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Autore: A li    12/09/2008    6 recensioni
Quando distruggi una vita semplicemente ignorando, hai perso.
Ma non è mai troppo tardi per chiedere scusa, no?
“Detesto il tuo modo di fare da ingenuo.
Ma odio ancora di più i tizi che non mantengono la parola!”
“Ah ah… In ogni caso…mi odi comunque, no?”
KandaxAllen
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Road Kamelot | Coppie: Kanda/Allen
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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SaLvAmI

Bene, ecco il secondo capitolo.

Ho visto che molte persone hanno letto, due hanno messo la storia fra i preferiti, ma nessuno ha commentato.

Spero che adesso sarà diverso… Ci tengo a ricevere qualche commento!

Beh, buona lettura!

 

“Detesto il tuo modo di fare da ingenuo.

Ma odio ancora di più i tizi che non mantengono la parola!”

“Ah ah… In ogni caso…mi odi comunque, no?”

 

II. Illusioni

 

- Scomparso? – gridò quasi, stupito. – Cosa vuol dire scomparso? -

Komui lo fissò un momento, prima di rispondere, probabilmente soppesando le parole.

- Abbiamo trovato la sua stanza distrutta e… - si girò verso la sorella, che aveva cominciato a piangere sommessamente - …anche delle macchie di sangue sul muro e sul pavimento. -

Kanda strinse i denti e deglutì.  Come poteva essere accaduto?

- Abbiamo fatto delle analisi… - riprese il supervisore, attento alle sue reazioni. – E’ sicuramente il suo sangue. Ed è solo il suo. -

Komui raggiunse la sua scrivania e gli mostrò delle foto. Kanda le fissò e cercò di ragionare lucidamente. Ma sapeva ormai che era una battaglia persa, se si trattava di Allen Walker. La camera del ragazzo era piccola e stretta e in quel caso tutto, dal letto all’armadio era rovesciato e distrutto. Sul muro c’erano segni lasciati probabilmente da unghie e dappertutto una marea di sangue.

- Ma… Come…? -

Komui si voltò stupito verso di lui, sorpreso probabilmente che fosse così sconvolto dalla notizia. Di sicuro sia lui che la sorella si aspettavano che reagisse con cinismo, come sempre. Lanciandogli un’altra occhiata, il supervisore proseguì.

- I segni delle unghie sul muro al fondo – ed indicò le forme allungate nella foto – sono quelli della mano anti-akuma di Allen. Sembra che abbia lottato, per non farsi portare via, ma alla fine non ce l’ha fatta. -

Kanda cominciò a sentire le orecchie fischiare, mentre il cuore aumentava i battiti. Si rese conto che, alla fine, Allen Walker era riuscito a tirare fuori da dentro il suo cuore, Yu. La maschera era quasi del tutto andata, se si trattava del ragazzino inglese, anche se in quel momento forse sarebbe stato meglio averla, per ragionare con lucidità.

- Chi… Chi è stato? – chiese, con voce bassa.

Komui lo fissò ancora, poi, prima che rispondesse, Linalee prese parola.

- Probabilmente un Noah. – rispose.

Kanda si voltò verso di lei, confuso. – Noah? –

Lei annuì, asciugandosi le lacrime. – I Noah sono la famiglia che sta col Conte. Sono gli esseri umani che lo aiutano e che pretendono di essere gli unici a sopravvivere all’annientamento della razza umana che compirà. Si pensa che siano quattro, ma non siamo sicuri. –

- E questi Noah… - chiese Kanda, ripreso leggermente il controllo, - Questi Noah, se non sono akuma, come fanno ad essere un pericolo per noi esorcisti? -

Linalee scosse la testa. – E’ proprio perché non sono akuma che sono un pericolo per noi. Noi possediamo delle armi che sconfiggono quegli esseri, ma non possiamo niente contro i poteri dei Noah. – tese una mano, per prevenire la domanda di Kanda, - I poteri dei Noah sono quelli ereditati presumibilmente dalla stirpe di Noe e sono molto potenti, anche se non sappiamo quali: gli antichi non ce li hanno rivelati nelle istruzioni dei cubi di cristallo, perché allora esisteva solo Noe. –

Ci fu un attimo di silenzio, i tre si guardarono, intravedendo gli uni negli occhi degli altri una preoccupazione profonda.

