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Autore: Enkai D Higan    01/08/2014    1 recensioni
Non lo ammetterà mai, ma finalmente Mickey Milkovich dormì il primo sonno CALDO e tranquillo da un anno a questa parte, sentendo il SUO profumo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve a tutti, il mio nome è Giulia e sono una nuova galeotta nel fandom di Shameless US. Come molti dei fans di questa meravigliosa serie, sono una convinta sostenitrice della Gallavich, in particolare tifo per Mickey. Spero che questa shot vi piaccia e che il cambio di tempi verbali non sia troppo disturbante, dato che non so scrivere in un'altra maniera, non mi risulterebbe scorrevole ed è un mio modo per narrare in terza persona, ma secondo il punto di vista del protagonista. Ci sarà un seguito, sicuramente a questa piccola fetta di vita Milkovich. Detto questo, buona lettura.



Si svegliò di soprassalto, in preda al panico. Digrignava i denti e si rimangiava un gemito troppo forte, che avrebbe fatto svegliare quella zoccola di sua moglie.

Si guarda intorno e nota che il lenzuolo è disordinato, vuoto e fresco, come quando qualcuno si è alzato da un po'.
Mickey Milkovich ha freddo. E la pelle d'oca inizia ad emergere sul quel corpo muscoloso e pallido.
Si alza, si infila gli scarponi e copre il suo torso nudo e i boxer con il cappotto. Si accende una sigaretta, mette pacchetto e accendino in tasca ed esce in veranda, a sedersi sui gradini, asciugandosi le guance bagnate per quello stupido sogno.

Fuori è notte fonda e si nota il vetro appannato e la luce accesa della camera di Terry, ma non si sporge per vedere : sa cosa sta succedendo e non gli va di vomitare a quell'ora di notte, dopo che il suo stomaco era finalmente riuscito a fargli mangiare qualcosa.
E' un po' che lo ama ma non riesce a smettere di pensare che vorrebbe picchiarlo.
Mickey Milkovich non riesce a scaldarsi.
E' un po' che lo ama ma vuole, senza riuscirci, dimenticarlo.
Butta la cicca della sigaretta a terra dopo solo quattro tiri e infila la mano nella tasca interna per prendere un'altra Diana Slim, sempre ritenute da lui "Da zoccola", visto che aveva finito le sue Lucky Strike e si doveva accontentare di quelle di sua moglie. 
Gli viene alla mano un foglio, al tatto lucido. 
Lo tira fuori e lo osserva per qualche minuto in silenzio. E' la sua foto.

< Non farlo, rimani qui, con me. >

Sarebbero bastate una manciata di parole messe insieme. Scendono altre lacrime da quei profondissimi pozzi, color del mare, che riflettono la luna e il bruciarsi della sigaretta.
Si ricorda ancora quando l'ha trovata, quando lavorava al negozio di Kash, nel vecchio bagno, tra lo stipite della porta e il muro. Una sensazione nuova di era fatta strada dentro lui, un misto di rabbia, viscere che si contorgevano e paura di perdere qualcosa. La chiamano "Gelosia", e lui l'aveva sempre provata. (Non sopportava quando qualcuno guardava o ci provava con la SUA scopata quotidiana) Strappò via la foto e la portò con sè.  Ogni tanto la riscrutava. E la teneva nel cassetto dove aveva i giornaletti ritagliati per fare le parole crociate. Solo lui sa che a Mickey Milkovich piace fare le parole crociate.
Il suo corpo, inondato dal fumo, invoca pietà.
Non è quella la dipendenza che va placata. Non è quella la droga da assumere. La sua droga era lui. 
Ma come si dice? Ti rendi conto del valore di una cosa solo quando questa cosa la perdi. E lui questo lo aveva capito bene, a spese della sua salute mentale.

Usciva la mattina presto e rientrava la sera tardi, ignorando la zoccola di cui aveva la fede al dito che gli chiedeva un "Dove sei stato?" con quel suo strano e merdoso accento russo. 
La pancia si inizia a vedere, ma il figlio non è del moro e lui lo sa : nè lui nè la zoccola erano venuti durante quello... Stupro correttivo. 
Avevano finto. Una per mestiere, l'altro per far si che tutto finisse il prima possibile. 
Il figlio è di Terry, e lui sa anche questo.
Si accende un'altra sigaretta e continua a guardare la foto che ha tra le mani.

Era una di quelle serate in cui Mickey Milkovich si lasciava andare, una delle poche.
Sentiva che era necessario o sarebbe scoppiato, da un momento all'altro.
Ed era cambiato nell'ultimo anno : Capelli ancora più disordinati di prima, barba rasata a chiazze e peggiorato nell'aspetto, ovviamente nei parametri di un Milkovich, ma nel suo viso pallido, c'erano elementi che stonavano comunque di più di qualsiasi altra cosa : occhiaie scure e scavate sotto gli occhi che avevano uno sguardo vuoto e perso, una bocca dalle labbra pigmentate e violacee, ma mai curve in un ghigno o un sorrisetto, la fronte mai corrucciata in un'espressione. Ma a nessuno importava.
Solo Mandy capiva cosa lui provava. Ma non diceva nulla ugualmente, sapeva che era meglio così.

