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Autore: Fantasiiana    10/08/2014    2 recensioni
|What if?|AU|Crossover|
-Se vuole vederla sotto questa luce.
-Sotto quale luce dovrei vederla, altrimenti?
-Magari sotto quella esaltata dei suoi occhi che comincia a disorientarmi?
Bellatrix abbassò il capo, trovando molto interessante osservare lo scorrere fluido del ruscello.
-Dioniso è anche il dio della pazzia...- mormorò, abbastanza forte da farsi sentire dal suo interlocutore.
-Già- concordò disorientato il dio, non capendo dove volesse andare a parare.
-Lei è pazzo?- chiese Bellatrix, sollevando lo sguardo.
Lui ghignò.
-So di essere pazzo di te.
[Partecipante al contest "E se Afrodite si fosse combinata con l'Amortentia?" indetto da MaryScrivistorie nel forum di EFP]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dioniso
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick sul forum e su EFP: Fantasiiana
Titolo: Madness
Rating: Giallo
Genere: Romantico - Generale
Avvertimenti: What if? AU
Pachetto/Prompt: Love
Coppia: Dioniso/Bellatrix
NdA: Scrivere questa fic mi ha dato due grandi possibilità: immedesimarmi in due personaggi su cui non ho mai trovato il coraggio di indagare. E' stato bello trovare il pretesto per unire i fandom che amo di più e trattare, inoltre, un tema che mi è sempre stato a cuore: la pazzia. Per il resto ci si vede giù!
[What if?] E se Bellatrix non fosse mai stata davvero pazza? Se ci fosse una ragione dietro il suo carattere sanguinario ed esaltato? A voi scoprirlo!
 

Madness






Il ruscello gorgogliava vivace, illuminato dai raggi argentati del plenilunio che imperversava in quell'afosa notte di fine Luglio. Dioniso se ne stava placidamente disteso sotto l'ombra di un faggio della foresta del Campo Mezzosangue, nella baia di Long Island, con i capelli ricci appena scompigliati da un leggero alito di Zefiro che pareva volergli donare appena un po' di tregua da quel caldo infernale. Una goccia di sudore sfuggì da una ciocca e cadde a imperlargli il naso, e poi giù, fino alle labbra piene che si arricciarono quasi automaticamente in un gesto di fastidio.
Dioniso portò la lattina di Diet Coke alle labbra, desiderando ardentemente come non faceva da tempo di avere fra le mani un calice di vino rosso abbastanza potente da metterlo al tappeto e fargli dimenticare la terribile giornata che aveva avuto.
Quei mocciosi dei mezzosangue a cui era costretto a fare da balia lo avevano infastidito tutto il giorno, sol perchè aveva deciso di annullare la partita settimanale di Caccia alla Bandiera. Niente di personale, semplicemente non se l'era sentita, quella sera, di doversi sorbire grida strepitanti e canti di vittoria per uno stupido pezzo di stoffa rubato a un altrettanto stupido mucchio di ragazzini impegnati in un oltre modo stupidissimo gioco inutile e infantile. Ma quei mocciosi, ovviamente, non avevano voluto saperne. Lo avevano pregato, supplicato e adulato. Persino quel Peter Johnson, e doveva confessare di aver provato uno strano piacere nel verderlo abbassarsi a tanto, aveva tentato di patteggiare, ma non vi era comunque stato verso di smuoverlo dalla sua posizione. Infine, quei viziati semidei si erano messi in testa di "protestare" contro di lui. Tzè! Contro un dio! A dir poco assurdo! Il solo pensiero gli faceva venir voglia di ridere, ma non era dell'umore, non quella sera: il caldo lo affaticava.
Comunque, alla fine aveva legato tutti con tralci di vite e, con suo grande rammarico, si intende, li aveva dovuti minacciare di morte per ottenere quel suo meritato e tanto agognato silenzio. Solo dopo un noiosissimo sebbene ragionevole discorso di Chirone aveva deciso di concedere ai mocciosi quello che volevano e, in cambio, il centauro aveva promesso che il giorno seguente avrebbe portato tutti i semidei alla spiaggia, così da lasciare il campo completamente vuoto e silente.
