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Autore: Nadie    05/08/2014    2 recensioni
L’acqua.
L’acqua del mare di Dublino, l’acqua che beve le vite e le storie, l’acqua che è acqua e non finisce mai.
Quanto vorrebbe essere acqua, quanto vorrebbe essere acqua insieme a Prudence, essere la stessa acqua.
Siamo la stessa acqua, Prudence, e non puoi andare via da me e io non posso andare via da te, perché siamo l’acqua e l’acqua non si separa dall’acqua.
Ma Dio ha deciso di farli umani ed ora eccoli qua, divisi dal tempo, senza nemmeno riuscire a parlare.
Ma Dio come ti sei permesso di non farci acqua?

[Ben e Prudence]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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Il tempo dell'acqua




Si lascia andare contro lo schienale della sedia e sospira, alza il capo verso il soffitto e chiude gli occhi.
È notte fonda ed ha appena finito di girare la stupida scena di uno stupido concerto in cui canta una stupida canzone che dice a ripetizione: ‘fai tutto ciò che vuoi fare!’
Come se fosse facile!
«Ehi, dolcezza, ti fermi a bere con noi?» la testa riccia di Robert fa capolino da dietro la porta del suo camerino e lui si lascia scappare una risata.
«No, tesoro, stasera non sono dei vostri, mi spiace.»
«Ah, già, scusa, Barnes, dimenticavo che è già ora della nanna per te, fai bei sogni!» Robert gli schiocca un bacio volante e si affretta a scomparire, ma riesce comunque a sentire l’epiteto poco affettuoso che gli urla dietro il suo amico.
Lui si appoggia al tavolo di fronte e si regge il capo con una mano.
C’è un così gran casino nella sua testa e non sa bene cosa deve fare.
Vorrebbe andare nel maledetto bar dove lavorano i due amici della ragazza con gli occhi verdi e chiedere loro dove poterla trovare, perché la vuole vedere, si vuole scusare, le vuole parlare.
Perché sono anni che cerca delle dannate spiegazioni e non ha intenzione di andarsene da Dublino senza.
Ma poi pensa cosa diavolo ci vado a fare se tanto Lei non riesce nemmeno a guardarmi?!
Passano i minuti e i suoi pensieri si aggrovigliano agitati, allora lui tira un bel pugno sulla superficie del tavolo e si alza in piedi.
Si cambia in fretta perché è vestito come un idiota, infila veloce i suoi jeans e tira su il cappuccio della felpa, inforca un ridicolo paio di occhiali da sole con la montatura rosso acceso e corre fuori, verso la fermata dell’autobus lì vicino.
È una notte senza pioggia e gli sembra così strano, mentre cammina veloce alza il capo e vorrebbe chiedere dove sei finita pioggia? Perché stanotte non cadi sopra Dublino?
Ormai con la pioggia ha fatto amicizia, cadeva spesso anche sulla sua Londra, a lui da bambino non piaceva per niente, di notte sentiva sempre quel ticchettio fastidioso e non riusciva a dormire, ‘stai un po’ zitta, pioggia!’ aveva gridato una sera e suo padre gli aveva detto che la pioggia è come le donne: non sta mai zitta e, soprattutto, non le si può dire di stare zitta.
Con il passare del tempo aveva imparato ad ascoltarla ed ora quella notte senza pioggia ha un rumore troppo strano per lui.
Arriva alla fermata dell’autobus e aspetta in silenzio, non c’è nessuno ad aspettare insieme a lui, probabilmente anche per l’ora un po’ tarda, lui non sa di preciso che ora sia ma è tardi, è molto tardi, di questo ne è certo.
Le porte gialle dell’autobus gli si aprono davanti al naso, lui monta su, timbra il biglietto e va a sedersi vicino ad un signore anziano che guarda attento fuori dal finestrino.
