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Autore: Elwing Lamath    12/08/2014    5 recensioni
" Merlin si era accorto sempre più di essere in grado di leggere Arthur come se fosse un libro aperto. Bastava saper vedere tra le righe e aggiungere a mano le note a piè di pagina. (...) Ormai il giovane mago aveva imparato a leggere gli indizi che facevano capire quando il principe era sull’orlo di una colossale cotta. (...) Ogni qual volta trovava i suoi indizi, anziché essere soddisfatto della sua ricerca, veniva attanagliato da una morsa allo stomaco che lo metteva di pessimo umore, e che sembrava stringere sempre più dolorosamente appena vedeva Arthur in compagnia della sua nuova conquista. (...)
Arthur sembrò boccheggiare mentre rivolgeva nuovamente l’attenzione alla ragazza che aveva di fronte, e balbettò nel salutarla. Il giovane mago sospirò tra sé e sé, accusando come un pugno dritto allo sterno. Fase uno: il colpo di fulmine. Primo indizio: balbuzie. Se non andava errando, e lui raramente sbagliava, la bella Carys sarebbe presto divenuta oggetto dei corteggiamenti
del principe."
[Partecipa al "Contest di Gelosia!!!" indetto da Io@ ;) sul Forum di EFP)]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Titolo: Di indizi e tartine al limone
Autore:  Elwing_L (EFP FORUM)    Elwing Lamath (EFP )   
Fandom: Merlin
Pacchetto utilizzato:  7
Genere: Fantasy, Romantico
Rating: Giallo
Eventuali avvertimenti: Nessuno
Eventuali note: What if?

 

 

NOTE DELL’AUTRICE: Eccomi di nuovo qui, questa volta partecipando ad un contest, a scrivere di Merlin… Non si è capito che è il mio fandom preferito?! Noooo, assolutamente! Ho scritto praticamente solo in questo fandom finora! XD… e mi sa proprio che continuerò a farlo, torturando questi poveri personaggi (come se non ne avessero già passate a sufficienza nella serie tv)!

Passiamo al titolo: la storia parla di indizi, ma se siete arrivati fino a qui, questo l’avete già letto nell’introduzione, mentre le tartine al limone sono una faccenda tutta diversa. L’idea di inserirle nella storia mi è venuta mentre avevo in mano una deliziosa tortina limone e ricotta… e poi la mia mente è volata a Game of Thrones, dove (per chi lo conoscesse) le tartine al limone sono la passione di lady Sansa Stark… il collegamento (logico!? O.o) è stato immediato: dovevano esserci anche nella mia storia! … mi faccio troppi viaggi?!... lo sapevo già XD

Vi lascio alla lettura. Spero che vi piaccia, e che troviate il tempo per lasciare una vostra recensione! Anche piccola, mi farebbe molto piacere!

Un bacio,

Elwing…

  

Di indizi e tartine al limone


Un geloso trova sempre di più di quanto cerchi.

(Madeleine de Scudéry)

 

 

Con il passare del tempo, Merlin si era accorto sempre più di essere in grado di leggere Arthur come se fosse un libro aperto. Bastava saper vedere tra le righe e aggiungere a mano le note a piè di pagina. Dopo più di due anni al servizio dell’Asino reale e una sfilza di principesse, nobili fanciulle e avvenenti servette delle quali Arthur si era invaghito, ormai il giovane mago aveva imparato a leggere gli indizi che facevano capire quando il principe era sull’orlo di una colossale cotta. Se inizialmente Merlin si era illuso di divertirsi in quell’insolita caccia, ora la cosa non era poi così tanto piacevole. Ogni qual volta trovava i suoi indizi, anziché essere soddisfatto della sua ricerca, veniva attanagliato da una morsa allo stomaco che lo metteva di pessimo umore, e che sembrava stringere sempre più dolorosamente appena vedeva Arthur in compagnia della sua nuova conquista.  

Eppure il mago si meravigliava di sé stesso e del suo comportamento. Perché gli importava di quali dame il principe scegliesse per dilettarsi? Perché da qualche tempo era diventata una sua fissazione, anzi un suo tormento?

