That’s
amore
Un’
amore in cucina
NB:
I Tokio Hotel (e come tutte dicono “purtroppo”)
non sono di mia
proprietà. Gli altri personaggi, invece, sono stati tutti
partoriti dai miei
neuroni, quindi qualsiasi riferimento ad avvenimenti e
persone reali sono puramente
casuali.
Inoltre, tutto ciò che è narrato in questa storia
è frutto della mia fantasia.
Ed ora
auguro a tutti voi una Buona Lettura (lo spero con
tutto il mio
cuoricino, dato che è la prima Fan-Fiction che pubblico)
*Ho un
appuntamento?*
“Eleeeeeee”
Mi
chiamò
la mia amica, Natasha, comparendo sulla porta della cucina.
“Sono
pronte le pizze del tavolo tre?”
“
Sono in
forno, 5 minuti e arrivano”
“Bene”
Mi rispose
con un sorrisino malizioso stampato sulla faccia.
“Com’è?”
Le
dissi io sorridendo.
“Com’è
chi?” Mi rispose lei.
“Quello
del
tavolo tre”. Le dissi io.
Lei ci
pensò un po’, poi disse tutto ad un fiato:
“Un
figo da
paura!! Biondo con gli occhi azzurri. Quasi quasi gli lascio il mio
numero
vicino al tovagliolo” disse, guardandolo e facendogli
l’occhiolino.
La mia
Naty, sempre la solita! Ci provava sempre con il primo che gli capitava.
Lei era una
bella ragazza con gli occhi azzurri e i capelli biondo-platino. Adorava
i party
in discoteca, e i vestiti di marca. Insomma, la Paris Hilton Italiana.
Insomma, Tutto
il contrario di me. Io sono mora con gli occhi castani, odio le
discoteche e la
musica house, ma c’è una cosa che odio con tutta
me stessa: la moda.
Infatti
trovo ancora strana la cosa che una come lei sia diventata la mia
migliore amica.
Le volevo
un bene dell’anima, era capace di farmi ridere anche quando
avevo voglia di
spaccare il mondo. Avrei fatto qualsiasi cosa per lei.
Fu la prima
persona che conobbi quando venni a lavorare qui in Germania.
Io avevo
appena finito la scuola alberghiera, e avevo preso il diploma di
cucina. Ma ero
stufa di lavorare in Italia. Da piccola sognavo sempre di far arrivare
le mie
“creazioni” per tutta Europa, così,
quando terminai gli studi, decisi di
realizzare il mio sogno, partendo dalla mia adorata Germania. Mio padre
era
tedesco, mia madre francese. Lei morì subito dopo il parto
per un tumore, così
mio padre mi fece sia da madre che da padre.
All’età di 10 anni ci trasferimmo
in Italia per via del suo lavoro, ma la Germania mi rimase nel cuore.
Quindi
decisi di trasferirmi qui, a Berlino, e di cercare un appartamento da
dividere
con altri coinquilini.
Un giorno,
mentre stavo camminando per il centro di Berlino, notai un cartello con
scritto
“Cercasi
COINQUILINA”. Chiamai subito e lei
accettò immediatamente, dato che
aveva assolutamente bisogno di soldi per aprire un ristorante il
più prima
possibile. Da quel giorno fummo inseparabili.
Dato che
scoprimmo di avere entrambe la passione per la cucina, decidemmo di
aprire un
ristorante - il quale poi chiamammo“That’s
Amore”- al centro di Berlino.
Al nostro progetto si unì il mio caro amico Michael, il
quale era un mio amico
d’infanzia. Era terribilmente affascinante, veramente un
bell’uomo, d’altra
parte lo era sempre stato, fin da bambino. C’era solo un
piccolo problema: era gay!
“Dai
Naty!
Sei sempre la solita”
“Zitta
tu!
Sei solo invidiosa!” mi disse scherzando
“Io
invidiosa? Non potrei mai essere invidiosa di una che si
trom...”
