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Autore: futacookies    08/08/2014    4 recensioni
Prima classificata al contest: "Il giro del mondo in -anta ship", indetto da Total_Drama sul forum di Efp.
In effetti, Clary aveva fatto centro. Da giorni non si parlava che di un bel faccino adornato da capelli neri e un paio di occhi azzurri. Doveva pur sapere se ne valesse davvero la pena essere brutalmente soppiantato nei discorsi delle compagne. Sicuramente no, perché nessuno poteva vincere contro il suo fascino, ma non si era mai abbastanza sicuri.
{Repost}
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Woolsey Scott
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia ha partecipato al contest:
Il giro del mondo in -anta ship
di Total_Drama


Nick dell’autrice: Liberty_Fede
Titolo: Sapeva di zucchero e cannella
Genere: Fluff, Sentimentale, Commedia (forse, cioè, non ci metterei nemmeno un dito, sul fuoco, però…)
Rating: Verde
Avvertimenti/Note: !AU
Fandom e coppia scelta: Shadowhunters, Alec/Magnus
Pacchetti scelti: Lavanda + Svizzera
Introduzione: In effetti, Clary aveva fatto centro. Da giorni non si parlava che di un bel faccino adornato da capelli neri e un paio di occhi azzurri. Doveva pur sapere se ne valesse davvero la pena essere brutalmente soppiantato nei discorsi delle compagne. Sicuramente no, perché nessuno poteva vincere contro il suo fascino, ma non si era mai abbastanza sicuri.
NdA: umh. Mi sono accorta che è un po’ Crossover tra TMI e TID, ma se non conosci i personaggi considerali degli OC. Credo però che l’unico che non dovresti conoscere è Woosley Scott, fondatore del Praetor Lupus. La canzone usata è “Don’t wanna miss you” di Catalin Josan. Per il resto, alla fine.
- Si è classificata prima
- Partecipa al contest “Un lampo di originalità” di aturiel


Sapeva di zucchero e cannella

 

Magnus sapeva che non avrebbe dovuto dare ascolto alle parole di Clary. Quella ragazza metteva a dura prova i suoi nervi – molto più di Camille, o Woosley quando aveva una giornata no – con tutto quel ciarlare di qualsiasi argomento le venisse in mente soltanto perché Simon non voleva sapere certe cose.
Per esempio, odiava sentirla parlare di quanto fosse carino il cassiere della cioccolateria ‘Chez Idris’. Le ragazze della St. Xavier rischiavano seriamente di diventare balenottere per tutta la cioccolata che compravano – e mangiavano senza troppi complimenti.
Fatto sta che quel giorno l’amica era diventata particolarmente petulante, attaccata al suo braccio appena fuori l’aula di chimica, mentre lo supplicava di accompagnarla perché si vergognava troppo di andare a comprare dei cioccolatini da sola. Insomma, conosceva Clary: era tutto fuorché una che si vergognava, figurarsi per un paio di cioccolatini. Bah, forse voleva soltanto un passaggio.

