Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: Jedwasper    12/09/2008    2 recensioni
P&J...non è un nuovo negozio di abbigliamento...ma il marchio di fabbrica di due amiche esplosive...disposte a tutto pur di arrivare esattamente lì dove vogliono essere. Il Backstage. La mecca di qualsiasi groupies che si rispetti. Ed è proprio quello che intendono fare...seguire le orme delle loro eroine dei famigerati 60's..ci riusciranno?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[Pixie’S POV]

[Pixie’S POV]

 

-bzzzzzbzzzz-

Chi cazzo era il coglione che rompeva le palle a quella fottutissima ora della mattina?!

Allungai il braccio verso il telefonino, aprii un occhio per guardare il display e lo lanciai schifata sul comodino.

Bob.

Perché cazzo non riusciva a capire che di lui non me ne fregava più niente?! In che cazzo di lingua dovevo dirglielo?!

Infilai la testa sotto il cuscino tentando di riprendere sonno, ma ormai era inutile, quel coglione mi aveva irrimediabilmente svegliata.

Sbuffai di nuovo e mi girai a pancia in su.

“Beh che hai da guardare tu?” Ommioddio stavo davvero parlando con il poster di John Lennon che avevo sul soffitto? Dovevo trovare qualcosa da fare… e anche subito!

Mi alzai e sbadigliai stiracchiandomi, poi mi affacciai alla finestra e respirai a pieni polmoni l’aria fresca che proveniva da Sunset Boulevard.

“Buongiorno LA!” sussurrai e scoppiai a ridere da sola. Stavo raggiungendo  preoccupanti livelli di follia, meglio fare una doccia.

 

Dopo essermi cambiata, preparai i pancakes e mi sedetti a tavola accendendo la tv. Josie doveva aver guardato uno dei suoi speciali di musica perché la  televisione era sintonizzata su MTV; presi il telecomando per cambiare canale, ma improvvisamente il mio dito si bloccò. Spalancai la bocca, la forchetta sospesa a mezz’aria… mi avvicinai lentamente al televisore, incapace di controllare i miei movimenti, il mio corpo si muoveva automaticamente, come una specie di automa. Sfiorai lo schermo, proprio nel punto in cui quel ragazzino vestito di nero si agitava come un dannato con la chitarra bianca in braccio. Ero come ipnotizzata, non riuscivo a muovere un solo muscolo, quegli occhi, quelle mani, quel corpo… mi aveva colpito al cuore. Lo osservai muoversi tra la sabbia, finchè il video venne improvvisamnte interrotto da una donna vestita di verde, che annunciava la loro posizione in classifica. My Chemical Romance si chiamavano… non li avevo mai sentiti nominare in vita mia, eppure sembravano avere un enorme successo tra le ragazzine.

Scossi la testa e tornai a mangiare i miei pancakes che ormai si erano raffreddati.

Guardai l’orologio: le 10… decisi di fare una passeggiatina su Sunset Strip, giusto per fare un po’ di sano shopping domenicale, inoltre avevo un disperato bisogno di aria, dopo quella visione che mi aveva intontito da morire.

 

 

[Josie’S POV]

 

“Ma chi cazzo ha lasciato le tende aperte?” mi ritrovai a pensare quando un fottuto raggio di sole di una splendida domenica mattina di Luglio, mi risvegliò dal tanto beneamato sonno che bramavo da tutta la settimana.

Provai a voltare la testa dall’altra parte ma l’oscurità della stanza se n’era ormai andata e il calore del mattino aveva cominciato a diffondersi dappertutto.

Così sbuffai e capii che per quel giorno avevo finito la mia dose di sonno. E fino a domenica prossima non se ne riparlava…bella merda proprio…

Tanto valeva alzarsi a quel punto…di dormire ormai non se ne parlava più.

Scostai le coperte e mi diressi verso il grande specchio nel centro della stanza, pronta per la mia routine quotidiana…ovvero specchiarmi prima di fare qualsiasi altra azione.

Non lo facevo per superbia, come potrebbe apparire ad un primo sguardo…il fatto è che fin da piccola avevo sofferto di complessi di inferiorità nei confronti di tutto il genere femminile.

Costantemente paragonata all’eterea bellezza di mia sorella maggiore, ero cresciuta nella sua ombra e nel continuo desiderio di assomigliarle quanto più possibile. Concorsi di bellezza, sfilate, copertine…l’avevo vista crescere e farsi strada nel mondo dello spettacolo e della moda, ed io non avevo potuto fare altro che invidiarla di nascosto e soffrire per quella costante inferiorità che mi avrebbe sempre caratterizzato.

“Josephine è carina certo…ma Jules è la perfezione fatta persona…” nella mia famiglia, nessuno si era mai fatto troppi scrupoli, nessuno aveva mai pensato alla possibilità di segnare la vita di una bambina di 5 anni con discorsi come quello, che mi venivano sputati in faccia come veleno.

