Hallo, hallo, hallo!!! Allora…premetto che questa fanfiction
è uno scherzo, nel senso che tutto ciò che ho scritto è nato per ridere, non
voglio offendere nessuno. Non è mia intenzione e, se dovesse accadere, chiedo
anticipatamente perdono. Per concludere…ammetto di non
essere un genio della commedia, ma spero che apprezzerete e si vi va,
lasciatemi un commento! Grazie a tutti^^! Billou
La sera scese velocemente. Dopo aver
trascorso tutto il giorno con la mia famiglia, approfittando di una pausa del
tour, salii in macchina, per tornare a casa, dove mi aspettavano gli altri.
Infilai la chiave e accesi il motore, poi gettai una rapida occhiata all’orologio.
Le 20.30. Imprecai mentalmente, rendendomi conto di quanto fosse
tardi. Immaginandomi un Bill rantolante al suolo per
la fame, accelerai.
Infilai la chiave nella toppa. Non girò,
allora la spinsi, realizzando che era aperta. Georg dev’essere tornato…, mi
dissi, conscio della sua sbadataggine.
La casa, immersa nel buio. Solo uno
spiraglio di luce proveniva dalla porta socchiusa della cucina. Mi avvicinai,
aprendola lentamente. Sgranai gli occhi, per un decimo di secondo.
Bill, ricoperto di farina da capo a piedi, spostò lo sguardo su di me. Sorride.
“Hallo, Gustav!”
mi salutò con voce allegra.
Gli gettai un’altra occhiata. I jeans strappati e la maglia nera col teschio, tutti
infarinati. Sorrisi, fissandolo, in attesa di una
spiegazione.
“Siccome non
tornavi e la pizzeria di fiducia è chiusa per ferie, ho deciso di provare a
fare da solo…” mi spiegò, sorridendomi ancora, le guance ricoperte di bianco.
Cercando di non ridere, gli indicai il
grembiule che usavo di solito, abbandonato su una sedia. Lui sbuffò. “Non ne ho
bisogno…”
“Eh, si…lo
vedo…Allora stasera pizza fatta in casa?” interloquii io.
Bill scoppiò a ridere, poi
si grattò la guancia sinistra “Veramente…no… Stasera pasta col sugo!”
Sgranai gli occhi un secondo, sorpreso
“Ma la farina?!?”
Lui sbuffò ancora, un
secondo dopo una nuvola di farina cadde da una ciocca dei suoi capelli.
Io ridacchiai. “E’ stato un disastro…” ammise con voce sconsolata. Un attimo
dopo, ricominciò a sorridermi e concluse con allegria
“Ma con la pasta sarà diverso! E’ impossibile sbagliare! Soprattutto per un
ragazzo dotato di talento come me!!!”
Io annuii sorridendo, felice nel vederlo
così entusiasta. Bill si voltò, spostandosi ai
fornelli, canticchiando allegramente. Passarono cinque minuti, io mi sedetti,
osservando le sue spalle, mentre aggiungeva ingredienti al sugo, evitando di
prestarci troppa attenzione, consapevole che, forse sarei
inorridito se avessi scoperto quale miscuglio il mio amico stava
combinando.
Cinque minuti, si voltò di scatto verso
di me, spandendo un’altra nuvola di farina nell’aria, l’enorme sorriso sul
volto. “E’ pronto!” esclamò, lasciando cadere il cucchiaio di botto, battendo le mani pieno di entusiasmo. Si avvicinò saltellando alla
porta, spalancandola “Georg! Tom!
E’ pronto!!!”
“Che cos’è questa cosa?!?” bisbigliò Georg a Tom, indicando quella che Bill
aveva definito ‘Pasta al sugo’
Tom si voltò di scatto, gettando
un’occhiata al gemello infarinato che, piegato sulla padella, sporzionava, muovendosi al ritmo di una canzone trasmessa
dalla radio. Un secondo, si piegò verso Georg. Io,
seduto di fronte a lui, notai a malapena il movimento delle sue labbra. “Taci e
mangia.” Un secondo dopo, Tom ingoiò una forchettata
con una faccia poco convinta, poi si voltò verso Georg,
gettandogli un’occhiata esplicativa ‘O mangi o mangi’
Georg deglutì, poi annuì,
incominciando a mangiare. Abbassai lo sguardo sul piatto che mi stava di
fronte. Presi un bel respiro.
