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Autore: ReggyBastyOp    08/08/2014    1 recensioni
Giselle è finalmente tornata dal marito, Phoebus, dopo vari periodi di allontanamento da quest'ultimo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Delicatamente gli accarezzò la guancia leggermente ruvida per l’accenno di barba. Sorrise osservando ognuno dei suoi lineamenti e poi l’intero viso nel complesso. Non riuscì a trovare nulla che fosse imperfetto.
Il cuore si riempì all’improvviso, colpita dall’attrazione magnetica che li aveva sempre legati in qualche modo. Non poté più trattenersi.
-Amami.- Non era un ordine, né una domanda, né un dubbio, né una richiesta. Entrambi non avrebbero saputo come classificare quella semplice frase.
-Ma io già ti amo.- Disse lui con voce dolce e rassicurante senza staccare lo sguardo dal suo.
Lei scosse la testa ripetendosi.
-Amami.- Sussurrò appena sotto il lobo del suo orecchio sinistro, per poi scendere delicatamente con le labbra lungo tutto il collo, lasciandogli brividi che lo percorrevano per tutto il corpo.
All’iniziò la guardò confuso, non capendo cosa volesse intendere. L’amava, era certo. L’unica certezza che, forse, avevano. Ma poi intuì cosa stesse cercando di esprimere implicitamente in quell’unica parola.

Voleva amarla come lei lo desiderava, ma non si sentiva più in grado. Non sapeva più cosa fare, come fare. Trattenne un sospiro prendendole il viso. La osservò e non potè fare a meno di pensare che il suo vero senso di vita era lei e nient’altro. Nonostante non ci fosse stata durante il suo passato, era sicuro che sarebbe stata il suo futuro fino alla fine dei tempi. Non importava quanto l’avesse fatto soffrire, non più.
La fece avvicinare a sé e la baciò con immenso trasporto, lasciandole le labbra di fuoco.
Voleva amarla.
Le sistemò le ciocche che le scendevano sul viso dietro l’orecchio, respirando profondamente e la guardò estasiato, semplicemente dalla sua presenza. Si morse il labbro sentendola ridacchiare.
Non le diede il tempo di rendersi conto cosa stesse facendo se non quando aveva già terminato. Il più velocemente possibile sfilò il vestitino floreale e la incastrò sotto il suo peso. Ogni sua efelide gli appariva come un desiderio inespresso ma già esaudito.
Voleva amarla.
Le morse piano il collo e rimase affascinato dall’effetto che quel semplice gesto, anche se con leggera riluttanza, le aveva procurato. Rise divertito da come le bastasse poco per andare in fervore.
Lei lo guardò confuso, non capendo cosa l’avesse fatto rallegrare mentre le guance diventavano cremisi, sorpresa da come stessero prendendo piega le cose.
Gliene lasciò un altro e sentì il suo respiro mutare rapidamente. Ancora non capiva come le potessero piacere certe cose ma ciò non gli impedì di continuare a sorridere. Prima che potesse domandare riprese a stuzzicarle la cute mentre con le dita le solleticava le cosce e poi man mano, più in su, i fianchi. Le sue gambe si stavano già attorcigliando attorno al suo bacino quando i pensieri lo sommersero.
Nascose il viso nel suo collo e l’abbracciò impetusoamente.
-Che succede?- Domandò preoccupata accarezzandogli i capelli.
Non rispose respirando profondamente il suo profumo.
-Mi soffochi- Mormorò ironica senza smettere di coccolarlo.
-Mi dispiace.- Sussurrò senza allentare la presa.
-Di cosa?- Aspettò che le mostrasse il viso sentendo il calore scomparire gradualmente.
Di scatto la liberò e si sedette sul bordo del letto tenendosi la testa tra le mani.
Giselle si sedette a terra, davanti a lui, in attesa.
-Io ti amo.-
-Lo so.- Mormorò lei rassicurante.
-Ma tu hai detto che vuoi essere amata.- La guardò disperato.
-E lo sono.-
-Non ci riesco.-
-E’ okay.-
-No non lo è.- Sprezzante girò il viso verso la porta.
-Sì invece.- Dopo un secondo l’aveva già fatto ristendere sul letto e per non farlo continuare gli diede un bacio.
-E’ inutile.-
-Non ci sto provando, ti sto mettendo a tacere.. E’ diverso.-
-Perché non capisci?- Mormorò arrabbiato.
-Se non me lo dici non posso capire, ma resta il fatto che ti stavo zittendo. Lo giuro.- Ridacchiò riprendendo a baciarlo.
Sconsolato l’allontanò da sé e se ne uscì dalla stanza.
-Phoebus-  chiamò lei indispettita, seguendolo a ruota. –Dove vai? Ti stavo baciando!-
-Non ce la faccio!-
-L’ho capito questo. Ma non è che se cambi stanza allora cambia la cosa.-
-No, non cambia.- Ammise.
-Ecco.- Gli fece l’occhiolino.
-Cosa stai facendo?- Chiese confuso.