***
 
No, Clary non aveva bisogno di un passaggio. Sarebbero andati a piedi – per smaltire i nervi – aveva detto. Si erano dati appuntamento a Central Park.
«Che c’è, il caro Simon aveva paura di prendere il diabete sentendoti parlare ancora un po’?» chiese, alzando un sopracciglio quando la vide arrivare trafelata e con i capelli scompigliati. «E poi, tu non hai un fratello? Non poteva accompagnarti lui? Insomma, tu rubi tempo alla mia esistenza! Devo passare ore davanti allo specchio per scegliere una mise che riesca a centrare in pieno la mia grandiosità!».
«Sì, sì, no. Sì, Simon ha paura di prendere il diabete, sì, ho un fratello, no, non poteva accompagnarmi. Come se tu non stessi morendo dalla curiosità di vedere il ragazzo che ha portato tanto scompiglio a scuola!»
«Pft, sì, certo, certo. Come se il ragazzo più popolare della St. Xavier avesse tempo da spendere in sospiri adoranti. Ah, in caso non te ne fossi accorta, io sono impegnato. Camille mi ha messo un cappio al collo. Accidenti!» mormorò, dopo essersi lasciato sfuggire quella confessione.
In effetti, Clary aveva fatto centro. Da giorni non si parlava che di un bel faccino adornato da capelli neri e un paio di occhi azzurri. Doveva pur sapere se ne valesse davvero la pena essere brutalmente soppiantato nei discorsi delle compagne. Sicuramente no, perché nessuno poteva vincere contro il suo fascino, ma non si era mai abbastanza sicuri.
Si trovavano a pochi passi dal tanto sospirato negozio, pronti a conoscere il tanto sospirato ragazzo, ma Clary sembrava in preda da una crisi di panico. Aveva incominciato a guardarsi le unghie, a stritolarsi i capelli, aveva il respiro abbastanza irregolare – non era un medico, ma era convinto che la ragazza fosse da ricoverare.
Si appese semi-disperata al suo braccio e cominciò a parlare a vanvera di unghie mangiucchiate e polpastrelli sporchi di pittura. La trascinò nel negozio quasi a forza, mentre si dimenava e inventava un qualunque impegno dell’ultimo secondo.
La cioccolateria ‘Chez Idris’ era uno di quei posti che ti ispiravano familiarità sin dal primo istante: forse le luci appena soffuse, i divanetti rivestiti di velluto, la pace, la tranquillità…
«Iz! Leva subito quell'obbrobrio dalla mia radio!»
Clary quasi squittì dalla sorpresa, cominciando a spostare rapidamente il peso da una gamba all’altra. «È lui, Magnus! È proprio lui!» sussurrò piano al suo orecchio, mentre un ragazzo con le guance rosse per l’imbarazzo recuperava la postazione alla cassa.
«Jace! Ma insomma! È un complotto contro di me? Torna subito qui!»
Non sembrava aver ancora fatto caso a lui, che comunque non aveva intenzione di sbracciarsi per richiamarlo. Studiò le vetrinette in cui faceva sfoggio di sé ogni tipo, colore, qualità di cacao, ripiena o meno. Clary aveva adocchiato alcune tazze per la cioccolata calda e probabilmente stava decidendo se un minuto in bocca valesse una vita sui fianchi.
Da una porta secondaria – l’ingresso delle cucine – era uscito un ragazzo biondo, con alcune ciocche sporche di marroncino e il naso macchiato di farina. Ancora ridente, si mise dietro il bancone, rivolgendo uno sguardo a lui e all’amica – che aveva completamente perso di vista l’obiettivo.
«Dovete ordinare, oppure portar via?» Si voltò verso l’altro ragazzo che stava borbottando qualcosa arricciando il naso. «Dai, Alec! Smettila di fare quella faccia. In fondo piace anche te!» L’altro non doveva essere d’accordo, perché si fece rosso in una maniera adorabile.
Intanto Clary si era avvicinata al tizio biondo – Jace?  O forse Alec? Non aveva ben capito – e avevano intavolato un’accanita discussione, per decidere se fosse più dolce il bianco o quello al latte. La ragazza stava sorridendo beata mentre le spiegava vari metodi di lavorazione e i diversi ripieni di quei bon-bon su un tavolino poco distante da lui.
Osservò l’altro con maggiore interesse. Era di una bellezza oggettiva – forse non come quella del biondo, ma nessuna doveva mai averlo visto prima, perché la più grande attrazione non era lui – aveva i tratti delicati, ciuffi color ebano gli incorniciavano il volto e aveva dei grandi occhi azzurri. Era qualcosa che in diciannove anni di vita non aveva mai visto, il che era qualcosa di considerevole, giacché aveva avuto modi di conoscere molte facce diverse.
Aveva intercettato il suo sguardo indagatore ed era arrossito. Oddio, non poteva davvero sapere se si era fatto ancora più rosso, perché non era ancora riuscito a distinguere il colore naturale della sua pelle da quando era entrato in quel negozio, ma era convinto che con le guance colorate fosse ancora più bello.
 Da qualche parte si sentì una risata e poi della musica a tutto volume.