Quella notte, mi rigirai nel letto più
volte, faticando ad addormentarmi. Lo speciale sugo di
Bill, si era rivelato essere la cosa più pesante da
digerire che avessi mai mangiato fin’ora.
Mi voltai verso Tom, sdraiato nell’altro letto.
Russava pesantemente, come tutte le volte che era molto stanco o quando
mangiava troppo. Deglutii, cercando di rilassarmi e smettere di pensare al peso
allo stomaco. A poco a poco, scivolai nel sonno…
Ritter Gustav in Gegenwart von König Artus…
Le torri del castello si stagliavano nel
cielo, gli stendardi e le bandiere si muovevano come dotate
di vita propria, nel vento. Il silenzio regnava tutt’intorno.
Boooom!
Il rumore di un’esplosione, squarciò il
silenzio. Re Artù, seduto nella sala del trono, si
svegliò di soprassalto. Sbatté le palpebre un paio di volte, prima di
realizzare dove fosse.
“Che cos’è stato?”
domandò poi, asciugandosi la bocca col dorso della mano.
Un cane, unico essere presente nella
stanza eccetto lui, uggiolò piano, spostando la testa, risistemandosi per
tornare a dormire.
“Come avevo immaginato…” continuò il re,
parlando da solo “Non poteva essere che opera sua…”
Attese un secondo, troppo confuso per
sapere cosa fare. Il cane, uggiolò ancora.
“Hai ragione!” esclamò allora il re,
prima di urlare a squarciagola “Mago Georgino!!!”
Attese un secondo.
Pof!
Un ragazzo, infagottato in una veste che
riproduceva il cielo, apparve all’improvviso, in mezzo a
una nuvola di fumo. “Cof, Cof…”
tossì, portandosi una mano alla bocca.
“Cof, cof pure a te, caro Georgino!”
esclamò il re, convinto che si trattasse di un nuovo
modo di salutare.
Il mago lo osservò
allibito un secondo, poi si morse le labbra, tentando di trattenere le
risa. “In che cosa posso servirla, mio signore?” domandò poi, quando fu sicuro
che la sua voce non sarebbe suonata una presa in giro.
Il re si grattò la testa
“Effettivamente, non ricordo perché ti ho chiamato…”
Il mago Georgino
alzò lo sguardo al cielo, domandandosi perché era stato così idiota da
accettare quel lavoro, senza prima fare un colloquio
come si deve con il re.
“Beh, allora, sire, io andrei…Avrei un
impegno con il circolo magico…” concluse il mago,
immaginandosi già spaparanzato sul divanetto nuovo, nella torre più alta.
“Aspetta un attimo, mago Georgino. Prima vai a chiamare il più prode dei miei
cavalieri!” disse il re, pieno di entusiasmo.
“Cioè l’unico
che non è ancora fuggito, perché tornerà all’incirca fra una decina di minuti,
sire?!?” domandò il ragazzo sarcastico, controllando il suo orologio da polso.
“Esatto!” concluse
il re, dimostrando di non aver ascoltato nulla.
Georgino inarcò un sopracciglio, sospirando. Se
non fosse che il re lo pagava più che profumatamente, se ne sarebbe già andato
via da tempo. Tenendo conto che era stato assunto solo
il giorno prima, implicava che sarebbe fuggito subito dopo
aver firmato.
Sospirò ancora, allontanandosi per
raggiungere il cortile, dove sapeva, grazie alle sue doti di chiaroveggente,
che a breve sarebbe arrivato l’ultimo cavaliere. Si
sedette su una panca di legno, fissando l’orizzonte.
Pochi minuti dopo riconobbe il rumore di
un cavallo al galoppo. Vedendo che si avvicinava sempre di più, si alzò in
piedi, preparandosi ad accogliere il nuovo venuto. Almeno supereremo
la decina…, si disse, contando mentalmente se stesso, il re e i pochi
servi.
Un cavaliere, ricoperto da una candida
armatura, tirò le redini, fermando il cavallo. Un secondo dopo, si voltò,
fissando il mago.
“Voi chi siete?” domandò con voce seria.
