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Autore: _Lis    12/08/2014    2 recensioni
Non so mai cosa scrivere nelle introduzioni, ho sempre paura di svelare troppo oppure troppo poco!
Dopo un grave incidente d'auto, Oliver si troverà ad affrontare numerosi ostacoli che gli impediranno di tornare a vivere la sua vita come prima.
La situazione non è più facile per Jen, la sua ragazza, che cercherà in tutti i modi di ricomporre l'esistenza di Oliver e di rispondere alle domande che tutti si pongono da quella notte, ma l'unica persona che possiede tutte le risposte non è più in grado di darle.
-Da questa presentazione non la leggerei nemmeno io, ma giuro che è meglio di così!-
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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 Sono un po' nervosa.
Non so se dovrei raccontare ad Oliver la verità su come ci siamo conosciuti. Non so se tocchi proprio a me raccontargli alcune cose del suo passato, non credo di essere la persona adatta.
Infondo, il nostro non è stato un incontro come tanti altri. Poche cose nella nostra relazione erano ordinarie, ma questo non vuol dire che il sentimento che ci legava, e che forse ci lega ancora, non fosse forte. Anzi, proprio tutte le nostre difficoltà hanno reso tutto più speciale.
La supplente di storia sta continuando a parlare e io sto perdendo il filo del discorso.
Appoggio la testa al mio banco infondo alla classe, e socchiudo gli occhi tornando indietro nel tempo.


All' improvviso un rumore metallico mi fa sobbalzare.
“Signorina Davis?” Sento una voce in lontananza.
Riapro gli occhi. Ho la vista appannata.
“È bello sapere che la mia lezione le interessava così tanto...” Dice sarcastica la professoressa. “Sarà contenta di sapere che l'ora di storia è finita.”
Sbatto le palpebre e la vedo alzarsi dalla cattedra per uscire dalla classe.
Mi stropiccio gli occhi, raccolgo il mio zaino ed esco in corridoio.
Sono le dodici, dobbiamo scendere in mensa.
Mi appoggio con la schiena al muro aspettando che Matt e Lee mi raggiungano qui come al solito per poi andare a pranzo.
“Ehi stramba!” È la voce di Eric, un mio compagno di classe.
Cerco di ignorarlo. Mi tormenta da praticamente un anno. Eravamo molto amici ma poi, da quando iniziai ad uscire con Oliver e gli altri, le cose sono cambiate.
La maggior parte del tempo si limita a lanciarci occhiate cariche d'odio, solo quando mi trova da sola cerca in qualsiasi modo di mettermi a disagio.
“Ehi!” Me lo trovo davanti ma non lo voglio guardare in faccia.
È molto più alto di me, ha gli occhi scuri e i capelli biondi che spuntano da sotto un beanie grigio. Sarebbe un bel ragazzo se non si divertisse a fare il bullo.
Accanto alle sue scarpe vedo quelle di qualcun altro ma non so chi possa essere e non mi importa, da un momento all'altro arriveranno i ragazzi e andremo via.
“Non è che il tuo ragazzo ti ha dato qualcuna delle sue pastiglie?” Ride. “ È per questo che dormivi in classe?”
Scuoto la testa rassegnata e stufa.
“A proposito, ho sentito che è di nuovo in ospedale.” Continua.
Serro la mascella e mi sforzo di non ascoltarlo.
“Scommetto che è stato un altro incidente, vero?” Dice ridendo.
“Tu non sai proprio niente, capito?” Sbotto, facendo un passo in avanti.
“Tutto ok?” Dice Matt da dietro le spalle di Eric.
Lui si volta e lo guarda stupito.
“Si, è tutto apposto” Dico raggiungendo i due ragazzi.
“Sicura?” Chiede ancora Matt.
Annuisco e inizio a spingerli via, che Matt faccia una scenata in corridoio.
Non ho certo bisogni di altra cattiva pubblicità.
“Ma chi diavolo era?” Domanda Lee a bassa voce.
“Nessuno” Scuoto la testa. “Cioè, era mio amico una volta...”
“Tuo amico? A me non sembrava!” Esclama Matt mentre scendiamo le scale.
“Si beh, credo se la sia presa quando ho iniziato a passare più tempo con voi e...” Alzo le spalle. “Non è sempre stato così...”
“Ok, comunque sia è un problema.” Continua lui.
“Si ma non mi importa, posso gestirlo. Ora ci sono cose più importanti a cui pensare.” Dico arrendendomi alla realtà.
“Va bene ma se ti dovesse dare fastidio chiamaci la prossima volta, ok?”
Annuisco.


