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Autore: Dania    29/07/2014    2 recensioni
Dean lavora in una pasticceria, ma ha qualche problema nella preparazione del pan di spagna. Castiel, il suo collega conla pessima abitudine di stampagli una manata di farina sulla spalla e che prepara ottime crostate, si offre allora di aiutarlo.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Titolo: I'm your apple pie man
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester/Castiel
Rating: SAFE
Capitoli: 1/3
Parole: 3321/?
Prompt: Castiel/Dean, Pasticceri!Au, crackfic, fluff, Dean passa la stragrande maggioranza del suo tempo a mangiare crostate, invece che venderle, e Cas, quando prepara qualcosa, gli stampa sistematicamente una mano di farina sul braccio per il GranSorpresa Challenge.
Genere: Slice of life, Fluff, Generale, AU
Note: Come al solito non so scegliere titoli. Questo è ''preso'' da Van Halen - Ice Cream Man (a cui, comunque, la fic non è minimamente legata). I titoli dei capitoli, invece, sono una specie di omaggio a Friends.
Ringrazio un sacco Francesca e Giulia, che hanno betato la prima versione della fic e grazie ai loro consigli e alle loro correzioni questa è lievitata tanto da raggiungere il triplo della lunghezza!
Avviso già subito che i restanti due capitoli (che ho quasi del tutto terminato, non temete!) arriveranno nella seconda metà di agosto, perché parto e vado in luoghi senza internet. (Ugh!)
Spero la storia vi piaccia e— in caso le recensioni (per conoscere il vostro parere) sono sempre molto gradite! ♥
PS: Ultima cosa: ho scelto il raiting giallo perché non so esattamente dove porterà il terzo capitolo, ma sono abbastanza sicura che succederanno cose, quindi potrei alzarlo appena finisco di scriverlo!
Disclaimer: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla.






Dean stava osservando quel disco latteo, che pian piano si era fatto sempre più dorato ed era stato posizionato perfettamente al centro del forno, ormai da quasi trenta minuti. Ne mancavano meno di dieci alla fine della cottura, ma nulla era successo, anzi, sembrava solo più piatto di prima, addirittura quasi incavato. Si alzò in piedi, facendo pressione con i palmi delle mani sulle ginocchia e scuotendo lentamente il capo, sconsolato dalla consapevolezza che l'ennesimo pan di spagna da lui preparato era da buttare. Perché, per quanti tentativi facesse, non si poteva gonfiare a dovere? Era a causa di un qualche passaggio non eseguito a dovere o era colpa semplicemente di un complotto e dalla posizione delle stelle non ben allineate? Dannazione!
Osservò il piano di lavoro pieno di terrine e ciotole di varie dimensioni e con chiazze di farina e schizzi d'uovo, scappati sicuramente dal frullatore mentre montava gli albumi e i tuorli ed infine miscelava insieme tutti gli ingredienti. Iniziò a riordinare mettendo i contenitori sporchi nel lavabo e lasciandoli sotto l'acqua corrente in modo che quando avrebbe dovuto lavarli buona parte del lavoro fosse già stato fatto; era talmente giù di morale da non aver nemmeno tentato di ripulirli mangiandosi ciò che era rimasto attaccato alle pareti delle terrine, come era solito fare – come fanno i bambini piccoli, sottolineò una vocina nella sua testa, ma non le diede troppo peso -. Prese dunque uno strofinaccio per pulire tutti i rimasugli dell'impasto dal bancone, o forse era meglio dire le macchie e gli schizzi lasciati dai singoli ingredienti. Aveva giusto terminato questa operazione, stava controllando il risultato ottenuto e aveva chiuso l'acqua che scorreva nel lavandino, quando suonò il timer di fine cottura e contemporaneamente una mano gli colpì la spalla.