Il ragazzo sorrise “Sono il nuovo mago. Mago Georgino.”
Il cavaliere tacque, smontando
velocemente da cavallo. Tirando il suo destriero per le redini, lo portò fino
alla stalla. Il mago lo seguiva, aspettando che dicesse qualcosa.
Giunto nella stalla, il cavaliere si
levò l’elmo, appoggiandolo su uno sgabello. Il mago lo fissò esterrefatto.
L’ultimo cavaliere aveva una massa di capelli biondi e riccioluti. I suoi occhi
scuri, rivelavano una serenità e pacatezza che mai si sarebbe aspettato di
vedere in un uomo d’arme. L’altro,
notando lo sguardo del mago, accennò un sorriso lievissimo, prima di voltarsi
per nutrire il cavallo.
“Comunque, sei
venuto ad accogliermi solo perché eri curioso?” domandò il cavaliere, ora con
pezzi di fieno che gli sbucavano dai riccioli.
Georgino sgranò gli occhi di colpo “No,
accidenti! Ti vuole re Artù!”
Il cavaliere
sorrise
ancora “Andiamo, allora…”
Al cospetto del re, di nuovo
addormentato sul proprio trono, il cavaliere si inginocchiò.
Il mago invece, si avvicinò lentamente al proprio sovrano e lo scosse
lievemente.
“Eh…cosa…chi…?” balbettò lui,
svegliandosi.
“Sire, è tornato…” iniziò il mago,
bloccandosi all’improvviso, improvvisamente conscio di non conoscere il nome
del cavaliere.
“Sir Gustav da Magdeburg” concluse il cavaliere, abbassando rispettoso la testa, un
solo istante.
“Bene, bene!” iniziò
re Artù “Ma perché mi hai svegliato?” domandò
un secondo dopo, rivolgendosi al mago.
Georgino lanciò un’occhiata a Gustav, poi sospirò, esasperato “Sire, siete
stato voi a dirmi che volevate vederlo…”
Un lampo passò negli occhi del sovrano
“Ah, sì! Ho una missione da affidarvi, mio prode! Alzatevi in piedi!”
Gustav si alzò, appoggiando lo sguardo sereno
sul volto del re “E’ ora che io abbia una sposa…” iniziò il re, sorridendo
“…per questo Gustav, voi andrete nella foresta nera,
dove si dice si trovi prigioniera la fanciulla più
avvenente del reame e la porterete da me…”
Il cavaliere annuì.
“E il mago Georgino verrà con voi…”
Il mago e il cavaliere si scambiarono
un’altra occhiata. Sorrisero.
“Allora…che informazioni abbiamo?”
domandò il cavaliere con voce calma mentre, a cavallo del proprio destriero, si
avvicina ai margini della foresta nera.
Il mago, un po’ instabile in groppa al
proprio cavallo, continuò a fissare davanti a sé, mentre rispondeva “Scarse. Praticamente sappiamo solo che si trova in questa foresta…”
Gustav, sorrise, tranquillo. “Beh, ce la
caveremo comunque…”
Dopo tre ore di marcia a piedi, per via
della vegetazione troppo fitta, Mago Georgino,
esausto e infangato, si appoggiò ad un albero.
“Gustav…”
chiamò, senza fiato.
Il cavaliere, che camminava davanti a
lui, si voltò. Lo fissò un secondo, poi sorrise “Fermiamoci
qui…” disse.
Georgino, abbozzò un leggero sorriso, poi si
lasciò cadere al suolo.
“Secondo te il re mi ha mandato con te
per dispetto?” domandò il mago all’improvviso.
Gustav, che sfregava velocemente due
pezzettini di legno, per accendere il fuoco, si voltò ancora verso l’altro,
prima di rispondere “Forse ti vuole morto…” rispose, vedendolo completamente
senza forze.
Sul volto di Georgino
si schiuse un sorriso.
“Adesso però, renditi utile!” continuò il cavaliere “Vai a cercare dei funghi!”
Il mago si alzò con un notevole sforzo,
allontanandosi.
“GUSTAV!”
Il cavaliere, seduto accanto al fuoco,
fischiettava tranquillo.
“Gustav! Gustav!”