- Allen… - sussurrò ad un tratto Kanda, stupendo gli altri perché non lo aveva chiamato con l’appellativo che gli riservava solitamente, - Sappiamo dove potrebbe essere? -

Komui annuì. – Sì. Il rifugio del Conte dovrebbe essere in Giappone, ma si dice che i Noah siano in Cina, ora. Un generale era nello stato in missione, ma non abbiamo più sue notizie. O è scomparso, oppure non può comunicare perché potrebbe essere scoperto. Per questo la Cina è l’unico luogo in cui potrebbe nascondersi la famiglia del Conte. –

Un nuovo attimo di silenzio interruppe il discorso. I respiri si fusero in una sintonia data dall’ansia comune.

- Ma… - fu di nuovo Kanda a interrompere la quiete - …come ha fatto ad entrare? Il guardiano, Hebraska? Nessuno ha sentito nulla? -

- Hebraska sì. – rispose Komui, - Ma quando è riuscita ad avvertirci, Allen era già scomparso da un po’: probabilmente l’hanno portato via verso mezzogiorno, mentre tutti eravamo in mensa. – il suo sguardo s’intristì – Anche  Jerry ha cercato di avvertirci: si è spaventato perché Allen non era venuto a mangiare, ma non gli abbiamo dato retta. -

Linalee alzò lo sguardo deciso verso Kanda e, davanti a tutta quella determinazione, il giapponese si sentì d’intralcio. Che c’entrava lui con Allen Walker? Non era forse quello che lo maltrattava? Linalee era una sua compagna, lui no.

La ragazza lo scrutò un momento, come se lo analizzasse, poi si voltò verso Komui.

- Fratellone… - sussurrò, - Posso parlare un momento da sola con Kanda? -

Il diciottenne si allarmò, con un brutto presentimento addosso, ma il supervisore annuì e uscì dalla stanza, sbattendo la porta.

Kanda rimase in silenzio, fissando Linalee confuso e un po’ inquieto. Lei lo guardò in faccia, studiò la sua espressione e infine si decise a parlare.

- Questa mattina ho parlato con Allen, prima che lo portassero via. -

Kanda deglutì, per la seconda volta nel giro di pochi minuti, e distolse lo sguardo.

- Non lo vedevo da nessuna parte, così sono andata in camera sua. Stavo per bussare, poi ho sentito il rumore di qualcosa che si rompeva. Ho chiamato e lui ha subito risposto, dicendo di entrare. Quando ho aperto la porta era accucciato nel letto, con la testa nel cuscino. L’armadio era rotto. Piangeva. -

Linalee fece una pausa, ma Kanda non pronunciò una sola parola. Teneva lo sguardo basso, le sopracciglia corrugate dalla decisione di non sentirsi in colpa, le labbra strette.

- Gli ho chiesto cosa ci fosse che non andava, ma lui continuava a piangere e non rispondeva. Alla fine mi ha detto solo due parole. -

Li-Linalee… Kanda… Kanda mi odia, non è vero?

Il silenzio calò tra loro.

Kanda cercò di non lasciarsi sfuggire una sola espressione, mentre la ragazza lo scrutava con sguardo penetrante e accusatore.

E così Allen credeva che lui lo odiasse? Certo, non poteva biasimarlo, dato come si era comportato con lui. E pensare che si era preoccupato che fosse lui a odiarlo. Invece, a quanto pareva, non lo odiava affatto.

Ma allora, cosa provava per lui quel ragazzino?

All’improvviso non si sentì così sicuro di volerlo sapere. Del resto, nemmeno lui si rendeva conto di quali fossero i suoi sentimenti: ammirazione, tenerezza, o bisogno d’aiuto? Oppure… Non voleva nemmeno pensarci.

- Kanda… - sussurrò Linalee, riportandolo alla realtà, - Cosa gli hai fatto? -

Punto nel vivo da quelle parole, la maschera del giapponese riaffiorò subito.