E così ora il dio si dilettava a immaginare il soave piacere del puro riposo con cui avrebbe impiegato il tempo del domani, sorseggiando Diet Coke e sbuffando di tanto in tanto com'era avvezzo fare nei momenti di piena serenità.
Ad un tratto, quella sua amata calma venne interrotta dall'inconfondibile suono di passi. Si voltò a guardare proprio aldilà del ruscello, origine dell'odiato suono, e attese.
Una figura alta e snella emerse dal folto. Era una giovane donna dai lunghi e arruffati capelli ricci, le gote pallide e pronunciate e lo sguardo vispo di chi non attende altro che di essere messo alla prova.
Era una mortale, senza dubbio.
Inarcò un sopracciglio, confuso. Cosa ci faceva una mortale dentro i confini del campo? Ne sapeva abbastanza di fatti mistici per capire che i mortali sarebbero dovuti mantenersi alla larga da quel luogo. Eppure eccola lì, in carne e ossa, a guardarsi intorno. Che fosse spaesata lo si capiva subito, ma aveva uno strano luccichio di esaltazione negli occhi, come se avesse sempre desiderato di perdersi per testare le sue innate capacità da Dora l'Esploratrice.
Dioniso sbuffò, sollevandosi pigramente a sedere. Non poteva fare del male ai mortali, purtroppo, neanche a quelli incredibilmente stupidi -non che ne esistessero di altro genere-, così non gli rimaneva altro da fare che aspettare che la creatura se ne tornasse da dove era venuta. Se c'erano altre soluzioni, poi, era troppo stanco per cercarle.
Rimase ad osservare la buffa scena della donna che girovagava fra gli alberi, abbigliata con un lungo abito nero in stile medievale.
Infine, il dio decise che era una scena troppo patetica e assurda per rimanere semplicemente lì a guardare senza intervenire o quanto meno godersela da più vicino, così si alzò e avanzò verso di lei.
Quando lo vide, lei non si allontanò di un millimetro, anzi, si avvicinò a fronteggiare lo sconosciuto con un sorriso beffardo in volto come se fosse lui quello strano e spaesato.
-Serve aiuto?- chiese lei.
Dioniso inarcò un sopracciglio.
-Buffo che sia lei a domandarmelo.
-E perché?- ribattè quella in tono di sfida.
-Non credo di essere io fra i due quello vestito da vedova del millecento.
Lei esibì una faccia sprezzante.
-E' per un convegno annuale di appassionati di epoca medievale- replicò piccata, incrociando le braccia al petto e sollevando il mento in un gesto d'orgoglio.
-In pratica un Gioco di Ruolo dal vivo- corresse il dio.
Lei avvampò.
-Convegno annuale è più elegante- borbottò. -E lo preferisco, quindi, se non le dispiace, preferirei che non lo chiamasse più "gioco".
-Non è forse un gioco?
Lei ringhiò esasperata.
-Ci rinuncio! E' per uomini chiusi mentalmente come lei che i Giochi di Ruolo sono sottovalutati!
-Ehm...
-Cosa?!
-Lei è consapevole di aver appena chiamato Gioco di Ruolo quello che lei non vuole che venga chiamato Gioco di Ruolo, vero?
La donna parve pensarci su.
-E comunque, questo non spiega il perché lei sia vestita così in mezzo ad una foresta- replicò ancora il dio, vagamente divertito.
Sbuffò spazientita.
-Il convegno era a Central Park. La macchina mi ha praticamente abbandonato in mezzo all'autostrada e sono scesa in cerca di un benzinaio. Però credo di essermi persa...
-Lei crede.
La donna strinse la mascella.
-E lei? Spero di non aver interrotto nulla di importante! E' venuto a ubriacarsi in pace?- lo canzonò lei.
-Ovvio: la Diet Coke manda in estasi!- replicò sarcastico il dio, e nonostante fosse visibilmente offesa, la donna ridacchiò, facendogli inclinare di poco il capo, incuriosito.
-E il suo nome?
Smise di ridere.
-Come, prego?
-Non mi ha detto come si chiama.
Lei parve sorpresa.
-Oh, ehm... Io sono Bellatrix.
Il sopracciglio gli scattò in alto.
-Bellatrix- ripetè mellifluo.
-Sì.
-Guerriera.
Lei parve imbarazzata per un singolo istante, poi riacquistò il suo carattere forte e determinato.
