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Autore: Scarlett_Meredith    03/08/2014    2 recensioni
"-E tu, invece? Tu sei cambiato?- chiese lei, inclinando il volto e alzandosi per avvicinarsi alla finestra.
Chuck sorrise e abbassò la testa. Era cambiato eccome. Se glielo avesse raccontato, Blair non ci avrebbe mai creduto.
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Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass, Blair Waldorf/Dan Humphrey
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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*Nota: Per comprendere bene, vorrei solo specificare che in questa fanfic, alla fine della quinta stagione Blair ha scelto Dan invece che Chuck.*


Ciò che Blair Waldorf aveva sempre amato della neve era la sua capacità di sovrastare tutti quasi impercettibilmente: senza far rumore, senza avvisare, senza che nessuno potesse fare qualsiasi cosa per impedirlo.
L'intera New York quel giorno era ricoperta da una coltre di neve bianca e soffice.
Nevicava da giorni, sebbene fosse ormai marzo inoltrato e nonostante il fatto che tutte le scintillanti vetrine di Madison Avenue mostrassero già i più bei capi primaverili.
Blair sbuffò e alzò gli occhi al cielo quando, passando davanti all'ennesima boutique, notò che i manichini esposti erano interamente vestiti di giallo canarino.
A lei quel colore non era mai piaciuto. Non stava bene quasi a nessuna e soprattutto non stava bene su di lei.
Il blu elettrico, piuttosto. Quello sarebbe stato decisamente meraviglioso per la nuova linea primaverile della Waldorf Design.
Ripensando all'ufficio affollato e rumoroso dal quale era improvvisamente scappata, le venne quasi da ridere. Per essere il capo di un'intera casa di moda, si stava comportando da vera irresponsabile. Non avrebbe mai dovuto lasciare l'intero ufficio nelle inesperte mani delle sue dipendenti, ma non le interessavano le conseguenze perché in ballo c'era molto di più.
Mentre il taxi procedeva a fatica, bloccato nel traffico, Blair guardava fuori dal finestrino e si chiedeva se ciò che stava per fare non fosse solo una grande sciocchezza.
Quando era atterrata al JFK, senza certezze né idee, in mente le era tornato soltanto lui.
Lui. L'uomo che l'aveva osservata diventare donna, facendola però sentire sempre e solo una bambina.
Chuck.
-Mi scusi, pensa che ci vorrà molto per arrivare? Mi conviene andare a piedi?-
Quasi non credeva di averlo detto davvero. In fondo, fuori c'erano dieci gradi sotto lo zero e affondare le sue Yves Saint Laurent nella neve non era proprio ciò che lei aveva sempre sognato di fare, ma sapeva che, se fosse stato necessario, non si sarebbe tirata indietro.
Non per lui.
-No, signorina. Si congelerebbe. E poi, il traffico sembra si stia finalmente sciogliendo. Fra una decina di minuti al massimo saremo all'Empire.-
Blair ringraziò il tassista e si lasciò andare con un sospiro sul sedile di pelle nera, tentando di ignorare il cattivo odore che aleggiava nell'abitacolo -un misto fra fumo e scadente dopobarba- e di allontanare la sensazione di incertezza che le stava corrodendo l'anima.