- Io non ho fatto niente a quella mammoletta. – sibilò, rabbioso, - E non è colpa mia se si va a ficcare nei guai! -

La ragazza assottigliò lo sguardo. – Non ho detto che sia colpa tua se Allen è caduto nelle mani dei Noah. – precisò, - Ma ti sto chiedendo cosa hai fatto ad Allen per trasformarlo nel ragazzino timido e inquieto che è adesso! Avanti, lo sai anche tu che non è mai stato così! –

Kanda la guardò sconvolto dalle sue parole.

Poi ripensò al comportamento di Allen in quei giorni, per il poco in cui gli aveva prestato attenzione. Si svegliava presto, mangiava da solo… Non si faceva vedere per tutto il giorno… Era triste, isolato, non aveva nessuno accanto…

Spalancò gli occhi e li puntò in quelli della ragazza. Come aveva fatto a non accorgersi del suo cambiamento?

- Io… -

Per la prima volta, la maschera cedette in presenza di qualcun altro e Kanda si trovò in difficoltà.

- Non te ne sei accorto, non è vero? -

Linalee sospirò e lo guardò affranta. Kanda scosse la testa, a conferma delle sue parole.

- Come pensavo… - e sospirò di nuovo, - Il fatto è che… - aggiunse, guardandolo negli occhi, - …credo che lui ti voglia bene, davvero. -

Quando Kanda spalancò gli occhi, Linalee sorrise, triste. – E’ così. Lui ti vuole bene per quello che sei, anche con il tuo cinismo e la tua arroganza… Ma dopo la missione tu non l’hai più trattato come prima. Beh, prima non lo trattavi con i guanti, certo, ma non lo ferivi. Invece poi hai cominciato a fargli del male e lui, pian piano, è diventato triste e cupo e si è isolato. 

Kanda abbassò lo sguardo, incapace di credere all’evidenza, a ciò che aveva causato al piccolo vivace Allen Walker.

- Ehi… C’è ancora tempo per rimediare… -

Il giapponese sentì il mento sollevarsi, mentre Linalee lo guardava negli occhi, sorridendo.

- Ora andremo a salvarlo – enunciò, convita. – E poi… Non è mai troppo tardi per chiedere scusa. -

La ragazza sorrise, anche se le lacrime ancora gli rigavano il volto.

E Kanda, per la prima volta, non poté far altro che imitarla.

 

- Dove siamo? -

Il capitano si voltò verso di lui, con il viso sorridente.

- Mar Cinese Meridionale, a poche miglia da terra. Arriveremo entro qualche ora. -

Qualche ora! , pensò Kanda, E’ troppo!

Erano due giorni che viaggiavano in nave verso la Cina, ma non erano ancora arrivati. Di Allen, nessun notizia. E nemmeno del generale che, comunque, non faceva rapporto da un sacco di tempo.

Strinse i denti e cercò di combattere  l’impazienza che sentiva allargarsi dentro di lui.

In quei due giorni di navigazione avevano preparato una specie di piano di emergenza, che aveva un sacco di falle. Prima di tutto, data la segretezza della missione, erano davvero in pochi: lui, Linalee ed un altro paio di esorcisti abbastanza in gamba. Nessuno doveva sospettare dell’intrusione al Quartier Generale, o il panico si sarebbe diffuso. Arrivati in Cina, vista la scarsità di uomini e visto che non sapevano quanti Noah avrebbero trovato là, la loro unica arma sarebbe stata la sorpresa: avrebbero dovuto attaccare senza permettere ai nemici di intuire anche solo la loro presenza e distruggerli senza minacciare Allen. Un piano con molte falle, appunto: i poteri dei Noah sconosciuti, il territorio sconosciuto e molto altro.

Sbuffando, immerso nei suoi pensieri, non si accorse di Linalee che gli si avvicinava.

- Kanda… - sussurrò – Vedrai che ce la faremo, non ti preoccupare. -

Il ragazzo la guardò negli occhi e vide il tentennamento affacciarsi: la paura di non riuscire a salvare l’amico. Si diede dello stupido, perché lei stava cercando di consolarlo e invece sarebbe dovuto essere il contrario.

Sorrise faticosamente. – Certo che ce la faremo. –

E lei parve rasserenarsi.

