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Autore: Out of this world    08/09/2008    9 recensioni
Raccolta di momenti, fra passato, presente e futuro, di Shinichi & Ran.
[06/20 - (WILD) Boy]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Title: Friends
Author: Lore (minako;)
Pairing: Ran Mouri/Shinichi Kudo
Fandom: Detective Conan
Rating:
Giallo
Note: ho adorato scrivere questo capitolo XD Spero che vi divertirete come mi sono divertita io (in caso contrario sarete rimborsati *sisi*). E ringrazio anche voi fedeli recensori e lettori!!
Questo capitolo spero vada bene, perché vi avverto che forse i personaggi [visto che il contesto comico può dar rogne per questo] sono un po’ OOC. Quindi vi avverto, in modo che siate preparati se vi da fastidio questo tipo di fic. Comunque non è OOC pesante, spero sia okay comunque!
Ora vi lascio, ringraziando i recensori! Ciau!

 

evechan: accie’ per i compliments ** Addirittura commossa? Wow! xD Spero che questo capitolo di piaccia! Ciau ciau!
white_shadows:
in effetti concordo con te sul fatto che il capitolo precedente era un po’… polpettoso? xD Forse è il termine giusto, e concordo anche che lo stile era un po’ più basso dei precedenti. Ma come ho detto, guarda, per scriverlo ci ho impiegato veramente tanto, e – si sa – quando vuoi fare qualcosa che non è alla tua portata, alla fine di farci arrangiamenti non viene poi tanto bene. Apprezzo quindi il tuo commento ancora di più, perché è bello ricevere recensioni negative però che ti aiutino a migliorarti. Ora so con certezza che certe tematiche devo rivederle *sisi* Per i dialoghi pesanti… quello è un mio vizio, li faccio sempre così, anche se in effetti nella parlata comune non accade xD Cercherò di essere più leggera! Uhh, davvero Mi sa che ci siamo incollati ti è piaciuta? Mamma mia, sembra un’eternità fa che l’ho scritta! Grazie per i complimenti!! :)

feferica: spero di aver postato in fretta il capitolo, visto che eri impaziente! ** E spero ti sia piaciuto come quello precedente! Grazie per i complimenti! Ciau^^

totta1412: no no, Ran dormiva perché, poverina, sai com’è, con uno stallone (lol) come Shinichi dopo aver passato la notte con lui era pure stanca! xD Nessun ago, semplicemente ha fatto troppo sport! XD

rannina4ever: intanto grazie mille per i tanti complimenti! ** Sarò ben felice di darti consigli per la fic, non appena finisco di postare questo vado a leggere! Per il mio contatto msn, non mi piace dartelo qua, preferisco mandarti una mail. Però ti devo avvertire che non ci sono spessissimo!

 

 

twentylovemoments
s h i n i c h i • r a n

 

 

[04] friends

 

 

Non mi piaceva quella situazione. Proprio no.

E sapere che avrei potuto farne a meno, mi rese ancora più incollerito.

Fissai con astio il ragazzo accanto a me, entusiasta di avermi lì con lui. Dannato Hattori.

«Non è fantastico che siamo tutti qui?», domandò su di giri, fissando me e Ran pronto a ricevere una risposta positiva. Invece, ricevette da parte mia solo uno sguardo fulminante.

«Sì», replicai. «Fantastico».

Ran mi diede una gomitata nelle costole, facendomi sbuffare.

«Oh, non mi dire che adesso vorresti essere qui!», le sibilai, non facendomi sentire da Hattori.

Lei si rattristò un attimo, per poi acconsentire con un sospiro. Entrambi sapevamo cosa sarebbe successo che quel dannato Hattori non ci avesse telefonato la sera prima: i biglietti per una crociera romantica di una settimana erano ancora nella tasca dei miei jeans.

E dire che in quel momento saremmo potuti essere su una nave di lusso, completamente da soli a compensare quel mese nella quale mi ero assentato per andare in America per un caso. Che noia…

«Oh, ecco Kazuha!».

Mi voltai pigramente a guardarla venirci incontro con un pancione assurdo. Alzai un sopracciglio: e bravo Hattori, aveva colpito due volte in una botta. E così, solo che fra qualche settimana, avrebbe avuto due gemelli.

«Scusate il ritardo, ma non sono riuscita a scollarmi dal lavoro molto presto», si avvicinò a noi gioiosa, per poi posare un bacio sulla guancia a Hattori, che la fissò come incantato.

