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Autore: Vivling    04/08/2014    5 recensioni
Buongiorno, qui è il capitano Arizona Robbins che vi parla dandovi il benvenuto sulla U.S.S. Blue Ridge
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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-VOGLIO VEDERE MIA FIGLIA! ORA! – l’uomo in uniforme continuava a tuonare nei corridoi del Seattle Grace Hospital spaventando qualsiasi infermiera, volenterosa, cercasse di calmarlo
- Signore, sua figlia… - la donna tremava come una foglia davanti ai comandi di quell’uomo che non le diede neppure il tempo di continuare
- In primo luogo mi chiami Colonnello, se preferisce IL Colonnello ed in secondo esigo di vedere mia figlia, ORA, mi sono spiegato? - l’uomo era fremente di rabbia, la vena sul suo collo pulsava e gli occhi, già arrossati, erano iniettati di sangue
- Cosa diamine è tutto questo baccano? – un uomo, anch’esso imponente, sulla quarantina, di colore, si avvicinò al banco dell’accettazione con fare autoritario
- E lei chi è? – la rabbia non accennava a diminuire nell’uomo in divisa
- Dottor Richard Webber, a capo dell’ospedale, lei? – il tono pacato dell’uomo non rasserenò minimamente il militare
- Colonnello Daniel Robbins della Marina Militare degli Stati Uniti e sono ore che sto cercando di parlare con mia figlia, Arizona Robbins, ma le sue infermiere continuano ad impedirmelo – il reclamo fu accompagnato da un’occhiata truce.
La donna, che fino a quel momento era stata in silenzio benedicendo l’arrivo di Webber, fece per parlare ma fu fermata, prima che potesse iniziare, dal dottore che, nel modo più diplomatico che conoscesse, si rivolse all’uomo
-Colonnello, sono sicuro che avranno avuto le loro buone ragioni, tuttavia se vorrà seguirmi la porterò personalmente da sua figlia
Il colonnello sembrò, per un attimo rasserenarsi, si mise in testa il cappello dell’uniforme che fino ad ora aveva tenuto sotto il braccio e fece segno di fargli strada.
Quando furono arrivati nella galleria sotto la quale Arizona stava assistendo il primario di pediatria nella stabilizzazione di un omero fratturato su una bambina di nove anni, Webber aprì l’interfono
-Dottoressa Robbins…- la donna dopo che ebbe sentito il suo nome ruotò i meravigliosi occhi azzurro oceano verso il vetro e ciò che vide fece sì che il suo cuore perdesse un battito.
 
 
-CALLIOPE IFIGENIA TORRES! Tu non partirai, non ho intenzione di ripeterlo! – nelle parole dell’uomo c’era tutta la disperazione che stava provando in quel momento, sapeva di star combattendo una battaglia persa in partenza, eppure, doveva farlo, lo sapeva, altrimenti la sua coscienza glielo avrebbe rinfacciato a vita
- E invece lo farò papà, anche io non ho intenzione di ripeterlo – la calma con cui la giovane donna pronunciò quella frase fece cadere l’uomo sul divano accanto alla moglie che per tutta la durata della conversazione era rimasta lì, immobile, con la testa fra le mani e le lacrime che le inondavano il viso. Lei era sua madre, Lucia Torres conosceva sua figlia, sarebbe partita senza voltarsi indietro e a lei non restava altro che pregare di rivederla ancora una volta sana e salva. Maledisse quella dannata borsa di studio, maledisse l’averle permesso di andare in Botswana, maledisse il suo essere maledettamente simile a lei…
- Vai via – le parole dell’uomo seduto accanto a lei riscossero Lucia da quel limbo in cui era finita, non poteva crederci, non poteva averlo detto sul serio…
- Papà…- la voce di Callie iniziava ad incrinarsi, non se lo sarebbe mai aspettato, no, da lui non se lo sarebbe mai aspettato
- Va via, ho detto – Carlos Torres sembrava essersi calmato, la rassegnazione lo aveva invaso ma la rabbia, non quella che ti fa urlare e rompere tutto, quella silenziosa, quella più pericolosa, quella che ti fa fare cose delle quali, forse, un giorno ti pentirai ma che in tutti i casi non potrai mai cambiare, aveva preso il posto dell’iniziale furore. Callie, dal canto suo, senza dire altro, andò in camera sua, raccolse le sue cose in uno zaino da viaggio e, prima di uscire, prese la foto che aveva sulla scrivania, quella che la ritraeva, felice, con la sua famiglia, sfiorò con l’indice i piccoli volti sorridenti e stava per portarla con sé ma poi la ripose al suo posto, dove era giusto che restasse insieme ai ricordi della sua vecchia vita. Fece scorrere la mano sul dorso dei libri dell’università, suo padre era stato così felice quando gli aveva detto di voler frequentare la facoltà di medicina…ricordava distintamente i suoi occhi che brillavano di orgoglio il giorno della sua laurea…un flash, però, le distrusse quel ricordo riportandole alla mente quello sguardo colmo di rabbia e disperazione che le aveva rivolto poco prima, l’ultimo prima della sua partenza, quello che avrebbe ricordato per mesi e, chissà, magari per sempre. Si diede un’ultima occhiata in giro prima di chiudere la porta sul suo passato.