Ed anche se c’erano state molte persone che nel corso degli anni mi avevano convinta che non fossi proprio da buttare, quel senso di inadeguatezza mi era rimasto.

Comunque per quella mattina decisi che potevo andare, e raccolti i capelli in cima alla testa me ne andai in cucina dove tra uno sbadiglio e l’altro mi accorsi del piatto di pancakes sulla tavola e di un bigliettino rosa stropicciato “Dormigliona! Non uccidermi ma sono andata a fare shopping! Non ti ho svegliata perchè allora sì che avrei rischiato veramente la morte…quindi prenditela con te stessa e con la tua scazzosità se oggi pomeriggio io sarò quella con un sacco di vestiti e tu quella che ha passato tutta la mattina a letto! PS. Ti ho fatto i pancakes mi perdoni?”

Sorrisi alla vista della calligrafia tondeggiante di P e mi sedetti al tavolo gustando i suoi meravigliosi pancakes alla banana.

Avrei potuto vivere per il resto dei miei giorni su un’isola deserta a condizione che ci fossero quei pancakes con me…

La prima volta che li avevo assaggiati era anche la prima volta che avevo visto P.

Si era trasferita da poco nella casa accanto alla mia quando abitavo ancora con il mio ex ragazzo Tony e mi ricorderò sempre di quando una mattina era venuta a suonarmi a piedi nudi e con solo una maglietta addosso.

“Ciao mi chiamo Patricia, ma puoi chiamarmi P…sono la tua nuova vicina e stamani mi sono svegliata con una voglia irrefrenabile di pancakes alla banana solo che…mi manca il fottutissimo zucchero…!” mi aveva detto sorridendomi.

“Ringrazia che non ti abbia aperto il mio ragazzo…” avevo detto io squadrandola da capo a piedi e soffermandomi sulla maglia che a malapena le copriva le mutande.

“Perché lui non me lo avrebbe dato lo zucchero?” e si era messa a ridere in un modo così delizioso che non avevo potuto fare altro che seguirla.

“Tieni lo zucchero” le avevo detto qualche minuto dopo, dandole il barattolo “Ricordati che ne voglio un po’ di quei pancakes altrimenti puoi anche scordarti la possibilità di diventare amiche!”

“Contaci!”

Qualche ora dopo eravamo sdraiate tra i cuscini del mio salotto ad ingozzarci di pancakes davanti a Notting Hill.

Da quel momento erano passati 2 anni.

Ci eravamo conosciute, eravamo diventate amiche ed insieme avevamo condiviso miliardi di avventure…dallo shopping sfrenato alla decisione di scappare da Tony nel mezzo della notte.

Lo squillo del telefono mi fece piombare con i piedi per terra e masticando sollevai la cornetta appesa al muro.

“Uhm…pronto?”

“No...non ci posso credere! Josie stai bene? E’ domenica..lo sai questo vero? E’ domenica mattina e sono le 11…che ci fai in piedi?”

Trattenni a stento una risata di euforia e cercai di darmi un tono sostenuto

“Adam Lazzara…sei sicuro di stare bene tu? Non è che hai sbagliato numero di telefono e hai fatto per caso il mio? No perché sono secoli che non mi chiami e stavo cominciando ad accarezzare l’idea che fossi scomparso…se non fosse per le interviste, le foto, i concerti…”

“Ah ah…la simpatia non ti ha mai abbandonato, hun!”

“Me lo dicono tutti…” sorrisi felice.

Adam era il mio migliore amico dai tempi delle elementari a High Point, in North Carolina.

Eravamo cresciuti insieme, avevamo visto i nostri sogni e desideri cambiare forma e maturare nel corso degli anni; lui sarebbe diventato una grande rockstar e avrebbe girato il mondo e io sarei stata la sua groupie personale.

Era tutto perfetto fino al giorno in cui io ero salita sul primo pullman per Los Angeles dopo l’ennesima litigata con i miei.

Non ne potevo più delle loro occhiate, delle loro frustrazioni puntualmente riversate su me e mia sorella, come se solo in quel modo riuscissero a stare meglio.

Se io e Jules fossimo state più legate, sicuramente l’avremmo presa insieme la decisione di fuggire e certo tutto avrebbe avuto un altro aspetto.

Ma io e Jules non siamo mai state unite, non ci siamo mai sentite sorelle, troppo impegnate fin da piccolissime in quella ridicola competizione instillataci da tutti quelli che ci circondavano.

E così quando quel sabato mattina andai a bussare alla finestra della camera di Adam con solo uno zaino in spalla, sapevo che l’unica persona al mondo con la quale avrei voluto scappare era proprio lui.

Solo che lui non poteva abbandonare tutto. Lui, a differenza mia, aveva provato a concretizzare i suoi sogni e c’era quasi riuscito. Aveva una specie di band, i Dumbfound, e non avrebbe potuto mollare tutto per seguire me in un viaggio verso l’ignoto.

