Anime & Manga > Ayashi no Ceres
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Autore: kaos3003    11/09/2008    0 recensioni
A volte è fin troppo rapido il passaggio dall'idillio alla rovina, e non sempre una dea merita d'essere felice.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi, i nomi e i luoghi qui riportati non mi appartengono, piuttosto sono da attribuirsi alla loro creatrice Yuu Watase e a chiunque ne detenga i diritti legali.
Quest'opera non ha scopo di lucro alcuno, ma vorrebbe essere forma una mera forma di intrattenimento per voi e per me, soprattutto.

Note dell'autrice: un anno, un anno per concepire un progetto e ragionare sulla mia idiozia galoppante, altro che "lente, lente currite noctis equi".
Comunque, dicevamo? Ah, sì. Un anno per concepire un progetto di sei flash fiction (non oso pensare ai tempi per progetti maggiori) e abbozzare idee, cestinarle, sbattere la testa al muro, cercare inutilmente un beta-reader, sbattere la testa sulla scrivania e decidere che chi fa da sé avrà crampi alla mano destra, ma sicuramente meno emicranie.
Ultima nota poi smetto di rompere, in questa raccolta termini cardine saranno i prompt della sfida "Quella sporca mezza dozzina" (vedi pagina challenge per chiarimenti), ma soprattutto saranno determinanti i significati dei fiori citati nel titolo.

Questo capitolo è centrato sul cardo silvestre. Scientificamente conosciuta con il termine greco dipsao (= aver sete), tale appellativo è da attribuirsi alla forma concava delle foglie della pianta, che dopo le piogge contengono una discreta quantità d'acqua. La tradizione celtica descrive, infatti, elfi e gnomi che bevono utilizzando come tazze le foglie del Cardo silvestre. Da sottolineare è, inoltre, l'utilizzo del Cardo nell'ambito tessile e più precisamente del capolino della pianta per la cardatura dei tessuti di lana. Dalla tendenza del Cardo a crescere in luoghi impervi deriva il significato nel linguaggio dei fiori: isolamento e solitudine.

 



 

 

 

Kumi si lasciò cadere a terra appena fuori della porta dell'infermeria. Erano passate tre settimane dal malore di Etsuko e ora che si era decisa ad entrare in quella stanza non aveva trovato l'amica. Non aveva nemmeno aspettato l'arrivo dell'infermiera, era semplicemente corsa fuori sbattendosi la porta alle spalle, terrorizzata dall'immagine dell'amica coperta da un lenzuolo bianco.

Ieri aveva sentito alcune ragazze parlare di strane sparizioni dal Centro, di sacchi bianchi portati fuori durante la notte. Sicuramente doveva esserci un errore, Etsuko era sicuramente tenuta in un'ala riservata a causa delle sue delicate condizioni, tutte le ragazze ammalatesi dovevano essere ancora lì.

I passi oltre la porta erano lievi e lenti, segno che non c'era nessuna fretta, le ragazze dovevano stare bene. Tutto quello che aveva visto in quei giorni era sicuramente frutto di una qualche illusione, e Kumi circondò le ginocchia con le braccia per non dover vedere le proprie mani.

Ricordava bene com'erano le mani di Etsuko poco prima che svenisse nella hall, scherzando le aveva detto che le sue vene sembravano dei ruscelli di montagna e questo le avrebbe costrette a cercare un paio di guanti fatti con i cardi per il suo compleanno.

Etsuko si era messa a piangere, lamentandosi dei turni massacranti in laboratorio e delle sue bellissime mani, che ora somigliavano a quelle della vecchia e saggia nonna che aveva lasciato fuori, poi si era messa una mano alla gola ed era caduta dalla panchina su cui erano sedute. In pochi istanti era stata circondata dalle infermiere e la dottoressa Gladis incitava tutte loro a lasciare la sala e rifugiarsi in camera.

E ora anche le sue mani erano nelle stesse condizioni: la pelle si screpolava e le vene erano sempre più in rilievo. Come se non fosse abbastanza gli studi sulla Veste la sfinivano come mai prima e riposare le era diventato ormai impossibile.

Sicuramente sua madre avrebbe sostenuto che tutto questo era solo una punizione per la loro vanità, che perfino il pianto che rimbombava ogni notte fra i corridoi era un segno della loro condanna. La vita non è fatta di bambole, ma di uomini e donne, ripeteva mentre consolava la figlia adolescente, non puoi sostituirti al giudice.

E in tutto questo Etsuko le aveva gridato di cercare la sua bambina, di allontanarla dal Centro prima che fosse troppo tardi, ma cosa voleva dire? Il Centro non era più la loro casa? Non sarebbero state al sicuro fra quelle mura bianche?

Fuori ci sono gli uomini e gli uomini sono malvagi. Lo aveva detto la dottoressa Gladis nelle sue lezioni ed Etsuko era sempre stata d'accordo, le aveva perfino dato anche della stupida e dell'ingenua quando aveva mostrato i suoi dubbi prima della nascita della bambina. Loro erano delle dee e le dee devono essere il fondamento di una nuova e giusta società, prima di tornare in cielo.

Kumi si asciugò gli occhi col dorso del guanto e lo tirò meglio a coprire la mano, prima di tornare nella sua stanza. Non aveva nemmeno salutato il suo Hideyoshi prima che lo portassero via.


   
 
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