« Come mai così serio? »
Era sobbalzato a causa del brutto tempismo che aveva fatto sembrare i due avvenimenti – la botta e il trillo del forno – l'uno una conseguenza dell'altro, ma non aveva avuto bisogno di voltarsi per riconoscere la voce allegra e bassa di Castiel, il suo collega, e per sapere che un'impronta bianca di farina era stata stampata sulla spalla, marshio che era praticamente sempre presente sule maniche delle sue divise. Mugugnò qualcosa che doveva dare l'idea di un non importa, non è nulla di importante, sono solo negato nel mio lavoro, ma che non ne aveva nemmeno lontanemente il suono, e girò il capo con un sorriso di circostanza sulle labbra. Non aveva la forza di fingere completamente che quell'ennesimo insuccesso non scalfiva la sua corazza di uomo orgoglioso delle proprie capacità – sì anche in un ambito come la pasticceria –, ma non aveva nemmeno intenzione di sembrare quel tipo di persona che, quando trovava un ostacolo che non riusciva a passare facilmente, si crogiolava nel brodo della propria presunta incapacità, per quanto gli era difficile non rimanere impassibile davanti al numero dei suoi insuccessi. L'altro, che ignorava completamente i pensieri che si affollavano nella mente di Dean, si chinò per sbirciare il contenuto del forno e comprese la causa del suo stato d'animo. Alzò il volto per poterlo guardare negli occhi, anche se si trovava quasi accovacciato a terra, con un'espressione che sembrava intenzionata a trasmettere tutta quella calma che caretterizzava Castiel in ogni situazione – almeno, in tutte quelle in cui Dean lo aveva visto in quei mesi in cui avevano lavorato insieme –.
« È la prima volta? Vedrai che la prossima andrà megl— »
« No » lo interruppe con un sospiro « credo che questa sia almeno il ventesimo pan di spagna che cerco di preparare, ma vengono tutti sgonfi. » Si passò una mano tra i capelli, mentre cercava di alleggerire il proprio tono con una risata. « Sam è stufo di doverseli mangiare tutti i giorni per colazione e per le merende solo perché così io non sia costretto a buttarlu via— » La mano scese sul volto, in un gesto che esprimeva chiaramente quanto la situazione lo sfinisse.
Castiel sorrise nell'udire quelle parole, poiché si sentiva vicino allo sfruttamento del povero Sam. In fondo anche lui aveva fatto una cosa simile con i suoi amici e coinquilini, quando ancora frequentava la scuola di cucina. Balthazar, Gabriel e Anna – questi erano i loro nomi – avevano finito per organizzarsi con i metodi più strani, in modo da riuscire a capire ed anticipare quando a lui veniva voglia di migliorare una ricetta che non gli riusciva perfetta come esigeva. Non che fosse particolarmente difficile intuire il momento in cui Castiel si sarebbe dedicato ad un nuovo piatto: era una persona veramente metodica e costante. Capitava che una mattina si alzasse con l'idea che non era in grado di preparare una certa pietanza ed allora provava e riprovava finché ogni dettaglio non era perfettamente come desiderava lui. I suoi poveri tre coinquilini appena notavano un'espressione – che sembrava facesse ogni volta che capitava una di quelle mattine – sul volto di Castiel inventavano ogni tipo di scuse per evitare di essere a casa neglio orari dei pasti, fino a quando il ragazzo dagli occhi – fin troppo – azzurri non decideva che era riuscito finalmente a svelare ogni segreto di quella ricetta. Per qualche tempo, allora, tornava a cucinare normalmente, variando i piatti che serviva in tavola. Con il passare degli anni questo loro bisogno di fuggira degli occhi esigenti ed indagatori di Castiel e dalle sue pietanze ripetute fino allo sfinimento era venuto mento, in quanto il ragazzo aveva raggiunto un tale livello in cucina da non avere più bisogno di settimane di allenamento, ma di un paio di pasti, per preparare ottimi manicaretti. Con loro gioia – ma non con quella della loro linea – si era poi specializzato in pasticceria ed aveva riempito il loro appartamento di pasticcini e torte di ogni grandezza e gusto.
Poprio per questo suo passato poteva perfettamente comprendere la situazione a casa di Dean e la disperazione di Sam, ma sapeva anche che non sarebbe dovuto passare molto tempo prima che la questione migliorasse fino a risolversi del tutto ( in fondo il suo nuovo collega aveva incontrato dei problemi solo con il pan di spagna nei vari mesi in cui aveva lavorato nella pasticceria ).
« È per quell'ordine, vero? » Chiese, alzandosi nuovamente in piedi e sgomberando la mente dai ricordi nostalgici che lo avevano imbambolato per qualche secondo. « Cosa era... Una torta di compleanno, o? »
« Mh-mh. » Il verso era stato accompagnato da un movimento del capo per confermare la veridicità di quelle parole.
« Se hai tempo, e sempre se hai voglia, che ne dici di fermarti un altro po', così magari posso provare ad aiutarti a capire cosa sbagli! » Propose il moro con un ampio sorriso, visto che ormai l'orario di lavoro per quella giornata era giunto al termine. Dean provò a rifiutare, principalmente perché non voleva che Castiel dovesse fermarsi in pasticceria più del dovuto solo per compensare una sua incapacità. Alla fine, dopo una serie di rifiuti garbati e dopo che l'insistenza del moro si era fatta più ferma – accidenti a quei dannati occhi azzurri che lo distraevano e gli impedivano di rispondere con un no risoluto! –, decise di accettare. Controllò l'orario sullo schermo del cellulare: non sarebbe mai riuscito a tornare a casa in tempo.
