bara pagata dal comune di New York nella migliore delle ipotesi.
Forse potrei provare in certe case abbandonate nel Bronx
e vedere se mi accettano gratuitamente, ma ho i miei dubbi. Vogliono
essere
pagati in soldi – e temo di non averne abbastanza –
o pagamenti in natura. Io
non sono ancora caduta così in basso da vendere il mio corpo
e non mi va di
iniziare in questa gelida notte di inizio novembre.
Fa freddo, ma almeno il cielo è sereno e non penso
pioverà o nevicherà, non di meno sarà
una lunga notte che i miei piedi si
macineranno.
Sto camminando in una stradina su cui danno le porte di
emergenza di parecchi locali quando vedo una scena che mi fa nascondere
dietro
a un cassonetto per studiarla meglio.
Ci sono due uomini che sui stanno accanendo su un terzo
corpo steso a terra, non saprei dire se è un uomo o una
donna, ma se fosse una
donna non voglio essere la complice di uno stupro con il mio silenzio.
Cerco di studiare meglio la scena e mi accorgo che
fortunatamente non è una ragazza quella che viene picchiata,
ma un ragazzo.
Cosa devo fare?
La regola aurea dice di farsi i cazzi propri, ma non me
la sento di lasciare quel poveretto da solo, i due tizi che lo stanno
massacrando sono così pieni di alcool che potrebbero
ucciderlo
involontariamente.
Decido di intervenire e tiro un pugno al primo ragazzo
che cade a terra più per la sorpresa che per la forza del
colpo, infatti è
subito in piedi e si lancia su di me. Io tiro fuori dalla mia borsa
l’ultima
bottiglia di birra che ho bevuto questa sera e gliela rompo in testa.
Lui cade
a terra senza dire una parola.
Ora ho catturato l’attenzione del secondo e agito la
bottiglia rotta davanti a me.
“Non ti avvicinare, amico o te la rompo addosso.”
Lui ride sguaiatamente, non considerandomi una minaccia, ignorando che
ho steso
energumeni più grossi di lui con l’aiuto di una
bottiglia. Proprio in quel
momento il ragazzo che stavano pestando si rialza e lo stende con un
gancio.
“Cosa facciamo?”
Mi chiede spaventato.
“Ce ne andiamo!”
Lo prendo per mano e lo trascino via fino ad arrivare a
una strada trafficata, lì pulisco la mia bottiglia rotta e
la butto via.
Alla luce dei lampioni mi accorgo di avere davanti un
ragazzo alto e magro, con i capelli verdi avvolto in una giacca di
pelle rotta
in più punti. In quanto a lui ha gli occhi pesti, un taglio
sulla guancia e uno
sul labbro.
“Non possiamo lasciarli lì.”
Mi dice nervoso.
Poverino, non deve essere esperto di queste cose o
altrimenti se ne fregherebbe di quei due coglioni.
Sospirando mi avvicino a una cabina del telefono pubblica
e chiamo la polizia e dico di loro di venire sul posto con una voce
contraffatta e senza lasciare il mio nome.
“Fatto, adesso meglio andare o saranno guai.”
“Come ti chiami?”
“Chiamami Hyena.”
“Okay, Hyena. Grazie, io sono Michael.”
“Prego, Michael. Adesso vado.”
Dico nervosa.
“Hai un posto dove andare?”
Insiste lui, io tentenno. Forse potrebbe offrirmi un divano o un letto,
ma
potrebbe volere qualcosa in cambio.
“No, non ce l’hai, vieni con me.”
“E chi mi dice che non vuoi qualcosa in cambio?”
Lui mi rivolge un sorriso da bambino che mi lascia senza fiato, non ho
mai
visto tanta innocenza in uno sguardo.
“No, voglio solo sdebitarmi per avermi dato una
mano.”
“Uhm, va bene.”
Ancora un po’ sospettosa lo seguo e noto che, con mio
grande stupore, entra in un costoso albergo del centro, di quelli in
cui e
Engel non potremmo nemmeno mettere mezza unghia.
“Ma chi sei?”
Gli chiedo confusa.
“Sono Michael Clifford, chitarrista e cantante dei 5
Seconds Of Summer.”