L’Asino dal canto suo sembrava farlo apposta, e nonostante Merlin cercasse di evitare ogni contatto con Arthur quando era in compagnia della donzella di turno, lui gliela spiattellava in faccia di continuo, pavoneggiandosi e divertendosi nell’assegnargli compiti assurdi che il principe si inventava nelle sue strategie di corteggiamento. Quando si invaghiva di qualcuna, iniziava una fastidiosissima cantilena senza scopo, in cui assillava il povero valletto parlandogli continuamente di quanto fosse bella, aggraziata o dolce la sua nuova conquista. Quando poi iniziava a spingersi in altri particolari, Merlin decideva di staccare completamente il cervello e smetteva di ascoltarlo. Per fortuna non aveva praticamente memoria di quei tratti di conversazione, e di questo era grato a sé stesso, perché aveva la netta sensazione che altrimenti sarebbe impazzito arrovellandosi su quelle dovizie di particolari.

 

 

“Questa volta dovrai renderti presentabile, Merlin. Per cui levati quel tuo ridicolo fazzoletto dal collo e assicurati di indossare un’uniforme degna di questo nome.” Gli aveva detto Arthur prima di spedirlo presso la sartoria del palazzo.

Re Sigfrid stava calando dal Nord con tutto il suo seguito per firmare un trattato che avrebbe decretato una delle alleanze più importanti che Camelot avesse mai stretto in tutta la sua storia. Per questo, ogni cosa doveva essere fatta in grande e ogni persona a palazzo, nobile o umile che fosse, doveva presentarsi in pompa magna. Merlin si era però imposto ad Arthur, rifiutandosi espressamente di indossare ancora la ridicola divisa dei valletti di corte che già una volta gli era stata rifilata. Una volta tanto, l’Asino aveva acconsentito e Merlin si era ritrovato in un battibaleno a fare da modello alla grassa sarta di corte.

Gaius lo aveva addirittura costretto a lasciarsi tagliare i capelli e farsi fare la barba, assicurandosi poi che il suo protetto si fosse vestito a dovere, come se fosse un bambino di cinque anni non ancora totalmente in grado di badare a sé stesso.

Prima di uscire dagli alloggi del vecchio medico si rimirò allo specchio, e per un attimo stentò a riconoscersi. La frangetta uniforme era stata rimpiazzata da un taglio sfilato che gli evidenziava gli zigomi alti e la forma affusolata del viso. L’uniforme consisteva in una giubba di velluto blu zaffiro, che si sposava magnificamente col colore delle sue iridi, facendole risaltare come pietre incastonate nel suo volto. I bottoni dorati erano in coordinato con il dragone dei Pendragon ricamato sul braccio, sempre in oro. Completavano il tutto pantaloni e stivali neri, nuovi anche quelli. Merlin osservò che la sarta, più o meno consciamente, aveva richiamato nelle tinte dell’abito i colori che caratterizzavano lui stesso: il nero, il blu e l’oro della magia, anche se quest’ultimo particolare lei chiaramente non poteva conoscerlo.

Quando entrò nella sala del trono, Uther ed Arthur avevano già ricevuto re Sigfrid, che ora stava accanto al sovrano di Camelot nello splendore della sua armatura nera e di un ampio mantello di lupo, presentandogli i membri della sua corte. Merlin si fece strada attraverso il mare di folla che si era radunato per accogliere la delegazione. Con un ultimo spintone guadagnò la prima fila alla destra del trono, proprio mentre Sigfrid stava presentando al principe l’incantevole figlia del suo primo consigliere, Carys. Lo vide sorridere alla ragazza dalla magnifica chioma rossa, poi, Arthur sollevò lo sguardo nella direzione di Merlin, accorgendosi della sua presenza e inchiodando i suoi occhi per qualche istante in quelli del valletto. Merlin vide l’azzurro delle sue iridi sgranarsi a dismisura. Arthur sembrò boccheggiare mentre rivolgeva nuovamente l’attenzione alla ragazza che aveva di fronte, e balbettò nel salutarla.

Il giovane mago sospirò tra sé e sé, accusando come un pugno dritto allo sterno. Fase uno: il colpo di fulmine.  Primo indizio: balbuzie. Se non andava errando, e lui raramente sbagliava, la bella Carys sarebbe presto divenuta oggetto dei corteggiamenti del principe.

 

 

Per tutto il banchetto che aveva seguito il corteo di benvenuto, Arthur lo aveva costretto a stargli praticamente appiccicato, continuando a servire vino rosso a lui e alla sua deliziosa ospite dai capelli fiammeggianti e gli occhi di ghiaccio. Merlin doveva ammetterlo, era di una bellezza rara, e possedeva una delicata ironia, a giudicare dai loro discorsi, che il povero mago si era dovuto sorbire per intero, venendo costantemente assordato dalle sonore risate in cui il principe esplodeva ad ogni battuta della fanciulla, proprio quando Merlin si avvicinava per riempir loro i calici.