« Dovrò dire a Sam di prepararsi la cena da solo, allora. » Commentò, ormai arreso davanti all'idea che non avrebbe potuto né staccare dal lavoro al solito orario, né vedere il nuovo episodio settimanale della sua serie televisiva preferita – no, nessuno aveva parlato di Dottor Sexy MD –, sbloccò quindi il telefonino ed iniziò a scrivere il messaggio per il fratello.
« È tuo fratello, vero? » Chiese Castiel, guardandolo con quella sua espressione e quel suo capo leggermente piegato da un lato. « Sam, intendo. » Puntualizzò, prima di tornare alla propria postazione, senza aspettare – per fortuna di Dean – la risposta in quella posizione. Mentre al nuovo assunto era toccato l'incarico di preparare quel maledetto pan di spagna, il collega si era dedicato al dolce che nel locale andava alla maggiore: la costata di mele. Stava infatti per mettere al suo posto il sacchetto della farina quando gli era venuta – come accadeva almeno una volta alla settimana – la brillante idea di stampare la forma della propria mano sulla spalla del più giovane. Bisognava però dire che le crostate di Castiel erano veramente tra le più buone al mondo – se non veramente la più buona, si corresse mentalmente il ragazzo dagli occhi verdi –.
« Già. » Rispose Dean concentrato più che altro su quel dannato touch. Non solo doveva concentrarsi per dare indicazioni più precise possibili riguardo a quale zona del frigorifero fosse qualla in cui si trovava il contenitore con la pasta avanzata del giorno prima che Sammy poteva tranquillamente riscaldarsi per cena, no, doveva anche stare attento nello schiacciare il punto giusto sia per digitare le lettere, sia per evitare che il correttore automatico trasformasse il cartoccio del latte in una cartolina. Senza dimenticare l'ansia che il pensiero di Sam a casa da solo e con un microonde davanti gli procurava. No, Dean, Sammy è un bravo ragazzo. Lo sai, è intelligente, perché – e soprattutto come – dovrebbe mai far andare a fuoco la casa? Ah, accidenti all'essere iperprotettivi. Non ci poteva nemmeno fidare di un ragazzo di seconda superiore!
Dopo aver riposto il cellulare in tasca notò che Castiel era ancora impeganto nel sistemare la sua parte di cucina. Aveva mai notato, prima di quel momento, come la divisa del moro sembrasse troppo piccola per i muscoli che celava alla vista? Come i pantaloni nero gli fasciassero perfettamente le gambe e il— No, Dean, no, non ci stai veramente pensando. Non stavi affatto pensando al suo cul—.
Scosse il capo e si mise a guardare altrove. La cucina non era particolarmente grande, ma non era nemmeno troppo stretta. Riuscivano a muoversi in due senza creare nessun tipo di problema l'uno all'altro ed entrambi avevano la loro postazione. Tutto doveva sempre essere al suo posto e per Dean, che non era affatto una persona ordinata, era stato abbastanza difficile all'iniziorimettere ogni cosa al suo posto appena finiva di usarla e lavare ogni piano ed ogni terrina appena non gli serviva più. Gli occhi minacciosi – ed azzurri – di Castiel, però, erano serviti a qualcosa e Dean si era abituato a questa nuova routine piuttosto in fretta, consideranto i suoi normali tempi di apprendimento.
Oltre ad una porticina blu con due ante e due oblò – sì, come quelle che si vedono in ogni ristorante in ogni film – si trovava la parte del locala in cui venivano serviti i dolci che loro preparavano. Una stanza ampia, dalle pareti celestine, e arredata con mobili che potevano ricordare i locali degli anni '50 – come di Grease aveva pensato Dean, la prima volta che lo aveva visto –, con tavolini dagli angoli rotondi e poltroncine imbottite e dicolori pastello, con lampade che scendevano dal soffitto per illuminare i singoli tavoli. Una strana pasticceria dove non solo si potevano fare ordini per le torte dei compleanni ed altre feste o dove si potevano comprare i dolci da mangiare poi con calma a casa, ma dove ci si poteva anche sedere e gustare una fetta di torta accompagnata da una tazza di caffè o di tè. Quella zona era stata, però, chiusa da Jo ormai da un paio d'ore e lui e Castiel erano gli unici due rimasti nel locale, con gli ordini per il giorno dopo da preparare.