“Credo di avere sentito una vostra canzone, ma non ci
lasciano entrare nei
locali dove le suonano.”
Lui mi guarda senza capire.
“Vivo per strada.”
“Ah, e perché hai usato il plurale
prima?”
“Di solito giro con un ragazzo di nome Engel.”
“È il tuo ragazzo?”
Mi chiede dopo aver schiacciato il bottone
dell’ascensore.
“No, è il mio miglior amico.”
“Capisco.”
Io non molto, perché una rockstar, diciamo, deve prendersi
la briga di aiutarsi
una punk che vive in strada?
Entriamo in ascensore e rimaniamo in silenzio, io mi
guardo le punte dei miei anfibi.
“Tu non ti chiami davvero Hyena, vero?”
“No, non mi chiamo davvero così.”
“Come mai vivi per strada?”
“Mio padre mi ha buttato fuori casa a quindici
anni.”
Il “plin” dell’ascensore frena almeno un
po’ le sue
domande, camminiamo per un lungo corridoio ed entriamo in una stanza.
Ha un
anticamera, due stanze e un bagno.
“Cazzo!”
Esclamo colpita.
“Bella, eh?”
“Direi di sì.”
“Se vuoi puoi farti un bagno.”
“Oh, sì, grazie!”
Leggermente a disagio tiro fuori dal mio zaino dei panni
puliti e mi avvio in bagno, mi faccio una lunga doccia e mi lavo i
denti con le
cose fornite dall’hotel. Una volta finito cedo la stanza a
lui e mi metto un
paio di jeans zebrati, una maglia dei Sex Pistols, sopra una camicia a
quadri,
qui dentro non fa tanto freddo, io però batto i denti lo
stesso.
Poco dopo arriva anche Mike con solo una salvietta
attorno alla vita, io arrossisco violentemente.
“Giri sempre così quando hai delle ragazze in
camera?”
“Uhm, sì. Potresti passarmi
quel paio di jeans laggiù?”
Io gli passo un paio di jeans neri strappati e lui se li
mette, seguiti da maglia dei Pistols e da una felpa nera.
“Bella maglia.”
“Anche la tua non è male.”
“Ci fumiamo una sigaretta?”
Mi chiede tranquillo.
“Uhm, perché no?”
“Bene, Hyena, andiamo. Questa te la offro io, ti
piacciono le Marlboro?”
“Sì.”
Lui apre la porta finestra ed entrambi tremiamo
leggermente per il vento freddo che si è alzato, ha anche
iniziato a nevicare.
Fiocchi leggeri vorticano nel cielo nero sfavillante di luci.
“Grazie!”
Gli dico sinceramente, lui mi regala uno di quei suoi
sorrisi da bambino senza dire nulla.
“Cosa avresti fatto se non mi avessi salvato?”
“Avrei camminato fino alla mattina dopo e mi sarei riposata
un po’ durante il
giorno, faccio sempre così quando non trovo un posto dove
dormire.”
“Anche con un tempo del genere?”
Io lo guardo con un mezzo sorriso.
“Credimi, è meglio camminare. Ne ho visti un
po’ che si
sono detti che si sarebbero seduti solo cinque minuti e poi si sono
trovati
stesi all’obitorio senza nessuno che pagasse per una
tomba.”
“Capito.”
“Dovresti medicarti.”
“Non mi piace.”
Io sospiro.
“Vuoi che ti medichi io o pensi che sia più punk
avere
due occhi neri?”
Lui annuisce.
“Sì, sarebbe meglio che mi medicassi tu.”
“Va bene.”
Entriamo – visto che le nostre sigarette sono finite
– e
tiro fuori dal mio zaino il kit del pronto soccorso, metto un
po’ di
disinfettante sulle ferite e poi una pomata sugli occhi.
“Domani non dovrebbero esser gonfi.”
“Uhm.”
Mi risponde lui, visto che ho una mano che preme sul suo labbro.
Non sono abituata ad avere così tanta confidenza con una
persona così sono rossa come un pomodoro. Dopo qualche
secondo tolgo la mia
mano e butto via il cotone insanguinato.
“Bene, direi che possiamo andare a letto.”
“Buonanotte, Hyena.”