-Esattamente- disse fiera, sollevando il mento e poggiandosi le mani ai fianchi. -E lei?
-Dioniso.
-Come il dio del vino?
-Esatto.
-E perchè non sorseggia del vino?
-Lunga storia.
-Io ho tutto il tempo del mondo.
-Bè, ma io non posso certo dirgliela.
Bellatrix aggrottò le sopracciglia.
-Perché no?
-Altrimenti poi dovrei ucciderla.
-A meno che non la uccida prima io- replicò lei, divertita.
-Non può uccidere un dio.
-Un dio armato solo di una lattina di Diet Coke semi vuota e una camicia gheopardata... viola?
Lui parve confuso.
-Che ha che non va la mia camicia?
-Dunque, per prima cosa è viola.
-Come il vino.
-E poi è gheopardata.
-Il ghepardo è il mio animale sacro.
-Wow, la prende davvero sul serio questa storia del dio!- rise lei.
Lui ghignò maligno.
-Oh, non sa quanto.
-Bè, allora non sono l'unica amante dei Giochi di Ruolo, qui- constastò Bellatrix.
Dioniso scrollò le spalle.
-Se vuole vederla sotto questa luce.
-Sotto quale luce dovrei vederla, altrimenti?
-Magari sotto quella esaltata dei suoi occhi che comincia a disorientarmi?
Bellatrix abbassò il capo, trovando molto interessante osservare lo scorrere fluido del ruscello.
-Dioniso è anche il dio della pazzia...- mormorò, abbastanza forte da farsi sentire dal suo interlocutore.
-Già- concordò disorientato il dio, non capendo dove volesse andare a parare.
-Lei è pazzo?- chiese Bellatrix, sollevando lo sguardo.
Lui ghignò.
-So di essere pazzo di te.
Un fruscio interruppe la loro conversazione.
Si voltarono entrambi verso l'origine del suono, dove una grossa figura era intenta a scrutarli entrambi con interesse, con occhi gialli grandi come fari.
Bellatrix fece un passo indietro.
-No, di nuovo...
Dioniso si voltò a guardarla, confuso.
-Riesci a vederlo?
Lei lo squadrò con una nota di panico nello sguardo.
-E tu?
La creatura fece un balzo avanti, ringhiando.
Dioniso socchiuse appena gli occhi.
Immediatamente, tralci di vite grossi come lampioni si avvolsero intorno al mostro, una specie di grossa tigre nera con la gobba, intrappolandolo e soffocandolo. Così, fra ruggiti striduli e versi strozzati, la creatura si tramutò in polvere dorata e scomparve, seguita subito dopo dai tralci di vite.
-Come... Come diavolo hai...
-Riesci a vedere oltre la Foschia- constatò Dioniso, studiandola.
-La cosa?
Il dio non potè impedirsi di roteare gli occhi, sbuffando.
-Oh, bene, e così comincia l'ora delle spiegazioni.

-Quindi gli dei greci esistono veramente?- chiese con una nota di entusiasmo Bellatrix, la schiena che si raddrizzava colta da un fremito di eccitazione.
-Sì- sbadigliò Dioniso.
-Wow! Non posso crederci...
-Bè, credici, invece. Noi ci siamo sempre stati, anche se voi mortali lo dimenticaste molti secoli or sono.
Lei parve pizzicata.
-Te la prendi sempre tanto non appena qualcuno fa un esclamazione di stupore?
-Il tuo stupore, dolcezza, proviene dall'ignoranza che risiede nella vostra mente. Siete ciechi e vi stupite per così poco...
-Bè, non io. Io non sono cieca, e mi pare di averlo dimostrato egregiamente.
-Credevi di essere pezza- precisò il dio. -Essere presi per frutti dell'immaginazione altrui non è esattamente il massimo, sai.
Bellatrix lo ignorò.
-Dimmi ancora di questi mezzosangue.
Dioniso alzò gli occhi al cielo.
-Che c'è da sapere? Sono tutti dei mocciosi viziati.
-Non ti stanno molto simpatici, eh?- rise lei.
-Al contrario, mia cara: li amo al punto di odiarli.
-Ma anche tu prima eri un mezzosangue- riflettè lei picchiettandosi il labbro inferiore con l'indice. -Un comunissimo figlio di Zeus. Poi sei stato trasformato in dio.