Uscendo di casa osservò i suoi genitori, per un attimo le sembrarono così vecchi…in quel momento avrebbe voluto che con loro ci fosse sua sorella…Aria, perché devi vivere dall’altra parte del paese?
Provò a dire qualcosa ma ci rinunciò, così uscì di casa senza la certezza di ritornarci un giorno.
Era fatta, la parte più difficile l’aveva affrontata ma ora? Ora dove sarebbe andata? Dentro di lei aveva già una risposta: Mark, il suo migliore amico. Quando fu sotto casa dell’uomo suonò il citofono e la voce vibrante di lui uscì, metallica, da quest’ultimo
-Chi è?
-La tua senza casa migliore amica – nelle parole della donna si poteva percepire l’amarezza ma, sicuramente, non il rimpianto
 
 
 
Arizona entrò nel locale affollato che conosceva così bene. Quante serate aveva trascorso lì dentro, quel luogo era stato il teatro di tante risate, di tante conquiste di una notte, di tante lacrime versate, di tante sbronze…Quel posto le ricordava la sua vita felice ma allo stesso tempo anche il periodo più brutto…quel pensiero la riscosse dai meandri della mente nel quale era finita ed iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di una chioma bionda. Quando la vide iniziò a farsi largo tra la gente e, quando fu abbastanza vicina, iniziò ad agitare la mano per farsi vedere dalla donna che quando incrociò il suo sguardo, dopo averle rivolto un enorme sorriso, si alzò per andare nella sua direzione. Non appena si furono raggiunte la prima cosa che fecero fu abbracciarsi, stringendosi così forte da farsi male, in quell’abbraccio c’era tutta la nostalgia che aveva preceduto quell’incontro
-Arizona quando mi hai chiamata non potevo crederci, mi sembrava impossibile che finalmente ci saremmo riviste – la donna era felice, glielo si poteva leggere in ogni lineamento del viso, in ogni inclinazione della voce, in ogni gesto, in ogni sguardo
- Lo sai che mi sei mancata da morire, Teddy? Anche io non vedevo l’ora di riabbracciare la mia migliore amica – non ci si sarebbe mai abituata, Arizona ne era certa, non si sarebbe mai abituata agli arrivederci che sarebbero potuti diventare addii
- Dai, andiamoci a sedere così mi racconti tutto- la frase fu accompagnata da un cenno della donna che le indicava il tavolino dove era stata seduta fino ad alcuni attimi prima
- Allora, fino a quando ti trattieni? Non vedo l’ora di farti conoscere Henry, potremmo organizzare un party, magari con tutti i tuoi vecchi colleghi e… - l’entusiasmo che aveva invaso la voce della donna fece sentire Arizona in dovere di mettere le cose in chiaro prima che fosse troppo tardi
- Hey, Teddy, frena! Mi piacerebbe tantissimo ma… - la donna fu interrotta prima che potesse continuare
- No, ti prego non me lo dire…- la paura aveva preso il posto dell’eccitazione
- Teddy, parto domani mattina, quello a Seattle era solo uno scalo, ci mandano in una missione umanitaria in Sud Africa…
 
 
-Non mi dire che niente poco di meno che Callie Torres ha paura? – il tono beffardo dell’uomo fece indispettire la latina che subito si mise sulla difensiva incrociando le braccia al petto, come una bambina
- Non scherzare Mark! Domani parto per la mia prima missione ed i miei non vogliono più vedermi, potrei morire senza averli abbracciati- percependo la paura reale della sua migliore amica decise di farsi serio
- Torres, non fare scherzi! Tu non morirai e quando tornerai Carlos ti starà aspettando al porto a braccia aperte, ne sono sicuro. Poi ci sono io con te, se vogliono ucciderti dovranno passare prima sul mio cadavere – il tono sicuro di Mark tranquillizzò Callie, la presenza del suo migliore amico la faceva sentire protetta, al sicuro, se c’era una cosa della quale non riusciva proprio a fare a meno era lui.