Incrociai le braccia.

«Tutto questo è molto commovente», cercai di non fare caso al piede di Ran che pestava il mio con ferocia, «ma non ho capito ancora perché dobbiamo venire anche noi», conclusi pestando a mia volta il piede di mia moglie.

«Bè, ci sentivamo un po’ imbarazzati ad andarci solo noi due, così abbiamo pensato: chi meglio di Kudo-kun e Ran-chan?», rise Toyama, mentre entravano nel portone di fronte a noi, dove si sarebbe svolto un incontro fra futuri genitori.

«Certo, chi meglio di noi due che non abbiamo nessuna esperienza?», borbottai al caldo dell’ambiente, togliendomi il giaccone per poi appenderlo all’attaccapanni lì accanto.

Una volta tolti i cappotti, andammo verso una saletta già un po’ affollata, dove ci accolsero con entusiasmo.

«Oh, due coppie di futuri genitori!», esclamò una donna sulla quarantina, probabilmente la dottoressa che avrebbe fatto la lezione, battendo le mani. Ran scosse la testa.

«No, no, noi accompagniamo loro due», spiegò indicando i due alle mie spalle che annuirono impetuosamente.

«Oh, allora mettetevi pure tutti e quattro lì per terra, in fondo», ci indicò uno spazio vuoto, dove ci andammo a sistemare.

Come avevo fatto ad accettare di accompagnarli, eh? COME?!

Forse perché ti senti incredibilmente in debito con Hattori per tutta la storia dell’organizzazione.

Schifosa coscienza interiore. Ma in fondo era vero: gli dovevo la vita, mi aveva aiutato a sconfiggere gli uomini in nero. Perciò avevo acconsentito mosso da ciò. Ma iniziavo a pentirmene amaramente.

«Comunque, ti ho chiesto di venire perché ci dovrai aiutare in futuro», si sedette per terra accanto a me Hattori, incrociando le gambe come gli indiani.

«Scusa?», chiesi confuso. Non dovevo adottare un suo marmocchio perché non ne voleva due, vero?

«Bè, sei stato bambino per così tanto, che avrai imparato molto sui marmocchi di oggi, no?».

Grugnii, mentre Ran ridacchiava. Bella moglie che avevo.

«Oh, che fatica», commentò con una smorfia di dolore Toyama, posando una mano sul pancione enorme. Sembrava una mongolfiera umana, ma mi guardai bene dal renderglielo noto.

«Tutto okay, Kazuha-chan?», domandò preoccupata Ran al mio fianco, sporgendosi in avanti per vedere l’espressione sofferente della sua amica. Perfino Hattori si irrigidì, voltando uno sguardo ansioso alla moglie.

«Oh, non è niente», commentò deglutendo lei. «E’ solo mal di stomaco, ho mangiato un po’ pesante oggi».

Mi venne da ridere al pensiero di Toyama che si ingozzava di hamburger con quella pancia al McDonals. Non potei trattenermi, e risi sottovoce per conto mio come un pazzo. Hattori, Ran e Toyama mi fissarono stralunati. Cercai di darmi un contegno.

«Ehm… scusate», dissi smettendo di ridere. Ma Toyama iniziava a respirare a fatica, così che l’attenzione di tutti fu su di lei.

«Tutto a posto, signora?», domandò la donna di prima, avvicinandosi. Toyama spalancò gli occhi.

«H-heiji», chiamò suo marito, voltandosi verso di lui, il quale era diventato di ghiaccio. «Heiji, penso sia il momento… Heiji? Ehi?».

Diedi un colpo sulla testa ad Hattori, cercando di farlo rinvenire. Ma l’avevamo penso, supposi, perché riuscì solo ad aprire la bocca nel panico.

«Hattori?», cercai di farlo tornare in vita.

«CAZZO, HEIJI, STO PER AVERE I TUOI FIGLI!», gridò fuori di se Toyama, facendo sobbalzare all’indietro dalla paura sia me che Ran, per non parlare poi del diretto interessato, che balzò direttamente in piedi guardandola come se venisse da Marte e i figli di cui parlava fossero del primo barbone che aveva incontrato per la strada.