« Allora, mi spieghi cosa hai fatto? » Castiel interruppe il flusso dei suoi pensieri, comparendogli nuovamente alle spalle. Diamine, ogni volta sembra che quel ragazzo si teletrasportasse da un luogo ad un altro, invece di camminare come tutti i normali esseri umani. « Così cerchiamo di capire dove sbagli. » Aggiunse con un sorriso, inconsapevole dello spavento che aveva appena fatto prendere al collega.
« Beh, io ho seguito la ricetta passo per passo. » Sospirò passandosi una mano tra i capelli, mentre cercava di ripercorrere mentalmente i passaggi eseguiti prima di doverli esporre a voce. « Ho separato albumi dai tuorli e li ho montati con metà zucchero ciascuno. » Iniziò ad elencare, chiudendo per un attimo gli occhi in modo da ricordare meglio – e perché guardare Castiel in volto era fuori disussione, si sarebbe solo distratto! –.
« Negli albumi lo hai inserito subito? » Ecco nuovamente quella strana espressione! Il capo inclinato da un lato! Solo che questa volta era stata arricchita dalle sopracciglia agrottate e dalle labbra leggermente socchiuse, come ogni volta in cui si concentrava molto o non riusciva a capire qualcosa.
« No, li ho prima montati a lucido. » Dean assottigliò lo sguardo ed attese un cenno di assenso prima di continuare a ripetere a voce i passaggi che aveva eseguito. « Poi ho unito i due composti e ho aggiunto la farina e la fecola.
Setacciandole— » Aggiunse subito dopo, avendo già notato che le sopracciglia dell'altro si stavano corrugando maggiormente e la sua bocca stava per aprirsi del tutto.
Castiel sorrise, divertito dalla risposta che aveva anticipato esattamente la domanda che stava per formulare. Gli chiese invece se il forno era stato preriscaldato a 180 °C – temperatura usata per molti dolci, constatò mentalmente – e la risposta fu affermativa. Si prese un attimo per riflettere, un braccio stretto intorno alla vita e l'indice dell'altra mano che strusciava sul labbro inferiore. Oh, giusto, Dean non aveva ancora posato lo sguardo su quelle labbra, quindi perché non indicarle e fagli domandare se fossero veramente morbide come apparivan— – sta' zitto Dean, sta' zitto! Concentrati e non farti distrarre! –. Sembrava così serio, Castiel, in quel momento, a differenza dell'aria spensierata e calma che aveva di solito.
« Allora il procedimento è corretto ed io non riesco veramente a capire perché a te venga una ciambella! » Esclamò voltandosi verso di lui ed osservandolo con quel suo sguardo penetrante e blu.
Dean lanciò un'occhiata sconsolata al pan di spagna, che aveva tirato fuori dal forno prima mentre Castiel stava pulendo la propria postazione, e notò che effettivamente vi era una triste somiglianza con una ciambella. Quello che all'inizio gli era sembrato solo un piccolo affossamento al centro ora sembrava un vero e proprio cratere.
« Facciamo così: ne prepariamo uno ora noi due insieme! » Propose, lanciando un'occhiata di sbieco a Dean che poco prima aveva visto sospirare.
Lui annuì e si diresse verso i ripiani che contenevano le terrine pulite. Castiel nel frattempo aveva preso e dosato gli ingredienti necessari e aveva già iniziato a dividere i tuorli dagli albumi. Osservarlo in quell'operazione era una gioia per gli occhi: il gesto che compiva sembrava fosse naturale, per lui, come respirare. Nulla in confronto a Dean che ogni tanto era anche riuscito a farsi esplodere qualche uovo in faccia. Proprio come era stato detto poco prima, Castiel montò i gialli con lo zucchero, pulì poi le fruste del frullatore e montò a lucido i bianchi, aggiungendo in seguito l'altra parte dello zucchero che era avanzata. Quando anche il secondo composto fu pronto li unì con delicatezza, assicurandosi che si miscelassero alla perfezione, evitando in questo modo la formazione di grumi. Dean osservava rapito ogni gesto, quasi come se ogni singolo dettaglio potesse rappresentare la soluzione ai suoi problemi con quel dannato dolce – ed anche perché gli era quasi impossibile staccare gli occhi da Castiel e dalle sue man— oh, mamma mia, smettila, veramente! –. Tornò alla realtà solo perché doveva recuperare la fecola e la vanillina, in modo da poter aiutare, mettendo con delicatezza nel setaccio le due polveri, insieme alla farina, e lasciando che cadessero nella terrina, mentre l'altro continuava a mescolare il composto con movimenti sempre uguali. Appena le due scodelline che contenevano la fecola e la vanillina furono svuotate e il setaccio diventò abbastanza leggero perché Castiel potesse tenerlo da solo e riuscisse a mescolare allo stesso tempo, Dean si mise ad imburrare la teglia. Fortuna che il forno era stato spento da poco e non aveva ancora finito di raffreddarsi, quindi non era necessario aspettare molto prima che si riscaldasse adovere. Intanto il composto era diventato liscio ed omogeneo, dunque pronto per essere versato nella teglia, ma, prima che Castiel potesse compiere questa azione, Dean vi immerse un dito che portò poi, con l'impasto che aveva raccolto, alla bocca.
