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Autore: Amaya12    30/07/2014    2 recensioni
"(...)Ora probabilmente vi starete chiedendo perché mai mi ostinassi a rimanermene là a farmi guardare male. Il motivo era molto semplice -e no, non era per scoraggiare i bambini dal comprare troppi dolci-; si trattava di un obbiettivo ben più nobile, il mio.
Ero volato dal mio istituto in Inghilterra fino a Los Angeles per trovare il mio migliore amico. Un gran bastardo, tanto per la cronaca, ma che volete che vi dica? Al cuor non si comanda e inoltre sapevo che lui aveva bisogno di me."
Questa fic parla del periodo in cui Matt e Mello hanno collaborato per risolvere il caso Kira e battere -si fa per dire- il famigerato Near. Il pov è esclusivamente quello di Matt (visto che nell'anime non gli hanno dato molto spazio hehe).
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Okay, prima di lasciarvi alla storia, vorrei fare una piccola premessa: la prima parte, ossia quella in corsivo, è un flashback  (potrebbe esservi sembrato ovvio, ma non si sa mai...) Detto questo, vi auguro una buona lettura:)
ATTENZIONE: Volevo informare chiunque abbia letto il primo capitolo prima del lunedì sera di tre settimane fa, che mancavano i dialoghi. Ho sistemato tutto, quindi credo vi converrebbe riguardarvi la fine che altrimenti era un po' nonsense.

Matt e l'inizio della convivenza

Un bambino di circa sei anni era seduto su una sedia di plastica e metallo bianca, posta insieme ad altre in fila davanti ad una porta che recava la scritta “Direttore”.
Si chiamava Mail Jeevas -non il direttore, il bambino- e teneva il mento appoggiato alle ginocchia tirate al petto e di tanto in tanto si mordicchiava il pollice destro, oppure si grattava la nuca coperta di capelli di un rosso cremisi.
Mail non era felice. In realtà erano due settimane che si sentiva depresso. Mail non aveva mai conosciuto i suoi genitori. Ricordava però un vecchio signore distinto che di tanto in tanto gli andava a fare visita nel precedente orfanotrofio in cui viveva, che una volta gli aveva detto che i suoi genitori erano state due grandi persone e che, se si fosse impegnato, anche lui sarebbe diventato come loro.
A volte questo vecchio signore era riuscito ad ottenere un permesso per farlo uscire e lo aveva condotto al cimitero della città; non un granché allegra come gita, ma a Mail piaceva lasciare l'orfanotrofio di tanto in tanto.
Quando Mail vedeva la lapide con scritto Emily e Jordan Jeevas non gli si incupivano gli occhi come accadeva al vecchio. Non provava assolutamente nulla. Gli dispiaceva di non avere genitori, certo, ma faceva fatica a sentire la mancanza di persone che non aveva mai visto prima.
In conclusione Mail, pur non sentendo la mancanza di Emily e Jordan Jeevas, provava il forte desiderio di avere una famiglia: andava bene anche solo una persona, ma sulla quale voleva essere in grado di poter fare completo affidamento.

Ritornando al presente, c'era un preciso motivo per cui il nostro eroe si trovava seduto davanti all'ufficio del direttore. Innanzitutto, quello non era il suo direttore, tanto meno il suo orfanotrofio! Si trovava lì perché, finalmente, qualche angelo lassù in Cielo doveva aver udito le sue preghiere e... aver fatto l'esatto contrario di ciò che aveva chiesto. Quindi forse proprio un angelo non era...
Lo avevano appena costretto a cambiare orfanotrofio dicendo che
lì si sarebbe di certo trovato meglio, credimi. Beh, Mail non ci credeva. Per questo era un po' depresso.
Tirò fuori dallo zaino accanto a lui un gameboy verde e cominciò una nuova ed entusiasmante partita contro Scrabby  il Fantasma che gli impediva l'uscita dal labirinto.
Era talmente preso da Scrabby che, quando una mano abbronzata gli si posò sulla spalla, balzò immediatamente in piedi; voltandosi poi di scatto verso il pazzo che aveva osato toccarlo per poi puntargli contro il gameboy manco fosse un'arma.
In quel preciso istante si sentì una musichetta deprimente e poi la classica voce meccanica e maligna che annunciava:
Game over.
-Ma sei pazzo?! Dio mio, ma ti sembra il caso di comparire alle spalle della gente mentre sta combattendo una battaglia all'ultimo sangue contro un piccolo esserino bianco?!- Ebbene sì, Mail quella notte non aveva dormito molto ed era, quindi, molto più schizzato del solito. Senza contare che più alzava la voce, più questa si faceva a tratti femminea, facendo dunque un po' ridere chiunque lo stesse ascoltando.
Il ragazzo biondo e pazzo davanti a lui -più comunemente conosciuto come Mello-, inizialmente lo guardò perplesso, per poi scoppiargli direttamente a ridere in faccia.
-Scusami tanto, non volevo sottoporre l'umanità ad un simile essere...!- replicò continuando a ghignare. -Io mi chiamo Mello, comunque. Tu invece?-
-Matt.-

