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Autore: cant_hold_us    11/08/2014    5 recensioni
Quella sera andai a letto presto e come sempre cominciai a ripesare alla mia giornata.
Desideravo una vita avventurosa come quella dei film, ma non la avevo. La cosa più spericolata che avevo fatto era stata sgattaiolare una notte via di casa con il mio amico Simon per andare in discoteca. Ci scoprirono e fummo messi in punizione.
Mentre la mia mente vagava, chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, ripensando alla lite furibonda avuta con mia madre, prima di sdraiarmi a letto. Lei mi stava troppo addosso, ogni volta che uscivo dovevo farle sapere dove andavo e con chi ci andavo, in più avevo diciotto anni ed ero l'unica ad avere il coprifuoco alle undici di sera. Davo la colpa di tutto questo al fatto che lei aveva perso mio padre in un incidente stradale e forse non voleva che mi succedesse lo stesso.
Dopo svariate ore passate a pensare e a rigirarmi nel letto riuscii ad addormentarmi.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Jace Lightwood, James Herondale, Simon Lewis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo 11.-
 
Mentre Jace suonava, l'altra parte di me ondeggiava leggermente i fianchi.
Poi si avvicinò a lui e lo interruppe. Prendendolo per le mani lo fece alzare e lo baciò. Io riuscivo a percepire ogni cosa. Il sapore di Jace, le sue mani che scorrevano sul mio corpo, ma erano spariti i brividi e le farfalle. Tentai di allontanarlo, ma le mie mani non si mossero. Ero sbalordita, confusa e arrabbiata. Perché lui non si accorgeva che quella non ero io? Perché stava succedendo tutto questo?
Quando il mio corpo si allontanò da quello di Jace, notai che avevo un pugnale tra le mani e lo rigiravo con fare esperto.
"Ora devo andare." annunciò l'altra me, con voce fredda.
"Dove vai?"chiese Jace con un sorriso disarmante.
"Da Simon." rispose la mia voce. Jace si staccò da me come se io scottassi e i suoi occhi divennero di nuovo freddi. La sua mascella si indurì e il suo viso divenne una maschera di dolore e rabbia.
"Smettila di fare così." ordinai a me stessa, ma peggiorai la situazione. 
"Non era poi quella grande cosa." ribatté l'altra me.
Fu come prenderlo a schiaffi. Strinse le mani a pugno e rimase immobile.
Il mio corpo sorrise a Jace, poi si voltò e uscì dalla porta.

Non so come, mi ritrovai in un bagno di fronte allo specchio.
I miei occhi non erano più gli stessi erano leggermente più scuri. La cosa che mi fece paura era quello che trasmettevano. Odio, rabbia e vendetta.
"Ti è piaciuto lo spettacolo?" domandò la mia voce. Anche quella era cambiata era più sensuale e spaventosa.
"Cosa succede?" domandai io spaventata, ma come sempre rimase solo un pensiero.
"Io e te condivideremo il corpo per un po'." rispose con un sorriso diabolico.
Continuava a guardare me stessa allo specchio eppure non ero io.
"Sai..." continuò lei come se fosse una cantilena. "Il tuo ragazzo non è molto sveglio."
"Lascialo fuori da tutto questo." ringhiai con determinazione.
"Se ti comporterai bene e smetterai di combattere contro di me, tutti i tuoi amici saranno al sicuro." rispose, rigirandosi il pugnale tra le mani. "Altrimenti, saranno tutti morti e tu, soltanto tu, sarai la colpevole." aggiunse.
"Chi sei?" chiesi, cercando di sembrare dura e determinata.
Si portò una mano sulla tempia, in un gesto teatrale.
"Che sbadata!" esclamò. "Solo Lilith." 
Non avevo la minima idea di chi fosse, ma non gli avrei dato la soddisfazione di farglielo capire.
"Che cosa vuoi da me?" la interrogai ancora.
"Il tuo piano per uccidere tuo padre." rispose, sfoggiando un sorriso affilato che mi fece paura.
"Ma io non ho i miei ricordi." annunciai, soddisfatta.
"Lo so, per questo sono qui. Per controllarti e quando sarà il momento io ti prenderò quel ricordo. Tu potrai vivere la tua vita e io rispetterò i miei patti con Valentine. Sarà una cosa che renderà tutti felici." era spietata nella spiegazione. Questo mi fece capire che non accettava un no come risposta.
In quel momento io pensai che lei non sapeva. Non sapeva che uno stregone doveva liberarmi dal suo incantesimo per farmi riavere il controllo sui miei ricordi. Per quel ricordo in modo particolare. Fino a quel tempo qualcuno si sarebbe accorto che non ero io, ne ero certa.
"Bene. Tu però devi fare una cosa per me." non feci una domanda, era una pretesa.
"Che spirito di iniziativa! Cosa vuoi?" chiese poi.
"Devi stare lontana da Jace e devi smettere di ferirlo." Risposi. Il fatto di poter usare solo la mente era un bene, mi sentivo forte.
"Lo farò." convenne, fissando il riflesso dello specchio con occhi calcolatori.
"Affare fatto, allora." ribattei. 
Posò il coltello in un cassetto e poi cambiò espressione.
A quel punto i miei occhi divennero dolci, ma c'era ancora una scintilla di malignità in essi e sarebbe stata quella a tradirla.

