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Autore: PoisonRain    09/08/2014    5 recensioni
Ma Belle non c’è. Belle è morta secoli fa, è stata la prima ad andarsene. È stata congelata e poi si è frammentata in mille pezzi di ghiaccio. Non mi è rimasto più niente di lei a parte un cuore vuoto e una tazzina dal bordo sbeccato.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elsa, Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aveva camminato in lungo e largo su quella terra, attraversando vari ambienti  senza mai fermarsi, come uno spirito che vaga alla ricerca della propria pace.
Ecco come si sentiva, ecco chi era in quel momento: un’anima ormai consumata, immeritevole sia del paradiso che dell’Inferno, che si trascina per l’eternità alla ricerca di qualcosa che mai potrà avere.
Quando è iniziato ad andare tutto per il verso sbagliato? Quando mio padre mi ha abbandonato, quando ho disertato la guerra affinché mio figlio non diventasse orfano di padre, quando non ho comandato l’Oscuro ma ho deciso di prendere i suoi poteri o quando non ho seguito Bae nel vortice che ci avrebbe portata in un mondo senza magia? O forse questo destino era stata già scritto nel momento in cui sono venuto al mondo?
Non sapevo darsi la risposta a questa domanda, che l’avrebbe tormentato per l’eternità, però sapeva chi l’aveva ridotto in quella condizione: La Regina delle Nevi.
Elsa.
Era arrivata nel suo mondo, tramite il portale del tempo, per vendicarsi di lui.
Ma, stranamente, questa volta il folletto non aveva nessuna colpa.
Quel principe, Hans, l’aveva invocato per catturare la regina che, a causa del suo potere,  stava mettendo in ginocchio il suo stesso regno.
Lui aveva accettato,  catturare una ragazzina inesperta con la magia in cambio di una mappa che segnava la posizione di un raro manufatto magico, sembrava un buon, anzi un ottimo, accordo.
Quando aveva raggiunto la giovanissima regina nel suo palazzo di cristallo aveva trovato una donna distrutta, spaventata a morte dai suoi poteri,  che si era arresa all’istante a quell’essere dall’aspetto non completamente umano, che sembrava conoscere così bene le arti magiche.
Si sarebbe lasciata condurre al castello e lui le avrebbe insegnato a controllarsi: così si erano accordati.
Mai si sarebbe aspettato che il principe, che non si fidava dell’Oscuro, giungesse da loro intenzionato ad uccidere sia lo stregone che  la regina, in modo da ottenere il potere magico di lui e la carica di lei.
A peggiorare ulteriormente la situazione erano stato l’arrivo della principessa Anna, nonché sorella di Elsa, e di un ragazzotto, venditore di ghiaccio, proprio nel mezzo della battaglia.
Non era certo colpa sua se la giovane principessa si era interposta tra lui e Hans cercando di fermare il combattimento.
Non era certo colpa sua se l’avido principe l’aveva usata come scudo umano per proteggersi da una delle sue magie.
Non era di certo colpevole della sua morte, la sua unica colpa era un’insana passione per gli accordi.
Ma Elsa non la pensava così.
Alla vista della sorella morente aveva scatenato tutto il suo potere, congelando tutti tranne l’Oscuro.
E una nuova battaglia, tra lui e la Regina delle nevi, che lo giudicava reo della morte della sorella, era cominciata.
A fatica era riuscito a intrappolare la donna, impossibile da uccidere, in un urna incantata, successivamente nascosta in una sala protetta dai più intricati incantesimi del castello Oscuro.
Ma lei era tornata con un unico obiettivo vendicarsi di lui.
Non aveva intenzione di ucciderlo  – sarebbe stata troppo misericordiosa –  né di sottrargli i potere  – quello non gli interessava –  il suo unico obiettivo era quello di rendere la sua vita miserabile, proprio come lui aveva fatto con la sua.
Aveva ucciso tutte le persone a cui teneva, Emma, Regina, Henry e gran parte della popolazione di Storybrooke, tutte quelle con cui aveva condiviso qualcosa, tutte quelle che avevano attraversato la sua secolare vita.
A lui era rimasta solo una cosa: eliminare la Regina dei Ghiacci, ma lei non gli aveva concesso nemmeno questa consolazione e prima del colpo di grazia si era uccisa, dissolvendosi in migliaia fiocchi di neve.
Stavolta Rumpelstiltskin aveva perso tutto e tutti.