You say you love me every day
And than you always run away
I don’t know what I need to do
To show you I am in love with you

Il bel ragazzo con gli occhi azzurri fece una smorfia, ma restò stoicamente al suo posto, senza dire una parola, mentre l’amico se la rideva dicendo qualcosa all’orecchio di Clary, che era avvampata e sembrava aver dimenticato anche lui.
La situazione si stava facendo noiosa e aveva di meglio da fare che guardarla flirtare mentre nessuno voleva accorgersi della sua presenza. Prese una scatola di pasticcini assortiti e tentò di fare un segno alla ragazza, che continuò a ignorare la sua presenza. Ah, beh, perfetto!

***
 
«Comunque, Jace è un ragazzo fantastico! Oggi andiamo insieme a Central Park!»
Clary stava raccontando l’esito della sua spedizione a Simon, che aveva uno sguardo schifato. «Farò in modo che tuo fratello lo venga a sapere, Morgenstern. Non vedo l’ora di godermi lo spettacolo del tuo amichetto rincorso per New York dal caro Jonathan. Oh, sì.» Incrociò soddisfatto le braccia al petto e Magnus non riuscì a trattenere una risata, a qualche metro da loro.
«Tu non hai incontrato ragazzi fantastici, vero?» Gli chiese Woosley con un sopracciglio alzato. Un paio di giorni prima Camille l’aveva mollato con tutta la delicatezza di cui era capace – ossia sbattendogli in faccia la sua ultima conquista. Ripensò al ragazzo con gli occhi azzurri – a quel punto era chiaro che si chiamasse Alec – e non poté fare a meno di sorridere.
«No, Woosley, nessun ragazzo fantastico.»

***
 
Nei giorni successivi alla conversazione con Woosley aveva cercato un modo per avvicinarsi ad Alec. Non sarebbe mai – mai e poi mai – entrato nel negozio come lo stuolo di ragazzine adoranti, ma doveva pur inventarsi qualcosa!
Inoltre, il nuovo ragazzo di Camille – un altro tizio biondo con un forte accento russo – stava diventando una palla al piede e doveva trovare un modo per far risaltare la sua magnificenza. Una festa, magari…
Così avrebbe potuto ordinare una cascata di cioccolata, una torta gloriosa e un buffet di dolci da far star male. Soprattutto, avrebbe potuto vedere Alec senza troppi giri di parole.
«Woosley?»
L’amico, dall’altro lato del telefono, rispose un po’ contrariato.
«Sabato sera. Sentiti libero di invitare tutta la scuola.»
Lui si sarebbe sentito libero di trascinare a tradimento il suo ragazzo fantastico.

*
 
Quando tornò da ‘Chez Idris’, non c’era traccia del bel ragazzo con gli occhi azzurri. In compenso c’era quella che – salvo Mendel non avesse rifilato a tutti una marea di sciocchezze – era sua madre. Una donna distinta, con gli stessi occhi cerulei di Alec, che gli aveva consigliato le dimensioni della fontana di cioccolato, l’altezza della torta, la varietà di dolci per il dessert.
Cosa non si fa per i ragazzi fantastici.
Espresse il chiaro desiderio di farsi recapitare tutto a casa, possibilmente da uno dei ragazzi. Era una festa, c’era tanta confusione, non avrebbe mai voluto disturbare la signora con tutto quel chiasso.
Diplomazia – cielo! –, quanto era utile?