-Ti distraggo.-
-Facendo occhiolini?-
-Sì, e a quanto pare funziona.- E ne fece un altro sghignazzando. -Sei un essere facilmente sorprendibile.-
-Cosa? No..-
-Sì invece.-
-Non sono distratto.-
-Lo sei stato.-
-No.-
-Per un paio di secondi sì.- Lo guardò con finto fare infastidito, ma lui non reagì.

Calò il silenzio per una buona mezz’ora prima che i due tornassero a rivolgersi la parola. Nel mentre non era successo poi chissà cosa. Giselle si era semplicemente rivestita mentre Phoebus si era sdraiato sul divano senza staccare gli occhi dalla portafinestra.
-Preparo da mangiare?- Chiese gioviale affacciandosi dalla cucina.
-Come vuoi.- Rispose ancora assorto.
Giselle alzò gli occhi al cielo aprendo il frigo. Non aveva fame ma almeno si sarebbe tenuta impegnata per un po’ fino a quando finalmente non sarebbe andata a dormire.
Prese una pentola e la riempì d’acqua a metà. Mentre la poggiava sul piano cottura pensò a come condire la pasta e decise che le andava bene anche in bianco.
Intanto che aspettava che l’acqua bollisse lo vide andare verso lo studio. Sbuffò scuotendo la testa. Lasciò perdere il tutto e dopo aver pulito il recipiente sistemò quel poco che aveva messo in mezzo. Nervosa aprì la porta dello studio e lo vide seduto davanti alla scrivania mentre osservava il vuoto.
-Adesso parli.-
-Cosa vuoi che ti dica?-
-Cosa c’è che non va.-
-Niente.-
-E’ una sorta di vendetta?.-
-Non lo farei mai.-
-Appunto.-
Si fissarono per qualche secondo, immobili.
-Non ti costa niente.-
-Vero.-
-E allora non me lo dici perché..-
-E’ una debolezza.-
Giselle alzò un sopracciglio sospettosa e confusa.
-Una debolezza?-
-Sì.-
-Tipo tallone d’Achille?-
-Sì tipo quello.-
-E qual è?-
-Non mi va di parlarne.-
-Non ti piaccio più?-
-Non essere ridicola.-
-Volevo escludere l’ovvio..-
-D’accordo.-
-Devo indovinare?-
-No.-
-Bene perché non ho altre idee in mente.-
S’impuntarono ad osservarsi di nuovo.
-Ho paura.-
Giselle lo guardò atterrita.
-Com’è possibile che tu abbia paura?! Cioè i morsi non è che facciano poi così bene ma bastava dirmelo, non c’era bisogno di farti venire la fobia. Posso rinunciarci tranquillamente.-
Phoebus la guardò sconcertato ed esterrefatto dai suoi modi di fare e da come cogliesse le cose in maniera diversa dagli altri. Ancora non se ne capacitava.
-Cosa diamine stai dicendo?-
-Farò attenzione con le unghie, promesso!-
-Ma a che conclusioni salti?- Commentò stranito.
Giselle batté il palmo della mano sulla fronte nel momento in cui Phoebus si alzò dalla sedia e le si avvicinò.
-Ho paura che tu te ne vada ancora.- Cercò di dirlo guardandola negli occhi, ma la vergogna l’assalì e rese il tutto più difficile.
-Ma te l’ho detto mille volte che non me ne andrò più.- Rispose velocemente.
-Anche in passato l’hai detto e poi è successo l’opposto.-
-Aspetta, ma quindi posso morderti ancora?- Chiese lei entusiasta.
-Cosa?!-
-Mentre facciamo l’amore, posso farlo ancora?-
-Ma stai ascoltando quello che ti sto dicendo?-
-Sì. Però non ho capito se hai paura solo di quello oppure anche dei miei modi di fare..-
-Mi prendi in giro?-
-No!-
-Sei stranamente infantile.-
-E tu stranamente vecchio.-
-Sto cercando di fare un discorso serio e tu ti comporti come una bambina?-
-E cosa vuoi che ti dica? Non posso di certo convincerti dopo tutto quello che ho fatto.-
-E la soluzione è ignorare ciò che ti dico?-
-No, è cominciare ad informarmi sui tuoi gusti.- Ridacchiò incrociando le mani dietro alla schiena, dondolandosi come una fanciulla.
-Mi stai provocando?-
-Forse.-
-Perché?-
Fece spallucce. –Non sopporto i tuoi discorsi.-
-Hai detto che volevi sapere.-
-Ed ora so.-
-Ma non ti ho spiegato nulla.-
-Non c’è niente da spiegare.-
Phoebus abbattuto se ne tornò alla scrivania.
-Cosa vuoi che ti dica? Il problema non sei tu. E’ colpa mia se non hai più fiducia in me ma non posso fare niente per convincerti che non me ne andrò più.-
-Io mi fido di te.-
-Sì ma non mi credi più.-
-Sì invece.-
-Non su questa cosa.-
-Ti credo.-
-Se così fosse non avresti paura.-
-Mi hai abbandonato.-
-E’ vero.-
-Perché? Hai detto che mi hai sempre amato, allora perché?-
Tacque non sapendo cosa rispondere.
-Ed è esattamente questo che ci porterà ad allontanarci di nuovo. Non so cosa ho sbagliato e potrei rifarlo ancora e tu te ne andrai ed io non posso più continuare così.-
Giselle abbassò lo sguardo sapendo di essere completamente nel torto.
-Non farmi più andare via.- fu tutto ciò che riuscì a dire.
-E come?! Sei mia moglie, questo dovrebbe già bastare a non fartene andare. Dovrei essere la tua metà e renderti felice ed eccoci qua a commiserarmi.-
-Non ti sto commiserando.-