“Oh! Le tartine al limone! Sono le mie preferite!” esclamò entusiasta la ragazza non appena vide servirsi il dolce.

Merlin si sporse all’orecchio del principe, mentre gli serviva il vino speziato:

“Sarebbero anche le mie preferite! Se solo avessi mai occasione di mangiarle!” borbottò con una nota velenosa.

“Taci Merlin!” Gli sussurrò imperioso il biondo, rimarcando il concetto con un pestone che fece trasalire il povero valletto, tornando subito dopo a sorridere a Carys.

Merlin fulminò con lo sguardo la nuca del principe, ma non aggiunse più nulla per il resto del banchetto.

Ormai provato dalla serata, dopo aver scortato Arthur fino ai suoi alloggi, aveva tentato di ritirarsi il più in fretta possibile, ma era stato bloccato dall’erede al trono:

“Merlin, un’ultima cosa!” il mago aveva roteato gli occhi al cielo, prevedendo un’altra scocciatura. “D’ora in poi, durante gli eventi ufficiali indosserai sempre quell’uniforme!”

“Ma è scomoda!” provò a lamentarsi.

“E’ un ordine!”

Merlin fece per voltarsi con uno sbuffo, quando Arthur aggiunse con il suo ghigno ironico:

“Quel colore ti si addice, Merlin.”

Il giovane mago lo fulminò con lo sguardo e girò i tacchi, sparendo dalla sua vista. Magnifico, non solo lo obbligava a indossare quell’affare, ma ora lo prendeva pure in giro! ‘Al diavolo Arthur!

 

 

Il giorno successivo, l’Asino Reale andò di persona a tirarlo giù dal letto alle prime luci dell’alba. Merlin si ritrovò in un attimo sbalzato dal suo giaciglio con il sedere per terra, in un groviglio di coperte. Strabuzzò gli occhi.

“Muoviti Merlin! Oggi andiamo nel bosco. Prepara i cavalli e raggiungimi nel cortile.” gli disse quasi urlandogli in un orecchio.

“Oh! Il principe grasso è sempre gentile!” lo prese in giro Merlin.

“Subito!... e non sono grasso!” gridò Arthur mentre era già oltre la porta.

Giunse nel cortile principale già stanco morto, tenendo i cavalli per le redini e trascinandosi tutto l’occorrente per la caccia. L’ennesima ed interminabile battuta di caccia.

“A cosa serve quella roba?” chiese Arthur dalla cima della scalinata.

“Come a cosa serve? Non andiamo a caccia?” chiese Merlin disorientato.

“Certo che no, razza di idiota. Ho detto che saremmo andati nel bosco, non che saremmo andati a caccia!”

“Ma io credevo...”

Il principe sbuffò: “Sei un disastro! Lascia giù quegli arnesi e monta a cavallo, non vorrai farmi aspettare fino a mezzodì!”

Con un unico movimento fluido, montò sul suo purosangue baio e lo spronò al galoppo, senza aspettare Merlin.

Galopparono fino ad uscire dalla città e inoltrarsi nel bosco. Dopo quasi una veglia di cavalcata, raggiunsero quella zona del bosco in cui il terreno pianeggiante iniziava a lasciare spazio ad uno più impervio e selvaggio, tutto a sali e scendi. Senza dire una parola, il principe fermò il suo stallone, smontò di sella e legò il cavallo ad un tronco. Merlin lo imitò, sempre più interdetto. Era già abbastanza strano che gli avesse fatto mollare a Camelot l’occorrente per la caccia.

“E ora?” domandò il mago quando ebbe legato anche il suo cavallo.

“Proseguiamo a piedi!”

“Arthur, che ci facciamo qua?” sbuffò Merlin, temendo che non ne sarebbe venuto niente di buono.

“Che razza di domande fai? Facciamo un’escursione! Pensavo ti piacesse camminare nel bosco!” gli rispose semplicemente il biondo con un sorriso furbo, incamminandosi su un sentiero che si immergeva nella vegetazione sempre più fitta.