Mark sapeva che le sue parole avevano fatto presa, tuttavia, si rese conto del fatto che se non l’avesse schiodata da quel divano e fatta uscire dall’appartamento, i suoi mostri non l’avrebbero lasciata in pace e, se c’era qualcosa di cui era sicuro, era che non si deve passare così la notte prima di una missione. Si tirò su, dal divano sul quale anche lui era stato seduto fino ad un attimo prima, sorrise alla sua migliore amica e le tese la mano come per aiutarla ad alzarsi
-Forza Torres! Usciamo! – la donna lo guardò perplessa sollevando un sopracciglio e poi scoppiando a ridere
- Che c’è da ridere? – l’uomo tirò su un’espressione finta offesa
- Ma ti pare una proposta? Domani dobbiamo partire, abbiamo una missione… - la parte razionale di Callie non avrebbe mai acconsentito…
- È proprio per questo che dovremmo uscire, andiamo Torres, non è così che si passa la notte prima di una missione -…per fortuna quella era la meno ascoltata dalla donna che, afferrando la mano dell’amico si alzò per poi dirigersi nella camera che l’uomo le aveva ceduto.
Indosso il vestito più attillato e più corto che avesse insieme ai tacchi più alti, si truccò come poche volte aveva fatto in vita sua e lasciò che i lunghi capelli corvini le ricadessero sulle spalle, prima di uscire dalla stanza si guardò nello specchio, fino a qualche mese prima non avrebbe mai pensato che quella avrebbe potuto essere l’ultima sera durante la quale vestirsi in modo così…femminile. Decise, tuttavia, di non pensarci, almeno non in quel momento: Mark aveva ragione e lei non avrebbe permesso a nessuno di rovinarle quella serata. Quando l’uomo la vide non poté non contenere un’esclamazione
-Wow, Torres! Se non lo stessimo già per fare ti chiederei di uscire con me – Callie colpì affettuosamente l’uomo sul braccio prima di seguirlo.
Quando ebbero raggiunto il bar di Joe, il loro locale preferito, dopo aver preso un drink al volo, Mark trascinò Callie sulla pista. I due iniziarono a ballare letteralmente appiccicati. Callie continuava a strusciarsi contro il petto dell’uomo che, dal canto suo, teneva le sue mani fisse sui fianchi della donna. Mentre ballavano la latina notò una donna seduta ad un tavolo poco lontano dal loro, una donna mozzafiato, una donna la cui bellezza sembrò per alcuni attimi paralizzarla. Quando si fu ripresa poté notare che anche l’altra la stava guardando, anzi, la stava letteralmente fissando. Quello sguardo così profondo, quegli occhi di quell’azzurro da capogiro, quell’insistenza… la fecero sentire a disagio, così voltò lo sguardo verso il suo migliore amico che, alle sue spalle, stava continuando a muoversi, tenendola stretta, a ritmo di quella musica così sensuale. Quando la canzone finì, l’uomo andò in bagno mentre Callie si avvicinò al bancone per ordinare della tequila, aveva bisogno di qualcosa di forte per non pensare all’azzurro di quegli occhi.