Prese le chiavi dalla tasca e salì in auto.
La radio trasmetteva "I'm low in gas and you need a jacket" acustica : la sua canzone preferita. La cantava sempre al negozio, quando invece di lavorare alternavano sguardi l'uno all'altro senza farsi vedere e... Altro.
Mickey Milkovich era ufficialmente distrutto dentro e fuori. Era diventato una fighetta del cazzo.
Non era altro che un perdente e ogni palazzo alto che passava con la sua auto, sarebbe stato per lui perfetto. 
Semplicemente per porre fine a quella morte, lenta e dolorosa. 
Quell'agonia insopportabile.
Voleva sentire di nuovo la sua voce, voleva il suo sorriso, ne aveva bisogno, non lo ammetteva, ma era in crisi, stava crollando.

La luna era sola assieme a lui quando scese dall'auto e attraversò la strada per arrivare all'altro capo, dove c'era casa Gallagher.
Fece il giro attorno aspirando altro fumo e si sedette sui gradini dell'ingresso del retro.

Ebbe quasi un attacco di cuore quando una voce da ragazzetta lo salutò : < Ciao...Mickey? >
Si girò col busto, imbarazzato, ma con la faccia classica da cazzone come se sedersi lì fosse la cosa più naturale del mondo, fece un cenno a una Debbie affacciata alla finestra della sua camera e tornò a guardar bruciare la sigaretta.
La ragazzina rientrò immediatamente dentro e chiuse la finestra, e finalmente Mickey sentì la tranquillità di non avere più degli occhi nocciola puntati alla nuca.

< Merda.- Pensò. - Cosa diamine avrà pensato ora? Domani dirà tutto a quella zoccola della sorella, poi al fratello e poi all'altro fratello ed entro una settimana mio padre lo viene a sapere e fa il culo ad entrambi, e non piacevolm- Che cazzo di porco d... >
Il cigolio della porta che si apriva aveva fermato i suoi pensieri per farlo voltare.
Qualcuno stava uscendo.

< Ho pensato che avessi freddo in boxer. > La ragazzina rossa fa capolino dalla porta prima con la testa e poi con tutto il corpo, coperta da quel giubbottone azzurro chiuso fino al mento.
In quel momento Mick si accorge di essere con il cappotto aperto e tutto nudo, eccetto appunto per l'intimo.
Non gliene frega un cazzo ugualmente e si focalizza su ciò che Debbs gli sta porgendo, con una naturalezza disarmante, come se avesse visto più cazzi di sua sorella Mandy e ormai non gli facesse più effetto nulla di imbarazzante.
< Potevo prendere qualcosa da Lip, visto che siete di corporatura uguali, ma ha portato tutto con sè al college, o quasi. Questo è di Ian... Così, poi... Cioè, niente. >
Afferra quella felpa grigio-azzurro che portava quando, sconvolto, aveva bussato alla sua porta perchè non sapeva dove altro andare.
Ian.
Ian, Ian, Ian.
Quel nome gli fa tornare alla mente troppe cose dolorose. Troppi ricordi. 
Troppe lentiggini, i suoi occhi che sembrano smeraldi e che fanno sfigurare la brillantezza delle stelle, il suo sorriso così strafottente ma così tenero. Quella bocca che metteva voglia solo a guardarla, di baciarla, assaporarla, morderla.
Quei capelli così arancioni e così morbidi. 
Riprese posto, vivido, nella mente, quel bacio, quella sfida a cui entrambi avevano vinto. Mickey non aveva mai detto lui cosa aveva provato quel momento. 
La seconda volta, al matrimonio, quando ha dovuto tappare la bocca al suo sentimento e al suo ragazzo.
Altrimenti l'avrebbe fatto, avrebbe davvero mandato tutto all'aria se solo Ian avesse parlato qualche secondo in più. Non capiva che l'aveva fatto per LUI, quando Terry gli disse "O la sposi o ti faccio guardare mentre sgozzo e massacro a sangue quel frocio succhiacazzi della tua fidanzatina.". L'aveva fatto per lui. 
E agli occhi degli altri, e dello stesso Ian era lui, il codardo.

< Mickey, senti- Continuò la penultima dei Gallagher, ridestandolo dai suoi pensieri e facendolo tornare alla realtà.- So che Lip non vuole che tu sappia nulla su Ian, ma lui... E' nei guai, credo. Hanno scoperto che ha usato una falsa identità per entrare a West Point quando... Ecco... Ha cercato di rubare un elicottero. >
< Chi cazzo se ne frega non ce lo metti? > Finge il moro, aspettando più informazioni con l'orecchio teso.
< Io credo sia giusto che tu sappia che è al White Swallow, adesso. Ci lavora. >
< Che razza di coglione. >
Dice prima di mettersi a guardare il nulla, davanti a sè, pensieroso.

< Buonanotte, Mickey. >
< Ehy, chi è quel testa di cazzo che era con te la settimana scorsa? >
< Non sono affaracci tuoi. >

Debbie era diventata proprio una stronza e Mickey sorrise impercettibilmente.
Si alzò e si avviò verso l'auto, salutando con un dito medio la piccola Gallagher.
Tenendo sempre tra le mani la felpa.
Girò la città ancora e ancora e tornò a casa solo all'alba, buttandosi sul letto per la stanchezza,

< Mickey. Dove cazzo sei stato? > 
< Svetlana, non rompere i coglioni ed esci. Chiudi la porta. >

La russa, esasperata, ubbidì guardando in cagnesco verso la felpa a cui il marito era stretto.
Non lo ammetterà mai, ma finalmente Mickey Milkovich dormì il primo sonno caldo e tranquillo da un anno a questa parte, sentendo il suo profumo.
   
 
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