Non potendo più sopportare di vagare per le strade di Storybrooke, troppe ricche di ricordi delle persone scomparse ancora una volta a causa sua, aveva deciso di varcare il confine della città per dimenticarsi di ogni cosa.
Non sarebbe più stato né Rumpelstiltskin, l’umile filatore, né l’Oscuro, lo stregone che aveva messo in ginocchio l’intero mondo delle fiabe, ma solo il signor Gold, un uomo normale in un mondo senza magia.
Ma Elsa aveva predetto anche questa sua mossa e aveva fatto sì che lui mantenesse in ogni caso i suoi ricordi.
Solo la morte gli avrebbe portato la pace, ma lui era l’Oscuro, l’essere immortale generato dalle tenebre più profonde.
Non poteva chiedere a nessuno di ucciderlo, chiunque l’avesse fatto  avrebbe ottenuto in cambio non solo il suo potere, ma anche il suo fardello.
L’unica soluzione era che fosse lui sé stesso a togliersi la vita, colpendosi con il pugnale, proprio come aveva fatto contro Peter Pan, ma era troppo codardo o forse, più semplicemente, aspettava ancora qualcosa: una speranza, un miracolo, un lieto fine.
Era riuscito, non ricordava bene come, a tornare nella Foresta Incantata e si era messo a vagare nella speranza di lenire il suo dolore.
Nemmeno filare la paglia in oro lo aiutava più, per farlo serviva la magia, per compiere la magia servivano sentimenti che lui ormai non possedeva più; era solo un guscio vuoto privo di ogni emozione.

 Dopo molto peregrinare Rumpelstiltskin era giunto ad una collinetta.
Da lì poteva vedere una piccolo villaggio pieno di vita; in ogni angolo vi erano bancarelle e carretti, gente affaccendate a vendere e a comprare merce di ogni tipo, urla di bambini giocosi e di venditori che promuovevano i loro prodotti.
E se da un lato quella visione di normalità gli faceva piacere, perché, nonostante tutte le catastrofi e le maledizioni, la vita continuava, dall’altro gli procurava un immenso dolore vedere in che modo il mondo si fosse scordato di lui, che ormai era diventato un essere leggendario esistente soltanto in qualche vecchio libro di racconti.
Non sapeva spiegarsi il motivo, ma aveva deciso di fermarsi lì e per interrompere almeno per un giorno il suo vagabondare attraverso i vari regni della Foresta Incantata.
Si era sdraiato sull’erba che ricopriva quella lussureggiante collinetta, lasciando che i raggi del sole di settembre riscaldassero un po’ la sua pelle coriacea, e chiuse gli occhi nella speranza di cadere in un sonno senza sogni, dove potesse dimenticare per un attimo il vuoto che attanagliava ogni istante della sua esistenza.
Ce la stava facendo,  era quasi riuscito a cadere nell’oblio del mondo dei sogni, ma qualcosa lo aveva riportato alla realtà.
Il suono delle risate di un bambino e qualcuno che l’aveva urtato.
Era una bambina che girando su sé stessa ad occhi chiusi era inciampata nella sua gamba cadendo a terra.
Si era rialzata immediatamente e, con gli occhi ancora chiusi, aveva ripreso il suo gioco ma pochi istanti dopo, forse a causa di tutte quelle rotazioni, stava per perdere l’equilibrio.
I suoi riflessi, nonostante i molti anni di inattività, erano ancora ottimali e riuscì ad afferrare la bimba per un braccio prima che essa, cadendo, si facesse del male.
La bimba stupita aprì i suoi occhietti, color cielo di primavera,  e guardò la figura incappucciata che la tratteneva e fu in quell’istante, in cui il folletto incrociò lo sguardo di lei, che il suo cuore, ritenuto ormai da tempo avvizzito, batté un colpo, talmente flebile da risultare irreale.
Belle.
Fu questo il primo pensiero dello stregone nel vedere gli occhi celesti della piccola che cercavano di scorgere il volto di quell’essere coperto da un lungo mantello e da un cappuccio, che nascondevano ogni lembo della sua pelle bestiale.
Ma Belle non c’è. Belle è morta secoli fa, è stata la prima ad andarsene. È stata congelata e poi si è frammentata in mille pezzi di ghiaccio. Non mi è rimasto più niente di lei a parte un cuore vuoto e una tazzina dal bordo sbeccato.
“Grazie per non avermi fatto cadere, sai sono un po’ pasticciona” disse la bambina con un sorriso.
