Libri > I segreti di Nicholas Flamel
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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    10/08/2014    1 recensioni
[I segreti di Nicholas Flamel, l\'immortale.]1994, Reims.
Un curioso e sfortunato giornalista si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quanto sarà disposto a rischiare per ottenere le risposte che cerca?
Riuscirà ad avere la sua intervista?
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Dee, Niccolò Machiavelli, Nicholas Flamel, Nuovo personaggio, Perenelle Flamel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vittoria del più debole

 

 

Machiavelli osservò Richard posare di nuovo la Lancia dentro al sarcofago di pietra in cui era stata custodita fino a quel momento, con delicatezza.

L’occhio gli cadde sulla sagoma nera e sfuggente di un volatile di piccole dimensioni, proiettata sulla polvere. Un brivido gli salì lungo la schiena, e una consapevolezza agghiacciante gli invase la mente. I corvi.

I corvi di Odino. Hugin e Munin, Pensiero e Memoria.

Machiavelli sorrise dentro di se.

« Cosa vuoi fare con la Lancia? » chiese, fissando gli occhi glaciali in quelli di  Richard.

Il ragazzo sorrise disincantato.

« Quello che vogliono farci tutti, italiano. Il potere è una tentazione che si da troppo per scontata, e spesso gli uomini come te finiscono per credere che ci sia qualcos’altro sotto. Tu non aspiri al potere? »

Machiavelli scosse le spalle.

« è un desiderio che mi tenta spesso. » affermò, noncurante. « Ora però, voglio solo ridare la Lancia al suo legittimo proprietario. »

Richard rise con una voce gutturale, senza gioia ma anche senza ritegno.

« Non so cosa ti abbiano raccontato, ma non è Aton il custode della Lancia. »

« Aton la ridarà ad Odino. Sono alleati, ora. » disse Machiavelli, sicuro.

Era in questi momenti che pensava davvero che Dagon avesse ragione. Mentire era ciò che gli riusciva meglio.

Voleva farsi sentire da Odino tramite i suoi corvi. E fare i propri interessi attraverso quelli di Aton. Gli Antichi Signori non erano di certo tutti amici, quasi nessuno provava affetto verso l’altro. Con quelle parole sperava di essere riuscito a guadagnarsi la stima di Odino e la riconoscenza di Aton.

Aveva come il sospetto che soprattutto quest’ultima cosa gli sarebbe servita molto nei prossimi giorni.

« Facciamola breve, ti va? » propose affabile Richard. « A quest’ora sarei già dovuto essere di ritorno al mio Regno d’Ombra. »

« Porteresti anche il ragazzo di cui hai preso il corpo, nel tuo Regno d’Ombra. » ragionò Machiavelli, lucido. « Sei riuscito a prendere la Lancia solo grazie a questa tua capacità, e una volta che sarai arrivato nel tuo regno Richard non sarà più in grado di tenere la Lancia in mano. E morirà, non riuscendo a disfarsene in tempo.»

« Ma io potrò averla, per sempre. Col mio vero corpo, questa volta. »

Machiavelli aggrottò le sopracciglia.

« Io non credo che tu abbia un vero e proprio corpo. »

C’erano ancora tante cose nell’universo che rimanevano al di fuori della sua conoscenza, ma Machiavelli non credeva possibile che qualcuno potesse scindere l’anima e la ragione dal suo corpo materiale. Se invece l’essere si fosse limitato a controllare Richard con la mente, avrebbe dovuto rifugiarsi al sicuro lì vicino, di modo da aprire il portale che lo avrebbe condotto nel suo Regno e sparire insieme a Richard.

E Machiavelli avvertiva tutta la sua essenza nel corpo di Richard, non altrove.

Il sorriso dell’essere non aveva fatto una piega.

« Sei intuitivo. Chissà se hai ragione. »

« Chi ti manda? » chiese Machiavelli, suscitando un risolino da parte dell’altro. « Se non hai un corpo, se davvero ho ragione e sei poco più di un ombra pensante, allora non sei un Oscuro Signore, ma solo una sua creatura. »

« Non risponderò alle tue domande, figlio degli homines. » e il suo sorriso si trasformò in una smorfia appena più stizzita e minacciosa. Cominciava a perdere la pazienza e Machiavelli non aspettava altro.