“Ciao Oliver!” Sorrido entrando nella stanza.
“Ciao! Sei venuta!” Mi accoglie lui allegro.
“Si, te lo avevo promesso no?”
“Molti fanno promesse che non mantengono però... Come mia mamma, aveva detto che avrebbe passato più tempo qui...”
“Beh, lei ha un lavoro e io non sono quel tipo di persona.” Mi lascio cadere sulla sedia accanto al suo letto.
“Buono a sapersi, comunque non mi sembravi un bugiarda.” Sorride.
“Meglio così. Come va?” Chiedo.
“Se uso le stampelle riesco ad andare in bagno da solo, faccio progressi!” Ride.
“Dai, guarda che è già un passo avanti.” Rido anche io. “Quindi le costole vanno meglio se riesci ad alzarti dal letto.”
“Già, se voglio posso anche fare un giro qui intorno, non è il massimo ma è un inizio.” Alza le spalle.
“Quindi se chiedo all'infermiera una sedia a rotelle, possiamo uscire?”
“Penso di si.” Lui annuisce.
“Ok, allora aspetta che vado a chiamarla.”
Esco dalla stanza e poco più in la vedo una delle infermiere che vedo sempre in questo reparto.
“Salve!”
“Ciao, hai bisogno di qualcosa?” Mi chiede gentile.
“Si, mi servirebbe una sedia a rotelle... Vorrei portare Oliver a prendere una boccata d'aria.” Spiego.
“Oliver?” Sembra non ricordarsi.
“Sykes.” Spiego. “Stanza 11.”
“Oh si certo, te la porto subito!” Esclama allontanandosi.
Resto li in piedi e mi guardo attorno.
Il corridoio e praticamente vuoto, ci sono pochi parenti o amici in visita. Non dev'essere bello passare tutto il tempo qui da soli, in una camera d'ospedale.
“Eccola qui” L'infermiera è tornata e sta spingendo davanti a se la carrozzella che le avevo chiesto.
“Grazie mille.” Dico afferrando le impugnature dietro la sedia.
“Non farlo stancare troppo eh” Si raccomanda. “Sta meglio ma ha ancora bisogno di stare a riposo.”
“Certo, lo terrò presente.” Annuisco e mi dirigo di nuovo verso la camera di Oliver.
“Eccomi! Sei pronto?” Chiedo entrando.
“Eccome, non ho ancora messo piede all'aperto!”
“Davvero? Allora è un grande avvenimento questo!” Rido. “Ce la fai a sederti?”
Avvicino la sedia al letto.
“Si... Credo di si” Dice iniziando a scendere.
Le costole gli danno ancora qualche problema quando si muove troppo e la gamba ingessata non gli facilita le cose.
Si lascia sfuggire un piccolo lamento quando finalmente riesce a sistemarsi sulla sedia a rotelle.
“Tutto bene?” Chiedo preoccupata.
“Si si tranquilla” Mi assicura. “Andiamo?”
“Agli ordini!”