«Presto, aiutiamola ad alzarsi!», ordinò la dottoressa, prendendola da sotto le ascelle. Hattori, ripresosi, l’aiutò mentre io a Ran spingevamo da dietro. Venti tonnellate dopo, era in piedi che sudava e gemeva.

«Okay, niente panico. Ora chiamo un’ambulanza», prese il telefonino Hattori con mani tremanti, tanto che in un atto compassionevole la chiamai io per evitare che sbagliasse ogni volta numero.

«Su, respira», ordinò la dottoressa, prendendola a braccetto per condurla fuori. Ran e io li seguimmo, ma l’occhiata rabbiosa di Toyama ci immobilizzò, e quasi non risposi al telefonino quando dall’altra parte dell’apparecchio mi rispose un’infermiera.

«Voi restate qua!», sbottò, appoggiandosi a Hattori, che la tenne su mentre continuavano a camminare verso l’uscita. Finita la telefonata all’ambulanza, guardai frastornato Toyama.

«Perché dovremmo restare?!», chiesi scioccato.

Già! Perché dovremmo restare? La nave per la crociera doveva ancora salpare, potevo salvare in extremis una settimana passionale con mia moglie dopo un mese di astinenza! Non c’era mica da scherzare!

«Sapete quanto abbiamo pagato?! Ora qualcuno se la gode questa cosa, e quindi ci state voi!».

Pare non si accorgesse che ne Ran ne io avessimo in grembo un moccioso, ma questo non sembrava preoccuparla. Anzi, ripeté che dovevamo rimanere anche quando arrivò l’ambulanza e salì con gemiti sconnessi. Hattori mi guardò.

«Fallo per il tuo migliore amico», mi supplicò.

Odiavo avere amici.

Annuii con un sospiro pesante.

Addio settimana romantica, addio notti insonni. Benvenuto corso per futuri genitori lunatici.

Rientrai con Ran, che notai fosse anch’essa insolitamente triste. Sfruttai quella situazione.

«La crociera deve ancora iniziare», le mormorò malizioso in un orecchio. Lei mi guardò con occhi illuminati da una luce entusiasta, ma poi scemarono quando la dottoressa ci spinse dentro.

«Ritornate ai vostri posti, su!».

La guardammo in cagnesco, e sconvolti tornammo a sederci.

«Dannazione», soffiai, ma il silenzio calò, e tutti dovemmo ascoltare la dottoressa.

«Allora, iniziamo finalmente. Futuri padri, fate sedere davanti a voi le vostre future mamme!».

Io rimasi fermo al mio posto, e così anche Ran, ma quando la dottoressa ci fulminò con lo sguardo, in fretta mia moglie volò di fronte a me, dandomi la schiena.

«Ma che posizione romantica», notai sarcastico, guardando le altre mamme con le gambe larghe per la pancia che evitava di tenerle chiuse. Ran strozzò una risata nella mano.

«Cara, come ti chiami?».

Ran si immobilizzò, arrossendo.

«Ehm… Ran», rispose. La dottoressa stramba la guardò con una smorfia.

«Apri le gambe, Ran».

«La cosa si sta facendo interessante», ridacchiai nascondendomi dietro di lei. Mi diede un pugno nello stomaco, facendomi semi soffocare. Imbarazzata, poi, seguì gli ordini.

«E ora, futuri padri, accarezzate la pancia con il bambino. Non è meraviglioso ciò che si muove nel ventre della vostra compagna?».

«Uhh, ecco il sushi che hai mangiato a pranzo che si muove», toccai la pancia di Ran, facendola ridere fragorosamente. Tutti si voltarono offesi verso di noi. Ci zittimmo all’istante.

«Eh ora», digrignò i denti la dottoressa stramba guardandoci male, «future mamme, provate a immaginare ciò che avete nel ventre».

«Mi sta venendo fame a immaginare il sushi», ammise nel mio orecchio, voltandosi appena verso di me. Tossì per mascherare un attacco di risa.

«E ora, per coinvolgere anche il vostro compagno, fra voi ricordate il momento del concepimento».

Tutti iniziarono a sussurrare fra loro, mentre io e Ran ci guardammo cercando di non ridere.

«Okay, decidiamo quando abbiamo concepito il sushi», feci finta di concentrarmi.

«Bè, è facile, a pranzo», rispose divertita.

«Bene, ricordiamo quel momento», chiusi gli occhi e lei fece lo stesso.

«Fatto».

«E ora?».