Un tuono squassò il cielo.
-Non credo che "trasformato" sia il termine adatto. Non siamo maghi: siamo dei.
-Oh, scusa tanto!- esclamò beffarda lei. -Bè, dato che sua Emminenza è stato tanto gentile da salvarmi la vita...
Si allungò a baciargli una guancia.
-Addio.
Fece per alzarsi, ma una mano la trattenne.
-E credi che questo equivalga all'importanza della tua vita?
Lei sorrise maliziosa.
-Bè, cosa dovrebbe?
Il dio ghignò, avvicinandosi al suo volto.
-Stavo pensando a qualcosa del genere...
La baciò e da quel bacio cominciò una notte di sfrenata follia. Si amarono, davanti quel ruscello che continuava a scorrere tranquillo, indifferente, sotto il chiaro di luna.

-No, no e poi no!
-Andiamo, sai che funzionerà!
-Ti dico, invece, che non lo farà.
-Noto con piacere che hai molta considerazione di me.
-Non sei tu. E'...
-Sì?
Dioniso sospirò.
-Non abbiamo un oracolo da... anni e non vedo come tu possa cambiare le cose.
Bellatrix incrociò le braccia, visibilmente offesa.
-Grazie tante.
-Oh, andiamo!
Il dio si avvicinò, carezzandole le spalle.
-Non puoi dire sul serio!
Lei inarcò un sopracciglio, beffarda.
-Che c'è? Ora ti preoccupi per me?
-Finirai per impazzire, proprio come May Castellan. Non voglio perderti.
Lei gli carezzò una guancia.
-Non mi perderai. Vedrai, andrà tutto bene.
-Ho già vissuto questa scena in terza persona, Bellatrix. Non ho intenzione di soffrire per te.
Lei si allontanò come colpita da uno schiaffo.
-Non volevo dire quello.
La durezza del suo sguardo lo colpì.
-So perfettamente cosa volevi dire.
-Bellatrix, ti prego, aspetta! io...
-No. Ho già preso la mia decisione. Tu non mi fermerai!
La ragazza corse verso il portico, attraversando il prato sotto un plumbeo cielo d'inverno, e poi oltre la porta in legno della Casa Grande, diretta alla soffitta che già turbinava di fumo verde aldilà delle finestre ricoperte di polvere.

I suoi passi riecheggiavano tetri nel corridoio grigi.
Pazienti in vestaglia bianca procedevano come fantasmi, chi sorretto da infermieri, chi da solo, vaneggiando e inseguendo un'immagine nella propria mente spezzata.
Dioniso poteva sentirle. Percepiva lo scricchiolio sinistro che quelle menti deboli e mal funzionanti emettevano ogni secondo. E vedeva tutto quello che vedevano, percepiva tutto quello che percepivano, sentiva tutto quello che sentivano... Ma una solamente era il suo obbiettivo, una mente che lui stesso aveva spezzato, solamente per riparare un danno troppo profondo, una ferita che non sarebbe mai guarita, e lui aveva amputato l'arto, pur di far cessare il dolore, pur di non vederla soffrire. Sentiva quella mente farsi forza, sentiva lo sforzo che faceva per volare via, per liberarsi da quelle catene a cui lui l'aveva obbligata, semplicemente perchè non riusciva a rinunciarvici, egoista com'era. Sì, egoista, crudele, come tutti gli dei. Ma cosa poteva farci? Era la sua condanna: essere il dio protettore dell'umanità selvaggia, dei desideri sfrenati dei mortali, delle libido irrefrenabili che volevano sempre di più,che non si accontentavano. E lui non poteva rinunciare a quel desiderio di vederla ogni volta che poteva. L'aveva costretta a quella prigionia, a quella condizione, solamente per un suo capriccio.
Sorrise amaro.
Non era migliore degli eroi, per quanto si impegnasse ad esserlo. E, ovviamente, un'innocente aveva pagato.