Cosa doveva fare? Risponderle o ignorarla?
“Figurati, è stato un piacere dearie” .
Ecco ora se ne sarebbe andata, lasciandolo da solo, invece, a dispetto delle previsione dell'Oscuro, si sedette sull’erba accanto a lui e iniziò ad intrecciare delle margherite formando una piccola coroncina.
“Ti piace?” domandò lei dopo aver finito il suo operato.
Lo stregone sbalordito guardo gli occhi della piccola, che come ogni bambino brillavano speranzosi nell’attesa di ricevere complimenti per ciò che avevano prodotto, e annui.
“Dimmi il tuo fiore preferito così ti faccio una coroncina come la mia con quello”.
Quella bambina doveva essere pazza o sprovveduta – osservò Rumpelstiltskin – si metteva a parlare con uno sconosciuto e voleva persino regalargli dei fiori; avrebbe dovuto spaventarla, insegnandole un po’ di buon senso.
“Le rose rosse, quelle non ancora perfettamente sbocciate” rispose lui senza sapere il perché.
“ Mi dispiace ma non ci sono su questo prato, però se vuoi te la faccio con i papaveri; non sono così belli però sono rossi anche quelli” pigolò la piccola sconsolata per la mancanza del fiore.
“No, dearie, ti ringrazio”.
“Sei sicuro? So fare dei gioielli con quasi tutti i tipi di fiori, ci metto un attimo a preparatela. Comunque io mi chiamo Meti e tu?”  chiese lei tutto d’un fiato.
“Scusa dearie, hai mai pensato che io sia cattivo e ti possa far del male?” le chiese lui nella speranza di farla scappare via.
“Tu non sei cattivo! Altrimenti non mi avresti salvata mentre stavo per cadere, non mi avresti detto il tuo fiore preferito e non mi avresti ringraziata: i cattivi non amano i fiori e non ringraziano mai” sentenziò la bimba con convinzione.
il folletto rimase a bocca aperta alla risposta della piccola – una risposta degna di Belle –  e nascosto dalla sua vista accennò un sorriso.
“Io devo tornare dai miei genitori, ci vediamo domani” disse Meti, prendendo la sua coroncina di fiori.
 Quella sera non riprese il suo cammino, decise di rimanere su quella collinetta grazie alla frase della bambina, una frase banale, ma che a lui sapeva di promessa.

Come da promesso il giorno seguente la piccola Meti era ritornata sulla collinetta e così fece per i giorni a venire.
Si sedeva accanto all'Oscuro, intrecciava fiori e parlava, parlava senza mai farsi scoraggiare dal silenzio o dalle sue rare e laconiche risposte .
Gli raccontò di tutto:del fatto che avesse nove anni, dei suoi genitori che vendevano fiori, della fiera di fine raccolto che si teneva nel paesello sotto la collina, della sua passione per la natura e l’aria aperta, dei sogni strani che faceva la notte, dove lei era una spadaccina che combatteva contro un mostro infuocato, del suo desiderio di viaggiare e vedere il mondo e molte altre cose, alcune di esse insignificante, ma che lui assorbiva come se fossero informazioni vitali per la sua esistenza.

Un giorno lei si era presentata da lui con un vecchio libro, l’unico che possedeva e che custodiva gelosamente alla stregua di una reliquia, dalle pagine ingiallite e dalla copertina polverosa e aveva cominciato a sfogliarlo e a leggergli le fiabe contenute al suo interno.
Alcune di queste, come Biancaneve, Cenerentola e il Grillo Parlante, erano accadute grazie a lui, altre invece nate dopo, quando aveva perso tutto.
“Però in questo libro non c’è la mia storia preferita” aveva esclamato con uno sbuffo.
“Non c’è la storia di Belle” aveva continuato lei, senza che lui gli chiedesse quale fosse la fiaba alla quale si riferisse.
“Sai quella storia mi piace molto perché Belle, la protagonista, è una vera eroina; le altre lo sono diventate perché costrette, per poter sopravvivere, mentre lei si è sacrificata per i suoi cari e ha deciso di andare con l’Oscuro. Non so cosa sia successo dopo però io sono convinta che lui non fosse cattivo, nessuno sa perché facesse gli accordi, forse era per fare qualcosa di buono. Mi piacerebbe tanto che i due fossero diventati amici e abbiano ottenuto il loro lieto fine” affermò  Meti.
“Già, piacerebbe tanto anche a me” aveva risposto lo stregone mentre una lacrima solitaria rigava il suo volto.

