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Autore: cioshes    02/08/2014    3 recensioni
L’Iwatobi Swim Club lo chiamava, per un allenamento contro la Samezuka, e come si poteva dir di no alla piscina?
Ecco come: quando il tuo pene inizia a sputar sentenze.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana, Rin Matsuoka, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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BOCCA DELLA VERITA’: SICURI CHE SI TROVI SOTTO IL NASO?

Quel pomeriggio Haru si sentiva strano, era sicuro che qualcosa potesse succedere, qualcosa di grave. Aveva un presentimento che si faceva largo nella sua mente ogni minuto che passava.
Ma l’Iwatobi Swim Club lo chiamava, per un allenamento contro la Samezuka, e come si poteva dir di no alla piscina?
Ecco come: quando il tuo pene inizia a sputar sentenze.

Se ne accorse quando provò una sensazione strana – diversa dalla sola eccitazione – nel momento in cui Makoto si tolse la camicia, negli spogliatoi.
Era un gesto naturale, che vedeva quasi ogni giorno, un gesto a cui aveva assistito non poche volte, ma aveva avuto la sensazione che qualcosa, dentro e fuori di lui, si smuovesse.
Quando poi Makoto uscì dalla piscina, dopo poche vasche di dorso, si sentì una voce soffocata dal tessuto sintetico del costume di Haru.
«E le donzelle hanno pure il coraggio di affermare l’autenticità della regola della L! Si vede che quelle povere sciocche non conoscono Ma-ko-to-Ta-chi-ba-na-na. Concordi con me, Haru?»
Così, all’improvviso, quella voce aveva squarciato l’aria di festa e competizione con quell’imbarazzante osservazione.
Haru era senza parole.
Chiunque era senza parole, in realtà.
Makoto era rosso fino alle orecchie, Rin, Sousuke e Rei fissavano i fianchi di Haru con disgusto, Nagisa era indeciso tra il restare sbigottito o il ridere fino all’indomani, Aiichirou sembrava doversi mortificare al posto di Haru, e mentre Momo copriva gli occhi a Gou, Seijuuro le copriva le orecchie.
Haruka levò lo sguardo su Mako, gli occhioni che supplicavano una scusa.
«Ma … Makoto» fu tutto quello che riuscì a dire.
Ma prima che il castano potesse ritornare a sorridere gentilmente e sussurrargli un “No, Haru, va tutto bene. Capita” – perché Makoto è fatto così: è un ragazzo che non importa chi, come o cosa, è capace di sopportare urla, bestemmie e maledizioni, e anche un pene parlante, e poi sorridere e dire che “sono cose che capitano” – dal suo costume si levò un’altra voce, più profonda.
«Be’, Nanase, non fare complimenti e vieni pure.»
Makoto stava morendo. Aveva la faccia di un cadavere e gli occhi quasi vitrei.
«Questo non è bellissimo,» iniziò Rei, rosso quasi quanto i suoi occhiali. «Che qualcuno mi regga, mi sento svenire!»
E fu il turno di Nagisa, o meglio, del membro di Nagisa: «Guarda, se vuoi, mentre vieni – pardon, svieni! Mentre svieni ti regge Nagisa le braccia, e io il sedere
«NAGISA-KUN!» urlò il megane, che aveva colto il significato di quell’ambigua frase.
«Non sono io, Rei-chaaaan!» piangeva il biondo.
Cosa stava succedendo? Erano tutti pazzi? Era un’allucinazione?
Haru non lo sapeva, era rimasto fermo, sbigottito, davanti a quel macello che si dilagava per tutta la sala-piscina.
«Yo, Rin. Certo che Ai non scherza mica, eh?»
«E quello del mio Sousuke non lo vedi neanche? Io sono proprio … coi contro cazzi.»
Rin e Sousuke erano troppo imbarazzati per scoppiare a ridere. Si guardavano, semplicemente, inorriditi e impacciati, mentre Aiichirou e la sua virilità continuavano a starnazzare «Senpai!», il primo con tono di scuse, il secondo con un certo entusiasmo.
I fratelli Mikoshiba e Gou non se la spassavano meglio:
«Gou, preparati a scappare: sei l’unica ragazza in mezzo a uomini eccitati, e tu non sei la causa del loro entusiasmo! E’ problematico o no, cara mia?»
Una voce petulante si levò dalla sua minigonna.
Gou scattò immediatamente giù, inginocchiandosi, con le mani a coprire la sua evidente e imbarazzante vulnerabilità, il volto in lacrime.
Seijuuro la guardava dispiaciuto, con la grande voglia di inginocchiarsi con lei a consolarla amorevolmente, ma con l’ancor più grande certezza di rischiare uno schiaffo in faccia.
Presto però si dovette ricredere, perché anche per lui arrivò il turno della vergogna:
«Non mi consideri un uomo o cosa, Gou? Se sapessi il mio entusiasmo …»
Momotarou scoppiò a ridere, naturalmente ancora per poco.
«Maggiore in età, minore in dimensioni: prendi il numero e mettiti in coda!»
Inutile dire che lei e i Mikoshiba erano più rossi dei loro capelli.
Poteva continuare così? Stava passando la sera, a parlare e a dettar legge a bordo piscina, dopotutto.
Era un sortilegio, una maledizione a tempo limitato o no?
Avrebbero dovuto imparare a convivere con tale imbarazzo?


 
ANGOLO DELLA VERGOGNA  AUTRICE

Ehilà, ancora io, la svergognata  Cioshes.
Per scrivere questa genialata mi sono ispirata a un demenzialissimo prompt della Prima Notte Bianca, riproposto in seguito alla recente Notte Bianca 4 di No ma Free lo guardo per la trama, eh , che mi attizzava moltissimo e che quindi, con mano tremante, ho deciso di fillare, anche un po' di fretta.
Nient'altro da aggiungere, sapete bene che accetto qualsiasi tipo di critica e recensione, e che nonostante abbia scritto questa piccola One Shot in un modo troppo svelto (ne sono consapevole), sono apertissima di mente (e no, birichine, non di gambe, come quello spudorato di Rin) e aspetto i vostri pareri.
Detto questo, mi ritiro a fare la muffa nell'Armadio della Vergogna.

Pace, amore, e tanto fluff tanta demenza.
Cioshes.
   
 
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