Mago Georgino,
la veste un po’ tirata su, piena di funghi di un vistoso
color rosso sangue, corse in fretta nella radura, dove si trovava il suo
compagno.
Gustav, vedendolo così, sorrise, mentre un
luccichio divertito attraversava le sue iridi scure “Lanci una nuova moda, Georgino?” domandò, indicando con un braccio le gambe
esposte del mago.
Georgino sgranò gli occhi. Imbarazzato, scoppiò
a ridere, lasciando cadere la veste all’improvviso. I funghi rotolarono al
suolo con diversi tonfi.
“Gustav! Ho trovato la principessa!” continuò il mago, l’enorme
sorriso sulle labbra.
Il viso del cavaliere si
irrigidì, facendosi serio “Ne sei sicuro?” domandò.
Il mago annuì “Quante fanciulle
pensi che se ne starebbero nel bel mezzo del bosco, in una torre altissima, a
fissare il cielo e a cantare sconsolate…?!?” fece notare coerentemente Georgino.
“Non hai tutti i torti...” iniziò Gustav poi, dopo aver dato
una poderosa pacca sulla spalla del mago, concluse “Fammi vedere dov’è allora…”
Georgino, pieno di entusiasmo,
si mise a camminare velocemente verso il punto da cui era arrivato. Un secondo,
il suo stomaco brontolò rumorosamente. Il mago si fermò di botto, voltandosi
verso il fuoco. “Mangiamo qualcosa prima?” domandò, incapace di controllare la
sua fame.
Gustav lo fissò allibito “Abbiamo una
damigella da salvare e tu pensi al cibo?!?” chiese con
voce inorridito
“L’uomo è uomo!” interloquì saggiamente
il mago, fregandosi la pancia.
Il cavaliere rise
“L’uomo sarà anche uomo, Georgino…” iniziò “…Però
quei funghi sono velenosi…” concluse, precedendolo.
Georgino, rassegnato, gettò un
ultima occhiata affamata ai funghi. Sospirò.
“E’ questa la torre?” domandò Gustav, avvicinandosi alla costruzione traballante.
Georgino, al suo fianco, annuì. “Più avanti c’è
la finestra da dove cantava…” spiegò.
“Sei sicuro fosse lei?” iniziò il
cavaliere con voce divertita “No, perché sai…dopo i
funghi…è meglio chiedere…”
Il mago non ebbe nemmeno il tempo di
rispondere. Un attimo dopo una voce celestiale risuonò dalla finestra. I due si
misero proprio sotto di essa. Le tende erano tirate,
della donzella nessuna traccia.
“Che se ne farà
mai delle tende in una foresta disabitata?” domandò Gustav,
buttandola sul ridere.
“Ci terrà alla sua privacy…” concluse Georgino, strizzandogli l’occhio.
Un secondo ed entrambi ridacchiarono,
poi lo stomaco del mago riprese a brontolare e lui ne approfittò
per riprendere la parola “Allora, ora che sappiamo dove si trova, che ne dici
di una bistecca?!?”
Gustav scosse il capo “Sei davvero pessimo…”
iniziò “…piuttosto, siccome non ci sono porte, che ne dici
di fare un incantesimo, di modo che possiamo raggiungere la finestra?!?”
Georgino aggrottò le
sopracciglia, riflettendo fra sé “Uhm…potrei usare l’incantesimo di
levitazione…”
Il cavaliere sorrise “Va bene.”
Un quarto d’ora dopo, il mago rifletteva
ancora fra sé, seduto su una roccia “Oppure, far apparire una scala…o…un
ascensore! Che ne dici di un ascensore, Gustav?!?” domandò all’improvviso, alzando la testa.
Del cavaliere nemmeno l’ombra. Il mago
impallidì. “Gustav?!?”
chiamò preoccupato poi, non ricevendo subito risposta, iniziò a parlare a se
stesso, a voce alta “Possibile che la mia magia sia così potente da averlo
fatto sparire senza volere?!?”
Tlack.
Un sassolino rotolò giù fino ai suoi
piedi. Il mago alzò il capo. Gustav, attaccato al
muro come un ragno, stava scalando la torre. “Gustav!
Ma che cosa stai facendo?!?” domandò Georgino incredulo.
