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Autore: EffieRiot    11/09/2008    3 recensioni
"E l’unica cosa a cui riesco a pensare sono due occhi azzurri troppo ingenui per capire il dolore della vita che mi guardano sconvolti andare via come io ho guardato, tanti anni fa, quando ancora ero bambino, il corpo senza vita di mia madre."
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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La semplicità di un bambino

Un attimo. Come un flash. E ora sono qui, solo, arrotolato nelle coperte. Mi guardo attorno spaventato... spero di non aver svegliato nessuno. Se mi scoprono ancora sveglio sono morto. Nemmeno Tom potrebbe proteggermi.

FLASHBACK

-Bill, Tom... voi state qui con la zia! Io e papà torniamo fra poco...- disse mamma. Era completamente vestita di nero. Ora che sono cresciuto ho capito che stava andando al funerale di mia nonna...la mia dolce nonnina, ma a quei tempi, quando avevo si e no quattro anni, non capivo perché non potessi andare con mamma e papà. Mamma vedendo che ero restio a muovermi dal vialetto mi diede una leggera spinta, come un incoraggiamento. La zia mi guardava torva dalla porta e Tom, preoccupato, tornò in dietro tendendomi la mano. Ogni cosa l’avremmo superata insieme. Ma non sapevamo cosa ancora ci poteva capitare. La zia di certo non era una delle donne migliori del mondo nell’accudire due bambini, ma almeno non ci faceva male. Ci piantava davanti alla TV con un pacchetto di patatine e si rifugiava in cucina a farsi gli affari suoi. A volte beveva, ma non era mai stata violenta nemmeno da ubriaca. Dopo qualche ora che la mamma e papà se ne erano andati suonò il telefono e la zia andò a rispondere. Mentre il suo interlocutore parlava passò molte diverse espressioni, ma una mi rimase impressa nella memoria e ancora oggi ho i brividi a ripensarci. La sua espressione emanava una tale rabbia da fare male al solo starle di fianco, come se improvvisamente si fosse ricoperta di invisibili e infiniti aculei. Senza preavviso piombò in salotto e ci disse di metterci i giacconi in fretta e di seguirla. Dopo uno sguardo d’intesa ci alzammo recuperando i nostri cappotti e ce li infilammo. La aspettammo uno di fianco all’altro sulla porta d’ingresso, quasi sull’attenti. Dopo qualche secondo la zia ci passò di fianco con passo veloce e si infilò in macchina. Noi la seguimmo mettendoci sui sedili posteriori e allacciandoci le cinture come la mamma ci aveva insegnato a fare. Il tragitto fu lungo, almeno secondo la mente del bimbo che ero, e durante questo ero agitatissimo. C’era una tensione palpabile nell’aria, e non mi diceva nulla di buono. Tom se ne accorse e mi strinse la manina, sorridendo per rassicurarmi. Ci fermammo davanti all’ospedale. Entrammo e la zia si diresse subito verso un’ infermiera chiedendole dove poteva trovare Simone Kaulitz – Trumper. Dopo qualche gironzolare per l’ospedale la zia entrò in una stanza. Ne uscì dopo parecchio, in lacrime. La mamma era morta tornando a prenderci. Un camion in sorpasso non li aveva visto la macchina e hanno fatto un frontale. Quando dovettero decidere a chi affidarci sperai con tutto me stesso di poter rimanere con la zia. Le volevo bene anche se era un po’ solitaria. Quando ispezionarono la casa trovarono le bottiglie di alcolici semi vuote e decisero di portarci in un orfanotrofio. È da nove anni che io e Tom siamo qui dentro.

FLASHBACK

-Papà... sei emozionato perché domani è il tuo compleanno?- chiede una voce di bambina nella penombra dei dormitori. Mi guardo attorno cercando una testolina rossa e quando la trovo comincio a accarezzarla amorevolmente. Quella non era mia figlia, ma mi considera come un padre. È arrivata qui che ancora non sapeva parlare, le ho insegnato io quasi tutto quello che sa.

-Si Isabel, si... sono emozionato per il mio compleanno.- lei tutta contenta mi da un bacio sulla guancia e trotterella verso il suo lettino. Quando la bimba sta già dormendo una voce maschile di fianco a me mi chiede

-Allora Kaulitz... finalmente compi diciotto anni, te ne puoi andare da qui! Chissà che programmi avete tu e tuo fratello!-

Un attimo. Come un flash. E ora sono qui, con le mie valige pronto a partire. E l’unica cosa a cui riesco a pensare sono due occhi azzurri troppo ingenui per capire il dolore della vita che mi guardano sconvolti andare via come io ho guardato, tanti anni fa, quando ancora ero bambino, il corpo senza vita di mia madre.

  
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