Chuck era alle prese con la giornata più impegnativa e difficile che avesse passato da tempo memorabile.
Sulla sua scrivania si distinguevano sotto la luce calda della lampada decine di cartelle e di documenti impilati, con un biglietto giallo in cima.
Lui lo prese fra le dita con delicatezza, come se avesse paura di scottarsi, e poi improvvisamente lo accartocciò e lo scagliò per aria, accigliato.
Quando aveva trovato quella busta nella cassetta delle lettere, la sera prima, l'aveva aperta con un'espressione tormentata sul viso e vi aveva trovato dentro esattamente ciò che s'aspettava.
Era stato denunciato dal direttore di un'impresa con cui aveva trattato anni prima, con l'accusa di aver falsificato importanti documenti per rubare una somma pari a dieci milioni di dollari.
A Chuck inizialmente era sembrata una follia, ma a giudicare dalla misteriosa assenza di suo zio Jack, che fino a pochi mesi prima l'aveva affiancato nella gestione delle industrie Bass, capì che doveva essere stata colpa sua.
Grazie al sapiente aiuto della sua nuova compagna, Georgina Sparks, Jack l'aveva fregato per l'ennesima volta.
La sera prima Chuck aveva spalancato la porta di casa trattenendo l'istinto di sferrare un pugno contro il muro. Era entrato in cucina senza fiatare e Sarah, che era intenta a cucinare con indosso un grembiule sporco di salsa, si era accorta immediatamente che qualcosa non andava e l'aveva abbracciato stretto, preoccupata.
Lui si era lasciato consolare e aveva poi spiegato a sua moglie la situazione, tentando di non perdere la calma per non farla spaventare.
La mattina seguente, Chuck era così immerso nei suoi pensieri che non fece caso neanche per un istante all'accesa discussione che stava affrontando la sua segretaria, fin quando non vide la porta dell'ufficio aprirsi di colpo. Chuck si voltò proprio mentre Amanda entrava nella stanza con un'aria sconvolta.
-Signor Bass, deve scusarmi. Nell'atrio c'è una persona che desidera urgentemente parlare con lei.- mormorò sommessa.
-Ah, si, è l'avvocato Wilson, vero? Un po' in anticipo, ma...-
-No, signor Bass.- lo interruppe la ragazza con un velo d'imbarazzo. -Si tratta di una donna. Dice di chiamarsi Waldorf. Blair Waldorf. Cosa devo fare? Vuole incontrarla?-
Ma Chuck non stava più a sentirla.
Nella sua mente continuava a vorticare un solo nome.
Blair.



Blair.



Blair.