Lui si dirige a passo lento verso la sua camera con un letto
matrimoniale, io
tiro fuori tutte le coperte dall’armadio e le metto sul mio
lettino, poi mi
tolgo jeans e calzini e mi metto sotto le coperte.
I minuti passano lenti, ma io continuo ad avere freddo e
batto i denti come se fossi fuori al freddo e al gelo. Cosa diavolo ho?
Una mezzoretta dopo – attirato dal rumore – arriva
Mike e
mi guarda curioso.
“Cos’hai?”
“Fr-freddo.”
Rispondo balbettando.
“Vieni a dormire con me.”
“Cosa? No!”
“Non voglio approfittare di te, al massimo sei tu che
approfitti di me visto che sono una stufa umana.”
“Bella questa, ma non voglio scopare con te!”
Lui sbuffa e con malagrazia alza le coperte e mi carica
in spalla, io tempesto la sua schiena di pugni.
“Smettila, lasciami andare! Non è
divertente.”
“Se tu non ti fidi di me, farò in modo che tu ti
possa fidare!”
Io sbuffo e lui mi depone sul letto, poi si sdraia vicino
a me e ci copre entrambi, non fa una mossa per avvicinarmi a lui mi
stringe
solo una mano.
“Ti fidi?”
“Ho freddo.”
“Se vuoi, avvicinati.”
Io rimango ferma, paralizzata dalla paura.
“Non ti farò del male, fidati di me. Sono in
debito con
te.”
Lentamente mi avvicino a lui, fino a che con dolcezza mi
attira sul suo petto: è magro, ma muscoloso.
Sull’interno del braccio sinistro
ha tatuato “To the moon.”, io lo accarezzo con un
dito.
“Sei gelida, ma hai la fronte che scotta.”
“Non posso avere la febbre.”
Gemo.
“Perché?”
“Domani cosa farò? Non ho un posto dove dormire e
farmela passare.”
Lui non dice niente.
“Però, avevi ragione! Sei caldo!”
Rispondo piuttosto rintronata, io sento le sue mani che
mi accarezzano la schiena e poi giocano con i miei capelli.
“Avevi detto che non ti saresti approfittato di me!”
“Ti sto coccolando, coccolare non vuol dire fare
sesso.”
“Non farmi male.”
Balbetto, piuttosto incoerente.
“Non te ne farò, stai tranquilla.”
Continua a coccolarmi e piano piano crollo in un sonno senza sogni.
Mi sveglio che è quasi mezzogiorno, lui mi sta ancora
tenendo abbracciata.
Merda, devo avvisare Engel!
Con tutta la
gentilezza possibile sguscio via dal suo abbraccio, mi metto i jeans e
la
camicia ed esco dalla camera.
“Ben svegliata!”
Mi dice una voce maschile che conosco molto bene.
“Engel!”
Lo abbraccio, saltando su quello che è stato il mio letto
per una mezz’ora.
“Come mai sei qui?
Come mi hai trovata?”
“Stamattina hai detto al tizio dai capelli verdi dove
trovarmi e i suoi amici mi hanno portato qui, avevi la febbre e
deliravi.”
“Oh, merda. E adesso?”
“Adesso dovrebbe arrivare un dottore per visitarti.”
Mi risponde Mike, io mi volto verso di lui.
“Buongiorno e grazie del pensiero, ma non posso
accettare.”
“Credo sia troppo tardi, Hyena. Se vuoi un consiglio fuma ora
che puoi.”
Se è quello che penso io Mike ha ragione ed è
meglio che mi goda l’ultima
sigaretta in pace, annuisco e do il tempo ai ragazzi di vestirsi, poi
usciamo
tutti e tre in terrazza.
Su New York sono già caduto almeno quindici centimetri di
neve.
“Allora, mi spiegate la storia?”
“Alle sette ti sei svegliata, diciamo, e hai detto che dovevi
vedere Engel a
una fermata della metropolitana. In realtà hai delirato
più o meno tutta notte
e non eri in grado di alzarti, così ho chiesto al resto
della mia band di
recuperare questo Engel e portarlo qui.