-Non c’è soluzione.-
-Sì invece.-
-E quale sarebbe?-
-Te l’ho appena detto.-
-No invece, mi hai dato la conseguenza di non so quali azioni.-
-Basta amarmi. Ho imparato. Mi basta essere amata come tu ami me. E non è un accontentarsi, è accettare ciò che merito.-
-Di che parli?-
-Tu sei la mia metà.-
-Ma continui ad andartene.-
-Non ho mai detto di non amarti.-
-Phoebus io sono sempre con te. Anche quando non lo sono stata fisicamente, anche quando ti ho spezzato il cuore. E lo sarò anche domani, e dopodomani e poi tutti gli altri ancora.-
-Non eri con me.-
-Non sono mai andata da nessuna parte.-
-Eri scomparsa.-
-No, ero alla ricerca di qualcosa che già avevo. Per questo ero sempre con te.-
Phoebus scosse la testa rammaricato.
-Sono solo parole.-
-Lo sai anche tu.-
-Io so solo il mio amore e quanto ho sofferto per te.-
-E sai anche perché dopo tutto questo tempo siamo ancora qui uno davanti all’altro?-
-Perché ti sei scocciata della vita libertina?-
-Perché sei la mia media naranja.-
-Cosa?-
-Sono andata in Spagna e l’ho imparato.-
-E sarebbe? Mezza arancia?-
-Anima gemella.- Alzò gli occhi al cielo.
-Ah beh, questo mi consola. Preferivo l’arancia.-
-Eh?-
-Scherzavo.-
-Mi hai interrotta.-
-Anche tu l’hai fatto.-
-Avevo ottime ragioni.-
-Anche io.-
Giselle inclinò la testa verso destra, incuriosita e perse il filo del discorso.
-Vado a dormire.-
-Buonanotte.-
-Non sarà buona.-
-E non sarà notte.-
Sbuffò sonoramente sistemandosi le pieghe del vestito, poi offesa se ne andò verso la camera matrimoniale. Si lasciò cadere sul letto e dimenticò qualsiasi cosa.

Sentì un solletichio lungo il collo e poi giù sulla spalla. Finse di continuare a dormire, cercando di tenere il respiro normale, tentata dall’aprire ogni due per tre gli occhi.
Phoebus non smise un secondo di stuzzicarla, consapevole di averla svegliata, e a poco a poco cominciò a lambire la pelle sempre più intensamente.
Aprì gli occhi senza muovere gli arti e vide che erano da poco passate le tre di notte.
-Phoebus cosa stai facendo?- Cercò di dire in tono irritato.
-Quello che vedi.- Rispose beffardo.
-Mi hai svegliata.-
-Lo so.-
-E’ tardi.-
-Lo so.-
-Sono stanca.-
-Non credo.- E delicatamente la fece sdraiare a pancia in su. Non si accorse di starsi mordendo il labbro inferiore mentre la contemplava sotto il chiarore lunare.
-Non voglio.- Provò ad insistere sentendosi già andare in fiamme.
-Non credo neppure questo.-
-Non voglio che tu ti senta obbligato.-
-Non lo sono.-
-Sì invece.-
-Ti ho detto di no.- continuò strofinando il naso contro il suo collo.
-Se non la smetti sarò costretta a fermarti.- Commentò seria già pronta ad allontanarlo.
-Mi piacerebbe vederti provare.- Sussurrò sulle sue labbra mentre le tratteneva i polsi.
-Posso ancora liberarmi.- Mormorò lei muovendosi freneticamente e sentendo le guance avvampare.
-Puoi mordermi e graffiarmi quanto vuoi.- Postillò prima di baciarla, senza smettere di sorridere, mentre l’immobilizzava con il resto del corpo. –Scacco matto.-
-Non hai ancora vinto.-Provò a dire affannando, anche se ormai pensava esattamente il contrario.
Phoebus ridacchiò sentendola agitarsi sotto di sé prima di continuare il suo intento fino alle prime luci dell’alba.

