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Autore: Elly J    07/08/2014    1 recensioni
"Dei leggeri fiocchi di neve avevano iniziato a posarsi sui miei indumenti, sui miei capelli, sugli occhi chiusi di Joel."
Piccolo racconto ispirato liberamente agli avvenimenti di The Last of Us: Left Behind, con protagonista la coraggiosa Ellie. La storia è frutto della mia libertà narrativa, quindi la trama non corrisponderà esattamente a quella del videogioco.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ellie, Joel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: tutti i personaggi di The Last of Us presenti in questa fan fiction non appartengono all’autrice, ma appartengono alla Naughty Dog e a chi detiene i diritti sul videogioco. Questo racconto è stato scritto per puro divertimento personale e quindi non a scopo di lucro. Di conseguenza nessun copyright è stato violato.
La trama del racconto, ispirata agli avvenimenti di The Last of Us: Left Behind, è stata invece ideata dall’autrice (Elly J) che quindi ne detiene il copyright, vietandone così la riproduzione altrove.
La riproduzione altrove e qualsiasi citazione è ammessa solo se l’autrice ne ha dato il consenso.







I muscoli delle braccia mi dolevano dallo sforzo, il viso imperlato di sudore nonostante il freddo pungente.
- Cazzo, cazzo.. - una nuvoletta di vapore fuoriuscì dalla mia bocca, scomparendo nell’aria pochi secondi dopo.
- Cazzo Joel, non pensavo pesassi così tanto! - esclamai cercando il mio solito senso dell’umorismo tra la fitta paura che provavo in quel momento.
Con le mani strette attorno ai polsi di Joel camminavo all’indietro, trascinando a peso morto il corpo dell’uomo e lasciando delle profonde tracce sulla neve. Avrei dovuto fermarmi di tanto in tanto per cancellarle, ma non avevo tempo. Joel era ferito gravemente e aveva bisogno di cure immediate.
Ad un certo punto però fui costretta a fare una pausa.. ero stremata. Piccole nuvolette di condensa si formarono con il mio respiro affannoso, appannandomi quasi la vista. Dei leggeri fiocchi di neve avevano iniziato a posarsi sui miei indumenti, sui miei capelli, sugli occhi chiusi di Joel. Fissai per alcuni secondi il viso immobile dell’uomo, dopodiché lo afferrai nuovamente per i polsi e ricominciai a trascinarlo lungo il pavimento sconnesso del centro commerciale.
Nonostante mi muovessi e sudassi, sentivo un freddo atroce. I miei indumenti bagnati dalla neve e a diretto contatto con la pelle mi procuravano dei brividi quasi incontrollabili lungo la schiena. Dei ciuffi di capelli fradici, sfuggiti alla coda di cavallo che portavo sulla nuca, mi si erano appiccicati sulla fronte mischiandosi alle gocce di sudore.
- Forza, ci siamo quasi!
Superai alcune macerie di una fontana di pietra e finalmente raggiunsi una parte del centro commerciale dove il tetto non era ancora crollato completamente, formando così un angolo riparato di dimensioni abbastanza grandi. Trascinai ancora per qualche metro il corpo inerte di Joel, dopodiché fui costretta nuovamente a posarlo a terra. Non ce la facevo più.
Mi rialzai in posizione eretta, guardandomi in giro con circospezione. La neve cadeva silenziosa coprendo le macerie del centro commerciale; nessun alito di vento, nessun rumore, nulla. L’unica cosa che sentivo era il mio respiro affaticato e soprattutto il freddo che provavo.
- Si gela.. - balbettai stringendomi più nella mia giacca.
Tornai con lo sguardo su Joel, il quale era ancora svenuto e soprattutto ferito. Mi avvicinai e mi abbassai nuovamente verso di lui, accarezzandogli leggermente la fronte.
- Adesso ti porto in un posto sicuro, va bene? - gli dissi come se lui potesse sentirmi.
Girai il volto verso destra e poco distante da me notai una saracinesca. Era abbassata, ma non aveva alcun lucchetto alla base. Tornai dunque ad afferrare Joel per i polsi e lo trascinai ancora per qualche metro, fino a raggiungere l’ingresso sbarrato. Una volta che ebbi posato delicatamente l’uomo a terra, afferrai la saracinesca con due mani e iniziai a tirare verso l’alto.
- Apriti, apriti, cazzo!
Tirai più forte e più forte ancora, finché sentii quella maledetta porta di ferro cigolare e scivolare verso l’alto. Con le ultime forze che mi rimanevano trascinai Joel all’interno, posandolo sopra ad alcuni cartoni ammuffiti che avevo trovato dietro al bancone di quello che un tempo doveva essere stato un negozio di vestiti.
- Ci siamo, ci siamo.. - sussurrai leggermente mentre mi inginocchiavo vicino a Joel.
Cercando di fare più piano possibile per evitare che sentisse male, girai l’uomo su un fianco con estrema fatica.
- Accidenti, Joel..
Con un movimento delicato alzai la maglietta dell’uomo, lasciandone così scoperto il fianco destro.
- Oh cavolo..
Il sangue sgorgava copioso dalla ferita provocata dal proiettile di pistola e aveva quasi completamente inzuppato la maglia di Joel. Presi a frugare velocemente nel mio zaino e dopo alcuni secondi ne estrassi la mia maglietta rossa dalle maniche corte. La posai con delicatezza sulla ferita e subito Joel mugugnò per il dolore.
- Tranquillo, tranquillo, è tutto a posto. - sussurrai più a me stessa che a lui.
Sotto le mie dita sentivo già la maglietta inzupparsi di sangue, ma in quel momento era l’unica cosa che avevo per cercare di fermare l’emorragia. Fissai il panno con del nastro adesivo che avevo trovato a terra poco distante e infine riabbassai la maglietta di Joel. L’uomo mugugnò nuovamente quando tornai a stenderlo a terra con la schiena, ma poi tornò incosciente.
- Ok, per ora dovrebbe andare. - dissi rialzandomi.
Tornai a grandi passi verso la saracinesca, ma prima di uscire mi girai nuovamente verso Joel.
- Tornerò presto, va bene? Vado a cercare qualcosa per curarti.
Joel non mi rispose, ma sperai che mi avesse sentita. Rialzai la saracinesca e una volta fuori la chiusi, cercando di abbassarla il più piano possibile. Quella maledetta porta in ferro cigolava terribilmente e, in quel silenzio vuoto e spettrale, quel rumore fastidioso risultava ancora più amplificato.
La neve continuava a scendere da un cielo grigiastro e senza spessore. Sembrava come se qualcuno lo avesse dipinto di un unico colore, un colore che non riuscivo a descrivere. Sul mio viso alzato verso l’alto si posarono alcuni fiocchi che, al contatto con la mia pelle, si sciolsero all’istante.
- E ora dove cazzo vado? - dissi sfoderando ancora una volta una leggera ironia. Diedi un ultimo sguardo alla saracinesca dietro alla quale stava Joel, dopodiché presi a salire le scale mobili, ormai ferme da tempo, che stavano sulla sinistra.
“Ti salverò Joel, come tu hai salvato me. Te lo prometto.”
Il rumore dei miei passi sulla neve, i brividi lungo la schiena, il coltello stretto nella mano destra.
Dovevo essere forte per Joel.
Dovevo essere forte per me stessa.
Dovevo essere forte per vivere.. per sopravvivere.
  
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