Dopo un po’ sono arrivati con lui ed era abbastanza
preoccupato, tutto qui. Quando ti ha visto si è calmato
immediatamente e –
visto lo stato in cui eri – ha accettato di far venire un
dottore.
Adesso non ti stiamo facendo un favore facendoti fumare
al freddo, ma pensiamo entrambi che per un po’ non potrai
fumare.”
“Sì, l’ultima sigaretta del condannato a
morte.”
Sospiro.
“Tra poco conoscerai anche il resto delle band.”
“Delle band?”
“Sì, siamo in tour con un’altra band
australiana che si
chiama Tonight Alive.”
“Non c’è bisogno che io le conosca, tra
poco me ne
andrò.”
Engel e Mike si scambiano uno sguardo.
“In realtà no, Hyena. Ci hanno chiesto di rimanere
con
loro e io ho accettato per tutti e due, non puoi vivere così
per strada. Dopo
parleremo con il manager.”
“Io non voglio essere di peso a nessuno!”
Arrossisco per la rabbia.
“Non prenderla così, ci stanno aiutando e non
è male
avere qualcuno che ti aiuta ogni tanto.”
Io non dico nulla chiusa nel mio mutismo iroso, il
dottore mi darà di sicuro pessime notizie e adesso mi
ritrovo a dipendere dalla
carità di due band.
Che rabbia!
Finite le nostre sigarette chiedo ai ragazzi di uscire
perché voglio mettermi un pigiama decente, visto che
– volente o nolente –
arriverà un medico a visitarmi. Dal fondo del mio zaino
militare tiro fuori un
vecchio pigiama azzurro e lo indosso.
La maglia è ok, i pantaloni sono un po’ corti, ma
non
posso farci niente.
Sospirando me ne torno a letto e chiamo i ragazzi, questa
volta non sono soli, ci sono sette ragazzi e tre ragazze che non
conosco con
loro.
Io li guardo interrogativamente.
“Ok, lei è Hyena.”
Mi presenta Mike, io alzo una mano in segno di saluto.
“Lui è Luke Hemmings.”
Un ragazzo dai capelli biondi lisci e dagli occhi azzurri mi tende la
mano, non
è male il piercing che porta al labbro.
“Lui è Ashton Irwing.”
Un ragazzo muscoloso, dai capelli biondo miele e dagli occhi verdi mi
rivolge un
sorrisone con tanto di fossette e mi abbraccia.
“Lui invece è Calum Hood.”
Un ragazzo abbronzato, con dei corti capelli neri e dagli occhi scuri
mi
stringe la mano.
“Loro sono il resto della mia band, i 5 Seconds of
Summer.”
“Felice di conoscervi.”
“Lei, invece è Maja.”
Indica una ragazza dai lunghi rasta neri, trattenuto da una fascia, la
frangetta, gli
occhi chiari e un bridge.
"È la nostra merch girl.”
“Io ti presento gli altri.”
Interviene Engel.
“Lei è
Jenna.”
Una ragazza dai capelli verdi, occhi blu scuro e un piercing al naso mi
saluta.
Non mi piace come la guarda Engel, è chiaramente preso da
lei e io non la conosco
minimamente: potrebbe ferirlo.
“Lui è Whackaio.”
Un ragazzo dai corti capelli neri e con i baffi mi saluta.
“Lui è Cam.”
Un ragazzo dai lunghi capelli biondi, un piercing al naso e uno sopra
il labbro
semi nascosto nei baffi mi sorride.
“Lui è Jake.”
Un ragazzo dai capelli castani lunghi fino alle spalle con barba e
baffi alza
una mano.
“Lui è Matt.”
Un ragazzo dai capelli castano chiaro lunghi fino alle spalle e una
leggera
barbetta mormora un “ciao.”.
Infine mi viene presentata una ragazza dai capelli rosso-arancione
e con un piercing al labbro.
“Lei è Kari, la merch girl dei Tonight
Alive.”
“Felice di conoscervi."
Ripeto.
Un leggero bussare interrompe la nostra non ancora
iniziata conversazione e un uomo sui quarantacinque anni entra nella
stanza.
“Devo visitare la paziente, così vi chiedo di
uscire.”
Io guardo con un sorriso triste il dottore, che la visita abbia inizio.