Il cavaliere si voltò un secondo versò
di lui poi, con voce scherzosa, rispose “Secondo te, cosa sto
facendo?!? Vorrei risolvere questa faccenda, prima che la bella diventi una novantenne….Ed ora
muoviti e vieni a darmi una mano!”
Il mago si avvicinò al muro,
appoggiandoci le mani, titubante. “Devo farti una confessione…”
L’altro si voltò di nuovo “Oh, Gott! Dimmi solo che non mi trovi attraente!!!”
Il mago arrossì, giocherellando con le
mani, fissandosi i piedi “effettivamente…” iniziò, poi alzò di colpo il capo,
mettendosi ad urlare “MA CHE RAZZA DI INSINUAZIONI FAI,
IDIOTA?!? SE MI FAI CERTE BATTUTE, LO SAI CHE NON
RIESCO A NON STARE AL GIOCO! E POI STAVO PER DIRTI UNA
COSA IMPORTANTE!”
Gustav, quasi arrivato alla finestra, si fermò
per ridacchiare. “dimmi, dimmi…”
Pof.
I due si voltarono
immediatamente, guardando alla loro sinistra, improvvisamente seri. Il fumo si dissolse subito, rivelando
un cavaliere con una luccicante armatura nera. Con una mano,
aprì l’elmo, di modo che gli altri due potessero vederlo in volto.
“Ciò che voleva dirti è che, in realtà,
il debole l’ha sempre avuto per me, sin dai tempi delle scuole…” scherzò il
nuovo venuto, un sorriso accattivante sul volto.
Gli altri due lo fissarono esterrefatti.
“E tutto gli si può dire, eccetto che non ha buon
gusto…” concluse.
“Questo è fuor di dubbio!” confermò Georgino, ancora ai piedi della torre.
“Ma allora lo conosci?!?”
gridò Gustav, dall’alto.
Georgino fissò il cavaliere un
paio di secondi poi rispose “Sinceramente…no…”
Gustav, preso alla sprovvista dalla sua
risposta, dovette aggrapparsi ad una pianta rampicante, per non cadere di
sotto. Quando si fu ripreso, si voltò ed urlò al nuovo venuto “Anche tu sei qui
per fare della donzella la tua sposa?” domandò, per sincerarsi delle sue intenzione.
Il cavaliere nero rise. “Certo, certo…” iniziò, sorridendo ancora accattivante “Farò di lei la mia
sposa, almeno per stanotte…”
L’altro lo fissò
allibito poi, un secondo dopo, il mago Georgino,
sgranò gli occhi, urlando “Thomas! Tu non puoi
essere che Thomas!”
Il cavaliere nero gli
sorrise, poi gettando un’occhiata a Gustav, si
presentò “Sir Thomas. Qui
per aiutarvi…che tradotto, significa, qui per fregarvi la bella…”
Non appena ebbe finito di parlare,
pronunciò una formula e spiccò un poderoso saltò, arrivando al balcone.
“Magia!” esclamò Georgino,
sorridendo compiaciuto.
Thomas rise, scostando piano le tende, mentre Gustav si voltava a gettare un’occhiataccia ai piedi della
torre “Hai forse dimenticato che sei un mago pure tu?!? Fai qualcosa!”
“Ah, già!”
Georgino, sfruttando lo stesso incantesimo di Thomas, spiccò un salto, atterrando a sua volta sul
balcone. Si avvicinò alle tende.
“Non dimentichi qualcosa?!?” lo ribeccò ancora Gustav, un
po’ irritato.
Il mago impallidì, voltandosi subito ad
aiutarlo. Un minuto dopo, entrambi si accasciarono sul
balcone, esausti. “Grazie..” disse Gustav.
“Non c’è di che…” rispose subito il
mago, sorridendogli.
Un attimo di silenzio poi,
all’improvviso, un urlo.
Gustav saltò subito in
piedi, sguainò la spada “Dobbiamo salvarla!” esclamò deciso, gettandosi
attraverso le tende.
Sgranò gli occhi,
la spada gli cadde
di mano. Thomas imprecava senza sosta, tirando calci
al muro. Gustav e il Georgino
lo fissarono increduli. Il cavaliere nero, ricambiò il loro sguardo, il viso
rosso.
