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Autore: Iccia    30/07/2014    0 recensioni
- È più tranquilla ora… - constatò HeMo sedendosi sulle mie gambe.
- Già.. – rispondemmo io e Mark.
La casa era immersa in un quieto silenzio, come quello che si ha dopo una forte bufera.
La giornata che avevamo vissuto era paragonabile ad una tempesta: la morte di Cory era arrivata come un uragano che spazza via tutto ciò che trova nel suo cammino, cambiando nel profondo le persone.
Una volta accettato che l’uragano porta sempre cambiamenti e che come arriva se ne va, ad ognuno lascia dentro un’amara rassegnazione e un quieto silenzio tutt’intorno.
L’unica luce accesa della casa era quella proveniente dalla lampada della cucina che contribuiva a formare un ambiente placido, specchio delle nostre menti.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Naya Rivera, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prefazione: “He took the midnight train goin’ anywhere”  ha preso forma l’anno scorso, il giorno dopo la morte del nostro “gigante buono”.
Non volevo pubblicarla per rispetto di tutti, attori compresi visto che parlo di loro in prima persona, perché è un loro sacrosanto diritto soffrire senza che qualcuno ci scriva intorno delle storie.
Molti dei miei amici l’hanno letta e ed hanno apprezzato, dicendomi poi di pubblicarla e di non seguire il mio ragionamento.
Lo sto facendo anche se non sono pienamente convinta, anzi, quasi per niente.
La storia è nata come sfogo personale ed è divisa in tre parti, che pubblicherò tutte insieme.
Sarà veloce e indolore, così soffriremo il meno possibile.
Spero che apprezziate e che non me ne vorrete.
Buona lettura.
P.S : Il personaggio di Cristian è inventato dato che al tempo Naya stava con Sean che,francamente, non ho mai sopportato! 
R.B


HE TOOK THE MIDNIGHT TRAIN GOIN’ANYWHERE
 
Prima parte
 
[POV NAYA]
Inghilterra
Mistica, umida Inghilterra.
Non l’amavo particolarmente, troppe nuvole, troppa pioggia ma le persone almeno erano molto amichevoli, quando eri un’attrice famosa.
Mi trovavo a Londra per alcune interviste e per assistere al concerto di Cristian, dopodiché sarei partita alla volta dell’Italia per presenziare al Giffoni.
Ebbene sì, dopo Dianna, avevano chiamato me.
Mi aveva detto che sarebbe stata un’esperienza unica che mi sarei ricordata per sempre.
Non vedevo l’ora di viverla.
Dopo aver controllato l’ora, mi alzai dal letto e mi diressi in bagno.
Appena docciata indossai dei jeans, una maglia bianca e le ballerine.
Stranamente era una bella giornata.
Infilai la giacca e mi avvicinai al letto.
-Amore devo andare, ci vediamo a pranzo - sussurrai all’orecchio di Cristian.
-A dopo Amore – mi rispose dandomi un lieve bacio in bocca.
Ci frequentavamo da quasi sei mesi e, contro ogni aspettativa, le cose si erano accelerate fino a che la maggior parte dei giorni li passavamo insieme.
Non a caso mi aveva seguito in Inghilterra purtroppo non avrebbe potuto farlo anche per l’Italia.
Scesi nell’atrio dell’hotel e aspettai la giornalista, ero in largo anticipo, speravo facesse presto, a lungo andare queste interviste irritavano.
Chiedevano sempre le stesse cose:
Come procede la sua relazione con il famoso chitarrista Cristian Thornton?
Vi sentiremo mai cantare insieme?
Quando uscirà il suo album da solista?
E altre domande riguardanti Glee ed ora anche il bambino di Heather.
Domande alle quali rispondevo sempre le stesse identiche cose:
Io e Cristian siamo molto felici e stiamo molto bene insieme.
Presto vi faremo sentire qualcosa di mio.
“Heather è raggiante, non vedo l’ora di fare la conoscenza del piccolo.”
Ma poi: un’intervista di Domenica mattina?
Che fine aveva fatto il “Giorno del Signore”?
Ordinai la colazione e cominciai a leggere un giornale di qualche settimana fa.
Non avevo voglia di andare su Twitter, mi sentivo poco loquace.
E io ero quella che doveva essere intervistata!
Davo la colpa al caffè che ancora non avevo preso.
-Signorina Rivera, ecco la sua brioches e il suo caffè - mi porse il cameriere.
-Mi faccia un favore: può portare la colazione anche nella stanza 422?
-Ma certo signorina, cosa gradisce?
- Credo che delle uova alla coque, una brioches, del succo di frutta e cappuccino vadano più che bene. Grazie mille.
-Lo metto sul conto della camera?
-Ovviamente. - risposi sorridendogli.
Continuai a sorridere anche dopo che il cameriere partì pensando a quanto avrei fatto felice Cristian dopo quella colazione.
Era un mangione lui.
Abituata com’ero a mangiare una sola portata sia a pranzo che a cena, era stato uno shock dover cucinare per lui che si mangiava primo, secondo e contorno.
Mi obbligava anche a non saltare i pasti, cosa che capitava spesso abitando da sola.
Ancora ero immersa nei mie i pensieri, quando il mio telefono vibrò.
 