 
 
 
-Arizona, mi stai ascoltando? – la voce di Teddy riportò per un attimo la donna alla realtà, eppure i suoi occhi continuavano a rimanere incollati a quella sconosciuta mentre annuiva, in un gesto quasi automatico, alla donna seduta davanti a lei
- Ah, sì? E cosa ti stavo dicendo? – conosceva la sua amica, sapeva riconoscere quando la sua attenzione era catturata da qualcos’altro e quello era esattamente il caso
- Mi stavi parlando di un certo Eduard – rispose la bionda sfoderando nei confronti dell’amica uno dei suoi sorrisi super magici ma lo sguardo di disapprovazione di Teddy le fece capire di non essere riuscita a mascherare la sua disattenzione ma, ostinata, ci riprovò
- Anzi, no, Henry, mi stavi parlando di Henry – quella era la sua ultima opportunità, poi avrebbe dovuto confessare
- Chi è questa volta? – chiese la donna abituata a quel tipo di situazione
- E? Chi? – quando avrebbe imparato che con Teddy non funzionava? Forse mai
- La donna che ha catturato la tua attenzione, chi è la tua nuova conquista? – Arizona sorrise colpevole all’amica ma furono interrotte da un messaggio sul cellulare di quest’ultima
- Sei fortunata, mi vogliono in ospedale…- la donna si alzò, seccata, non avrebbe voluto interrompere proprio ora quella serata che aveva atteso per tutta la durata della precedente missione della sua migliore amica
- No, ma come? Io volevo stare con te questa sera… - la tristezza nella voce della bionda sarebbe stata percepibile da chiunque
- Sarà per la prossima, guarda il lato positivo, potrai inserire nel tuo elenco di conquiste la bella bruna che hai fissato per tutta la serata – Teddy sorrise e Arizona la spinse appena con la spalla
- Dai, vieni qui – disse poi avvicinandosi all’amica per abbracciarla. Nonostante il locale fosse affollato le due rimasero così, senza muoversi, per diverso tempo, quello era il loro rito, lo facevano prima di ogni partenza della bionda, quando si staccarono Teddy, sperando, almeno per questa volta, di non riuscire a piangere sorrise per poi iniziare ad avviarsi verso la porta, in silenzio
- Hey Teddy! – la donna si voltò e iniziò a parlare senza dare all’altra il tempo di continuare
- Me lo dirai quando sarai tornata – quello era il suo modo di convincersi che la sua migliore amica avrebbe fatto ritorno sana e salva, ancora una volta. Detto ciò le sorrise nuovamente e si guardarono ma dopo che un uomo fu passato tra loro interrompendo il contatto visivo, Teddy era ormai scomparsa dalla visuale di Arizona. Conoscendola sarebbe stata già dall’altra parte della strada, era il suo modo di difendersi dal dolore, dalla paura, Arizona la capiva, avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovata al suo posto. Il pensiero della donna seduta al bancone la distrasse da quello della sua amica, del resto quello era il suo di modo di proteggersi. Non aveva relazioni fisse, non ne voleva, la gente andava via, moriva, il suo cuore era troppo fragile per poterlo donare a qualcuno di diverso da se stessa, sarebbe stato da sciocchi affidare la propria felicità a qualcuno che, in un modo o nell’altro, sarebbe andato via distruggendola, lei lo sapeva, non voleva raccogliere i pezzi di se stessa ancora una volta, avrebbe finito col perderne qualcuno, volta dopo volta, fino a quando quelli rimasti sarebbero stati troppo pochi per riuscire a ricomporsi nuovamente.
Quando guardò verso il bancone notò che la donna non c’era più, stava ballando, nuovamente, con il ragazzo di poco prima. Senza che se ne rendesse conto si era affiancata alla coppia, ponendosi a fianco dell’uomo che, vedendola, si spostò cedendole il posto.
Callie, quando sentì le mani di Mark spostarsi dai suoi fianchi si voltò e, al posto degli occhi ghiaccio dell’amico trovò i due azzurri che le avevano, poco prima, fatto perdere il controllo
-Spero non ti dispiaccia se prendo il suo posto – la donna bionda le sorrise e…wow, non aveva mai visto un sorriso così…così. A quel punto, completamente succube della donna non poté che voltarsi e riprendere quei movimenti lenti, sinuosi, che poco prima aveva dedicato a Mark. La donna, recependo la tacita risposta, posò le sue di mani sui fianchi della bruna facendola quasi sobbalzare.