“Mi avevi promesso anche un'altra cosa, ricordi?” Dice Oliver una volta usciti dall'ascensore.
“Si certo che mi ricordo, ma almeno aspetta che troviamo un punto dove fermarci ok?”
“Va bene” Si ammutolisce.
“Metti la giacca, fuori fa freddo...” Gli dico.
Lui ubbidisce.
“Grazie” Dice.
“Grazie?”
“Si... Per aver deciso di prenderti cura di me...”
È una buona cosa che in questo momento lo stia spingendo, è più facile parlare senza doversi guardare in faccia.
“Non mi pesa, sai? Sono contenta di poter essere utile. Restare con le mani in mano in una situazione del genere mi ucciderebbe.” Spiego.
“Capisco...” Annuisce. “Credo...”
Restiamo un po' di minuti in silenzio mentre continuo a spingere la carrozzella lungo il vialetto del giardino dell'ospedale.
“Va bene se ci mettiamo li?” Chiedo indicando un muretto basso dove posso sedermi.
“Ok”
Metto il freno alla sedia a rotelle e poi mi siedo di fronte a lui.
“Allora...” Faccio dondolare le gambe. “Vuoi che ti racconti come mi hai conosciuta?”
Lui annuisce. “Però non tralasciare niente, ok? Mi interessa davvero.”
“Va bene..”
Prendo un respiro profondo e comincio.
“Era l'anno scorso, io ero al terzo anno e tu al quarto. Io sapevo già chi eri, diciamo che poche persone a scuola non avevano mai sentito parlare di te...”
Mi fermo e lo osservo, la sua espressione non tradisce emozioni.
“Sai, uhmm... Pochi mesi prima che ci incontrassimo un ragazzo ti aveva trovato svenuto in bagno con un flacone di pastiglie mezzo vuoto. Non so che tipo di pastiglie fossero... Quasi nessuno lo sa.”
Non so se sto facendo bene a dirgli queste cose.
Lui resta impassibile, così vado avanti.
“Da quel giorno, tutti a scuola sanno chi sia Oliver Sykes, anche se in molti non sanno nemmeno che faccia abbia. Nemmeno io lo sapevo, finché un giorno per caso non ti ho sentito parlare con Matt. Da quel giorno, non prendermi per pazza, ho iniziato ad osservarti mentre in corridoio mi passavi accanto senza nemmeno notarmi e mentre stavi in cortile con gli altri. Mi piaceva il gesto con cui portavi la sigaretta alle labbra, mi trasmetteva tranquillità.”
“Fumavo?” Chiede interrompendomi.
Davvero questa è la cosa che lo stupisce di più?
“Uhmm si... E anche tanto. Ti dicevo sempre che avresti dovuto smettere.”
Lo vedo annuire immagazzinando le informazioni, così continuo il mio racconto.
“Comunque, mi piaceva guardarti e mi piacevi tu.” Dico sorridendo. “Ogni giorno desideravo di poterti parlare, poterti conoscere. Eri diventato la mia ossessione.” Rido. “Penserai che io sia strana ora.”
“No, credo che sia una cosa... Uhmm... Carina?” Dice.
“Non te lo avevo mai raccontato.” Stringo le labbra. Ora non voglio pensare che quello che ho davanti è un nuovo Oliver. No, voglio pensare che lui sia sempre il mio Oliver, deve solo ricordarselo.
“Beh, me lo stai raccontando ora.” Mi poggia una mano sul ginocchio. “Continua, voglio sapere come ti ho incontrato.”
“Ok. Era Aprile, ma il freddo dell'inverno sembrava non voler andarsene. Ricordo bene quella mattina, non mi sentivo molto bene così chiesi al signor Berry, il prof di scienze, se potessi uscire per andare in bagno. Mi girava la testa e avevo seriamente paura di vomitare, ma probabilmente ero solo in ansia per il compito di geometria del pomeriggio. Quando arrivai in bagno, dopo una passeggiata in corridoio, già stavo meglio così decidi di andare a prendere una boccata d'aria sul terrazzato, e ti ho trovato li, eri seduto sul muretto mi davi le spalle e avevi le gambe a ciondoloni nel vuoto.”
“Mi volevo bu..?”
Lo interrompo scuotendo la testa, prima che possa finire la domanda.
“È quello che ho pensato anche io subito, e mi hai fatto spaventare un sacco, lo ammetto, ma in realtà eri solo li seduto a non fare niente.” Sorrido.
“All'inizio non sapevo cosa fare. Non volevo chiamare un insegnante, sarebbe stato peggio, così senza farmi sentire mi sono avvicinata a te, mi sono seduta sul cornicione al tuo fianco e poi ti ho salutato. Tu mi hai guardato malissimo e mi hai chiesto chi fossi. Sei stato un po' brusco, e subito ci restai un po' male, ma dentro di me sentivo che quella era solo una facciata, e avevo ragione. Così mi presentai e dopo dopo avermi chiesto come mai fossi li...”
“Ti dissi di scendere perché saresti potuta cadere.” Dice lui guardandosi le mani posate sulle ginocchia.
“Si... Esatto...” Lo guardo sorpresa. “Ma... Come fai a saperlo?”
“Non lo so” Alza le spalle.
“Ricordi qualcos'altro?” Chiedo emozionata.
“No... O almeno non credo. A volte mi capita di pensare o sognare cose che credo siano i miei ricordi, ma sono così confusi...” Spiega rassegnato.
“Non importa, tranquillo.” Lo vorrei abbracciare, ma forse non è il caso.
“Va pure avanti” Mi dice.
“Ok... Appunto, tu mi dissi di scendere dal cornicione ma io non ho voluto darti retta e ti dissi che se volevi davvero che io scendessi saresti dovuto scendere prima tu così, dopo avermi guardato male, hai fatto mezzo giro su te stesso e sei sei saltato giù tornado sul terrazzo. “Contenta? Ora scendi da li” Mi dissi porgendomi una mano per aiutarmi.”
Lo vedo sorridere.
“Che c'è?” Gli chiedo.
Lui scuote la testa. “Niente, è solo che mi piace questa storia.”
“Già, anche a me.”
“E poi da li come è successo che di mettessimo insieme?” Mi chiede.
“Credo che te lo saprai la prossima volta perchè si è fatto tardi e se non sbaglio tra poco il dottore ti deve visitare no? E poi l'infermiera mi ha detto di non farti stancare troppo...”
“Ma non so stanco...” Protesta.
“Non fare i capricci, su!” Rido.


Lo aiuto a rimettersi a letto e mi assicuro che sia tutto apposto sistemandogli le lenzuola e i cuscini.
“Non devi fare tutto questo per me sai?” Mi dice osservando ogni mio movimento.
“Hai ragione, non devo. Però voglio.” Sorrido.
“Un giorno mi dovrai spiegare anche perchè ho questi tatuaggi” Ride indicandosi dappertutto.
“Quello lo devi chiedere a Matt, la maggior parte li hai fatti con lui!”
Sospiro. Mi manca vederlo a scuola che sbuffa per l'interrogazione andata male, o a casa mia seduto sul mio letto mentre mi guarda fare i compiti.
Lo abbraccio.
Sento le sue mani sulla mia schiena.
“Ci vediamo domani.” Mi sussurra all'orecchio.




 
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