« Oh, credo che invece vorrai riflettere sulla prossima domanda che ti farò… » sibilò Machiavelli con un sorriso ironico e malizioso.

Si avvicinò di due passi.

« Se io dovessi danneggiare irrimediabilmente il corpo di Richard, tu come faresti a portare la Lancia nel tuo Regno? »

La creatura lo scrutò, il sorriso spento e gli occhi leggermente spalancati. Machiavelli seppe allora di essersi guadagnato tutta la sua attenzione e mosse qualche passo distratto, gesticolando con gesti vaghi e sarcastici.

« Se per esempio… » continuò, noncurante. « Io riuscissi ad indebolire il suo corpo in modo tale da renderlo quasi inutile… dalla tua espressione deduco che sarebbe un problema. »

« Non oseresti. » sibilò pericoloso l’essere.

« Quindi, il suo corpo acquista i tuoi poteri ma… non la tua forza, giusto? Sempre che tu ne abbia… »

« Non hai idea di quali siano i miei poteri! » urlò l’essere, in preda alla rabbia, sporgendo il busto in avanti.

« Me ne sono fatta una molto chiara, invece. » lo contraddisse Machiavelli, glaciale.

« Io penso che tu non sia altro che un parassita. Non sono nemmeno sicuro che tu possegga dell’energia aurica. Sicuramente, come te il tuo signore ne ha creati mille altri, e il tuo intelletto deriva direttamente dal suo e non ha motivo di esistere! »

« Taci, umano! Non sai niente! » sbraitò la creatura, gli occhi iniettati di sangue.

Il viso di Richard sembrava così strano, deformato dalla rabbia.

« Non oseresti fare del male al ragazzo!  » sputò la creatura, stringendo i pugni.

« Davvero? » sorrise scaltro Machiavelli.

Indicò il suo rivale con un gesto lento.

« La sua vita non mi sta a cuore. » affermò, sinceramente. « Serviva solo per fuggire alla noia. E anche se così non fosse… » continuò, mentre l’odore di serpente intorno a lui si faceva più denso « Sicuramente tengo di più alla mia, di vita. »

« Prenderò il tuo corpo, se lo farai! » minacciò con violenza la creatura.

Machiavelli respirò piano, calmo.

« Quando io e l’emissario di Aton siamo arrivati, tu eri già qui, ti nascondevi da interi minuti alla vista di Alypion. Hai portato tu la Lancia qui, prendendo in prestito un altro umano, qualcuno che dopo hai dovuto abbandonare, perché… beh, probabilmente i tuoi poteri logorano nel profondo la persona che si ritrova a condividere uno stesso corpo con te. Devi cambiare vittima, di tanto in tanto. » fece una pausa per capire se aveva colto nel segno.

Sorrise di fronte all’espressione quasi spaventata di Richard. O meglio, dell’essere.

Machiavelli si girò appena e indicò col braccio disteso il punto in cui i bagliori di energia prodotti da Alypion e dall’Emissario non smettevano ancora di squarciare il cielo grigio.

« Alypion ha fatto in tempo a raccontarci tutta la sua vita. Dopo, io ho scambiato due parole con l’emissario. Dopo, sono arrivato qui con la velocità di un umano qualunque. E tu avevi appena preso in mano la Lancia di Odino. » il tono di Machiavelli vibrava di sufficienza e di sarcasmo, gli occhi lampeggiavano di vittoria.

L’essere lo guardava con quella furia che solo un sincero timore può alimentare, gli occhi così sporgenti da sembrare folli.

Machiavelli si morse le labbra divertito.

« Quanto tempo ti ci vuole per impossessarti di un corpo? Secondo me, almeno un quarto d’ora. » rise, caparbio.

« In quel tempo potrebbe accadere di tutto. »

Indicò di nuovo i bagliori di luce.