L’autobus parte, lui volta il capo e segue lo sguardo del vecchio che cade oltre il vetro, tra gli alberi e i prati verdissimi di Dublino, riesce a vederli anche in quella notte buia, scorrono veloci dietro l’autobus e lui pensa che vorrebbe restare per sempre così, seduto su un sedile di un autobus che non si ferma mai, a guardare Dublino, tutta Dublino che lo rincorre.
«Signore, posso farle una domanda?» chiede togliendosi gli occhiali da sole, e il vecchio si volta a guardarlo ed annuisce sorridendo.
«Se questo autobus si schiantasse contro un enorme camion proprio in questo momento, lei che farebbe? Cioè, intendo, avrebbe già fatto tutto ciò che voleva fare prima di morire o si porterebbe qualche rimpianto nell'aldilà?» il vecchio si abbandona contro lo schienale del sedile e sembra stia pensando a qualcosa che lo turba parecchio.
Chiude gli occhi, poi prende un bel respiro e la sua voce invecchiata comincia a parlare.
«Sai, ragazzo, tanti e tanti anni fa ero invaghito di una bellissima ragazza, si chiamava Daisy.» e appena pronuncia quel nome i suoi occhi si illuminano e il ragazzo pensa ecco, questo bagliore negli occhi di quest’uomo dev'essere quella che tutti chiamano felicità.
«E lei aveva dei lunghissimi capelli neri, neri come questa notte, e i suoi occhi erano enormi ed azzurri, così azzurri che l’Azzurro stesso, se li avesse visti, sarebbe rimasto a bocca spalancata!»
«Doveva essere proprio bella.»
«Bellissima! Ed io avevo davvero perso la testa! Un giorno, eravamo in un piccolo locale, mi feci coraggio e la invitai a ballare, lei accettò e da allora divenne la mia ragazza. Era un periodo così bello, sai, mi bastava averla intorno per essere felice, sono quelle sensazioni strane che non puoi spiegare a nessuno, nemmeno a te stesso.» dice il vecchio e dà un buffetto sulla mano del giovane.
E sono così diverse le loro mani, quelle del vecchio si muovono lente, la pelle è un po’ raggrinzita e sono ricoperte da macchie scure piccole come dei nei, dev'essere stato il tempo, decide il giovane, e i suoi occhi bui vagano su quelle mani e pensano a quanto impressionante sia il tempo
Prova ad immaginarlo, il tempo.
Immagina un vento freddo che soffia sulle persone e le plasma, e poco gli importa della loro storia, di ciò che hanno vissuto, di ciò che hanno provato, no, non gli importa un bel niente, perché il tempo scorre e basta e sono gli altri a doverlo riempire. Come? Ah, non è certo un problema del tempo!
«E poi cosa è successo?» chiede e la luce negli occhi del vecchio si spegne in fretta.
«Poi arrivò la guerra, e quando arriva la guerra non c’è più niente da fare, diventi un soldatino nelle sue mani sporche. Partii per il fronte e quando ritornai, Daisy era partita, andata via, ed io mi arrabbiai così tanto, così tanto e non andai a cercarla, pensai: al diavolo! Anni e anni dopo la rividi, ma entrambi ci eravamo già fatti una famiglia, ma, so che è brutto da dire, ma non ho mai amato nemmeno mia moglie tanto quanto ho amato Daisy, e non essere andato a riprendermela, non averci nemmeno provato, sarà un rimpianto che mi porterò anche nell'aldilà.» il vecchio sospira e scuote la testa e forse sta pensando che darebbe di tutto pur di far tornare indietro il tempo.
Ma il tempo non torna indietro.
«Se lei avesse l’opportunità di rivedere Daisy e di aggiustare ogni cosa, se lei potesse tornare indietro ed andare da lei, ma se Daisy non volesse vederla perché vi siete lasciati male, lei che farebbe?»
«Io andrei lo stesso da lei e le direi: ‘non mi importa se non vuoi vedermi, non mi importa quello che vuoi, perché adesso io sono qui’.»
Il giovane ripete quelle parole nella sua testa e sorride, si rimette gli occhiali e schiaccia il pulsante per prenotare la fermata, e quando l’autobus si ferma lui scatta in piedi, si volta verso il vecchio e lo ringrazia con tutto il cuore e poi scende giù di corsa.