« Cosa c'è? » Chiese simulando l'espressione più innocente ed angelica tra quelle del suo repertorio. « Guarda che era pulito. » Disse in risposta all'occhiataccia che il collega gli aveva subito lanciato. « Se non so che sapore ha, come faccio a riprodurlo? » Aggiunse prima di prendere un altro po' di impasto – cambiando dito, naturalmente, non avrebbe mai voluto scatenare la furia sopita di Castiel, perché era sicuro che sotto quell'aspetto da angelo se ne nascondesse uno vendicatore –. Il moro sbuffò, prima di versare il comporto nello stampo e di metterlo a cuocere. Fatto ciò si appoggiò al piano di lavoro.
« Dici la stessa cosa ogni volta che preparo le crostate, ma non mi sembra di averti mai visto prepararne una! » Un basso gorgoglio – una risata? – lasciò la sua gola. Poteva essere che in fondo trovasse quella scusa simpatica, nonostante ogni volta si sentisse costretto a fulminarlo con lo sguardo?
« Ma non è la stessa cosa. » Rispose Dean sfarfallando le ciglia. Si sistemò poi vicino al collega, non prima però di aver recuperato la terrina ormai vuota, con tutta l'intenzione di aspettare con quella che la mezz'ora di cottura passasse e di risparmiare il lavaggio di una scodella alla lavastoviglie. Come i bambini piccoli disse una seconda volta la voce nella sua testa.
Castiel lo osservò con la coda dell'occhio per qualche minuto, scuotendo leggermente il capo. Avere Dean vicino gli riportava alle mente ricordi di quando era più giovane. Lui non era il primo che vedeva rubare impasto, ingredienti durante la preparazione e terrine da pulire mentre cucinava. No, c'era stata un'altra persona: Grabriel. Quel ragazzo e la sua ossessione, lui e i dolci. Sorrise malinconico. Riportò lo sguardo su Dean ed incrociò le braccia al petto prima di voltarsi verso di lui.
« Mh– Hai trovato un qualche passaggio diverso? Nel procedimento del pan di spagna, naturalmente! » Chiese quasi come se fosse sovrappensiero.
Dean alzò lo sguardo dal proprio bottino e si tolse il dito indice dalla bocca, ma solo per tamburellarlo sul labbro ineriore, mentre ripercorreva mentalmente la sequenza di ogni gesto che era stato compiuto.
« Direi di no. Mi sembra tutto identico a come l'ho fatto io. » Tante e tante volte. Forse in pasticceria quello di prima era solo il secondo tentativo, ma a casa propria ne aveva eseguiti a decine. Era letteralmente tormentato da quel dolce, non solo perché non riusciva a preparne uno decente, ma anche perché non voleva essere un peso e temeva cioè che Castiel avrebbe potuto pensare di lui – e poi non aveva intenzione di deludere Ellen e rovinare la possibilità che lei gli aveva offerto dandogli quel lavoro – .
Dean poggiò la terrina sul piano da lavoro per potersi accucciare davanti al vetro del forno e poter controllare lo stato della cottura. Stava giusto per allungare una mano ed aprire lo sportello del forno per vedere chiaramente il colore raggiunto dall'impasto, quando un'altra mano si sovrappose alla propria in modo da fermarlo.
« Cosa stai facendo? » Le sopracciglia di Castiel si erano talmente corrucciate da sembrare quasi un unico monociglio.
« Volevo solo controll— »
« Non ci provare nemmeno. » Disse secco, dopo aver spostato la propria mano – non prima, però, di essersi assicurato che anche quella di Dean si allontanasse da lì –. « Ora capisco perché ogni volta non ti si gonfia. Non bisogna mai, dico mai, aprire il forno durante la cottura di un pan di spagna. » La voce di Castiel che normalmente era molto allegra e spensierata ora aveva assunto un tono grave e autoritario, che fece rotolare uno strano brivido giù per la schiena di Dean.




« Allora usiamo questa per l'ordine? »
« Bisogna solo farcirla e decorarla. Ci vorrà un altro paio d'ore. Te la senti? »
« Sì—! »
   
 
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