« uno di loro due potrebbe arrivare qui, impedire a te di prendere il mio corpo. Io prenderei la Lancia e tu non potresti fare niente per fermarmi, perché non solo sarei ancora in grado di contare sui miei poteri, ma anche su quelli dell’emissario di Aton, o su quelli di Alypion, che non hai osato attaccare quando ne aveva la possibilità, aspettando che si allontanasse. »

Machiavelli si divertiva pur restando con tutti i sensi all’erta, lo sguardo da rapace puntato sul volto esangue di Richard.

« Sei estremamente debole. Certo… » aggiunse con un gesto vago. « Hai le qualità adatte per rubare la Lancia, i poteri più utili. Ma ho sconvolto il tuo piano perfetto, e non puoi contrastarmi a lungo. Tra poco tornerai un ombra senza corpo. »

 

 

L’emissario di Aton spalancò le fauci contro Alypion, squarciando l’aria col suo ringhio. Vedeva la determinazione del suo avversario vacillare appena, la notava in ogni dettaglio del suo viso, con l’accuratezza dei suoi sensi sovrannaturali.

Succedeva a tutti così.

Avevano tutti quell’espressione, quando vedevano il bambino scomparire per lasciare spazio al mostro. Vedere un bambino trasformarsi in una creatura demoniaca ripugnava e terrorizzava gli avversari, anche quelli non umani. Era forse l’unico aspetto positivo della sua condizione d’eterno fanciullo.

L’emissario si gettò su Alypion e tese il braccio verso la sua ala sinistra, spiccando l’ennesimo salto, staccandosi più di tre metri da terra. Riuscì a colpirlo solo di striscio.

Nessuno dei due, fino a quel momento, aveva voluto cedere.

L’emissario sapeva di avere delle conoscenze magiche limitate, differenti da quelle conosciute nel mondo umano, e suppliva con la straordinaria velocità e la forza sovraumana. Alypion però, pur con un certo sforzo, riusciva a sfuggire a quasi tutti i suoi attacchi, potendo contare su una difesa magica infallibile e sulle sue potenti ali.

Era stato uno scontro alla pari.

Fin dai suoi primi secoli di vita, l’emissario era stato uno dei più efficienti servi del suo Signore, nonostante le sue caratteristiche fisiche lo aiutassero solo quando doveva ingannare qualcuno. Gli uomini e le creature si fidavano molto dei bambini.

La sua vera qualità, era sempre stata la determinazione. Perseguiva i suoi scopi con l’ostinazione di un bambino, i suoi capricci umani si erano mutati in capricci mostruosi e in lui era rimasta radicata un’infantile crudeltà e una rabbia verso il mondo che persino Aton non si era aspettato.

L’emissario si girò di scatto, sforzando ogni muscolo, corse in avanti e spiccò un altro salto.  Prima che Alypion potesse girarsi, lo colpì alla schiena. La creatura fece vibrare forte le ali e lo afferrò per il collo, attirandolo verso di lui e mugolando di dolore per i profondi tagli sulla schiena.

L’emissario sentì la pelle bruciare sotto il suo palmo. Premette sul suo braccio senza riuscire a liberarsi. Davanti a lui vedeva solo gli occhi sbarrati di rabbia di Alypion e un istante dopo fu accecato dalla luce e sentì il suo corpo strusciare violentemente sul terreno.

Alypion si abbassò di qualche metro per il dolore delle sue prime ferite.

L’emissario, a terra, ingoiò la polvere e tentò di togliersela dagli occhi.

Quando fu di nuovo in grado di vedere socchiuse la bocca, sorpreso.

 La situazione era cambiata. Alypion posava i piedi a terra. E non era più solo.

Davanti all’emissario un’altra figura alata, molto simile ad Alypion ma dalle fattezze chiaramente femminili, sostava eretta ed altera, e osservava in viso l’altra creatura.

L’emissario capì che non intendevano degnarlo più di nessuna attenzione, e attese di capire cosa stesse succedendo con impazienza, stringendo forte le fauci e rimettendosi in piedi con uno scatto fulmineo.

La creatura femminile non staccava gli occhi famelici da Alypion, e quest’ultimo, da parte sua, pareva sforzarsi facendo violenza ai suoi desideri più profondi per non attaccarla in preda all’ira.

« Alypion. Ti sei ridotto male. » disse lei, con un sorriso angelico.