Cammina a passo svelto in quella notte asciutta, si orienta tra i vicoli di Dublino che ormai conosce come le sue tasche e arriva in una via piena di squallidi bar e di gente ubriaca seduta sui marciapiedi.
Entra spedito in uno dei bar, che sembra arredato come quel locale anni Cinquanta che vedeva sempre in ‘Happy Days’, vede una ragazza con i capelli dritti e rossi intenta a pulire il bancone e la raggiunge in fretta.
«Angie!» chiama, e si toglie gli occhiali da sole e abbassa il cappuccio della felpa.
La ragazza con i capelli rossi alza il capo e sul suo volto compare un’espressione incredula.
«Ben! Ma sarà da una vita che non ti vedo!» dice e si sporge per abbracciarlo in modo impacciato. «Che ci fai qui?»
Lui lascia passare qualche minuto prima di rispondere.
«Sai dove posso trovare Prudence?»
La ragazza con i capelli rossi gli regala uno sguardo strano, a lui sembra di scorgere della compassione nei suoi occhi e si sente un dannatissimo idiota.
Ma tanto che gli frega ormai?
Lui vuole solo sapere dov'è la ragazza con gli occhi verdi, tutto il resto può anche scomparire.
 «Sì, è qui, adesso lavora con noi.»
Il respiro lo abbandona e per un momento gli sembra di svenire, cade un velo scuro davanti ai suoi occhi, lui se li strofina forte con le dita e riprende fiato.
«Tutto bene?» lui annuisce ad occhi chiusi.
E resta lì fermo, appoggiato al bancone, con lo sguardo di Angie addosso.
Non sa bene cosa fare, ma è tardi per scappare, doveva pensarci prima, adesso è lì ed è giusto così, adesso prenderà la ragazza con gli occhi verdi e se la porterà via, via, via, vieni con me e parleremo tutta la notte, e se non basterà chiederò al sole di non sorgere e sarà notte per tutto il giorno, e tu mi dirai perché sei andata via.
Perché sei andata via?
Dei passi si avvicinano, lui alza lo sguardo e vede la ragazza con gli occhi verdi che si slaccia il grembiule nero e lo lancia irritata al di là del bancone.
È così bella.
Indossa un bel vestito blu che le arriva appena alle ginocchia e le lascia scoperta la schiena, quanto vorrebbe toccarla, il desiderio gli pulsa nelle mani.
Lei volta il capo e, non appena incontra i suoi occhi bui, indietreggia.
Lui le si avvicina e alza le mani, come a volerle dire guarda, non sono armato, non posso farti male, e se ti ho fatto del male allora ti prego, perdonami.
«Possiamo parlare?»
«Ti ho detto di andartene, non voglio più vederti!» si volta e fa per andarsene, ma lui la raggiunge con pochi passi e la afferra per un braccio, facendola voltare.
Guarda dritto nei suoi occhi verdi e si fa coraggio.
«Non mi importa se non vuoi vedermi, non mi importa quello che vuoi, perché adesso io sono qui.»
Lei lo guarda intensamente, poi si divincola e va a sedersi ad uno dei tavoli, lui la segue e le siede di fronte.
Per un po’ nessuno dei due apre bocca, si guardano intorno distratti e lasciano che le voci della poca gente dentro al bar riempiano la conversazione che loro due non si azzardano ad iniziare.
C’è una brocca d’acqua al centro del tavolo che fa da scudo ad entrambi.
Lui la fissa e pensa all'acqua.
L’acqua.
L’acqua del mare di Dublino, l’acqua che beve le vite e le storie, l’acqua che è acqua e non finisce mai.
Quanto vorrebbe essere acqua, quanto vorrebbe essere acqua insieme a Prudence, essere la stessa acqua.
Siamo la stessa acqua, Prudence, e non puoi andare via da me e io non posso andare via da te, perché siamo l’acqua e l’acqua non si separa dall'acqua.
Ma Dio ha deciso di farli umani ed ora eccoli qua, divisi dal tempo, senza nemmeno riuscire a parlare.
Ma Dio come ti sei permesso di non farci acqua?
«Come sta Jude?»
«Non lo so. Penso bene.»