*
 
Sabato sera giunse più in fretta del previsto, ma poco importava. Era entusiasta di fronte alla possibilità di rivedere Alec, e non gli interessavano i ragazzi che di lì a un paio d’ore avrebbero invaso il suo loft, distruggendolo prima della mattina successiva.
Doveva ricordarsi di suggerire a Woosley amicizie più tranquille.                               
Clary – pimpante come al solito e piacevolmente ricoperta di glitter – arrivò con largo, larghissimo anticipo, trascinandosi dietro un Jace elettrizzato, un Simon immusonito e un Jonathan pronto a prendere a pugni chiunque gli rivolgesse la parola.
In quel gruppetto mal assortito ognuno parlava di un argomento quanto più distante possibile da quello della persona più vicina e probabilmente Woosley si sarebbe fatto grasse risate, osservandoli. Sussultarono un po’ quando il campanello suonò, ma Magnus – da perfetto padrone di casa – non perse il suo aplomb e aprì la porta a una serie di pacchi e pacchetti.
Le sopracciglia schizzarono in alto, ma sembrarono tornare alla loro posizione originale quando dietro tutto quel cartone – non osava neanche pensare all’oscena quantità di calorie che contenevano quelle apparentemente innocue scatole – spuntarono occhi azzurri e capelli.
Ecco, così andava molto meglio.
«Mh…» Il ragazzo, meravigliosamente imbarazzato, si grattava pensieroso la nuca, indeciso su cosa dire. «Dove posso mettere l’ordinazione? Porto tutto dentro oppure fuori al terrazzo o…»
Magnus perse le ultime parole del discorso, intento com’era a guardare il movimento delle sue labbra. Erano terribilmente in contrasto con il pallore del volto. Si chiese che sapore dovessero avere, quelle labbra, come sarebbe dovuto essere baciarle, sentirle sulle proprie. Si riscosse dal suo torpore mentale e addirittura gli diede una mano per sistemare il tutto.
Contava di riuscire a convincerlo a restare – era sabato sera, non poteva davvero lavorare – anche perché c’era il suo amico. E poi – diamine! – c’era lui, il che era una fortissima motivazione per andare, venire e restare in un qualunque posto.
«Ehi, Alec! Perché non ci fai compagnia?»
E questo era il motivo per cui ogni tanto anche Clary – o i suoi eventuali fidanzati – si rendevano utili, talvolta.
Il ragazzo si schermì, le mani giunte dietro la schiena, lo sguardo altrove. No, no e no! Non poteva assolutamente perdere l’opportunità di trattenerlo, non con tutti i rischi che stava correndo!
Insomma, Clary gli avrebbe rinfacciato ogni grammo preso – per non parlare del fatto che l’avrebbe costretto a dieta, perché se doveva dimagrire a lui toccava fare sostegno morale. Woosley avrebbe incominciato a tormentarlo – povero, piccolo Magnus, innamorato! – e Camille che l’avrebbe accusato di averla dimenticata troppo in fretta. Era stressante!
Quindi – ops! – chiuse la porta e disse che ormai era già lì e che era inutile rinunciare a una bella serata.
Lo raggiunse e lo costrinse a una conversazione che non riusciva davvero a partire – non praticava sport, non s’intendeva di moda, zero vita mondana, Jace sembrava il suo unico amico! Si poteva davvero vivere di studio, lavoro e famiglia? Il solo pensiero gli mise i brividi. Nonostante quelle labbra fossero bellissime – e anche altamente baciabili – non riuscivano a dire niente che lo entusiasmasse. Il solo fatto però che fossero quelle labbra a parlare bastava a fargli piacere qualunque cosa dicesse.

*
 
Woosley aveva pianto per le troppe risate, mademoiselle Belcourt aveva un diavolo per capello, Clary aveva decisamente bevuto troppo, Simon era quasi affogato nella minuscola fontana di cioccolato, Jace era quasi morto. Cielo!, forse un giorno sarebbe anche riuscito a farsi piacere il fratello scorbutico della piccola Morgenstern, se non attentasse a tutti gli amici delle persone a cui era interessato.
Alec era rimasto impassibile di fronte a quello spettacolo pietoso. Aveva provato a fermare il tizio biondo quando aveva allungato troppo le mani su Clary, ma per il resto niente. Non era reattivo. Si chiese per un attimo se la splendida signora con cui aveva parlato pochi giorni prima non avesse partorito un’ameba. O una statua di sale. Insomma, qualunque cosa non si muovesse e non desse segno di essere interessato a muoversi.
Raggiunse rapido – fin troppo, in effetti, dato che si era scontrato con vari corpi che sembravano in fase di putrefazione oppure in cerca di una stanza libera – la postazione del Dj caldamente suggerito dal patrigno di Clary e diede disposizioni, divertito. Prese tra le mani il microfono e attirò l’attenzione dei pochi rimasti lucidi.
«Emh, emh.» Attese che tutti gli occhi si poggiassero su di lui e proseguì con un’espressione compiaciuta. «Questa canzone è per una persona che indubbiamente saprà apprezzarla. L’unica a quanto pare.» Aggiunse, osservando sconcertato gli sguardi vacui che la platea gli rivolse. Per un meraviglioso, felicissimo istante pensò di dimenticare tutto e cercare di scolarsi una delle bottiglie di Vodka rimaste, ma poi abbandonò il progetto consolandosi con il rossore che da lì a poco avrebbe tinto le gote dell’ameba.