“Oh!”
si
intromise Michael: “Basta voi due. Vi pare il momento di
mettersi a scherzare
così? Su, forza, ci sono molte cose da sbrigare. E
tu” disse rivolgendosi a
Natasha:
“Io?”
rispose lei indicandosi
“Si
tu...
quel bel figo lasciamelo a me, si vede lontano un miglio che
è un gay! E ora
tutti a lavoro! Abbiamo molto lavoro stasera, la sala è
piena”
“Uffi!”
disse Naty: “Ma perché quelli più belli
sono tutti gay?”
Io risi
alla sua affermazione e Mike rispose con un “Ho detto a
lavoro!”
“Augh
grande capo” dicemmo in coro io e Naty, con il sorriso
stampato sulle labbra e
facendo il saluto militare.
Aprii una
delle due ante della porta che dava sulla sala e mi ci appoggiai:
effettivamente Mike aveva ragione, il locare era pieno zeppo, come del
resto
tutte le sere. Non per vantarsi, ma la nostra era la miglior pizza di
tutta
Berlino.
“Mi
scusi”
un uomo sulla quarantina mi si pose davanti. Era molto alto, calvo
tutto
vestito di nero e portava due occhiali da vista tondi. Dietro di lui vi
erano
altre due persone, due ragazzi suppongo: uno di loro aveva
un’ aspetto molto
ambiguo: indossava una felpa nera dell’adidas(nera),
una sciarpa nera
legata attorno al collo nera, un cappellino con
visiera (nero),
due grossi occhiali da sole, con su scritto sulle stanghette, grosso
quanto una
casa, il marchio Prada (neri), ed infine una bella
borsa della diesel di
pelle (bianca).
L’altro,
ragazzo anche lui, indossava una grossa (diciamo enorme
per la sua
taglia) felpa color panna, sotto della quale si poteva notare un enorme
t-shirt bianca, dei jeans enormi, un cappellino da
baseball celeste, dal
quale scendevano dei lunghi rasta biondi, ed infine gli stessi occhiali
da sole
che portava l’altro ragazzo.
“Mi
dica”
risposi gentilmente
“Vorrei
ordinare delle pizze da portar via”
“Si”
dissi dirando
fuori dalla tasca del mio grembiule il blocchetto delle ordinazioni:
“Mi dica”
“Vorrei
5
margherite” ma subito il ragazzo rasta gli diede un pacca
sulla spalla, e il
signore si corresse dicendo:
“Anzi,
no,
15”
Ma questa
volta l’altro diede una pacca sulla spalla del signore il
quale esordì
rassegnato:
“Vorrei
20
pizze margherite, e una quattro stagioni, grazie”.
Io segnai
il tutto annuendo, poi dissi alzando gli occhi:
“Ci
Metterò
un po’ di tempo a farle tutte, se nel frattempo vi volete
accomodare” dissi
loro indicando il tavolo.
“Si,
certo!
Perché no?”
Rispose
l’uomo, con un sorriso come per dire:
“GRAZIEDAVVERONONVEDEVOL’ORADIRIPOSARMIUNPO’”
Ricambiai
il sorriso, poi chiesi se volevano qualcosa da bere.
“Io
una
birra”rispose il rasta.
“Io
una
red-bull” rispose l’altro
“Mi
spiace
ma non abbiamo red-bull”
“Oh...”
disse il ragazzo: “Allora una coca-cola”
“Ok”
dissi
continuando a scrivere il tutto sul mio fedele blocchetto
“E io
una
bottiglia d’acqua frizzante, grazie” aggiunse
l’omone
“Perfetto”
dissi io “Ve le faccio portare subito”
Non feci in
tempo a girarmi verso la porta della cucina, quando il ragazzo
dall’aria un
tantino ambigua mi chiamò. Mi rigirai e me lo trovai di
fronte.
Ok, non
c’erano dubbi. Era un uomo... e che uomo! Si era tolto solo
gli occhiali da
sole. Mostrando così un leggero stato di trucco nero sulle
palpebre degli
occhi.
Aveva un
paio di occhi color caramello, una pelle chiarissima e mi piaceva un
sacco
quella specie di neo che aveva sul lato destro del mento. Mi pareva di
averlo
già visto da qualche parte... ma molto probabilmente mi
sbagliavo.