Mentre i passi sicuri di Blair si facevano sempre più vicini, Chuck tentava di immaginare la donna che doveva esser diventata.
Camminava avanti e indietro nervosamente e non riusciva a capire cosa ci potesse fare lì proprio lei.
Non la sentiva da dieci anni, mese più o mese meno, e le faceva specie pensare di rivederla dopo così tanto tempo.
Ricordava ancora alla perfezione l'istante in cui lei l'aveva guardato con un sorriso triste, per poi salire nell'auto del suo fidanzato sparendo definitivamente dalla sua vista.
Chuck digrignò i denti, arrabbiato perché incapace di assumere un contegno.
Quando poi il viso di Blair fece capolino dallo spiraglio della porta socchiusa, Chuck rimase senza fiato e dovette ammettere che, al contrario di ciò che aveva ipotizzato, in quei dieci anni Blair non era affatto cambiata.
Aveva i capelli più corti e le labbra tinte di un rossetto scuro, ma la stessa luce furba ad illuminarle gli occhi, che il trucco leggero metteva in evidenza.
Mentre lui la scrutava senza sapere bene cosa dire, lei si fece avanti.
-Dovresti dire alla tua segretaria di farsi gli affari suoi. Continuava a ripetermi che sei impegnato. Non si trattano di certo così, gli amici di Chuck Bass.- si lamentò, scuotendo la testa. Risentire la sua voce acuta diede a Chuck lo stesso effetto di uno schiaffo in pieno volto.
-E così noi due siamo amici, Blair?- ribatté con una risata amara. Lei scrollò le spalle e si tolse il cappotto con aria serena, mentre lui la fissava con le sopracciglia aggrottate. -Che cosa ci fai qui?- continuò.
-Quante storie, sei diventato noioso! Non puoi offrirmi da bere? Qualsiasi cosa va bene, l'importante è che sia forte.-
-Ho molto da fare, Blair. Questa è proprio la giornata sbagliata. Dimmi di che cosa volevi parlare.- rispose, duro.
Blair deglutì e strinse la presa sui manici della sua Fendi, fino a quando le nocche non diventarono bianche.
-Volevo solo sapere come stai. Tu, Nate... non ho più contatti con nessuno.- sussurrò, sentendo un groppo alla gola e ripensando a come le loro strade si erano bruscamente divise.
Nel vederla tanto abbattuta e quasi indifesa, la voce di Chuck si addolcì.
-Nathaniel non se la passa male. Sta frequentando una ragazza e penso che stavolta sia quella giusta. Alla fine metterà la testa a posto anche lui.- rispose sorridendo e accomodandosi sulla sua poltrona. Con un gesto del braccio invitò Blair a fare lo stesso e lei gli si sedette di fronte.
-Davvero? Anche in Italia si sente spesso parlare di lui, ma credere a ciò che dicono i giornali è quasi impossibile, lo sai bene.- fece lei, dandosi una rapida occhiata intorno. L'ufficio di Chuck era totalmente diverso da come lo ricordava e presto capì che c'era lo zampino di una donna.
Con una smorfia di disapprovazione si accorse che sul davanzale della larga finestra c'era un mazzo di margherite.
Peonie, pensò, storcendo il naso. In quel vaso ci sarebbero decisamente dovute essere delle peonie.
-Dimenticavo che ora vivi a Roma. Ti ci trovi bene?- mormorò con falsa tranquillità Chuck. Entrambi erano consapevoli di ciò che stava accadendo: giravano intorno all'argomento principale, troppo spaventati per arrivare al punto.
-Si. Si, Roma è una città stupenda. Anche se New York resterà per sempre nel mio cuore. In fondo è qui che sono cresciuta.- sussurrò lei abbassando lo sguardo solo per un momento.
-E pensare che proprio ieri sarei dovuto partire per l'Italia, ma un dannato imprevisto me l'ha impedito. Immagina che strano, per me, vederti qui ora.- disse Chuck. E fingendo di giocherellare con una penna, la guardava di sottecchi, incapace di sostenere il suo sguardo fiero.
-No. No, assolutamente no. Non posso credere anche a questo. Non posso credere che sia l'ennesima coincidenza.- esclamò Blair, spalancando gli occhi. In fondo, se Chuck non avesse avuto imprevisti, lei non l'avrebbe trovato e probabilmente non si sarebbero mai più rivisti.
-Tu vuoi che ti dica che non sono coincidenze. Vuoi che ti dica che è il nostro destino.-
-E la tua non è una domanda.- osservò Blair, senza avere la forza di ribattere.
-Avanti... saranno anche passati degli anni, Blair, ma non per questo ho dimenticato come sei fatta.- la provocò lui, lanciandole un'occhiata accusatrice e maliziosa. Lei restò calma.
-Potrei essere cambiata. Ci sono tanti aspetti della mia vita che non conosci. Non più, almeno.-
-Tu non sei una donna che cambia. Non sei mai cambiata e non cambierai mai.- sentenziò lui, ripensando ai momenti che avevano vissuto insieme e alle qualità di Blair che lo avevano fatto innamorare.
Il coraggio, l'orgoglio, la fermezza: poteva quasi rivedere tutte le sue tipiche caratteristiche semplicemente guardandola negli occhi.
-E tu, invece? Tu sei cambiato?- chiese lei, inclinando il volto e alzandosi per avvicinarsi alla finestra.
Il panorama dalla grande vetrata era magnifico e per un attimo Blair restò senza fiato nell'osservare Manhattan dal diciottesimo piano, proprio come se fosse la sua prima volta.
Chuck sorrise e abbassò la testa. Era cambiato eccome. Se glielo avesse raccontato, Blair non ci avrebbe mai creduto.
Lei si fece ancora più avanti e gli sollevò il mento con delicatezza. Chuck avvertì un brivido risalire lungo le gambe nel momento in cui la mano morbida e fredda di Blair venne a contatto con la sua guancia bollente.
-Se c'è una cosa che non è cambiata, mio caro, è la tua incredibile capacità di farmi spazientire. Ma sul resto ti sbagli: non sono la Blair quindicenne e irresponsabile di una volta.- disse poi con un'espressione maliziosa e sventolò sotto i suoi occhi l'esile mano, dove splendeva la fede d'oro bianco che testimoniava la sua promessa d'amore con Dan.