Dall’altra parte della stanza, la
donzella seduta davanti ad uno specchio, si pettinava i lunghi capelli scuri.
Sembrava non essersi ancora accorta che nella sua camera da letto si erano
insinuati tre uomini.
Appoggiò la spazzola sul tavolino, si
voltò.
“Oh, Gott!”
esclamò Gustav.
“Oh, Gott!”
ripeté Georgino, sgranando gli occhi.
“Qua l’unico autorizzato a dirlo sono io…”
disse Thomas, avvicinandosi al mago, afferrandolo per
le spalle ed iniziando a scuoterlo “Ti rendi conto?!?
Mio fratello è vestito da donna!!! Ed io, per questo,
stasera andrò in bianco!!!”
Bill, si voltò un secondo verso il
cassettone. Aprendo un cassetto, ne estrasse una
padella stracolma di pasta al sugo. Sorrise.
Gli altri tre si abbracciarono,
ricominciando ad urlare.
Sdraiato nel letto, dormivo tranquillo
quando, all’improvviso, nel sonno, mi parve di sentire un urlo. Mi ci vollero
un paio di minuti per rendermi conto che l’urlo era reale e che non faceva
parte del sogno. Quando poi riuscii ad aprire un
occhio, mi guardai attorno.
La stanza era deserta. Di Georg, nemmeno l’ombra.
Preoccupato, mi alzai, avvicinandomi al
corridoio. Dalla porta della cucina, un piccolo spiraglio di luce, correva sul
pavimento. Passando di fianco alla stanza di Tom e Gustav, gettai una rapida occhiata pure al suo interno. Vuota. Sempre più preoccupato, accelerai il passo.
Appoggiai la mano sulla maniglia, spalancando la porta.
Tom e Georg,
seduti al tavolo, si voltarono subito a guardarmi, gli occhi sgranati. Gustav, vicino ai fornelli, versava qualcosa di caldo nelle
tazze. Si avvicinò agli altri due, porgendogliele. Io li fissai, senza capire.
“Ma che…?!?” domandai.
“Incubi…” rispose Georg,
prima di prendere una sorsata dalla tazza.
“Incubi?!? Tutti e tre?!?” domandai incredulo.
Annuirono, fissando la tovaglia. In
silenzio, bevevano dalle tazze. Mi avvicinai,
sedendomi. “Ma com’è possibile?!?” chiesi ancora.
Georg fissò Gustav, Gustav fissò la
tazza. Allora il bassista spostò lo sguardo su mio
fratello. Tom annuì. “Scusa, Bill…”
iniziò Tom, guardandomi negli occhi “Scusami…ma la cucina non è, non è mai stata, ne sarà mai, il
tuo talento…”
Io lo fissai allibito,
sbattendo le palpebre “Mi stai dicendo che faceva schifo?” domandai.
Mio fratello spostò lo sguardo un
secondo sugli altri. Deglutì poi tornò a fissarmi,
annuì.
“Allora perché lo avete mangiato?!?” chiesi ancora.
“Per farti contento, ovviamente!”
rispose Tom, esasperato da una domanda che
considerava scontata. Georg e Gustav
annuirono, dietro di lui.
“Kyaaaaaaaaa!”
urlai io, saltellando felice.
Georg gettò un’occhiata a Tom
“Ma è impazzito?” domandò “Gli abbiamo appena detto che la sua cucina è penosa e lui saltella felice come quando lo portiamo allo
zoo….”
Tom sorrise, alzandosi in piedi, la tazza
in mano. Mi si avvicinò, tendendomela “Bevi”
disse.
“Cosa?!?
Perché?!?” domandai, stupito.
“Ti farà digerire…Noi
tre abbiamo fatto un incubo…”
Io annuii, afferrando la tazza di mio
fratello.
“ ‘Nacht, bruder” disse Tom, uscendo dalla cucina, subito seguito da Georg e Gustav. I miei amici,
passando, mi sorrisero.
Rimasto solo in cucina, fissai la tazza
ancora mezza piena di mio fratello. Sorrisi, pensando a
quanto fossi importante per lui. Si preoccupava di me, anche quando era
lui a stare male. Sorridendo, mi portai la tazza alle labbra. Bevvi.
Das Ende…