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Autore: Arest    08/08/2014    0 recensioni
"Non appena sentii la sua stretta gentile e la sua voce fresca e suadente sussurrare un “Piacere di conoscerti, sono Ed” mi sentii improvvisamente rasserenata e la sua presenza non fu più motivo di ansia. Si sedette di fronte a me sorseggiando la sua pinta e rispondendo a una domanda di uno dei ragazzi con cui era venuto. Col caos di voci e musica di sottofondo non afferrai cosa gli avessero chiesto ma non gli staccai gli occhi di dosso perché non volevo lasciarmi sfuggire un solo dettaglio. Indossava una camicia a quadri e i capelli erano scompigliati e leggermente umidi per la pioggia."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo quella sera di  Settembre in tutti i dettagli, anche quelli più futili. Le nuvole nere cariche d’acqua affollavano il cielo già imbrunito dal crepuscolo e un vento crudele premeva contro le finestre – il che non contribuiva al mio umore. Era stata una regolare giornata noiosa resa ancor più estenuante da una serie infinita di trivialità di cui ero ben contenta di essermi liberata. Comoda sul mio letto con una tazza di thè, accesi il computer con l’idea di vedere un film quando Charlotte, una ragazza con cui non avevo uno stretto rapporto ma che era una delle poche conoscenze che avevo a Manchester, mi chiamò al cellulare.
Era una ragazza dallo stile eccentrico, con delle sopracciglia spesse che davano carattere a un viso pieno e diversi tatuaggi sulle braccia e sulle cosce. Quando chiamava lei, ero sempre indecisa se rispondere o meno – aveva sempre in mente qualcosa di eccitante ma che non sempre rispecchiava il mio ideale di serata. Alla fine, quasi d’istinto, presi la chiamata.
“Oh mio dio oh mio dio Ed Sheeran oh mio dio Ed Sheeran” mi urlò nell’orecchio non appena aprii la chiamata:“Devi venire stasera, al Grove, ore 7,non accetto scuse, capirai tutto-quando-arrivi-ciao!” e chiuse la chiamata. Rimasi a fissare il vuoto a lungo. Ed Sheeran che suonava dal vivo in un minuscolo pub di Manchester? Fin troppo inverosimile. Ma dato che mi attirava molto mi passò il malumore e come un razzo corsi a vestirmi. Indossai dei pantaloni neri larghi e il mio top preferito, le Doc Martens e l’impermeabile e scesi al pub impaziente. Davanti l’entrata Charlotte stava fumando una sigaretta rollata  e appena mi vide mi gettò le braccia al collo “Questo mio amico conosce Ed che è venuto da Londra – non puoi capire, oh mio dio, è fantastico – e mi ha detto di venire qua per farcelo conoscere, non potevo non dirtelo! Non l’ho detto a nessun’altro perciò ritieniti fortunata! Oh mio dio non ce la faccio” aspirò la sigaretta e guardò da un’altra parte “Spero solo di non avere uno dei miei attacchi di ansia, dato che verrà pure Tom”. Tom era il ragazzo con cui si vedeva da un pezzo ma che non capiva se effettivamente le piacesse o meno, dato che a volte “mi irrita e altre vorrei salire su un treno con lui e far perdere le mie tracce ” mi confessò Charlotte una volta.
Spalancai gli occhi e mi portai le mani al volto “Cavolo” sussurrai in preda a un’improvvisa accelerazione di battito cardiaco “Non esiste, non può essere, stai scherzan…” non finii la frase che lei mi intimò di entrare prendendomi per una manica. Ci sedemmo ad un tavolo grande, in legno massiccio accanto a una finestra. Sebbene ancora non fosse buio fuori, l’atmosfera era intima e accogliente riscaldata da una manciata di candele poste su ogni tavolo e delle lampadari dalla luce soffusa.