Don’t wanna miss you, tonight
I wanna kiss you, so right
Don’t wanna miss you, tonight
I wanna kiss, until the sunrise

In effetti, una volta arrivato il ritornello della canzone, era scoppiato in piccolo putiferio: Alec era sobbalzato, prendendosi il volto tra le mani – non voleva sapere se si trattasse di vergogna o disperazione -, Woosley gli aveva praticamente dichiarato amore, Jonathan aveva incominciato a cantare.
In quel momento, il suo unico desiderio era scappare.
Probabilmente, doveva essere anche il desiderio del suo ragazzo fantastico, perché quasi in simultanea si avviarono verso la porta, facendo quasi a gara per chi dovesse uscire prima.

*
 
Si erano ritrovati così, quando ormai quasi albeggiava, a camminare come due vagabondi per le vie di New York, che non sembrava conoscere pace. Avevano parlato del più e del meno – cioè di nulla – e ogni tanto aveva fatto qualche battuta squallida per stemprare la tensione. L’ultima, per esempio, era particolarmente divertente, perché stavano ridendo da ormai parecchi minuti.
«Mi… spieghi…» fece una pausa per massaggiarsi lo stomaco dolente «Perché odi tanto… quella… canzone?»
Tentarono di ricomporsi – non voleva nemmeno pensare che immagine dovessero dare, due ragazzi che si aggiravano per la città con l’intenzione di svegliare tutti a suon di sghignazzi, come se fossero ubriachi.
L’altro fece spallucce, nella ferrea intenzione di parlare il meno possibile. «Non è che non mi piace.» sorrise impercettibilmente e scosse la testa. «È per via di mia sorella. La sente tipo… tutto il tempo!»
Allora neanche lui poté trattenere una risata. Continuarono a camminare in silenzio, mentre si interrogava su come dovesse essere sotto la scorza, cose avrebbe potuto trovare se solo il ragazzo si fosse aperto un po’ di più.
Qualche chilometro e qualche decina di strade dopo, Alec si fermò di fronte una palazzina che gli sembrava familiare. Se non avesse il cervello ottenebrato dal sonno forse, l’avrebbe anche riconosciuta.
«Mh… Io sono arrivato.»
Salì qualche gradino per separarsi, e allora seppe che doveva dire qualcosa.
«Beh, ci vediamo.» Se non fosse stato così lontano magari l’avrebbe anche baciato, se non altro per capire che sapore avevano quelle labbra.

***
 
Era tornato alla cioccolateria, un paio di giorni dopo. La scusa ufficiale era quella di accompagnare Clary, quella ufficiosa era rivedere Alec.
Così si era seduto su uno dei tavoli, si era fatto servire una tazza di cioccolata calda aromatica ed era rimasto a guardarlo mentre batteva le dita sul registratore di cassa, dava scontrini, salutava clienti. In un momento di noia aveva anche pensato di mettersi a cantare quella canzone a squarciagola, solo per gustarsi la sua espressione.
Poi venne distratto dalle sue labbra e dall’enigma che le circondava. Oh, al diavolo!, l’avrebbe risolto presto, si disse.
Avrebbe aspettato la fine del turno, l’avrebbe convinto a fare un giro con lui, l’avrebbe messo con le spalle al muro – metaforicamente e non – e l’avrebbe baciato.