“Tra qualche mese ti raggiungo, Josie, promesso!” aveva detto mentre ce ne stavamo seduti su una panchina fuori la stazione.

“Non fare promesse che sai di non poter mantenere, Lazzara…”

“Fammi solo sistemare le cose con gli altri…Los Angeles è quello che serve alla band per sfondare…è un’occasione unica!”

L’avevo guardato scettica.

“Nel giro di qualche mese verrai a prendermi al LAX, vedrai!”

Mi ero alzata in piedi quando avevo visto il pullman arrivare. “E’ una promessa?”

“E’ molto di più!”

Ci eravamo abbracciati e quando l’avevo visto farsi sempre più piccolo mentre il pullman sfrecciava verso la mia nuova destinazione, non ero riuscita a scacciare via la terribile sensazione di averlo visto per l’ultima volta.

“Allora hun…che mi racconti?” la sua voce allegra irruppe nei miei pensieri.

“Che devo ancora riprendermi dallo shock di aver sentito la tua voce”

“Esagerata!” e scoppiò a ridere.

“Ridi, ridi…ti ricordi quando è stata l’ultima volta che ci siamo visti?”

Seguirono attimi di imbarazzato silenzio.

“Ecco appunto”

“C’era una festa…” cominciò a dire.

“…e c’era birra…molta birra…”

“Ok lascia perdere Lazzara…ti sei sforzato abbastanza”

Sospirai e risi “Comunque era il tuo compleanno…ed era 3 anni fa…e tu ti sei preso una sbronza colossale…”

“Già…” sembrava come se stesse richiamando a sé dalle profondità nascoste della sua mente chissà quali complicati ricordi “E Nathan mi ha trascinato a letto senza nemmeno togliermi le scarpe…”

Alzai gli occhi al cielo e sospirai “Credimi…tuo fratello ha tutta la mia comprensione”

“Hai chiamato per infierire?” esclamò ridendo.

“Cosa? Ma se sei stato tu a chiamare!”

“Ah. Cazzo hai ragione!”

Risi e presi un’altra forchettata di pancakes.

“Ma che fai mangi?” fece lui, sentendomi masticare chiaramente.

“Si…” ingoiai “sai com’è…mi hai chiamato nel bel mezzo della colazione..è già tanto che abbia risposto..”

“In tal caso devo arrivare subito al dunque…”

“Perché c’è mai stato un “dunque” nei tuoi discorsi?”

Lo sentii sbuffare all’altro capo della linea. “Vuoi che butti giù e richiami quando ti inviterò al mio matrimonio?”

“Ok ok…scusa…non ho ancora capito com’è che siamo arrivati al punto in cui sono io a chiedere scusa a te, ma comunque…a proposito…come sta Chauntelle? Adesso è quasi un anno che state insieme, no?”

“Sì è un anno. Comunque sta bene…adesso è in tour…non ci vediamo da un po’ effettivamente”

Intuii dal suo tono che preferiva cambiare discorso, così mi affrettai a trovare subito qualcos’ altro da dire, ma lui mi precedette.

“Allora…mai sentito parlare del Projekt Revolution?”

Per poco non soffocai con il succo alla pesca.

“Intendi il Projekt Revolution dei Linkin Park? Quel…Projekt Revolution?”

“Ne conosci altri?”

“Effettivamente no”

“Bene…ti andrebbe di farci un giretto?”

Stavolta fui sul punto di soffocare con un boccone di pancakes.

“Sempre se riuscirai ad arrivare viva alla fine della telefonata, si intende…” fece notare lui sospirando.

“Ok ci sono!” mi assicurai di aver ripreso una respirazione normale e aggiunsi “Quando si parte?”

Adam scoppiò a ridere. “Ecco la Joe che conosco e amo!”

Per una frazione di secondo ebbi una fugace visione di me e Pixie nel backstage del PR…la folla accaldata ed inferocita lì davanti, la musica dagli amplificatori…i musicisti! Ne avremmo conosciuti a palate…chitarristi, bassisti, batteristi…coloro che il rock lo producevano. E sarebbero stati lì, a portata di mano.

Come avevo sempre sognato fare.

“Allora…sarai contenta di sapere che anche noi ci esibiremo nel Main Stage, insieme ai Linkin Park, agli HIM, ai Placebo, ai My Chemical Romance…”

“Sono quelli emo?” lo interruppi.

“Joe…”

“Ok scusa…non sono emo, va bene.”

Scoppiò a ridere “Prova a dirlo davanti a Gerard..!”

“Ci proverò!” lo sfidai.

All’improvviso sentii un rumore assordante in sottofondo, come di un amplificatore gracchiante al massimo del volume.

“Lazzara, ma dove cazzo sei?” urlai nel ricevitore.

“Joe…scusami…devo andare…ti richiamo ok? Comunque il 27 siamo a Marysville…” gridò sopra il rumore assordante che continuava imperterrito.

“…Sleep Train Amphitheatre...” riuscii a capire prima che la conversazione cadesse.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Jedwasper