Ma Belle non c’è. Belle è morta secoli fa, è stata la prima ad andarsene, stavolta non tornerò più da me ed è solo colpa mia.
Rumpelstiltskin ripeteva tra sé e se questo straziante ritornello ogni notte, poi si concentrava sulle differenze che avevano Meti e Belle, infine si riprometteva  che il giorno dopo sarebbe stato l’ultimo in compagnia della piccola, si sarebbe goduto ogni istante con lei, le avrebbe detto addio e poi sarebbe ripartito per i vari regni della foresta incantata; faceva questo per evitare di arrivare al punto, considerato ignobile anche da un essere abietto come lui, in cui si fosse invaghito di quella piccola e innocente bambina.
Ma le differenze erano nulla se confrontate alle somiglianze, i suoi buoni propositi di allontanarsi da lei finivano in fumo e lui aveva già raggiunto un punto, se possibile, ancora peggiore per lui, un punto dal quale non poteva tornare indietro: si era affezionato a lei.

Un giorno aveva domandato a Meti per quale motivo trascorresse il tempo con lui, invece di giocare con gli altri bambini che pullulavano il paese.
“Le bambine sono sciocche; vogliono solo giocare con le bambole e parlare di vestiti, mentre i maschi non mi fanno giocare, dicono che sono bellissima però poi mi prendono in giro” aveva affermato lei con una faccia irritata.
“Vedo che per essere solo una mocciosa petulante e chiacchierona hai già degli ammiratori” sentenziò lui, in teoria per prenderla in giro e per vedere il suo visetto che assumeva quell’espressione buffa che sarebbe dovuta sembrare minacciosa, in pratica per sapere se ci fosse qualche amore, qualche persona speciale nel cuore della bambina.
“Alcuni ragazzi, anche più grandi dicono di  volermi sposare, di amarmi però poi mi impongono la vita che vogliono loro non quella che vorrei io; non potrei amare qualcuno superficiale come loro. Per me l’amore ha tante facce, l’amore è un mistero da scoprire ogni giorno”. Disse lei con voce insolitamente matura e con gli occhi che brillavano.
“CHI TI HA DETTO QUESTA FRASE? DIMMI DOVE L’HAI SENTITA!” urlò lui afferrandole le braccia, non appena lei aveva la frase.
“Io non l’ho letta da nessuna parte, questa-questa frase è mia” balbettò la piccola stupita dalla reazione dello stregone.
“TU MENTI! L’HAI LETTA DA QUALCHE PARTE, DIMMELO” gridò sempre di più il folletto, se da qualche parte esiste un foglio con scritta quella sentenza, esiste una prova del passaggio di Belle su questa terra oltre alla tazzina sbeccata allora deve essere suo ad ogni costo.
“PER QUALE MOTIVO NON MI CREDI?” stavolta era Meti ad urlare.
Vedendo gli occhi celesti della piccola oscurarsi per la paura e inumidirsi per le lacrime, Rumpelstiltskin tornò in sé e capì che la piccola non gli sta mentendo e che per qualche assurdo motivo lei conosce la frase della sua Belle.
Stava per chiederle scusa per il modo in cui si è comportato quando vide le unghie nere che per la foga, per l’illusione di una speranza, si sono conficcate nella carne di lei facendola sanguinare, vide la sua pelle squamosa riflettere i raggi del sole ma soprattutto vide lei che osservava lui, che osservava la sua bestialità.
Il braccio libero di Meti si mosse e lui ha aveva capito cosa ha intenzione di fare: stava per togliergli il cappuccio svelando così la sua vera identità, avrebbe dovuto stare più attento, avrebbe dovuto prevederlo – d’altronde lei è come Belle -  avrebbe dovuto fermarla.
Il braccio si stava avvicinando, gli sarebbe bastato un rapido movimento per bloccarlo e per evitare che lei scoprisse il mostro che si cela sotto il mantello ma rimase immobile; sapeva che lei avrebbe fatto di tutto pur di scoprire chi è veramante, inoltre non riusciva muoversi, era come se il tempo su di lui si fosse bloccato.
Chissà che aspetto avrà – si era domandato – se pochi mesi nella cella costruita appositamente per lui aveva un aspetto folle,  chissà come sarà dopo aver trascorso 200 anni di completa solitudine.
La manina strattonò il cappuccio e il folletto chiuse le palpebre per evitare che il sole lo accecasse ma soprattutto per non vedere l’espressione di orrore che si sarebbe dipinta sul viso di Meti.