L’emissario conosceva molte lingue, e solo poche di queste erano umane. Ma non riuscì a decifrare nessun suono e si limitò, stizzito, a scrutare le espressioni dei due.

« Mineikre… vattene. » sibilò Alypion tra i denti.

L’emissario spalancò per un attimo gli occhi, in un bagliore di comprensione. Mineikre era l’amica di Alypion, la creatura aveva già parlato di lei a lui e a Machiavelli.

« Non lo farò. » disse secca Mineikre, con le braccia ancora incrociate. « So cosa vuoi fare. So perché sei venuto in questo mondo. » lanciò un’ occhiata disgustata intorno a sé.

« E non posso lasciartelo fare. »

Con un grido di rabbia si gettò su Alypion e l’emissario vide la luce inghiottirli, per farli riapparire a qualche metro di distanza. Senza più una parola, i loro corpi rotearono nel cielo, ferendosi senza pietà, con una potenza passionale che l’emissario aveva visto poche volte nella sua lunghissima vita.

I colpi erano ricolmi di magia ed erano pensati per fare del male, per ferire in profondità. Eppure i movimenti delle loro ali rimanevano aggraziati e possedevano una loro forma di eleganza.

L’emissario li osservò da terra, mentre la sua mente partoriva tutte queste considerazioni e il suo viso restava impassibile, assumendo pian piano qualche tratto umano.

Si disse che non era il caso di disturbarli.

Annusò l’aria fino a percepire un familiare odore di serpente.

 

 

« Signor Machiavelli. » salutò l’emissario, spolverandosi i vestiti strappati.

Machiavelli si voltò di scatto con un mezzo sorriso, riconoscendo la voce infantile del bambino. L’emissario ricambiò il suo sguardo, imperturbabile, poi spostò gli occhi su Richard, che lo scrutava con un ombra di timore negli occhi, mista alla perplessità di avere davanti un fanciullo.

« Bentornato. » disse Machiavelli.

L’emissario aggrottò le sopracciglia vedendo la Lancia, luminosa e bellissima, nelle mani di Richard. Come mai Machiavelli era così calmo?

« Allora hai vinto tu? » chiese con un piccolo sorriso l’italiano.

Un tuono squarciò la calma del cielo e in lontananza Machiavelli vide delle luci che parevano quasi fulmini.

« Non esattamente. » rispose l’emissario.

Machiavelli lo osservò, serio.

« Ho lasciato Alypion in buona compagnia. » rispose il bambino alla sua domanda silenziosa. « e vedo che anche a lei la compagnia non manca. » aggiunse, osservando cupo Richard.

« è un figlio degli homines? »

Sarebbe potuta sembrare una domanda stupida, in un’altra situazione. Ma l’emissario non riusciva a scavare nella mente di Richard, a percepire la sua natura con chiarezza. Non capiva se si trattava di un figlio degli homines con i poteri risvegliati, o di una creatura distinta.

« Solo nel corpo. » rispose Machiavelli, senza mostrarsi sorpreso dalla domanda « Non è vero? » aggiunse rivolto a Richard.

Questi non rispose ma si morse le labbra e soffiò come un gatto contro l’emissario.

« Che cosa sei? » chiese l’emissario, con una punta di curiosità.

« è inutile, non lo vuole dire. » rispose per lui Machiavelli.

« Non importa. » sibilò l’emissario, lo spazio sotto agli occhi che cominciava di nuovo a scurirsi. « Dobbiamo prendere la Lancia. »

Machiavelli creò con la sua aurea due guanti di un colore tra il grigio e il bianco, lo sguardo deciso. L’emissario lo scrutò per un momento con la coda dell’occhio, al suo fianco. « Anche  a costo della vita del ragazzo. » aggiunse.

Machiavelli ghignò.

« Ovviamente. »

Si slanciarono su Richard quasi nello stesso momento.

L’emissario lo afferrò per il colletto della camicia e lo colpì al petto con le dita artigliate. Grossi filamenti di energia aurica partirono dalle dita di Machiavelli e si attorcigliarono sulle gambe di Richard come serpenti, mentre l’emissario spalancava le fauci e l’essere si dimenava con rabbia.

