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Autore: _C a m i l l a_    28/07/2014    2 recensioni
" but now you want to kill me again! well, you know what? FU** **U" tutti conosciamo Johanna per il suo carattere, la sua forza. ma c'è dell'altro. tutti abbiamo un lato debole, la nostra guerriera inclusa. così fra le celle buie e umide di una prigione di tortura scoprirete l'altra faccia della medaglia, le debolezze che ognuno ha. buona lettura.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johanna Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Freddo. Solo freddo e buio, che mi avvolge come un manto. Ma non è quel buio rassicurante di quando, da bambina, mi avvolgevo sotto le coperte nell'oscurità della mia cameretta, dopo una dura giornata di lavoro. Per un attimo mi torna in mente la voce calda e bassa di mia madre, il profumo di legno e foglie fresche che aleggiava a casa mia, la barba di un giorno di mio padre, raschiante sulla mia guancia quando mi dava il bacio della buonanotte. Mi perdo nei miei ricordi, li abbraccio e li cullo, assaporandoli e rigirandoli in bacca come una caramella. Sto per cedere al sonno che mi cerca di attrarre nel suo oblio quando due mani sporche e callose mi sollevano:”sveglia bellezza! È ora di giocare !”. sempre lo stesso uomo, basso e tarchiato, con un cespuglio di capelli ispidi e unti che gli avvolge il testone e il volto bitorzoluto. Mi trascina a forza fra i corridoi umidi e quasi rimpiango la mia cella vuota.

Provo a muovermi ma una manata nelle costole mi toglie il respiro e stronca ogni mia ribellione.

Ci fermiamo pochi istanti, davanti ad un'altra cella. Un ragazzo lacero e ferito viene trascinato scalciante fuori, mentre urla e piange chiamando una donna. “Clelia, Clelia”, il suo lamento mi perfora le orecchie, si insinua nel mio cuore ghiacciato da tempo. Vorrei poterlo abbracciare, dargli un poco di quel conforto di cui tanto ha bisogno. Ma no posso. Quella persona non sarei io. Quella persona non sarebbe la Johanna fredda e imperturbabile di sempre, che sopporta le torture e disprezza gli uomini. Così mi limito a mormorargli in un sibilo freddo, carico di tutto l'odio che ho:” la vuoi piantare?non avranno pietà di te, come per tutti noi”. Il ragazzo smette subito, anche se continuo a vedere le copiose lacrime che continuano a solcargli le guance. E quasi mi pento. Quasi.

Giungiamo in un' ampia stanza circolare, dove Peeta mi aspetta già, legato e ammanettato alla solita sedia. Ormai è quasi un appuntamento. Ma non saprei dire se fra noi o con la morte. Il ragazzo che piange viene messo a mollo in un' ampia vasca circolare, nel posto che solitamente spetta a me.

Intanto i pacificatori che mi circondavano in un nutrito nugolo fino a pochi secondi fa si disperdono, sciamano via come tante api fastidiose.

L'uomo che mi ha portato nella sala collega alcuni fili al corpo del ragazzo, che pochi minuti e molteplici urli dopo viene trascinato esanime fuori dalla stanza. E io mi pento di non avergli neanche sussurrato un incoraggiamento. Ma io sono Johanna Mason. O almeno lo ero. Perchè quando sei trattato come una bestia, rinchiuso e maltrattato, ridotto alla fame, la tua dignità e identità scompaiono. Scruto la vasca colma d'acqua cristallina, quasi mi invita a entrare. Perché quell'acqua mi sussurra una promessa, la promessa di una morte rapida e la fine di questa tortura. L' uomo mi getta in acqua, sento lo sporco di giorni e giorni di prigionia e il dolore scemare via.

Mi ammanettano mani e piedi, sento il bacio freddo del metallo contro la mia pelle. Collegano i fili necessari, poi l'uomo si allontana, raggiungendo il posto da cui osserverà la mia tortura. Preme pochi tasti e subito sento il dolore perforarmi le membra. Alto voltaggio, ogni volta lo aumentano. Sento gli spasmi che mi attraversano, le mie grida che si fanno largo nell'immobilità della stanza, mescolate a quelle di Peeta che li implora di smettere. Bravo ragazzo, cerca sempre di proteggermi. Come se avessi bisogno di aiuto.

Questa volta è diverso, lo sento. Sento la vita scappare via, fuggire dal mio corpo esausto. E mi lascio andare, getto un ultimo sguardo complice a Peeta, che non parla, rispetta il nostro segreto accordo. Io sopporto e lui tace. Poi chiudo gli occhi. Improvvisamente rivedo mia mamma, bella come quando Snow me la portò via, tanto simile a me, nel carattere e nelle forme. Mi parla, mi ricorda di quando ero bambina e tornavo a casa piagnucolante dopo una brutta caduta mentre gironzolavo nei boschi, con una sbucciatura su un ginocchio o su un gomito. Ricordo come in un sogno che la mamma mi abbracciava e il papà ridendo mi diceva:” tieni duro piccola guerriera, fra poco passa tutto”. Con un sussulto riapro gli occhi, stringo i denti. Anche questa volta fra poco sarà finita. E io resisto, non mi lascio morire. Perchè sono una guerriera e una guerriera combatte fino alla fine.  

   
 
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