Ora vedrà il mostro che sono veramente, urlerà e giustamente se ne andrà da me, resterò ancora una volta da solo ma forse è giusto che sia così.
Dopo alcuni istanti lo stregone ebbe il coraggio di aprire gli occhi e vide la bambina ancora lì, con gli occhi spalancati e con il lembo della stoffa del cappuccio ancora in mano.
Udì un suono soffocato, che tutti avrebbero interpretato come un urlo di terrore represso ma non era di questo che si trattava, non era un grido; l’Oscuro era certo di aver visto le labbra della piccola muoversi per articolare un’unica, lunga e intricata parola.
Rumpelstiltskin
Come sapesse il suo nome era un mistero; lei glielo aveva domandato più volte ma lui aveva sempre sviato il discorso, non aveva osato mai rivelarlo a lei, per paura che, anche il solo sapere l’esistenza di quel nome, ormai dimenticato da tutti, dal suono contorto, potesse metterla in pericolo.
Eppure lei lo conosceva e quella consapevolezza fece battere per la seconda volta in pochi giorni il cuore dell’Oscuro.
“Io-io devo andare” disse lei dopo un istante interminabile, in cui i loro sguardi erano si era fissati, specchiati e confrontati.
“Trovo che tu abbia ragione” rispose lui, lei prese le sue cose e si allontanò.

Quella notte Rumpelstiltskin rimase sveglio a pensare all’episodio accaduto.
Si rammaricava non aver dato alcuna spiegazione alla bambina, l’unica che aveva avuto il coraggio di rivolgerle la parola, l’unica che non si era fermata al suo carattere scontroso e cinico, l’unica che gli aveva fatto provare qualcosa dopo molto tempo e lui aveva permesso che se andasse, ancora una volta era stato artefice della propria solitudine.
Rifletteva su di lei, sul suo viso, sui modi, sul suo carattere che gli ricordavano troppo Belle.
Ma Belle non c’è. Belle è morta secoli fa, è stata la prima ad andarsene, stavolta non tornerò più da me ed è solo colpa mia.
Eppure quel ritornello amaro, che si ripeteva in continuazione, suonava incredibilmente falso, Belle era presente ogni istanti con lui, nel suo cuore, in quella bambina, nella sua anima oscura.
E fu lì che capì.
Il fatto che quella piccola avesse gli occhi della stessa tonalità di azzurro del suo Vero amore, che avesse una passione smodata per i libri, che si agisse come avrebbe fatto lei, che sembrasse conoscerlo come pochi fino ad ora non erano semplici coincidenze di un destino che sembrava divertirsi un mondo a deriderlo e rendergli la vita insopportabile, lei era la sua ennesima occasione. Lei era Belle.
Non solo nei più vecchi libri di magia si parlava di reincarnazione, trasmigrazione dell’anima, metempsicosi, ma anche in alcune religioni dell’altro mondo queste teorie erano presenti.
Probabilmente l’anima di Belle aveva lasciato il suo corpo subito dopo la morte e si era reincarnata nella piccola Meti e l’aveva raggiunto.
Il Vero Amore è la magia più potente di tutte è capace di spezzare qualsiasi sortilegio, supera ogni cosa, anche la morte.
E lui aveva gettato al vento la sua occasione. Lui aveva permesso che lei se andasse ancora una volta.
Il dolore di una nuova perdita l’aveva completamente svuotato, non aveva avuto la forza di partire e scappare dai ricordi dolorosi come faceva sempre.
Era rimasto seduto sull’erba per ore a rigirarsi la tazzina sbeccata tra le lunghe dita squamose, assaporando ogni millimetro della levigata superficie di porcellana.
“Posso vederla?”
Il folletto non l’aveva sentita arrivare, alzò lo sguardo dal suo cimelio e rivide il suo viso dai tratti ancora infantili, dagli occhi color acquamarina e dal sorriso più sincero e luminoso che potesse esistere.
Con un po’ di titubanza le porse la tazzina e gli occhi di Meti analizzarono e scandagliarono ogni dettaglio dell’oggetto, le sue dita, proprio come quelle dell’Oscuro, percorsero lungo tutta la superficie, atomo per atomo, fino a giungere alla sbeccatura  indugiando su di essa.
Gli occhi della piccola furono attraversati da una scintilla, la stessa che, solo ora se ne era ricordato, era comparsa quando aveva sussurrato il suo nome, e di scatto, come se l’oggetto l’avesse improvvisamente ustionata, porse la tazza allo stregone.
