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Autore: Misplaced    07/08/2014    0 recensioni
Lei.
Lui.
Un mare di parole.
E una farfalla dalla vita effimera.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era strana.
Lo era sempre stata.
Con quelle sue mani affusolate dalle unghie costantemente dipinte di un colore diverso a settimana, con le guance perennemente rosee e la pelle troppo bianca.
Con quei ricci ribelli troppo scuri per accostarsi decentemente a quegli occhi ambra così vivi e dotati di personalità propria. 
Con quella voce così fredda e distante così come le sue labbra, ghiacciate, in attesa di un bacio.
Un bacio come quelli nei libri, i libri che amava tanto.
Oh se li amava i libri, lei.
Li amava più di ogni altra cosa.
Li divorava, lei, i libri.
E leggeva di tutto: dai gialli alla letteratura classica, dai fantasy alle enciclopedie di medicina di suo fratello.
Suo fratello...
Nessuno lo avrebbe mai detto guardandoli.
Erano come il sole e una carota loro due: nulla di più diverso.
Con quei suoi modi da nobile mancato e i capelli chiari come il primo raggio del sole sembrava davvero uno di quei principi usciti dalle favole che lei leggeva quando era piccola prima di andare a letto ed entrare in un mondo tutto suo.
Lei era la figlia strana.
Quella che non parlava mai. Non come sua sorella di sette anni che sfiancava tutti con quella vocina petulante caratteristica di ogni bambina di quell'età.
No, lei preferiva il silenzio.
Amava il silenzio assordante che le riempiva le piccole orecchie da fata durante i momenti di noia.
Amava il silenzio rassicurante della notte, dopo che tutta la famiglia era andata a dormire.
Amava anche quel silenzio inquietante dei film horror, quel silenzio in cui tutto tace e dove la povera malcapitata tratteneva il respiro, quel breve attimo dove tutto rimaneva immobile e carico di paura e ansia. Quel silenzio che finiva così come era iniziato.
Ma amava la musica.
Ogni genere.
Passava da Beethoven ai 30 second to mars alla musica country in un battito di ali di una farfalla.
Anche lei aveva una farfalla.
Sulla clavicola, un intricato disegno di ali pronte a spiccare il volo.
È effimera la vita della farfalla: costretta a strisciare tutta la vita per poi chiudersi nel suo bozzolo e isolarsi dal mondo che la circonda, estraniandola da tutto ciò che le sta intorno per poi risorgere, come una creatura bellissima e invidiabile da tutti quanti ma ogni cosa ha il suo prezzo e il suo é caro. 
Un giorno.
Vive e sfoggia e si libra nel vento al pari delle nuvole per una sola manciata di ore che scorrono troppo in fretta.
Una vita effimera, quella della farfalla. 
Vivere il giorno come se fosse l'ultimo.
E lei, copiava la farfalla.
Viveva. Viveva ogni giorno come se fosse l'ultimo e si stupiva di svegliarsi la mattina nel suo letto e di poter vedere di nuovo la luce del giorno.
E come ogni giorno, di quell'estate afosa, si andò a sedere sul bordo del muretto che delimitava la spiaggia dalla boscaglia fitta.
Quel muretto pieno di scritte ormai sbiadite dal tempo e dalla salsedine: promesse di amore, frasi di argomenti banali e lettere. Tante, tantissime lettere. E cuori.
Si accomodò sulla pietra così familiare per lei e si mise il libro in grembo, aprendolo dove segnava il segnalibro.
Non era un libro di quelli immacolati, quelli con la copertina lucida e la rilegatura intatta. 
No, lei i libri li viveva, non li avrebbe mai riposati sulla mensola di camera sua senza averci lasciato una parte di se stessa.
Pieghe agli angoli delle pagine, un impronta del suo pollice di cioccolato, sottolineature a matita, o con evidenziatori dai colori forti. 
Si appoggiò contro il vecchio scivolo, ormai così decadente che sebbene non fosse ancora stato chiuso e smantellato, nessuno ci saliva da anni e si immerse nel suo mondo fatto di sogni.
Perse la cognizione del tempo, fra quelle pagine che trattavano di cavalieri e barriere e popolazioni dai nomi impronunciabili. Non si accorse nemmeno del ragazzo che le si era avvicinato.
La fissava da tempo, lui.
Lui che la mattina si alzava presto solo per vedere il primo raggio del sole affacciarsi sull'orizzonte e colorare il cielo di mille sfumature.
Lui che dopo aver fatto colazione si sdraiava sul suo asciugamano e guai a provare a disturbarlo.
Lui che mentre andava a giocare a beach volley con i suoi amici vide una ragazza contro il vecchio scivolo e un libro sulle ginocchia.
Lui che dopo ben quattro partite tornò al suo comodo asciugamano ritrovando la ragazza nella stessa posizione di prima.
Lui che preso da un attacco di fame si diresse al ristorante a mangiare per poi tornare in spiaggia a godersi il silenzio del mare che si infrange sugli scogli, trovando sempre la stessa ragazza nella medesima posizione.
Lui che orami incuriosito le si avvicinò.
Lui che si mise a fissarla per un tempo che gli parve infinito ma che non era abbastanza, prima che le sue labbra lo tradissero lasciando uscire un debole "ciao".
Un ciao a cui lei non rispose troppo immersa nella lettura.
Ma lui non si arrese e le domandò del libro.
E lei uscì dal suo mondo incantato, ma non ruppe il suo adorato silenzio. 
No, quello non l'avrebbe mai fatto.
Più semplicemente gli mostrò la copertina sgualcita per poi tornare a rileggere.
Lui, che si arrese al suo mutismo, si alzò.
Lui che lentamente se ne andò senza fare un rumore che potesse turbare quella pace che sembrava innaturale.
Lei che si riscosse dal nulla.
Lei, che dopo tanto tempo, parlò con voce soffusa.
«Non mi piace.»
Lui che si bloccò di colpo.
Lui che fece due passi indietro quasi inciampando.
Lui che balbettando rispose: «Cosa? Ah, si il libro immagino.»
E lei, che per la prima volta lo osservò.
E ne rimase affascinata. 
Non seppe da cosa, ma rimase incantata.
«No. Non mi piace parlare. Non mi piace sprecare fiato per parole che vengono sostituite da un'altra accozzaglia di lettere. Parole che vengono dimenticate e disperse nel vento. Suoni che vengono presto rimossi dalla nostra debole memoria. No, non mi piace proprio. Ma mi piacciono le parole, quelle si. Quelle scritte, quelle che nessuno si scorderà mai.»
Le labbra di lui si aprirono in una smorfia di stupore, se per la voce di lei o per quello che aveva detto, non si sa.
Ma so che se ne andò.
Se ne ritornò in spiaggia, sul suo adorato asciugamano.
E vidi gli occhi di lei perdere un poco del loro bagliore, lei che si era arresa al fatto che tutti se ne andassero via da lei. 
Lei, una ragazza che amava la pioggia e lo scricchiolio delle foglie autunnali sotto i piedi.
Lei che ritornò inconsapevolmente a sorridere quando lui riapparve al suo fianco con una penna e un blocco per gli appunti dall'aria vissuta.
Lui, che scriveva elegantemente qualcosa su quel quadernetto dai fogli ingialliti.
Lei, che con la stessa penna rispose ai margini del testo del suo libro.
Loro.
Io.
Io ho già abusato del mio tempo fin troppo per rimanere ad ammirare quella specie di gioco fatto di pensieri imbrigliati su carta e inchiostro.
Ho ancora poche ore prima che tutto finisca, ma si sa, la vita di una farfalla è effimera.
  
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