Ma le ore sembravano non passare mai, tanto che, quando arrivarono, Kanda si sentiva ormai spacciato. Come potevano salvare Allen, se erano trascorsi ormai tre giorni?

- Terra! – gridò la sentinella sull’albero della nave.

Linalee e Kanda scattarono all’istante e si prepararono a scendere. Raccomandarono all’equipaggio di non fare notare troppo la loro presenza e di nascondere la nave. Poi, arrivati alla costa, in una larga insenatura che dava su un paesaggio verdeggiante di colline e pianure alternate, scesero insieme agli altri due esorcisti.

Aspettarono che la nave si allontanasse e si guardarono intorno. Non c’era traccia di villaggi: era un bene per il loro anonimato, ma di certo non era una gran cosa per orientarsi.

Uno dei due esorcisti che li accompagnavano si fece avanti e gli spiegò che era già stato in Cina e poteva guidarli alla città più vicina. Kanda non trovò nulla da dire e, cercando di fidarsi, cedette il posto di guida all’uomo che li seguiva.

Cominciarono ad avanzare che era mezzogiorno: il sole era alto nel cielo e batteva sulle teste dei quattro, tormentandoli con il suo calore. Il pomeriggio venne impiegato quasi tutto per arrivare alla città e fecero soltanto una sosta in un piccolo villaggio per prendere acqua, anche se per tutta la permanenza si coprirono con i cappucci dei mantelli per non farsi riconoscere.

Erano quasi le cinque, quando giunsero alla città. Arrivati ad una distanza di sicurezza dalle porte, l’esorcista che faceva da guida si voltò verso di loro.

- Questa è Hong Kong. – disse, pacato. – E’ il maggiore porto cinese ed è stato forzato dagli inglesi, per costringerlo a commerciare l’oppio. E’ la prima grande città che s’incontra. Se i Noah sono arrivati da qui, non credo che si siano spinti oltre, dato che le prossime città sono molto distanti. Speriamo in bene. -

Guardò Kanda, interrompendosi, come a chiedergli l’approvazione nonostante fosse più grande di lui. Il giapponese annuì.

- Ora, per entrare, credo che dovremo trovare un punto, nelle mura, possibile da valicare e non penso sia difficile. Entrare dalle porte è escluso, se vogliamo mantenere l’anonimato. -

Tutti furono d’accordo. Si mossero a lato delle mura, avvicinandosi solo quando le porte non furono più visibili, e cominciarono ad osservare le pareti, in cerca di appigli o di sentinelle che potessero avvistarli. Ma sembrava che non ce ne fossero. Trovato un punto più semplice da scalare, Kanda andò per primo, seguito da Linalee, che sfruttava la potenza dei suoi stivali.

In cima, il giapponese scrutò l’atmosfera arancione del tramonto che si espandeva per la città. Erano in una parte poco frequentata della periferia: era perfetto. Scalarono la parete opposta e scivolarono nascosti per le vie. Lanciavano di tanto in tanto occhiate ai passanti, ma ognuno era intento nel proprio lavoro e nessuno sembrava essere sospetto.

Vagarono per una buona mezz’ora, finché si ritrovarono incredibilmente dalla parte opposta della città, sempre in periferia. Lì, le case si interrompevano per lasciare il posto ad una residenza elegante e spaziosa, che occupava il posto di almeno tre case. Era costruita nello stile delle antiche ville cinesi, con il tetto in quella particolare forma appuntita che aveva una sfumatura fiabesca.

Kanda lo fissò sorpreso e non fu il solo. Scambiò un’occhiata con Linalee  e capì che erano giunti alla stessa conclusione: poteva essere la casa dei Noah, o almeno la loro residenza in Cina.

Nascosti nei loro cappucci e protetti dall’ombra della notte che spegneva gli ultimi coraggiosi raggi di sole, i quattro si avvicinarono cautamente, a piccoli passi.

La casa era circondata da un ampio giardino di siepi basse che formavano un particolare labirinto e protetta anche da una cancellata di ferro grigio. Gli esorcisti la esaminarono con calma e stabilito che non vi era pericolo, la sorpassarono, infiltrandosi nel giardino. Districandosi abilmente per il labirinto, grazie al senso dell’orientamento di Kanda, arrivarono in breve alla porta della casa. Era enorme, in legno massiccio, con due maniglie che rappresentavano teste di drago con fauci spalancate.