Strizzò gli occhi sentendo i raggi solari batterle sul viso. Silenziosamente si alzò dal letto, stiracchiandosi, sicura che Phoebus stesse ancora dormendo.Non le andava di entrare già in azione. Erano solo le sette ma si sentiva così stanca che a stento camminava in linea retta. Andò in cucina malinconica grattandosi la nuca. Aprì il frigo per bere un po’ d’acqua fresca. Aveva stranamente caldo. Decise di farsi una doccia prima del previsto e fu quando provò a togliersi la biancheria intima che si rese conto di essere completamente nuda e di avere segni rossi più o meno ovunque.
Isterica tornò in camera da letto iniziando finalmente a ricordare cos’era successo. Phoebus l’aspettava svagato, già poggiato contro la tastiera del letto, dove constatò che di segni ne aveva anche lui.
-Dimenticato qualcosa?- Le chiese sorridendo.
Non riuscì a dire niente essendo troppo sconcertata. S’intristì poco dopo e se ne tornò in bagno. Phoebus la seguì non capendo cosa stesse succedendo. Forse non si sentiva bene.
La chiamò aprendo la porta della stanza.
-Vai via.-
-Ma che ho fatto?- Chiese confuso mentre lei si osservava allo specchio. Nonostante i marchi le sembrava più bella del solito, cosa alquanto rara, e non capiva cosa stesse cercando.
-Non ero pronta!- Borbottò.
-Stanotte non mi hai dato l’impressione di non esserlo.- Commentò divertito, appoggiandosi al marmo del lavandino. In risposta Giselle gli lanciò contro il sapone. Lo schivò facilmente per poi abbracciarla prima che pensasse di staccare il mobile dal muro.
-Mi hai tormentato fino ad oggi. Cos’è cambiato?- Domandò premurosamente prendendola in braccio. Dolcemente le strofinò il naso contro la clavicola mentre la riportava in camera.
-Te l’ho detto, non ero pronta.- Imbronciata si divincolò per scendere, ma Phoebus glielo impedì e si buttò con lei sul letto.
-E perché non lo eri?- Chiese senza riuscire a smettere di sorridere mentre osservava le sue reazioni. Le strinse le mani assaporandosi la sensazione che gli provocava sapere che era completamente sua e che era assolutamente tangibile.
Intestardita si mise a guardare le poche nuvole che abitavano il cielo quel giorno.
-E’ un peccato, avremmo potuto cominciare una seduta a riguardo per risolvere il problema.-
-Non ho un problema.-
-Sono stato troppo bravo per i tuoi standard?- Rise di gusto guardando il soffitto. Giselle lo guardò male di sottecchi scuontendo la testa.

-Fossi in te non mi esalterei tanto.- aggiunse acida.
-Cosa vorresti dire?- Domandò facendola cadere sul suo petto, senza smettere di ridacchiare.
-Che forse non sei così bravo come credi.- rispose altezzosa senza guardarlo.
-Non apprezzi nemmeno i miei sforzi. Sei crudele.-
-Pft.- Si girò di spalle, decisa ad ignorarlo.
-Sei adorabile quando ti arrabbi.- La provocò.
-Vuoi vedere la mia adorabilità?- Alzò un sopracciglio irritata rigirandosi, pronta a colpirlo.
-Ci amiamo, lo desideravamo entrambi, mi hai letteralmente straziato ed ora che ti ho accontentata non ti sta più bene?-
-Esatto.-
-Non ti capirò mai.- Aggiunse prima d’immobilizzarla ancora sotto di sé. –Mi era mancato.-
-Dominarmi?- Borbottò lei sarcastica.
-Amarti.-
-Pensavo già lo facessi.- Criticò.
-Non abbastanza.-
-E quindi?-
-Ti amo.-
-Beh io no.-
-Ouch.-
-Siamo anime gemelle?-
-Chiedi alla persona sbagliata.-
-E chi sarebbe quella giusta?-
-Indovina.-
-Io?-
-L’universo.-
-Davvero?- Lo guardò scettica. Sorrise malizioso riprendendo ad assillarla come aveva fatto qualche ora prima.

  
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