***
 
Dovettero passare parecchie settimane prima che riuscisse a portare a termine la sua missione.
Era una tranquilla e non troppo piovosa serata di maggio, gli uccellini avevano smesso di cantare da un pezzo e non c’erano fiori ad abbellire il paesaggio.
Più che convincerlo, in effetti, l’aveva costretto con la forza – aveva atteso che finisse di lavorare, l’aveva colto di sorpresa e l’aveva trascinato a destinazione, ossia in qualunque posto non fosse quella cioccolateria – e poi si era avvicinato, l’aveva afferrato per le spalle e aveva finalmente scoperto il sapore delle sue labbra.
Il ragazzo si era staccato, rosso in viso – come se prima non lo fosse – e aveva balbettato qualcosa di non meglio identificato. Poi aveva mandato tutto a farsi benedire e l’aveva baciato a sua volta.
Sapeva di zucchero e cannella, qualcosa di dolcissimo, con un retrogusto abbastanza forte. Qualcosa che non avrebbe dimenticato facilmente. Aveva continuato a sentire le proprie labbra sulle sue per un tempo indefinito. Era davvero troppo dolce, ma non aveva intenzione di lamentarsi, neanche un po’: forse sarebbe diventato diabetico, ma non poteva non dire che il gioco valeva la candela.



 

Note dell’autrice:
Allora, da dove iniziare?
Un’alternative universe abbastanza comune, ossia quello dell’High School. Poi il crossover tra le due saghe (TMI e TID). Mi sono chiesta fino a che libro fossi arrivato, o le avessi lette entrambe. Però, vabbè, non è un granché, la maggior parte dei personaggi appartiene a TMI e ci sono pochissimi riferimenti all’altra saga.
Prima che colli sulla tastiera vorrei spendere due parole sulla caratterizzazione dei personaggi: Magnus è terribilmente frivolo – non che nel libro non lo sia, ma qui manca la controparte da ‘uomo vissuto’, per il semplice motivo che essendo un’AU non poteva avere 400 anni di esperienza. Alec è estremamente timido – ma dato che la parte da ‘coraggioso cacciatore di demoni’ è andata a farsi benedire, ho pensato che restasse solo questo lato del suo essere.
Per gli altri personaggi, credo di non aver sforato poi molto.
Ci sono alcuni riferimenti che vorrei però spiegare:
  • Chez Idris’ in riferimento alla patria dei Nephlim. AU o meno mi sembrava brutto non citarla. Non so fino a che punto tu conosca il francese, ma ‘chez’ se accostato a un luogo, si traduce ‘da’.
  • ‘Un minuto in bocca valesse una vita sui fianchi’ ora sii tu a cogliere la citazione e fammi felice.
  • ‘Dj caldamente suggerito dal patrigno di Clary’ Cassandra Clare ha fatto capire in un post su Tumblr che il DJ del primo capitolo di CoB era Bat, che è stato il secondo di Luke per l’intera saga. Ho pensato che un riferimento ci stesse bene.
  • Tutti i riferimenti agli adolescenti ubriachi è un carinissimo cliché. Sono adolescenti americani standard, il che giustifica quasi tutto quello che ho scritto -.-
Direi che non ho altro da dire – ma probabilmente mi sono persa qualcosa per la strada, dato che sono a pezzi e mi hanno sballottato a destra e sinistra per preparare i bagagli.
Ah, ecco: la canzone. Me ne stavo dimenticando. Non ho specificato il contenuto dei pacchetti, ma adesso si capirà lo stesso. Nel bando c’è scritto che potevamo utilizzarla come più ci aggradava e non mi andava proprio di fare una SongFic. Non sono troppo portata e non sono convinta di quello che ne sarebbe potuto uscire.
Adesso, ho finito, davvero. Spero che ti sia piaciuta e che sia riuscita a rispecchiare il tema del contest.
- Fede ♥


 
  
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