CHIAMAMI.
  ORA.
                -D
 
Dianna e i suoi messaggi gratis!” pensai con un sorriso.
Poi, però, rilessi bene e mi preoccupai.
Non sapevo il motivo ma sentivo che qualcosa non andava.
La chiamai.
-NayNay - rispose con un singhiozzo.
-Dì, cos’è successo? Perché piangi? – domandai agitata.
-È successa una cosa… - cominciò interrotta da altri singhiozzi.
-COSA? – urlai ormai certa della gravità della situazione.
-È morto
- Chi è morto? – chiesi con il cuore in gola.
-Cory – rispose con un ultimo grido straziante.
-È morto questa notte…
Ormai non sentivo più niente.
Ero vuota.
La gente muore tutti i giorni, ma quando succede a una persona a te cara è come se il tuo cervello si rifiutasse di accettarlo.
Cory è morto.
Cory non è morto.
Cory non può morire.
Cory non può morire perché è un tuo amico, come se questo lo rendesse immortale.
Poi man a mano che cominci ad auto-convincerti, senti la conferma che non volevi avere.
Alla televisione dell’hotel stavano trasmettendo la notizia dell’ultima ora.
L’attore Cory Monteith è stato trovato privo di vita nella sua camera a Vancouver.
Le cause ancora non sono note, l’autopsia verrà fatta domani.
Tutta l’Inghilterra, come tutto il mondo, è vicino alla sua famiglia, ai suo amici più cari e alla fidanzata -nonché collega- Lea Michelle.
Lea!
Mi ridestai.
Una delle mie migliori amiche si trovava a casa con il cuore straziato.
Non potevo rimanere qui tra stupide interviste, inutili foto e rumorosi concerti.
Raccolsi il telefono che avevo fatto cadere, fortunatamente Dianna aveva capito e riattaccato.
Composi il numero di Cristian.
-Amore, l’hai già finita l’intervista? – mi chiese subito.
-No, chiama l’aeroporto e chiedi subito di preparare il jet con il quale siamo arrivati. Tra mezz’ora sarò lì. –risposi come un automa dirigendomi verso la reception.
Dovevo saldare il conto e avvertire che non ci sarebbe stata nessuna intervista, quindi dovevano chiamare la giornalista.
-Cos’è successo NayNay? – domandò preoccupato.
-Ti racconto dopo. Fai quello che ti ho detto!
 
… … …
 
   [POV CRISTIAN]
 
Dire che la sua chiamata mi aveva fatto preoccupare era dire poco.
Sei mesi che stavamo insieme e non l’avevo mai sentita così.
Chiamai comunque l’aeroporto e, di conseguenza, cominciai a fare le valigie.
Dieci minuti dopo sentii la porta della stanza che si apriva e corsi al salone per vedere Naya.
Ma quella non era Naya, o almeno era lei, ma diversa.
Il volto inespressivo, gli occhi vuoti.
Quei stessi occhi dove potevo vedere il mondo intero, ora erano spenti.
Si muoveva in giro per la stanza con frenesia.
Mi passava vicino senza guardarmi, come se non esistessi, e, in effetti, in quel momento per lei non esistevo, ero solo un’ombra che le girava intorno senza sapere il perché.
Quando si diresse nella camera da letto la seguii e mi sedetti vicino alla sua valigia.
Lei continuava a non guardarmi, era come in trans.
Persa in un mondo tutto suo.
Decisi di agire.
Dopotutto era, di sicuro, successo qualcosa.
-Nay, mi vuoi dire cos’è accaduto?
Niente, silenzio più totale.
Mi alzai, le presi i vestiti dalle mani e li buttai a terra, dopodiché gliele strinsi forte tra le mie.
-Amore, calma, respira… dimmi cos’è successo…
Alzò per la prima volta gli occhi su di me, poi, piano piano, tornò al mondo reale e gli occhi le si gonfiarono di lacrime.
-Oh mio Dio! - esclamò accasciandosi a terra.
Le nostre mani ancora intrecciate in un presa ben salda.
Mi sedetti vicino a lei.
-Cory… è morto – disse tra i singhiozzi appoggiandosi a me, ancora in preda alle lacrime più amare.
Rimasi scioccato.
Cory?
Morto?
Lo stesso Cory che qualche giorno fa gironzolava per gli studi della Paramount spensierato?
Ma è uno scherzo!
Non è possibile!
Troppe domande alle quali Naya era troppo scioccata per rispondere.
Sentii il mio telefono vibrare.
Era Kevin.
 