Sarà
un
dejavù, ne ho uno ogni cinque minuti!
Ad ogni modo era... era semplicemente Stupendo.
“Emh...si?”
Risposi io.
“Dove
posso
trovare il bagno?”
“In
fondo
al corridoio a sinistra”
“Grazie”
mi
disse sorridendo
Oddio...
posso svenire?
“Di
nulla”
Risposi.
Poi mi girai
e mi diressi verso la porta della cucina.
“Mike”
dissi entrando “Sbrighiamoci, dobbiamo fare 20 pizze
margherite e una quattro
stagioni”.
“Ma
che per
caso ti sei impazzita? Non ce la faremo mai entro stasera! Il locale
è pieno!”
“Certo
che
ce la faremo!” Dissi io: “I clienti stanno tutti
mangiando e per qualsiasi
altra cosa c’è Naty!”
Mike
sussurrò un: “Dio aiutami tu!”
portandosi una mano sulla fronte e si diresse
verso il piano in acciaio sporco di farina, dove sopra erano appoggiate
tante palle
fatte di pasta per
la pizza; ne prese
alcune e cominciò a stenderle con l’aiuto di un
matterello. Io, nel frattempo,
lo aiutavo mettendo della salsa di pomodoro e della mozzarella su
quelle già stese,
e dopo le infilavo nel forno.
“E
questa”
dissi infilando una pizza nel cartone: “era
l’ultima”
“Dai,
portiamole di là...ti aiuto io.”
Spinsi
l’anta della porta con la spalla (dato che avevo in mano
dieci delle ventun
pizze ordinate) e uscii dalla cucina, seguita da Mike, il
quale teneva il resto delle pizze.
“Ecco
a
voi” dissi mettendo le pizze in mano all’
”omone”
“E
qui c’è
il resto” proseguì Michael mettendo il resto delle
pizze in mano al rasta.
“Quant’è?”
chiese il ragazzo truccato
“La
margherita costa 2 euro e 50” dissi mentre battevo lo
scontrino “La capricciosa
3, quindi in tutto sono 28 euro”
“Aspetta”
disse il ragazzo con i rasta “e le bibite?”
Io gli
sorrisi e dissi “Non vi preoccupate, offre la casa!”
“Tieni”
mi
disse il moro, mentre mi porgeva una banconota da 20 e una da 5
“E tieni il
resto!”
“Grazie
davvero” dissi mettendo i soldi in cassa e porgendogli lo
scontrino
“Scherzi?”
disse sorridendo “con tutto che il locale era pienissimo, voi
siete stati
velocissimi e gentilissimi, non so davvero come ringraziarvi”
e, detto questo,
si porto una dito sul mento e cominciò a picchiettare, poi
dopo pochi secondi
disse tutto ad un fiato “Anzi si, lo so benissimo! Fatti
trovare domani alle 20
di fronte al locale, tanto dovrebbe essere chiuso, dato che
è domenica, giusto?”
“Veramente
io...”
“Perfetto
allora ci vediamo domani... ti passo a prendere io! Ciao!”
Prese e
uscì dal locale seguito dagli altri due che borbottavano
qualcosa di
incomprensibile.
“Bene
bene”
mi disse Naty da dietro : “Pare che qui qualcuno domani abbia
un appuntamento!”
“Davvero?
Chi?” le risposi io
“Tu,
scema!” mi rispose Naty sorridendo
“Io?”
mi
dissi shockata.
Ho un
appuntamento?
NOTE
dell’ Autrice(che bello potermi
chiamare così XD): Eccomi qui, finalmente a pubblicare la
mia prima Fan-Fiction!
Spero che
il primo capitolo vi sia piaciuto, e cercherò di postare il
prima possibile il
secondo.
Mi scuso in
anticipo per gli errori che ho fatto (se me li fate notare nelle
recensioni ne
sarei più che contenta).
Infine
Ringrazio tutti quelli che leggeranno la storia e che recensiranno (Non
siate
crudeli!)
Eli_