“Ho bisogno di bere. Ora. Tu che prendi? La solita Guinness? Te la offro io su!” non mi fece neanche rispondere che si era già avvicinata al bancone per ordinare. Mi torsi le mani in preda all’ansia, avevo una tale confusione in testa che non riuscivo a pensare coerentemente. Come comportarmi? Che cosa dirgli? Non mi era mai capitato di conoscere una persona da una così vasta fama internazionale e mi sentii piccola e grigia, stretta nel mio impermeabile verde. Me ne liberai subito, raddrizzai la schiena e feci un respiro profondo “Non sto per incontrare il presidente degli Stati Uniti, solo un ragazzo. Un ragazzo che di professione fa il cantante. Ce ne sono tanti come lui, no?”
“Ecco la tua Guinness! Non capirò mai come fa a piacerti ma sei tosta tu d’altronde” mi sorrise Charlotte porgendomi il boccale.“
Mi piace perché è amara” le sorrisi di rimando e ne trangugiai metà.
“Ti seguo a ruota” borbottò lei prima di scolarsi il suo Cola e Amaretto. Dopo neanche una ventina di minuti un folto gruppo di ragazzi entrò nel pub. Charlotte li salutò con la mano e alcuni risposero dicendo che ci avrebbero raggiunte non appena presi i drink. Nervosamente scorsi i volti dei ragazzi a uno a uno ma non riuscii a vedere Ed subito. Quando lo vidi, lo stomaco mi si rivoltò e se avessi potuto scappare l’avrei fatto. Istintivamente mi agitai sul posto e Charlotte mi afferrò una mano sotto il tavolo: “Tutto ok? Jamie mi ha detto che è a posto, non preoccuparti!” le strinsi la mano di rimando, grata del suo incoraggiamento. “A quanto pare…”stava per continuare ma il gruppo si avvicinò e lei si spostò per far posto ai nuovi arrivati “Ciao sono Callum” si presentò un ragazzo dai capelli ricci e gli altri lo seguirono a ruota, Jamie, Hannah, Sheila, Martha, Dino, Tom, Mark, Sebastian, Terry, Lewis finché non sopraggiunse Ed con la sua espressione calma e umile di sempre. Gli strinsi la mano cercando di sembrare normale. Non appena sentii la sua stretta gentile e la sua voce fresca e suadente pronunciare un “Piacere di conoscerti, sono Ed” mi sentii improvvisamente rasserenata e la sua presenza non fu più motivo di ansia. Si sedette di fronte a me sorseggiando la sua pinta e rispondendo a una domanda di uno dei ragazzi con cui era venuto. Col caos di voci e musica di sottofondo non afferrai cosa gli avessero chiesto ma non gli staccai gli occhi di dosso perché non volevo lasciarmi sfuggire un solo dettaglio. Indossava una camicia a quadri e i capelli erano scompigliati e leggermente umidi per la pioggia.
“Ari? Ti chiamano così?” si era voltato verso di me “Sì” risposi prontamente con un sorriso timido “E’ il diminutivo di Arianna, non è così?”
Sorpresa risposi “Sì, esatto!” quasi nessuno indovinava.
"Hai un ottimo gusto in birre, non conosco nessuna ragazza a cui piaccia la Guinness!"
"Be'... suppongo che le stouts non siano gradevoli per tutti" risposi compiaciuta della sua osservazione.
A dire il vero non mi aspettavo affatto che si sarebbe interessato a me così rapidamente. In genere passo inosservata, non sono una ragazza appariscente nè chiassosa come Charlotte, ma percepii che la sua attenzione fosse rivolta a me proprio per la mia quieta presenza.
 I ragazzi con cui era venuto erano simpatici e mi coinvolsero nelle loro conversazioni. A volte scambiavo qualche parola con Ed circa le nostre opinioni e vedevo che sorrideva come soddisfatto e compiaciuto che la pensassimo allo stesso modo.
Più tardi qualcuno offrì un giro di drink e così io accettai una seconda birra – bionda stavolta – e una terza e una quarta. Ed beveva velocemente - si era già scolato 6 birre. Alle undici  alcuni salutarono annunciando che avrebbero continuato la serata in qualche club e se ne andarono.
 Ed sembrava non fare caso a quanto tempo fosse passato – come se avesse potuto parlare tutta la notte senza scomporsi più di tanto, purché avesse una birra tra le mani. Il suo modo di parlare mi affascinava. Era pacato, gentile e brillante nel modo di pensare e di esporsi, giocherellava col bracciale quando era incerto, storceva leggermente l’angolo della bocca quando qualcosa non gli piaceva, sorrideva con gli occhi quando era compiaciuto o divertito da qualcosa. Non toccammo mai l’argomento circa la sua popolarità e sono sicura che lui ne fu grato.
Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e lui sembrava ricambiare il mio interesse con sorrisi e occhiate furtive.
 Un lampo doloroso mi attraversò quando pensai a Louis, cosa diamine mi passava per la testa? Non gli avevo neanche detto che avrei fatto quella sera… e me ne stavo a parlare con Ed Sheeran, seduta in un pub come se fosse la cosa più naturale di questo mondo! Cercai di allontanare il pensiero di lui con un sorso lungo di birra. Ed mi piaceva e non potevo farci nulla, non potevo negarlo, mi era bastato parlarci per capire che tipo di ragazzo fosse, e mi piaceva ciò che vedevo, mi piaceva ciò che sentivo. Sarebbe stato da ipocriti negarlo, ma Louis rimaneva pur sempre il mio ragazzo e dovevo fare attenzione alle idee che mi frullavano per la testa. Tuttavia, mi sentii in colpa per quei pensieri. Alzai lo sguardo dal boccale e incontrai quello limpido di Ed che sortì l’effetto dell’ennesima scarica elettrica al mio sistema nervoso, facendo scomparire qualsiasi immagine di Louis. “Devo prendere un po’ d’aria” disse “Anche io, penso che ti seguirò” risposi di getto con l’audacia che solo l’alcol poteva dare. Scambiai un’occhiata furtiva con Charlotte che sorrise. Una volta fuori Ed si diresse verso un muretto e si sedette. Mi fece segno di raggiungerlo così mi sedetti al suo fianco, ormai certa che tra noi si fosse instaurato qualcosa di speciale.
Ed sospirò e, ad occhi chiusi, disse “Sono incasinato…e ora anche ubriaco. Scusami”
“Ma che dici?” risposi indignata “Non devi scusarti di nulla.”
Ed tacque per un paio di secondi, poi, mentre estraeva l’involucro del tabacco e iniziava a fabbricare la sigaretta disse con semplicità “Mi piace qui e mi piace parlare con te” sorrise mentre accendeva la sigaretta. Gli sorrisi “Mi piaci anche tu Ed”.
 Dopo che ebbe finito di fumare  disse “Mi devi scusare ma devo tornare dentro… da qualche parte. Ho bisogno di stendermi, far riposare la testa…ho avuto una brutta giornata.” Si alzò a fatica “Vuoi che ti accompagni?” chiesi senza esitazione. “Se vuoi farmi compagnia, sì” rispose lui socchiudendo gli occhi e sorridendo.
Non esisteva nulla al mondo se non lui. “Certo, prendo la borsa e ti raggiungo”.
“La casa del mio amico è a due passi” disse lui non appena lo raggiunsi “Non dovremo fare troppa strada perciò possiamo andare a piedi… camminare mi servirà a svegliarmi un po’ “ aggiunse ridendo.
In quel momento l’avrei seguito in capo al mondo. Mi sembrava di star vivendo una fantasia assurda prodotta da qualche bicchiere di troppo ma ero consapevole di star camminando su quel marciapiede nero di pioggia, col vento che mi fischiava nelle orecchie e l’ombra di Ed che si congiungeva alla mia. Una volta arrivati in casa lui si stese su un divanetto e chiuse gli occhi. “Vuoi che ti faccia una tazza di thè?”
“Sì grazie, te ne sarei grato”.
Mi diressi in cucina e preparai in fretta il bollitore mentre una raffica di domande mi si affollavano in testa. Ero ben felice di rendermi utile ma non sapevo come sarebbe andare a finire quella serata. Non mi era mai successo di andare a casa di un ragazzo appena conosciuto – ma quel ragazzo non era di certo uno qualunque. E poterlo vedere nella sua umanità e semplicità mi sembrò un privilegio. Nervosamente scorsi il mio riflesso in uno specchietto che avevo in borsa e mi assicurai di avere un aspetto decente.