Arizona sistemò poi il mento nell’incavo della spalla della donna, il profumo della sua pelle, la stava mandando su di giri, il suo corpo contro il suo, le mani sui suoi fianchi… mai si era sentita così…strana. Dopo che ebbero ballato per diverso tempo, al punto di far alzare la temperatura alle stelle su quella pista, con la voce tanto bassa e sensuale da farla percepire come un soffio all’altra donna le chiese, pericolosamente vicino al suo viso
-Che ne dici se andassimo da qualche altra parte?
La bruna, inaspettatamente si voltò e fu lei, questa volta, ad avvicinarsi all’orecchio della bionda
-Mi dispiace, sarà per un’altra volta- e in un modo sensuale quasi quanto il ballo che avevano appena fatto si allontanò, lasciando la donna come paralizzata in mezzo alla pista.
Callie si avvicinò a Mark che, dal canto suo, la stava aspettando al bancone con un bicchiere di tequila
-Ti prego, Mark, portami a casa – l’urgenza nella voce della donna fece insospettire l’uomo
- Cosa c’è che non va, Torres? Sembrava andar bene con la biondina…- l’uomo sorrise sornione alla sua amica mentre pagava i drink
- È proprio questo il problema, non sono il tipo da una notte e via
L’uomo mise il suo braccio sulle spalle dell’amica e le rispose sospirando
-Ah Torres, come si vede che sei un marinaio alle prime armi…
-E questo cosa c’entra? – chiese la donna indispettita
- Beh, si sa, ogni marinaio che si rispetti ha una donna in ogni porto – il tono dell’uomo suggeriva che quella era, per lui, la cosa che preferiva del suo lavoro
- Ma quanto sei scemo! – la bruna rise, con un movimento del bacino colpì l’uomo ed insieme uscirono dal locale ridendo.
 
 
Il mattino seguente il sole risplendeva alto nel porto di Seattle, tutto l’equipaggio era schierato, in divisa, sul ponte della U.S.S. Blue Ridge, nave commando da assalto anfibio della marina statunitense.
Callie si spostò, rompendo impercettibilmente la riga per poter parlare con l’amico al suo fianco
-E ora che succede? – chiese la donna insicura
- Che ci mettono in punizione se non ricomponi la riga! – Callie non aveva mai visto Mark così serio in vita sua, tanto che l’uomo, quasi pentendosi della durezza con cui aveva risposto all’amica alle prime armi, decise di continuare
- Se invece la passiamo liscia, a breve sentiremo la voce del capitano per il messaggio di benvenuto provenire dagli altoparlanti – Mark sorrise alla donna che gli rispose di rimando prima di rimettersi in posizione. Come previsto, alcuni secondi dopo, gli altoparlanti emisero un suono acuto e poi una voce riempì ogni angolo del ponte
- Buongiorno, qui è il capitano Arizona Robbins che vi parla dandovi il benvenuto sulla U.S.S. Blue Ridge LCC-19. A breve lasceremo il porto per raggiungere l’Africa, fino ad allora saremo in silenzio radio. Per quelli che fossero alla loro prima missione, sappiate che la marina militare statunitense non accetta la paura o l’incertezza fra le sue file. Avete preso una decisione, avete fatto una scelta, un giuramento che dovrete rispettare fosse anche l’ultima cosa che fate. Servite il vostro Paese, ricercate la sua di gloria, non la vostra ed un giorno esso vi ringrazierà insieme ai popoli per i quali avete lasciato, state lasciando e lascerete i vostri genitori, i vostri compagni, i vostri figli, i vostri amici, il vostro tutto. E se pensate che ciò non compensi abbastanza il vostro sacrificio, scendete da questa nave, altrimenti restatevi dando il massimo di voi. Concludo augurandovi l’unica cosa che so essere nei cuori di ciascuno di voi, indistintamente, poter tornare ad abbracciare la persona il cui pensiero vi tiene compagnia durante la notte e vi sprona ad andare avanti. Chiudo.”
Il messaggio era finito ma Callie rimase immobile, mentre tutti gli altri abbandonavano le file, non poteva crederci, avrebbe riconosciuto quella voce fra mille.
  
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