Sentiva ancora il flusso dei suoi ricordi che fuggiva via dalla mente straziata dal potere di quella maledetta mummia, i pensieri che fluivano via, le emozioni, sotto il tocco della sua mano divina. Vuota. Uno scrigno svuotato del suo tesoro. Aveva perso tutto, Bellatrix Black. E lui le aveva donato una realtà diversa. Con fili di verità così da farla rimanere ancorata alla realtà, abbastanza, almeno, per farla rimanere ancora a quella vita, solo per lui. Come un ruscello che viene costretto a cambiare il suo corso, costretto a tornare indietro. Così Bellatrix aveva resistito per anni, ma ormai l'argine stava cedendo e Dioniso aveva l'obbligo di fermare quella catastrofe. Doveva fermare il corso del ruscello, doveva prosciugare l'acqua. Doveva, anche se non voleva. Bellatrix era stata una delle poche cose migliori dopo anni... Non voleva rinunciarvi...
Serrò i pugni.
Per una volta, avrebbe fatto quello che era meglio per gli altri.
Un'infermiera gli si fece vicino.
-Desidera?
-Sono qui per vedere Bellatrix Black.
-Mi segua.
Non aveva bisogno di guide. Sapeva dove trovarla: andava lì da anni, ormai. E poi, il richiamo di quella mente era come una scia invisibile. Persino in un luogo sconosciuto l'avrebbe trovata, sempre.
L'infermiera estrasse una chiave e aprì la porta grigia davanti alla quale si erano fermati.
-Mi lasci da solo con lei.
La donna lo squadrò cauta.
-Ho detto...- la guardò dritto negli occhi, scavando nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, nella sua anima solo con quel gesto. -Mi lasci da solo con lei.
Disorientata, lei si fece da parte, poggiandosi al muro e rimanendo lì ferma come una statua.
Il dio entrò e si richiuse la porta in ferro alle spalle.
Lei era seduta davanti alla finestra, le mani a tormentarsi in grembo.
Le si avvicinò, poggiando i fiori nel tavolo di forma circolare, senza spigoli su cui sbattere la testa, e si sedette nel letto dalle lenzuola grigie, davanti a lei.
-Bellatrix- la chiamò.
Lei non rispose.
-Bellatrix- ripetè, sfiorandole una mano.
Lei si voltò a guardarlo di scatto, gli occhi fuori dalle orbite, il volto scheletrico, i capelli più arruffati che mai, lo sguardo assassino.
-Come osi toccarmi, schifoso babbano!- esclamò lei sprezzante, alzandosi di scatto.
Afferrò un bastoncino di gomma, il suo unico passatempo, rimasto abbandonato sul davanzale della finestra e glielo puntò contro.
-Crucio!
Dioniso rimase a guardarla, triste.
-Bellatrix.
Lei si voltò verso la porta e corse a battere i pugni sul ferro.
-Maledetti, liberatemi! Il Signore Oscuro vi ucciderà tutti!
Rise sguaiata.
-Non riuscirete mai a piegarmi! Io resto fedele a lui! Risorgerà e vi annienterà!
Dioniso le afferrò i polsi e la costrine a guardarlo.
-Bellatrix, basta!- urlò disperato.
Lei scoppiò in lacrime.
-Perdonatemi, mio signore. Il ragazzo... Lui... Voi sapete che non è stata colpa mia... Ho fatto quanto ho potuto... lo giuro!
Lui la lasciò andare, mentre lei gli si gettava ai piedi, piangendo.
-Oh, grazie... Grazie, mio signore...
L'aiutò a sollevarsi e a rimettersi seduta.
-Bellatrix- la chiamò per l'ennesima volta.
-Sì, mio signore?
Le carezzò una guancia.
-Bellatrix, devi combattere.
-Sì! Sì, mio signore! Combatterò! Per voi!- esclamò ispirata.
Dioniso sospirò
-I mezzosangue! Devono morire! Devono morire tutti!
Un sorriso amaro sfuggì dalle labbra del dio.
-Già... Tutti.
-Il Signore Oscuro sarà contento! Potter! Il ragazzo ha gli occhi verdi! Maledetto mezzosangue, osa pronunciare il Suo nome! Morirà e il Signore Oscuro tornerà.
Si voltò a guardare oltre la finestra, la pioggia che batteva inesorabile sul vetro.
-Sì... Lui tornerà e mi libererà. Lotteremo insieme e vinceremo. Non ci fermerà nessuno. Io sono la sua più fedele seguace. Sì. Lotteremo... I Dissennatori non possono niente contro di lui. Non possono.