Quando tornai con la tazza fumante tra le mani lo trovai all’in piedi al centro del soggiorno che armeggiava con una chitarra che non sapevo da dove fosse sbucata. Posai la tazza su un tavolino posto davanti al divano e mi sedetti, senza distogliere lo sguardo. Suonò una serie di accordi, si schiarì la voce e sussurrò una canzone che non avevo mai sentito, leggera come la pioggia che cadeva fuori, facendomi rabbrividire di emozione. Tirai un respiro profondo quando concluse la canzone e gli sorrisi in silenzio, senza voler spezzare quella magia. Lui mise da parte la chitarra e si sedette accanto a me.
“Sto passando un momentaccio” disse cupo, fissando davanti a sé.
“E mi sento … abbastanza… spezzato. Non riconosco neanche più chi sono diventato da qualche mese a questa parte, non ricordo più la sensazione di star seduto accanto a qualcuno che mi ascolti…” si interruppe bruscamente. Si voltò verso di me, che non riuscivo a pensare, ero spiazzata da una simile confessione. Non sapevo come comportarmi e i suoi occhi mi disorientavano. Erano così grandi e pieni di una consapevolezza stanca. Il modo in cui mi guardava era eloquente e lo ammetto, mi dimenticai completamente del mio ragazzo e lo volli, lo volli follemente, disperatamente, incessantemente. Ma mi costrinsi a distogliere lo sguardo dal suo che mi bruciava il volto e fissai davanti a me.
 “Mi dispiace… quella canzone era fantastica. L’hai scritta di recente?” un tremolio tradì la mia voce.
“No. L’ho improvvisata”. Dopo una breve pausa disse “Ascolta, io non sono un tipo da una notte e via”.
Il modo in cui pronunciò quella frase mi strinse piacevolmente lo stomaco.
“Quindi non voglio essere frainteso se…”
Attesi in silenzio che finisse la frase ma non lo fece. Dal mio canto non ebbi il coraggio di intimarlo a continuare, trattenevo il respiro mentre il cuore mi rimbombava nelle orecchie. Lui scosse la testa, poi si abbandonò contro lo schienale del divano.
“Tu mi piaci” borbottò dopo una manciata di secondi “Ma non penso che sarebbe …non siamo sobri, io in particolare… e potrei dire e fare cose che potrebbero non piacerti e io …farei… fatica...”fece una pausa dolorosa.
“Va tutto bene, non devi preoccuparti di nulla. Non mi dispiace farti compagnia.” mi sporsi verso di lui e lo baciai sulla guancia come se fosse il gesto più naturale che avessi mai compiuto.
Senza che potessi controllarlo le mie labbra indugiarono un po’ più a lungo del necessario sulla sua guancia ruvida di barba di un paio di giorni. Profumava di sandalo e pino e pioggia e lo desiderai più forte di prima.
Una voglia crescente mi avvampava nel basso ventre. Mi venne spontaneo pensare come sarebbe stato se   me lo fossi portato a letto in quel momento e percepii il viso bruciare. “Puoi contare su di me” aggiunsi in fretta, quando mi accorsi che lui aveva notato il mio turbamento.
I miei pensieri offuscati dall’alcol avevano l’effetto di una centrifuga che dissolveva ogni forma di razionalità. Una forza in me che non seppi da dove proveniva mi costrinse a trattenere l’istinto di dar voce ai pensieri che mi frullavano in testa. Puntai lo sguardo su uno strano posacenere color menta appeso al muro.
“Grazie” biascicò Ed prendendomi una mano.
“Di nulla” risposi con amarezza.
Aveva smesso di piovere. Era tempo di andare. Feci per alzarmi ma lui mi trattenne.
“Spero di rivederti presto.”
“Anch’io Ed”
Si alzò e mi strinse a sé, in un gesto carico di affetto e calore.
“A presto Ed” sussurrai contro il suo petto. Mi distaccai lentamente e feci per voltarmi – delle lacrime cominciavano a premere contro le palpebre – ma lui impacciato mi prese per il mento e posò le labbra sulle mie. Gli gettai le braccia al collo e ci baciammo per dei brevi istanti.
Non l’ho più rivisto da allora.


 

   
 
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