A quel punto Chuck avrebbe potuto mostrarle a sua volta l'anello che scintillava sul suo anulare sinistro ma, per qualche ragione che non seppe ben definire, non lo fece.
Al contrario, approfittando di un breve momento in cui Blair si chinava per sedersi davanti a lui, si sfilò la fede e la mise in tasca.
-Serena come sta?- chiese Blair, paonazza come se avesse trattenuto a lungo il respiro prima di parlare.
-Continuate a non sentirvi? Davvero?- esclamò lui, spalancando gli occhi.
-Non fa più parte della mia vita e, per quanto tenti di farmene una ragione, mi fa male pensare di essere la causa del nostro allontanamento. Una volta era come una sorella per me...-
Chuck avrebbe potuto rassicurarla, dicendole che le cose si sarebbero sistemate presto e che Serena un giorno le avrebbe perdonato il tradimento, ma non lo fece perché non ci credeva affatto e soprattutto perché pensava che Serena, rifacendosi una vita lontana da tutti quelli che conosceva, avesse preso la decisione più giusta.
-Dan cosa ne pensa?- disse alla fine.
-Dan non è un argomento di cui voglio parlare ora, qui e con te.- disse secca lei, lasciandolo basito.
-Avete litigato?-
-Lascia stare.-
-È per questo che stiamo parlando? Qual è il tuo obiettivo? Vuoi venire a letto con me per essere in pace con te stessa? Magari per far ingelosire Dan, o per punirlo.- sussurrò Chuck stringendo gli occhi in due fessure. Blair arrossì per la seconda volta e dopo qualche istante di silenzio, in cui si arrovellava per trovare la giusta risposta sarcastica, si alzò di scatto, ferita.
-Perché ho pensato che parlare con te mi avrebbe fatto bene? Sei soltanto il cinico idiota che eri dieci anni fa.- sentenziò Blair, per poi voltarsi verso la porta con l'intenzione di uscire e di non tornare più.
Quando, poi, la mano di Chuck si fermò saldamente sul suo braccio, Blair sorrise impercettibilmente, solo per una frazione di secondo.
Infatti, sebbene non l'avesse nemmeno sentito alzarsi, una parte di lei sapeva -e sperava- che lui l'avrebbe fermata.
Perché Chuck e Blair si leggevano nel pensiero, erano anime gemelle e lo sarebbero state per sempre.
In ogni caso, in ogni situazione.
In ogni vita.
Nell'istante in cui le loro labbra si unirono, anche Chuck ebbe la netta sensazione che tutto quello che stava accadendo fosse inevitabile.
Forse, fin dal giorno stesso in cui Blair era partita con l'intenzione di sposare Dan, lui aveva saputo che sarebbe tornata o che comunque, in un modo o nell'altro, si sarebbero rivisti, parlati... e amati.
Blair strinse i capelli di Chuck, avvinghiandosi a lui. E lui sorrise, perché quasi non ricordava più quanto Blair lo conoscesse e come sapesse farlo impazzire, sfiorando i punti giusti.
Nel momento in cui i loro corpi nudi si strinsero in un abbraccio apparentemente interminabile, entrambi sentirono come una scintilla scuoterli e riscaldarli dall'interno.
Chuck prese Blair in braccio e la lasciò solo il tempo necessario per chiudere a chiave la porta dell'ufficio.
Probabilmente Amanda avrebbe capito, sicuramente avrebbe sentito inequivocabili rumori, ma sarebbe bastato un leggero aumento di stipendio per metterla a tacere.
Chuck non sapeva perché lo stesse facendo o cosa sarebbe successo da quel giorno in poi: amava sua moglie, l'amava davvero.
L'amava come non aveva mai amato nessuno, nemmeno Blair. Con quella dose di rispetto e di dolcezza che avrebbe riservato ad una madre, se ne avesse mai avuta una.
Fondamentalmente, Chuck era riconoscente a Sarah perché lei si era presa cura di lui senza pretendere mai nulla in cambio. In quel momento, forse, lei stava pulendo la casa da cima a fondo, rimboccandosi le maniche come aveva sempre fatto, anche dopo aver sposato l'uomo più ricco di New York.
Ma quando Blair gli sorrise, Chuck comprese che non sarebbero bastate mille donne per eguagliare la sua bellezza, il suo fascino e il suo straordinario carisma da leader.
Desiderò di essere più forte, per resistere alla tentazione di quel profumo paradisiaco, ma lo colse la consapevolezza di non esserne in grado.
Blair gli morse un labbro, accarezzandogli contemporaneamente il collo e scendendo lentamente verso il petto.
Lei non aveva mai avuto alcun dubbio: era Blair Waldorf, l'amore della sua vita. Chiunque altra era solo una perdita di tempo. *
E mentre la neve continuava a scendere e a posarsi sulle strade affollate dell'Upper East Side, per un istante l'unico rumore che si sentì fu il tintinnio di un anello che cadeva su un pavimento di gelido marmo.





*riferimento tratto dalla puntata 4x20
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MACCIAAAOO!!
Torno a scrivere dopo un intero anno, sempre sui miei amatissimi Chuck e Blair, sempre sulla loro pazzesca storia d'amore.
Come nella mia OS "Destinati", anche qui voglio comunicare la mia idea su di loro: i Chair sono infiniti, sono destinati a passare la vita insieme, a prescindere da tutto il resto.
Spero che la mia fanfiction vi sia piaciuta, ma più di tutto spero che possiate fermarvi un momento a recensirla, anche in modo negativo, perché le critiche -si sa- aiutano a crescere e perché per un autore penso non ci sia momento più bello di quello in cui legge un piccolo commento su una propria storia.
Anche solo venti parole andrebbero benissimo, ahah.
Baci, S.M.
  
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