Si voltò a guardarlo, afferrandogli le mani.
-La spada! Dobbiamo trovare la spada maledetta!- E già gli occhi le si imperlavano nuovamente di lacrime. -Il ragazzo non può averla! Lo ucciderà! I pezzi... I Suoi pezzi...
-Non l'avrà.
Lei sollevò lo sguardo, annuendo.
-No... No, non l'avrà. La difenderemo. La Gringott è sicura.
Dioniso strinse le palpebre, gli occhi che gli pizzicavano.
-Bellatrix, ti prego, combatti... Non...
-State tranquillo, mio signore. Vinceremo- ripetè lei carezzandogli un braccio, esitante, con le dite adunche quasi completamente private della carne.
-Perdonami.
Lei cominciò a ridere, folle.
-Cosa sarà dei tuoi figli quando ti avrò ucciso?- lo canzonò guardandolo, senza vederlo davvero. -Quando mammina sarà morta come Freddie?
Dioniso le posò una mano nella fronte.
-Addio, Bellatrix.
Il sorriso maligno di Bellatrix si congelò, i suoi occhi si dilatarono: per una frazione di secondo capì cos'era successo, poi ricadde esanime sullo schienale della sedia su cui era seduta.
Dioniso le chiuse gli occhi, le baciò la fronte un'ultima volta e scomparve in un lampo di luce dorata.

Percy Jackson si guardava intorno cauto, in cerca dei suoi avversarsi. Era concentratissimo: aveva fatto una scommessa con Annabeth e se avesse perso quella partita di Caccia alla Bandiera sarebbe stato costretto a girare con un cappello d'alghe in testa per un'intera settimana al campo. E questo decisamente non era fra le sue priorità.
Uno scricchiolio sinistro gli fece sollevare la spada, ma poi si accorse di aver pestato qualcosa.
Abbassò lo sguardo e vide una lattina di Diet Coke arrugginita e mezza corrosa dal tempo. Si guardò intorno e incontrò un minuscolo canyon che solcava la terra senza nessun preavviso, semplicemente lì: un letto di un ruscello prosciugato.
Per un attimo, alzò gli occhi a guardare la luna pallida sopra di lui, mentre un leggero odore di vino lo circondava, stordendolo. Poi, scrollò le spalle e riprese a correre, come se niente fosse.




Angolo Autrice
Bè, salve!
Allora, piaciuta? Spero di non essere stata troppo OOC con Bellatrix e Dioniso, anche se scrivevo ogni parola con tutti i libri di HP e quelli di PJ dove loro comparivano aperti accanto, perciò lo trovo un po' difficile.... In caso contrario mi taglierò le mani.
Allora, sono in imperdonabile ritardo per i lconsegno delle fic del contest, ma prima di concludere vorrei spiegare alcune somiglianze trovate fra i due fandom che possano rendervi comprensibile le parole di Bellatrix.
(Non so se si è capito, ma ho nella mia testa Dionso, per non farla ridurre come May Castellan, e cioè con frammenti sul futuro, le ha donato, per così dire, una realtà alternativa, collegata in alcuni punti con quella attuale -le famose catene di cui parlavo nel testo-).
-Entrambi i protagonisti hanno gli occhi verdi.
-Entrambi i protagonisti posseggono una spada maledetta per modi diversi: la spada di Godric Grifondoro può distruggere gli Horcrux, Anaklusmos... Lo sapete il discorso, non sto qui a ripeterlo XD.
-Mezzosange (trovo inutile dilungarsi su questo).
-L'Oracolo di Delfi in versione mummia può benissimo passare per Dissennatore (?)
L'ultima frase di Bellatrix è estratta da uno dei capitoli de I Doni della Morte, in particolare nel punto in cui lei muore per mano di Mamma Weasley (quanto ci sono potuta rimanere male...) e la descrizione del sorriso e del "congelamento" richiamerebbe il modo in cui è morta (con la pietrificazione e il ghigno ancora in volto).
E poi, come ultima cosa, mi piaceva pensare che Percy finiva nello stesso luogo del primo incontro fra il dio e l' "esaltata", come se finisse in un ricordo (durante una partita di Caccia alla Bandiera, vedi la casualità).
Okay, basta scleri.
-Una Fantasiiana orgogliosa.

  
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