Lui incurva le sopracciglia, confuso.
«Come sarebbe ‘non lo so’?»
«Adesso vive con nostro padre, sono cinque anni che non lo vedo.»
«Jude vive con il padre? Intendi l’uomo che se ne è altamente fregato di voi due? E tu riesci anche a chiamarlo ‘padre’?»
«No, giusto, era meglio restare in una casa senza luce, con una madre praticamente assente e nemmeno un soldo!»
«Aveva te.»
«Non era abbastanza.»
Cade l’ennesimo silenzio tra loro due, ed entrambi, nella loro testa, riempiono quel silenzio con il suono di Jude che ride, Jude che ascolta gli Stones, Jude che non vuole più andare a scuola perché lo prendono in giro, Jude che non c’è più.
«E tu come stai?»
La ragazza con gli occhi verdi incrocia le braccia sotto al seno e sbuffa.
«Che domanda stupida.»
«Okay, allora che ne dici di questa: perché sei andata via?»
«Perché non volevo essere un peso per te, perché non volevo che tu rinunciassi a tutto per me, Benjamin. Non è stato facile, non è stato per niente facile, ma non c’era alternativa.»
«E invece tu non dovevi permetterti di fare una cosa del genere, mi hai sentito? Non dovevi permetterti!»
La ragazza con gli occhi verdi si alza in piedi, i suoi occhi verdi sono umidi e guardano stanchi gli occhi bui del ragazzo di fronte.
«Perché torni a cercarmi dopo cinque anni? Perché non sei venuto subito, appena hai letto quella lettera? Perché?» gli chiede e trattiene a stento le lacrime.
Si alza anche lui e le prende il viso tra le mani.
«Perché sono un idiota.»
Poi preme le mani sulla schiena nuda di lei e nasconde il viso nell'incavo del suo collo, e vorrebbe dirle freghiamocene del passato e del futuro, restiamo per sempre così, facciamo vedere al tempo che noi siamo più forti, che siamo più forti perché siamo come l’acqua e niente può dividerci.
Angie li guarda dal bancone e sorride, poi prende qualche spicciolo dalla cassa e si avvicina al vecchissimo jukebox del bar, passano un sacco di titoli davanti ai suoi occhi scuri, scorrono, scorrono le canzoni e lei le lascia scorrere, fino ad arrivare ad ‘Angel’ degli Aerosmith.
Lui sente partire la canzone e non sa se deve ridere o piangere, perché il cantate è messo come lui: ha perso la sua ragazza, la sua Daisy, la sua Prue e sta cercando di riprendersela.
Avvicina le labbra all'orecchio di lei e intona il ritornello.
«’Baaaaby, you’re my aaangeeeel! Come and save me tonight!’, ho stonato in modo spaventoso!»
Lei ridacchia, anche se le scappa ancora qualche lacrima, e lo stringe forte.
E poi, dopo cinque anni, le loro labbra si incontrano di nuovo, e non la sentono la gente attorno a loro che ride ed applaude, non sentono niente e nessuno.
Ci sono solo loro e la loro pelle e le loro labbra che si fondono, e alla ragazza con gli occhi verdi ritornano in mente le parole che il ragazzo con gli occhi bui le disse tanto, troppo tempo fa.
‘Saremo come l’acqua e non finiremo mai’
‘Te ne andrai?’
‘L’acqua non può andare via dall'acqua'.
 
 
 
 

Buonsalve, ciurma!
Io l'avevo lasciata la minaccia di nuove OS nella scorsa OS(perdonatemi la ripetizione), e quindi eccola qua, la nuova creaturina che è venuta molto più lunga del previsto.
Stavolta ho fatto la brava con questi due disgraziati, sì anche perché peggio di come stavano conciati non si poteva fare, ecco!
E niente, spero non sia vomitevole, e ringrazio sempre le mie Clairy e Joy che seguono questi sfigatoni da sempre e mi trasmettono un sacco di entusiasmo ed energia, e ringrazio anche i lettori silenziosi.
Ed ora vado a prepararmi psicologicamente per le nuove puntate di Chicago Fire.
Adios!
C.




 Chissà che c'ha da guardà Barny in 'sta foto, bù!
 
 
 
  
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