Mail non seppe mai per quale motivo lo disse. Forse perché era piuttosto convinto che Mello altro non si trattasse che di un soprannome; forse perché il famoso angelo sopra citato si sentiva in colpa e per farsi perdonare gli consigliò di usare d'ora in poi un nome d'arte in previsione al caso Kira, del quale il nostro eroe non poteva ancora essere a conoscenza; o forse, semplicemente perché aveva dormito troppo poco per scegliersi un nome più originale. Come un certo Mihael Keehl aveva invece fatto, tanto per dirne una.
-Matt...- sillabò lentamente Mello sembrando apprezzare e provocando un brivido a Mail; il quale era sul punto di
supplicarlo affinché ripetesse un'altra volta il suo “nome” con lo stesso tono di voce. -... mi spieghi perché diavolo indossi quei ridicoli occhiali da aviatore...?- concluse quindi il biondino.
Ma quali suppliche e suppliche...!
-Senti un po' da che pulpito viene la predica! Parla quello che sembra si sia rotolato nel carbone...! E quella sull'orlo dei pantaloni, poi, cos'è...?! Pelliccia...?!-
Come potete vedere, tra Matt e Mello non fu subito tutto rose e fiori; tuttavia,  nessuno dei due avrebbe ripensato nei giorni seguenti a quel loro primo incontro senza sorridere.

 