“Era di qualcuno che amavi non è vero?” aveva chiesto lei con la malinconia negli occhi.
“Come lo sai?” domandò lui senza staccare gli occhi dal prezioso oggetto.
“Non lo so. Io lo sentivo e poi avevi uno sguardo così triste” aveva risposto con semplicità.
Certo che se lo sentiva; lo spirito di Belle era in lei, perciò era in grado di capire i suoi stati d’animo, inoltre, per una frazione di secondo, aveva riportato in mente il ricordo di quella tazzina tanto importante per entrambi.
“Sono venuta per salutarti. La fiera è finita e io devo tornare a casa con i miei genitori” affermò la piccola con gli occhi umidi.
Davvero aveva creduto che lei sarebbe stata con lui per sempre?
Se ne sarebbe andata ma era giusto così: lei era ancora una bambina e aveva bisogno della sua famiglia, inoltre chi gli restava accanto faceva una brutta fine e lui non voleva che ciò accadesse ancora una volta.
Avrebbe sofferto ma era pronto stavolta, non sarebbe stato egoista, avrebbe patito il dolore per lei che non poteva avere un lieto con lui.
“Bhe ora io vado” disse lei con voce strozzata, mentre lui non accennava alcun tipo di reazione.
Lo stregone apparentemente rimase concentrato sulla tazzina, ma di sottecchi la guardava allontanarsi sempre di più fino.
Lei era sparita e lui si stava concentrando a respirare normalmente, quando qualcosa o almeno qualcuno gli cadde addosso.
Era Meti, che aveva gettato al collo le sue braccine e lo stava abbracciando piangendo silenziosamente.
A quel contatto il cuore di Rumpelstiltskin batté per la terza volta per poco tempo e se prima pensava che questo fosse un evento sporadico, l’ultimo scintilla di vita prima della morte, ora si dovette ricredere, perché l’organo, a differenza delle altre volte, continuava a battere.
Il folletto l’abbracciò a sua volta con le stesso affetto con cui avrebbe abbracciato Bealfire, perché era Belle ma rimaneva pur sempre una bambina pura e innocente mentre il bum bum del muscolo riempiva ogni fibra del suo corpo.
“Ora devo-devo andare per davvero” sentenziò la bambina staccandosi da lui.
Fece alcuni passi e poi si volta verso di lui.
“Mi aspetterai qualche anno non è vero? Perché io lo farò, aspetterò molti anni”balbettò lei.
Lui annui e lei sorrise, un sorriso che, nonostante gli occhi rossi e il volto rigato di lacrime, risultò uno dei più felici che avesse mai visto.
Ma certo cara io ti aspetterò ma non qualche anno. Io ti aspetterò per l’eternità.


Salve adorabili personcine.
Pensavate di esservi liberate di me? E invece no io sono ancora qua con questa storia lunghissima e interminabile
Visto che la storia è bella lunghetta, posso permettermi uno spazio autrice bello corposo (evviva?).
Non so  da dove sia uscita questa cosa; penso sia dovuta ad estate che estate non è e all’astinenza da OUAT, comunque visto che è più lunga delle mie solite storie e non è presente Belle come la conosciamo ho deciso di inserirla indipendentemente dalla raccolta.
Ma passiamo ai chiarimenti.
Metide o Meti, in alcune versioni del mito e la madre di Atena, che Zeus bevve dopo averla trasformata in una goccia d’acqua per paura che una figlia avuta con lei lo detronizzasse. Siccome ha uno stretto collegamento con Atena mi è sembrato un nome adatto per la reincarnazione di Belle, che, a tal proposito, spero di aver reso bene questa versione diversa di Belle bambina.
L’idea della reincarnazione mi è venuta pensando che, in un modo o nell’altro anche a costo di tirare fuori varie credenze, i nostri due amanti sfigati avranno un lieto fine se ciò non avvenisse sono pronta a marciare a casa degli sceneggiatori insieme all’esercito Rumbeller.
Detto questo spero che apprezziate questo mio delirio, fatemi sapere la vostra opinione anche se negativa o neutra, non ho la forza di arrabbiarmi con voi e farvi del male ;)
Ringrazio in anticipo chiunque recensisca, metta la mia storia in una categoria o anche solo legga.
Un bacio stelle mie :*
A presto,
PoisonRain



 
  
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