So che Naya ha saputo.
  Non farla partire, lo faremo tutti e tre domani.
  Lea è ancora a Vancouver.
  Ci vediamo questa sera. – K”

Sapevo che anche lui era scioccato – chi non lo era? – ma cercava di svagarsi e di non pensarci.
Domani sarebbe stata una giornata dura per tutti loro, e per chi gli stava vicino.
Ora però dovevo convincere Naya a rimanere qui fino a domani.
-Ehi amore, ascolta: Kevin ha detto che partire ora è assurdo… Lea è ancora in Canada e voi tutti vi incontrerete domani.
 Oggi andremo al concerto e domani mattina presto saremo a Los Angeles, ok?
-Ma Lea! – esclamò tra i singhiozzi.
Mi faceva un male cane vederla così distrutta, lei che era sempre sorridente, ma non potevo farci niente: era giusto che si sfogasse.
-Lea ritorna a L.A. solo domani amore…
Lei lasciò le mie mani per abbracciarmi.
Sentivo le sue lacrime che mi scendevano sul collo e i singhiozzi che cercava di trattenete mi riecheggiavano nelle orecchie.
La tenni stretta a me finché non cadde in un sonno profondo e tormentato.
La presi in collo e la poggiai sul letto coprendola con un lenzuolo.
Feci lo stesso e l’abbracciai
 
… … …
 
 [POV NAYA]
 
Quando mi svegliai ero sul letto stretta al corpo di Cristian mentre lui mi accarezzava i capelli.
Non avevo voglia neanche di aprire gli occhi.
Ero senza forze, stremata.
Non volevo crederci, non potevo.
Era Cory.
Il nostro gigante canadese.
Il capostipite della Glee-Family.
Come avremmo fatto ora senza di lui?
Glee non sarebbe stato più lo stesso.
Come noi.
-Hai voglia di alzarti? – mi chiese Cristian con un bacio in fronte.
Scossi la testa.
-Lo so che è difficile, ma passa con il tempo e sono sicuro che sei, che siete, abbastanza forti da sopportarlo e superarlo… ora è normale essere giù, siete troppo scioccati…
Non risposi neanche questa volta ma mi strinsi di più a lui.
Come potevo andare al concerto di Cristian quando un membro della mia famiglia era scomparso?
Ma sapevo che andare a L.A. ora sarebbe stato inutile.
-Ti è piaciuta la colazione? – gli chiesi ripensandoci in quel momento.
Lui rise per poi rispondermi:
-Sì, il pensiero è stato molto apprezzato, grazie
Mi baciò.
-Forza alzati, dobbiamo prepararci per il concerto, anzi io già dovrei essere lì – continuò guardando l’ora.
-Sei sicuro che ce la posso fare?
Non mi sembrava il caso di andare al suo concerto, dopotutto ero in lutto.
-Sono sicurissimo, e poi viene anche Kevin…
Mi alzai e indossai il vestito che avevo programmato per la serata, anche se avrei preferito indossare pantaloni e felpa.
Misi un filo di mascara e infilai gli occhiali da sole che sarebbero stati la mia ancora di salvezza della serata.
Non volevo che la gente mi vedesse con gli occhi gonfi dal pianto.
Avevo pur sempre il sacrosanto diritto di soffrire in pace.
-Pronta? – mi chiese lui davanti alla porta.
-Sì – risposi prendendogli la mano.
Quando arrivammo a destinazione ci dirigemmo subito al backstage nel quale io e Kevin avremmo assistito al concerto.
Lo stavo aspettando con ansia, per quanto Cristian mi poteva essere di aiuto e conforto – e gli ero grata per questo – Kevin capiva meglio il mio dolore, il nostro dolore.
Quando arrivò corsi ad abbracciarlo e insieme versammo altre lacrime da sotto gli occhiali da sole.
-Ce la faremo Bee, ce la faremo… rimarrà sempre una parte di noi… Ricordati quello che diceva sempre: L’Amore ti permette di rimanere vivo, anche dopo che te ne sei andato.
Annuii piangendo ancora di più.
Il nostro gigante buono se n’era andato.
Per sempre.
 
 
 
Fine Prima Parte



 
  
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