Come promesso lei rimase lontana da Jace, ma in compenso mi fece odiare da tutti. Tentò di cacciare Simon, dicendo che sarebbe stato al sicuro a casa sua. Per fortuna, Izzy insistette per farlo rimanere, ma questo ci fece litigare.
Passò una settimana e nessuno si accorse di ciò che succedeva. Io cominciai a scoraggiarmi e ad avere paura. Nonostante ciò, feci come lei mi aveva detto e non opposi resistenza. Non potevo rischiare che qualcuno si facesse male.  
"Mi dispiace, cara." cominciò, mentre camminava lungo il corridoio. "Devo proprio andare del tuo fidanzato." Aggiunse.
Io tentai di protestare, ma fu tutto inutile.
Bussò ed entrò.
"Clary." esclamò Jace, stupito. Era in piedi vicino alla finestra della sua stanza e come sempre bellissimo. Portava dei pantaloni scuri e una camicia bianca e leggera, che gli andava leggermente larga. Attraverso essa si vedevano i marchi neri.
"Stai bene?" gli chiese Lilith.
"Sì. Cosa vuoi?" era freddo e distaccato e si vedeva che stava mentendo. I suoi occhi erano più scuri e, sotto, vi erano comparse delle ombre.
Avrei tanto voluto dirgli che non ero io a ferirlo, fargli capire che in realtà gli volevo bene e che, a modo mio, stavo cercando di proteggerlo.
"Voglio i miei ricordi, voglio sapere il piano." rispose lei, impassibile.
"Di cosa parli, sai come funziona, te l'ho spiegato." Jace parlava con estrema pazienza.
"Ma io lo voglio adesso. Non ho più tempo." scandì le ultime parole con estrema rabbia. Stava commettendo un passo falso e Jace se ne sarebbe accorto.
"Cosa ti prende? Sei diversa ultimamente." domandò lui, quasi scioccato ed esasperato.
"Allora tu non mi ascolti?" urlò lei.
Alle mie spalle qualcuno bussò ed entrò nella stanza. Lilith non si girò, per quanto io fossi curiosa di sapere chi fosse.
"Non ora Max. Torna dopo." gli ordinò Jace, ma il bambino non volle saperne.
Lilith si voltò e fissò il bambino.
"Lei non è Clary." sentenziò Max, indicando il mio corpo con un dito.
"Ma che dici? " domandò Jace, quasi gridando.
"Basta vedere i suoi occhi per capirlo." insistette il piccolo.
"Devi stare zitto, stupido bambino." lo avvertì Lilith, con un tono di voce che io non avrei mai usato.
"Clary!" urlò Jace, rimproverandomi.
"Non è lei." insistette ancora, Max.
In un secondo le mie mani erano sul collo del bambino e lo stavano stringendo. Io cercai di fare qualcosa, ma fu tutto inutile. Il piccolo stava soffocando. Quei pochi secondi mi sembrarono ore. Poi, Jace con un colpo secco staccò il mio corpo da quello di Max. Con una spinta leggera portò il bambino dietro di sé.
"Stai bene Max?" chiese, senza staccare gli occhi da me.
Il bambino non rispose, ma riuscivo a vedere una delle sue manine che era avvinghiata alla camicia di Jace.
"Non so cosa mi sia preso." piagnucolò, Lilith. Cercava ancora di ingannarlo.
"E' tutto apposto." la tranquillizzò, Jace. Non poteva cascarci, non di nuovo. La disperazione mi invase. "Mi dispiace Clary." aggiunse poi. 
In quel momento mi accorsi che aveva capito e percepii ciò che avrebbe fatto.
"Mi dispiace. Tanto." Ripeté, avvicinandosi. 
Io mi preparai al colpo, mentre Lilith non capì nulla.
"Allora baciami." gli rispose lei. 
Jace si avvicinò ancora, mi fissò con gli occhi desolati e illuse Lilith che la stesse per baciare. 
Poi mi sferrò un colpo in testa. Max cacciò un urlo. 
Tutto divenne buio. Persi l'equilibrio. Le braccia di Jace interruppero la mia caduta, prima che toccassi il terreno. 
"Mi dispiace Clary." sussurrò Jace, vicino al mio orecchio. 
Poi persi i sensi o meglio, perdemmo i sensi.

Quando aprii gli occhi, tutto mi sembrò solo un brutto sogno, se non fosse per il fatto che ero in una cella. 
Oltre al letto vedevo un tavolo al centro della stanza e una finestra sbarrata. Le pareti erano costituite da pietre grigie e dello stesso colore era la porta blindata.
Cominciai a muovere le dita e le mani in modo frenetico. Ero io, avevo di nuovo il controllo del mio corpo. 
Solo in quel momento mi accorsi che avevo delle catene che mi stringevano i polsi. Le seguii con lo sguardo e vidi che si attaccavano al muro alle mie spalle.
Avevo il controllo del mio corpo, ma ero in prigione. 
Quante cose sarebbero ancora dovute succedere?

Note d'autore:
Ecco l'undicesimo capitolo!
Cosa ne pensate? Quale parte vi è piaciuta di più?
Ci vediamo al prossimo capitolo. Baci <3
  
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