In effetti era vero. Merlin amava profondamente camminare per gli stretti sentieri che si inerpicavano per i boschi, godendosi il contatto con la natura, il silenzio pieno del rumore degli abitanti della foresta, gustando la sana fatica ristoratrice che dava una lunga camminata. Lo diceva sempre quando Arthur lo trascinava a caccia: avrebbe preferito perdersi semplicemente su uno di quei sentieri, solo camminando, senza fare nient’altro, nel silenzio e nella quiete. Ma il principe diceva che le sue erano lamentele da femminuccia.

Quell’improvvisa propensione per l’escursionismo perciò costituiva un grande punto interrogativo nella mente di Merlin.

Giunsero in un punto in cui le chiome di tre alberi si aprivano appena, in modo da illuminare con uno sprazzo di sole gentile un fazzoletto di prato verdissimo.

“Questo sarebbe un posto magnifico in cui rimanere ad oziare tutto il giorno.” Disse Arthur fermandosi sul sentiero.

‘Ecco cosa c’era sotto!’ Merlin realizzò tutto in quell’istante. La solita morsa gli attanagliò lo stomaco e gli fece stringere i denti.

“Sì. Probabile.” Disse secco, superando il principe con una spallata e proseguendo sul sentiero che si immergeva nuovamente nell’ombra degli alberi.

Come aveva fatto a non pensarci prima! Era chiaro come il sole! Arthur aveva iniziato la preparazione al corteggiamento di Carys. Lo strano desiderio di fare una passeggiata nel bosco era l’indizio numero due! Il principe stava andando in perlustrazione per trovare un luogo perfetto in cui portare la sua bella: appartato, immerso nella natura, assolutamente romantico. Intanto, sarebbe poi stato lui a doversi trascinare dietro i viveri, allestire il nido d’amore e rimanere ad attendere i due piccioncini, magari appoggiato ad un tronco d’albero insieme ai cavalli. ‘Maledizione a Voi Arthur e alla vostra galanteria! E’ facile i romantici quando tutto il lavoro sporco deve farlo qualcun altro! Ma sì, certo! Trasciniamoci dietro Merlin a cercare il nido d’amore, intanto a lui piace camminare! Non sono mica un mulo, siete Voi ad essere un boriosissimo asino!’’

Sentì le proprie orecchie andare in fiamme e si piantò le unghie nei palmi per la rabbia, aumentò il passo senza voltarsi ad ascoltare Arthur che, meravigliato del suo comportamento, gli chiedeva spiegazioni.

Il principe lo raggiunse con poche falcate, ma proseguirono lungo il sentiero per molto tempo senza scambiare una parola. Merlin lasciava cadere nel vuoto ogni frase che Arthur lanciava per iniziare una conversazione, fino a che anche il biondo si decise a continuare a camminare in silenzio.

Perché si stava comportando a quel modo? In fondo non era la prima volta che il principe organizzava un’uscita romantica nel bosco con una ragazza, e lui lo aveva sempre aiutato. Perché odiava l’idea che potesse esserci qualcun altro al suo posto a camminare con Arthur nel bosco? Una vocina affiorò timida nella mente di Merlin. ‘Non sarai mica gel…? No! Assolutamente no!’ Impossibile che lui potesse pensare al suo signore, al suo amico, in quel senso! Scacciò quel pensiero aumentando ancor di più il passo, saltellando tra una radice all’altra, inerpicandosi sulle rocce che costellavano la via.

“Cosa c’è Merlin? Non è da te essere così silenzioso.” Arthur lo riscosse dai suoi pensieri.

“Eh?!... nulla. Possiamo tornare indietro ora?” chiese quasi indispettito.

Il principe lo guardò stranito: “Va bene… ma pensavo ti piacesse…” aggiunse con una nota dispiaciuta nella voce.

“Non avete già visto abbastanza? Penso vi siate potuto fare un’idea di dove andare!” rispose Merlin seccamente, tornando sui suoi passi e lasciandosi alle spalle Arthur che lo fissava a bocca aperta con un’espressione allibita.

 

 

Aveva fatto in modo di non farsi trovare in giro da Arthur tutto il giorno, facendosi affidare da Gaius il maggior numero possibile di commissioni. Non aveva alcuna intenzione di fare il mulo e scortare il principino nelle sue avventure galanti per i boschi con Carys. ‘Chissà dove l’ha portata… Magari non sono usciti affatto!’ Pensò Merlin con un filo di speranza. ‘Figuriamoci!’ Quando Arthur ci si metteva, diventava una macchina da guerra, esattamente come in battaglia. La bile gli risalì per la gola, e aveva la netta sensazione che se avesse potuto guardarsi allo specchio in quel momento avrebbe avuto un colorito tra il verde e il viola.