«Non so, ne discutiamo?», chiesi. «Per esempio devo dire che gli involtini erano un po’ salati».

«Pure io me ne sono accorta», annuì.

«Il resto era ottimo, però».

«Bene!».

«Ora parlate fra voi della vostra creatura. Per esempio, che nome gli darete o che sesso vorreste che abbia!».

«Chissà il sushi se era maschio o femmina», rimuginò sopra mia moglie.

«Bè, lui si chiama sushi in entrambi i casi», risposi.

«Ma quando crescerà i suoi amici non sapranno se chiamarlo sushi-kun o sushi-chan».

«Che problema», commentai.

«Puoi scommetterci!».

«Future madri, ora immaginate il momento in cui il vostro bambino uscirà da voi!».

«Che schifo!», commentammo all’unisono sottovoce sia io che Ran, storcendo il naso.

«Non provare a immaginarlo, che orrore, Shinichi!», mi ammonì, e fui grato a seguire il suo consiglio.

«Bleah», commentai.

«Voi vi chiederete, futuri papà, come potreste aiutare per far uscire la vostra dolce creaturina».

«Veramente no», risposi in un sibilo.

«Bè, dovrete tenere la mano della vostra compagna, e aiutarla psicologicamente».

«Scusa Ran, ho promesso di amarti per l’eternità e tutto quando, ma non penso di poter fare ciò che dire lei», le dissi.

«Sei perdonato», fece una smorfia.

«Domande?», chiese. Alzai la mano senza neanche pensarci.

«Mia moglie nella pancia ha solo il pranzo di oggi e qualche budella, potremmo andarcene?», domandai candidamente. La dottoressa stramba sospirò adirata, e indicò la porta. Felici ci alzammo in piedi, e prima che potesse cambiare idea, indossammo le giacche e fuggimmo da quell’edificio.

«Che ore sono?», chiese correndo verso la macchina Ran. Guardai l’ora.

«Manca un quarto d’ora!», gemetti.

«Le valige sono ancora in macchina?», chiesi. Lei annuì.

Volando adocchiammo la nostra macchina, e subito misi in moto verso il porto.

«Non dovremmo andare a vedere come sta Kazuha-chan?», chiese in colpa poi. La fissai male.

«Ran, per favore, eh!», sbriciolai qualsiasi panico che si era impossessato di lei.

Dieci minuti dopo, stavamo parcheggiando malamente la macchina per poi correre verso la nave che stava finendo di imbarcare i passeggeri.

Mi sentivo molto Leonardo Di Capro, in effetti, a correre così. Sperai solo che la nave avesse di fronte a lei un altro destino, un pelino più positivo del Titanic.

Una volta dentro, col fiatone ma felici, tirammo un sospiro di sollievo.

«Kazuha e Hattori-kun ci uccideranno», commentò, mentre cercavamo la nostra cabina.

«Oh, andiamo, lo sanno tutti che i bambini appena nati sono strabici, senza capelli e coperti di sangue. Non avrebbero voluto che vedessimo i loro marmocchi in quelle condizioni», risposi.

Lei fece una profonda smorfia che una volta dentro alla suite divenne meraviglia.

«All’improvviso, mi sono dimentica di Kazuha e Hattori», mormorò fissando l’eleganza della cabina.

«Sembra il Titanic».

A volte viaggiavamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda.

«Senti, Shinichi», si voltò poi verso di me incerta. La fissai curioso.

«Stavo pensando...», cominciò sempre titubante. «E se… come dire… proviamo ad avere un bambino anche noi?».

Deglutii.

«Il sushi non ti basta?».

«Shinichi!», mi guardò frustrata. Sorrisi.

«Calma, calma, scherzavo!», l’abbracciai. «E poi abbiamo una settimana intera, no?».

Le mi guardò, insicura.

«Ma a te piacerebbe?».

La fissai un attimo.

«Come puoi pensare il contrario?», domandai. Lei sospirò rilassata.

«Davvero?», le si illuminarono gli occhi. Annuì.

«Davvero», acconsentì.

Batté le mani gioiosa, e risposi all’allegria con un sorriso, non potendo sapere che settimana avrei passato sotto le sue torture per rimanere incinta. Vi dico solo che arrivato a casa dormii due giorni per riprendermi. Ma almeno, qualche mese dopo, sentii qualcosa nella sua pancia, e non era sushi.

  
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