***zzzzzzzzz***


Osservai stupito il salotto arredato con gusto sui toni, ma guarda un po'?!, del bianco e nero davanti a me. -Uhm... quindi questa sarebbe casa tua? E con che soldi l'avresti pagata, esattamente?!-
-Tsk, che razza di ingrato! Ed io che ho pure accettato di ospitarti... Sai, a differenza tua, certe persone lavorano.- Dopo di che, mise su il broncio e si diresse verso le cucina che faceva angolo con il soggiorno  ignorandomi platealmente e lasciandomi solo all'ingresso.
Appoggiai il borsone ai miei piedi e ne tirai fuori un pacchetto di Marlboro, una foto di me e Mello a Halloween e l'xbox che piazzai affianco al televisore al plasma, decidendo di collegarla più tardi.
Mi diressi a casaccio nella prima, nonché unica, camera da letto che trovai e mi gettai con trasporto sul materasso per poi scoprire, non poco entusiasta, che si trattava di un incredibile materasso ad acqua a tre piazze. Con tanto di piumini foderati di seta nera! In poche parole, un sogno di letto.
Avanzai a gattoni fino al comodino in cedro alla mia sinistra e vi posai la foto, per poi trovarne una rappresentante me e Mello a dieci anni nel campetto vicino all'orfanotrofio, con il suo braccio intorno alle mie spalle ed entrambi con indosso un sorriso talmente grande che sembrava occupare metà della nostra faccia.
Sorrisi guardandola, sentendo l'improvvisa voglia di tornare indietro nel tempo solo per vederlo di nuovo sorridere in quel modo.
-Che diavolo staresti facendo... esattamente...?- disse una voce arcigna dietro di me facendomi balzare immediatamente in piedi, mentre ero in procinto di lanciare contro l'intruso la foto che ancora stringevo tra le mani in pieno boomerang-style.
Mello mi lanciò un'occhiata beffarda per poi balzare affianco a me sul letto e calarmi i doodles sugli occhi. Certe cose non cambiavano proprio mai, pensai, allacciandomi addosso al suo corpo come un rampicante sapendo piuttosto bene che non avrebbe apprezzato il gesto, soprattutto con questo caldo.
-Che succede, Matty?- fece lui cercando di scollarmi da sé con tutti i mezzi possibili. -Hai deciso di emulare la bimba-sanguisuga del supermarket?-
-Meglio non parlare, va'... d'ora in poi niente più maglie a righe bianche e nere, credo di essere rimasto traumatizzato... d'ora in poi saranno tutte a righe nere e rosse!-
Mello rise e mi scompigliò con forza i capelli. Al che io gemetti, al che, lui rise semplicemente più forte. Sadico.
-Io non mi lamenterei troppo, fossi in te. Dopotutto, non sei tu quello che ha ricevuto un calcio là dove non batte il sole da una bimba di sette anni con una forza fuori dalla norma...- Al ricordo di Mello  che si proteggeva la parti basse inginocchiato davanti alla piccola sanguisuga mentre il suo viso si faceva sempre più rosso, dovetti stringere con forza le labbra per non far uscire le risa che mi premevano contro la gola.
-Per poi non parlare della madre!- continuò lui. -Sembrava preda di una crisi isterica, cazzo! State lontani dalla mia bambina!- aggiunse in falsetto. -Certo che le staremmo lontani, se solo lei la piantasse di molestare la gente...-
Continuò con il suo monologo per altri cinque minuti, lamentandosi un po' di tutto. Alla fine rimanemmo semplicemente l'uno acconto all'altro in un confortevole silenzio che avevamo sviluppato dopo più di dieci anni di convivenza, senza che mai pesasse a nessuno dei due.
Ad un certo punto tirai fuori una sigaretta dalla scatola che avevo lasciato sul comodino ed estrassi un accendino dalla tasca dei jeans.
-Ehi, Matt! Lo sai benissimo che non si fuma in camera con me e soprattutto non sul mio letto! Vattene in bagno! Anzi, meglio ancora: vacci proprio a dormire in bagno! Nessuno può toccare il mio materasso ad acqua, l'unico motivo per cui non ti ho scacciato prima è perché ci conosciamo da una vita. Ora però è tempo per te di sloggiare!- ringhiò Mello con rabbia per poi spingermi giù dal letto.
Atterrai di faccia e, dopo diversi lamenti ed imprecazioni, mi diressi a grandi passi in bagno, portando con me l'intero pacchetto di Marlboro.
Quando mezzora dopo ne uscii, mi assicurai per bene che la finestra del bagno fosse chiusa in modo da invadere per bene la casa di odore di fumo: una vendetta più che meritata, dopo che quel pazzo mi aveva fatto uscire il sangue dal naso a causa della caduta.
Non appena misi piede nella sua camera, lo trovai mezzo appallottolato a letto, a dormire pacifico come un bambino, nessun pensiero sembrava turbarlo.
I capelli biondi gli nascondevano parte del viso, ma non abbastanza perché non notassi il sorriso rilassato che gli incurvava le labbra, come se fosse preda di un sogno incredibilmente piacevole.
A quel punto gattonai sul letto affinché i nostri volti fossero alla stessa altezza e gli scoccai un bacio sulla guancia.
Sorridendo mi sdraiai al suo fianco per poi cadere addormentato pochi minuti dopo,
immaginando che il motivo per cui ero giunto fino a Los Angeles potesse attendere fino a domani.

Questo è tutto per il momento:) Come al solito, vi vorrei davvero molto bene se lasciaste un commentino, accetto tranquillamente le critiche, purché siano costruttive. Spero di riuscire d'ora in poi ad aggiornare almeno una volta la settimana... Prima non c'ero riuscita perché sono stata in vacanza in Puglia per due settimane, in un campeggio dove dire che non mi prendeva internet, è un eufemismo...
Alla prossima,
Amaya

  
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