Kanda indugiò davanti all’entrata. La porta era socchiusa, come un invito ad entrare.

Troppo facile…, pensò Kanda, E’ stato troppo facile!

E dagli sguardi inquieti degli altri, capì che la pensavano allo stesso modo. Era come se i Noah li avessero aspettati fino a quel momento.

Ma quali alternative avevano?

Allen probabilmente era oltre quella porta, tra la vita e la morte, appeso ad un filo tenuto in mano dalla diabolica famiglia del Conte. Sempre che fosse ancora vivo… Cercò di scacciare dalla mente il pensiero.

Era l’unica vi che avessero: dovevano entrare.

Si voltò verso gli altri. – E’ la nostra unica possibilità – disse – Allen è in quella casa, molto probabilmente. –

Aspettò, per vedere le espressioni dei compagni. Linalee era risoluta e decisa, gli altri due esorcisti anche, nonostante rischiassero la vita per una persona che nemmeno conoscevano.

- Entriamo. – concluse.

Si girò di nuovo verso la porta e spinse un battente. Quello cigolò in modo sinistro, ma si aprì facilmente. Si ritrovò in un corridoio a scacchi neri e bianchi , largo qualche metro ma altissimo, che continuava per un cinquantina di metri, con due file di porte, una su ogni lato.

Kanda avanzò circospetto, tendendo le orecchie, pronto a captare qualunque suono, ma tutto ciò che sentiva erano i suoi passi sul pavimento lucido. Avanzò lentamente fino alla prima porta sulla sua destra. Doveva aprirla? Certo, poteva essere una trappola, ma come poteva scoprire dove fosse Allen, se non cercando?

Allungò una mano verso la maniglia, quando un urlo squarciò l’aria. Il sangue gli si gelò nelle vene.

Era la voce di Allen, acuta, distorta dal dolore, ma era la sua. Gridava in modo disperato ed invocava aiuto.

Per un momento, Kanda fu talmente sconvolto dalle grida, che gli venne la tentazione di tapparsi le orecchie e fuggire. Ma si riscosse prima dei suoi compagni e cercò di capire da dove venisse. Localizzò la provenienza nella stanza della terza porta alla sua sinistra e corse verso quella più veloce che poté.

Afferrò la maniglia e spalancò la porta mentre un voce gridava: - No, Kanda! –

Uno dei due esorcisti che li seguivano si lanciò verso di lui e lo tirò indietro, gridando. In quel momento, dalla porta, un vento fortissimo risucchiò tutto ciò che si trovava nelle vicinanze, trascinando con sé anche Linalee. La ragazza gridò disperata e cercò di aggrapparsi al pavimento, mentre veniva sbattuta a terra e portata dentro la stanza.

- Linalee! -

- No, Kanda! Verrai risucchiato anche tu! -

Kanda si dimenò e riuscì a liberarsi, solo quando la porta si richiuse con un tonfo e tutto tornò silenzioso. Si gettò sulla maniglia tornata al suo posto e spalancò di nuovo il battente. Ma ciò che trovò al di là fu solamente un muro.

Ansimando, chiuse la porta e si voltò indietro. I due esorcisti gli restituivano lo sguardo atterrito e rassegnato.

Dov’era finita Linalee? E Allen?

Le sue gambe, contro la sua volontà di rimanere fermo steso a terra, si mossero verso il fondo del corridoio. I suoi passi rimbombavano, nel grande spazio a scacchi, e impedivano al silenzio di essere assoluto. Ma quei tonfi sordi echeggiavano sinistri sul pavimento e intrufolavano un senso di ansia nel cuore dei tre esorcisti.

Kanda continuò verso la fine del corridoio, ma all’improvviso non sentì più il rumore dei passi dei due esorcisti dietro di sé. Era semplicemente svanito. Chiuse gli occhi, con il terrore di voltarsi, mentre i brividi gli percorrevano la schiena. Poi prese coraggio e si girò.

Era solo.