Machiavelli era costretto a rimanere a pochi passi di distanza a causa della lotta tra l’essere e l’emissario, ma non staccava gli occhi dalla Lancia, che Richard tratteneva stretta al petto con tutte le sue forze e che l’altra creatura non poteva neanche sfiorare.

L’immortale vide Richard urlare di rabbia e, con uno scatto furioso, tendere la punta della Lancia verso il petto dell’emissario.

Il bambino si ritrasse , fulmineo.

Il metallo lo sfiorò appena.

Machiavelli lo vide contorcersi dal dolore tra la polvere, il volto completamente umano e contratto dalla paura e dalla sofferenza. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo premendosi le braccia sul petto, e la sua voce ora era del tutto umana e infantile e, proprio per questo, terribilmente agghiacciante.

Macchiavelli si sentì gelare il sangue. La sua umanità sussultò dall’orrore e dalla rabbia.

Corse verso Richard e lo afferrò per i polsi, l’aurea divampante che continuava a attorcigliarsi intorno alle braccia del ragazzo. Contro ogni sua previsione, l’essere sorrise con una vena di follia sulle labbra e nello sguardo.

Niccolò ormai lo aveva bloccato. Lo liberò dalla sua stretta, certo che la sua aurea bastasse a tenerlo fermo, e mise le mani sulla Lancia.

Improvvisamente, sentì le mani gelide. Il cuore cominciò a palpitare più velocemente nel petto e un rivolo di sudore freddo scese lungo la sua schiena. Richard teneva ancora stretta la Lancia.

E Machiavelli si sentì svuotato, non avvertì più la sensazione famigliare dell’energia aurica sulla pelle e nella mente, sentì le gambe cedere e una pesante stanchezza piombare su di lui improvvisamente.

La sua vista si appannò sotto il violento pugno alla mascella che Richard gli rifilò l’istante dopo. Il ragazzo si voltò e tracciò linee oblique nell’aria con la punta della Lancia, mormorando una litania dai suoni aspri. Machiavelli vide il portale aprirsi rilasciando un fumo denso e violaceo.

Facendo appello a tutta la sua forza di volontà, e alla sua aurea che iniziava solo in quel momento a rigenerarsi, si alzò da terra e con le braccia cristallizzate sotto a sottili volute di fumo grigio afferrò Richard per il petto e tese una mano verso la Lancia.

Richard ringhiò, le iridi rosse di follia e rabbia, per un momento sembrò che volesse tentare di morderlo. Dal portale proveniva un vento che sembrava spirare da tutte le direzioni. Richard evitò la mano dell’immortale e lanciò l’arma dentro il varco, poi dalla sua  bocca e dai suoi occhi scaturirono grossi filamenti neri e il suo corpo tremò tra le braccia di Machiavelli.

L’immortale non riusciva a staccare gli occhi dal punto in cui la Lancia era sparita, lo stesso varco da cui stava sparendo anche il fumo nero che usciva dal corpo del ragazzo.

L’essere stava abbandonando il suo corpo, qualunque cosa fosse.

Senza sapere cosa faceva, mosso da un istinto impregnato di una lucidità dettata dall’arroganza, Machiavelli tese le braccia in avanti, lasciando che Richard si accasciasse sulla sua spalla. Uno scudo aurico grigio-bianco si frappose tra l’ultimo filamento nero e il portale. Machiavelli stava scaricando la sua aurea già compromessa facendo violenza a se stesso, raccomandandosi di non perdere la concentrazione e di resistere alla tentazione di lasciarsi cadere.

Il sottile filamento di fumo nero tornò fluttuando nel corpo di Richard, veloce e disperato. Il ragazzo cadde in ginocchio nell’esatto istante in cui il portale si chiuse e lo scudo aurico di Machiavelli evaporò.

L’immortale non sentì l’impatto del suo corpo col terreno.

 

Ciao! Anche questo è un capitolo abbastanza corto. Ma come mi è già successo in passato, non sono riuscita a mettere insieme due avvenimenti collegati ma essenzialmente diversi.

Ringrazio tutti quelli che continuano a leggere questa long! : ) Grazie davvero!

 

  
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