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Autore: bleberry    11/09/2008    0 recensioni
Da quando ti conosco tutto sembra aver cambiato colore. Il cielo mi sembra più azzurro, gli alberi sembrano più sani, i fiori più profumati… Eiji dice che a volte lo intimorisci con quel tuo modo di fare burbero, con la voce atona e lo sguardo truce, eppure, quando sei al mio fianco non posso fare a meno di sorridere. Attenzione, contiene spoiler!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fuji Shusuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da quando ti conosco tutto sembra aver cambiato colore.
Il cielo mi sembra più azzurro, gli alberi sembrano più sani, i fiori più profumati…
Eiji dice che a volte lo intimorisci con quel tuo modo di fare burbero, con la voce atona e lo sguardo truce, eppure, quando sei al mio fianco non posso fare a meno di sorridere.

Pensando a due anni fa

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La voce dell’arbitro resa metallica dal microfono rimbombava ancora nelle orecchie dei presenti.
Fuji sorrideva divertito, sapeva di avere gli occhi di Tezuka puntati sulla propria schiena che lo scrutavano, pronti ad individuare ogni piccolo errore nella sua tecnica, ogni imperfezione nel gioco; e solo di questo gli importava.
Avrebbero potuto scrivere interi racconti, articoli, romanzi su di lui non li avrebbe ne letti ne notati. Solo Tezuka aveva il potere di farlo vacillare.
Solo Tezuka e nessun altro.

“Io eliminerò ogni tua difesa”

La voce dell’avversario lo prese alla sprovvista, il mondo intorno a lui cominciò a girare davanti ai suoi occhi e dall’altra parte della rete infine comparve Tezuka Kunimitsu.
“Sta usando lo Hyakuren jitoku no kiwami” sentì urlare da qualcuno nel pubblico.

“Let’s go Fuji” disse l’avversario lanciando la pallina con lo stesso tono che avrebbe usato Tezuka.

Un punto.
Fuji non riusciva a crederci.
Si stava battendo contro Tezuka ancora una volta, come era accaduto due anni prima.
E come due anni prima stava fremendo di gioia a paura, di terrore ed eccitazione.
L’illusione era perfetta.
C’erano due Tezuka in quello stadio, uno di fronte a lui pronto a distruggerlo, l’altro dietro di lui pronto a fare altrettanto.
Prese in mano la racchetta e i suoi ricordi riaffiorarono inconsciamente.

Lui e Tezuka erano ancora bambini, era il loro primo anno alla seigaku.
Quasi per gioco, con Oishi e ad Eiji come testimoni, avevano deciso di fermarsi ancora un poco dopo il club per sfidarsi.
Si sentiva un fascio di nervi.
Voleva dimostrare a Tezuka di essere alla sua altezza, di meritare di poter camminare al suo fianco con la maglia da titolare, di poter essere il suo compagno fidato.
Voleva che Tezuka lo guardasse, lo rispettasse, lo ammonisse e lo lodasse.
Avrebbe accettato qualunque cosa gli avesse detto e avrebbe fatto qualunque cosa per raggiungerlo.
Lanciò la pallina impostando un servizio semplice.
Tezuka lo ribatte ed incominciarono una lunga serie di passaggi.



Si rese subito conto che qualcosa non andava, il giocatore di fronte a lui non poteva essere il Tezuka che lo aveva già sconfitto e che aveva conquistato con facilità la maglia da titolare del seigaku.
Vedeva il suo braccio tendersi sempre di più ogni volta che tornava una palla, vedeva la sua fronte imperlarsi di sudore e percepiva il dolore nei suoi occhi.



Servizio dopo servizio, colpo dopo colpo.



Ogni volta che la pallina toccava terra.



Percepiva che qualcosa nel suo mondo si stava spezzando.



Dove era il ragazzo che voleva raggiungere?
Quello che non poteva far altro che ammirare?
Dove era finita la forza che aveva intravisto e sfiorato?
Quella a cui doveva dimostrarsi degno per poter rimanere al suo fianco?

Dove era Tezuka?



“Scusami Fuji kun” disse Tezuka abbandonando la racchetta a terra e sorreggendosi dolorante il braccio sinistro alla fine del sesto match.
Un cazzo, pensò Fuji mentre correva arrabbiato verso di lui.
Sentiva le lacrime venirgli agli occhi mentre una fitta dolorosissima gli attanagliava lo stomaco.

“Perché non me lo hai detto?” Urlò afferrandolo per la maglia.
“Perché non mi hai detto che ti eri fatto male?” continuò stringendolo più forte e strattonandolo un poco.
“Perché…” disse mentre le lacrime cominciavano a scendere copiose dai suoi occhi “Promettilo Tezuka, promettimelo, quando il tuo braccio sarà guarito” i singhiozzi si alternavano veloci alle parole “Quando il tuo braccio sarà guarito” disse ancora appoggiando la testa alla sua spalla “Io e te giocheremo ancora uno contro l’altro”

“Scusami Fuji” disse nuovamente Tezuka destandosi dallo stupore per il modo in cui Fuji si era aggrappato a lui e stringendolo a se “Ti prometto che quando sarò guarito giocheremo ancora l’uno contro l’altro e mai prima di allora”

Lo aveva stretto forte, proprio come ora lui stava stringendo la racchetta.
Sapeva che l’avversario in quella condizione avrebbe recuperato facilmente i match persi e che non poteva distrarsi.
Avrebbe superato nuovamente i suoi limiti e l’avrebbe fatto per Tezuka, per ciò che insieme avevano costruito in due anni.
Anche se quello che aveva davanti era una misera illusione non si sarebbe risparmiato, sapeva che gli occhi di Tezuka erano comunque fissi sulla sua schiena.
Sorrise nuovamente e il mondo sembrò fermarsi a quel servizio, cristallizzando il tutto nel tempo.
Avrebbe vinto questo match, avrebbe dimostrato a tutti che di meritare la maglia che indossava e questo perché, quel giorno come in tutti i due anni precedenti, Fuji era orgoglioso di aver potuto incontrare e conoscere Tezuka come nessuno aveva mai fatto.

  
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