[Kyouraku
Shunsui / Ukitake
Jūshirō]
Malato. Di
nuovo. Stranamente la cosa non mi stupisce.
Mi fermo
davanti la porta scorrevole.
“Jūshirō!”
Un
mormorio soffocato che prendo per un assenso mi risponde
dall’interno, senza
indugiare oltre la spalanco con poco garbo ed entro.
Il
capitano della tredicesima compagnia Jūshirō
Ukitake
è adagiato su
un letto, con un libro aperto posato sul petto e un sorriso che gli
increspa le
labbra.
Sembra
così fragile, più pallido del solito con quei
capelli grigio-argentei che si
aprono sul cuscino come una corona bianca.
Viene voglia
di proteggerlo. Non
che ce ne sia bisogno davvero, naturalmente. Sorrido
inconsapevolmente mentre mi perdo fissando
i suoi occhi di cioccolato.
Mi fa
posto accanto a sé e io, anziché sedermi, mi
sdraio con una mano dietro la
testa, nella posizione che assumo sempre quando sono rilassato.
“non
riesci proprio a stare lontano da questo materasso per più
di cinque giorni, eh
Jūshirō?!”
Non
risponde, è retorica, sa perfettamente che
non c’è ne è bisogno. Sa anche quanto
sono preoccupato, sono arrivato da lui
esattamente 8 minuti dopo che lui ha iniziato a tossire sangue.
Con
il capitano Unohana nei dintorni non
rischia niente, ma io mi sento inutile ogni volta che lui si ammala, ed
è più
facile contare i giorni che sta bene piuttosto che il contrario, ve lo
assicuro. E sentirmi inutile per Jūshirō-chan è una delle
cose che odio di più
al mondo.
Senza
guardarlo inizio a giocare distrattamente
con i suoi capelli, sono morbidi e setosi al tatto. Mettendo a posto
dietro
l’orecchio un’immaginaria ciocca scompigliata gli
sfioro delicato il viso. Per
farlo mi sono girato e lo vedo chiudere gli occhi in un brivido. Non
sposto la
mano, non ne ho voglia; lui gira il volto e la chiude tra la sua testa
e il
materasso, una pressione accennata ed è come se se la stesse
imprimendo per
poter rievocare la sensazione in un altro momento.
Ha
ancora gli occhi chiusi. Mi ritrovo a
pensare che ha un bel viso il capitano Ukitake della tredicesima
compagnia.
Sento il suo fiato caldo accarezzare leggero il mio mento e il mio
collo e un
fremito mi attraversa la schiena come una scossa.
Non
è
leale così!
Lo penso un attimo
soltanto prima di appropriarmi incerto delle sue labbra dischiuse.
Passa
un attimo di sorpresa, per entrambi. Io
credevo di sapermi controllare.
Poi
la sua mano che era poggiata inerte accanto
al corpo si sposta sulla mia nuca costringendomi ancora più
vicino. Il bacio
dolce che mi sarei aspettato dall’uomo che mi stava di fianco
viene trasformato
dal desiderio. Le lingue si assaggiano fameliche e vengo attraversato
da un
secondo brivido quando mi graffia con i denti. La necessità
d’aria viene
ignorata, le mie mani corrono frenetiche sulla sua schiena.
Mentre
una parte di me si abbandona al puro
piacere, continuo a preoccuparmi della sua condizione, sto attento a
non fargli
male e lentamente mi separo, poggiando la mia fronte contro la sua.
“Kyouraku”
è un sospiro sulle sue labbra.
La
porta si apre senza preavviso, con decisione
e compare Abarai Renji. Non sono mai stato meno felice di vedere la sua
strana
testa rossa tatuata.
Mi
tiro su di scatto, arrossendo come una
bambino che è stato colto a rubare caramelle. In effetti, era altrettanto dolce
quello che avevo preso.
“Emh..
scusate. Volevo chiedere al capitano
Ukitake dove fosse stata mandata in missione Rukia, perché
il capitano Kuchiki
non vuole dirmelo; ma ripasserò dopo”
Aveva
detto tutto di un fiato, parlando
rapidamente, con lo sguardo basso come se fosse stato lui quello colto
in
flagrante.
Jūshirō,
sorprendentemente, gli rivolge un
sorriso rilassato.
“no,
non ti preoccupare Vicecapitano Abarai,
ora va bene. Rukia è nel Rukongai, dalla famigli Shiba. Oggi
è la ricorrenza
della morte di Kaien, nessuna missione.”
Un’espressione di stupore si dipinge sul viso dello Shinigami
della sesta
compagnia, poi diventa confusione, e un pizzico di dispiacere per non
esserselo
ricordato, per averla lasciata sola.
“Oh.
Grazie Capitano”
Con
un inchino si congeda e chiude la porta
alle spalle.
“Ti
rendi conto” Inizia Jūshirō “Tutto il Gotei
13 saprà di noi quasi nello stesso momento in cui lo hanno
scoperto i diretti
interessati”
E
mi baci a di nuovo, un pigro raggio di sole
s’infiltra fra le nostre labbra mentre riprendiamo fiato,
sorriso contro
sorriso.