La paura gli attraversò il corpo. Era armato per qualcosa di materiale, non per combattere contro il nulla. Non aveva speranze.

Senza sapere perché, si ritrovò a correre verso l’ultima porta al fondo del corridoio. La raggiunse in un attimo e, contro ogni logica, la aprì.

Era una stanza a scacchi, come il resto del corridoio, quella che vide. Era completamente vuota. Al centro si ergeva un trono nero e rosso e, seduta sopra la sedia, stava una ragazzina. Era minuta, anche graziosa, con il volto di un pallore grigiastro e gli occhi penetranti, sensuali e allo stesso tempo perfidi. Era un’unione di bellezza e di malignità, vestita di nero, maglia e gonna corta e con una zazzera di capelli blu.

- Finalmente sei arrivato, Kanda. -

La sua voce era melodiosa e infantile. Rise leggermente dopo aver parlato.

Il ragazzo rabbrividì, senza sapere perché. – C-chi sei? –

Lei continuò a sorridere con quel suo sguardo magnetico e gli si avvicinò scendendo dal trono.

- Road Camelot – rispose, affabile – Della famiglia Noah -

Kanda si irrigidì al suono del nome. Allora erano nel posto giusto. Ma dov’era Allen?

- Dov’è Allen? – chiese, quasi gridando.

La ragazzina si fece pensierosa, poi tornò a sorridere, senza rispondere alla domanda.

- Sai, ti stavo aspettando. Sapevo che saresti venuto… -

Kanda s’irritò per la domanda rimasta senza risposta, sentendo che, per un qualche strano motivo, il tempo che aveva a disposizione stava diminuendo. Digrignò i denti e fece per avventarsi sulla ragazzina, ma due catene di ferro apparvero dal pavimento e lo afferrarono impedendogli di muoversi.

- Lasciami andare! – gridò.

Road sorrise. – E dove? –

Kanda non rispose, ma continuò a dibattersi per liberarsi delle catene che lo tenevano inchiodato al pavimento freddo. Scalciò con tutte le sue forze, ma la sua Mugen era stata scagliata lontano e le catene sembravano impossibili da spezzare.

La ragazzina rise divertita.

- Avanti… Non vorresti invece sapere dove siamo? -

Il giapponese smise di dibattersi un momento e la fissò confuso. Lei sorrise.

- Siamo nella mia immaginazione. – annunciò – Non ho una mente brillante? -

Poi, senza lasciare che Kanda dicesse una parola, continuò. – I vostri corpi sono in realtà ancora fuori da questa casa, davanti alla porta del drago. Ma le vostre menti sono qui dentro. – E si batté la testa con l’indice dall’unghia appuntita. – Non è magnifico? –

Kanda la guardò incredulo. Erano nell’immaginazione della ragazzina? Anche i suoi compagni?

Allora avevano qualche possibilità di salvarsi!

- Beh… - proseguì Road, raggiante. – Ho fatto come se fosse un gioco di ruolo… - e allargò le mani ad abbracciare tutta la casa – Voi dovevate superare diversi ostacoli. Ma i tuoi amici sono stati sconfitti e rispediti nei loro corpi. Ora sono là fuori che cercano inutilmente di entrare: la casa è chiusa e io sola sono dentro. Ovviamente con te, nella mia mente e con il tuo amico maledetto… -

A quelle parole, Kanda si riscosse.

- Dov’è Allen? -

Road Camelot sorrise ancora una volta.

- Sicuro di volerlo sapere? – chiese, avvicinandosi al suo viso. – Sai? Sei proprio carino… Mi piacerebbe giocare un po’ con te… -

- DOV’E’? – gridò il giapponese, ormai con i nervi a fior di pelle.

La ragazzina ridacchiò della sua impazienza, poi si voltò e all’improvviso il trono scomparve.

- Eccolo. – sussurrò.

Al centro della sala, steso a terra e grondante di sangue, stava Allen Walker, con i vestiti stracciati. E, torreggiante su di lui, con una spada puntata alla sua gola, c’era un altro ragazzo.

Era lui.

Era Kanda.

 

---

 

Ed ora arriva il bello… ^^

Mi raccomando, commentate! A fra poco!

 

Aki

 

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