Varcò la porta delle cucine: era l’ora in cui ogni sera andava a prendere la cena da servire al principe nei suoi appartamenti.

“Che ci fai qui?” lo interrogò quello spaventapasseri dalla parlata affettata di nome Gorge.

“Quello che faccio ogni giorno, sono venuto per la cena del principe.” Rispose Merlin stupito.

“Oh, non stasera. Nessuno ti ha avvertito?”

Il mago lo fissò interrogativo, al che il ragazzo sbuffò come se Merlin fosse la persona più rincretinita al mondo.

“La cena è già stata servita negli appartamenti del principe, me ne sono occupato personalmente.”

“Come sarebbe?”

“Il principe Arthur mi ha chiesto di servire in anticipo la cena per lui e un suo ospite. Mi ha inoltre detto che non voleva più essere disturbato fino a domattina.”

Il sangue di Merlin ribollì fino ad arrivare a infiammargli le punte delle orecchie. Cercò di darsi un controllo:

“E cos’avrebbe ordinato?”

“Stufato di cervo ai mirtilli e tartine al limone. Perché ti interessa?”

Merlin non lo degnò di una risposta e voltatosi, uscì dalle cucine come una furia.

“Merlin!” si sentì chiamare da George. Non aveva intenzione di tornare indietro.

“Tu però dovresti…” udì ancora gridare il ragazzo, prima di scomparire definitivamente dalla sua portata. Non seppe mai cosa avrebbe dovuto fare secondo George.

Sfrecciò per il castello con la vista annebbiata, senza sentire o vedere nessuno, probabilmente ignorando anche il povero Gaius, e senza aver bene idea di come ci fosse arrivato, si ritrovò rannicchiato sul suo letto, nella sua piccola camera.

A distanza di soli due giorni, eccolo lì, il terzo indizio: la cena romantica negli appartamenti reali, con probabile conseguente finale di serata. Il corteggiamento stava procedendo molto bene evidentemente, se dopo così pochi giorni Arthur si prendeva una tale libertà con la ragazza.

Buon per lui! Cosa gli importava in fondo? Poteva cenare con chi gli pareva, e lui non aveva nemmeno più la possibilità di salire nelle stanze di Arthur fino al giorno dopo. Ma perché la cosa gli bruciava tanto? Era una seccatura in meno… o no? Non poter vedere ancora una volta l’azzurro dei suoi occhi prima di addormentarsi aveva più la tinta di una tortura, che quella di un fastidio in meno.

L’indomani, sarebbe stata la chioma rossa di Carys la prima cosa che gli occhi di Arthur avrebbero incontrato. Sarebbe stata lei a dargli il buon giorno per prima. Merlin si morse il labbro, tanto forte da sentire il sapore ferroso del sangue. Questa volta la voce nella sua testa riuscì a terminare la frase. ‘Sei geloso, Merlin?... Ovviamente no! Sono… abitudinario! Ecco, sì, abitudinario! E mi dà fastidio che le cotte di Arthur sconvolgano le nostre abitudini! Profondamente fastidio!’ Ripensò un attimo alle parole che aveva utilizzato per formulare la sua giustificazione. ‘Le nostre abitudini?! Mio Dio, Merlin! Parli come se foste una coppia di vecchietti che stanno insieme da una vita!... Che stanno insieme?! Perché mai dovrei voler stare insieme ad Arthur?! ‘

Decise di smettere di pensare, ma il sonno non lo accolse tra le sue braccia per un tempo che al povero mago parve infinito.

 

 

Il mattino seguente Merlin subì nuovamente un brusco risveglio, questa volta ad opera di George.

“Giù dal letto Merlin!”

L’altro strabuzzò gli occhi per mettere a fuoco il suo disturbatore:

“Che ci fai qui, George?” biascicò.

“Il principe mi ha mandato a chiamarti. Vuole che tu lo raggiunga subito al campo di addestramento.” Gli spiegò solennemente.

“E  non poteva venire lui a dirmelo?” disse Merlin mettendosi a sedere.

“Io non farei tanto lo spiritoso, fossi in te. Il principe sembrava di pessimo umore.”

“Dubito che abbia avuto quella che si definirebbe una nottataccia.” Commentò Merlin ironico, senza che l’altro desse segno di comprendere.

Si vestì svogliatamente, senza fretta. Non aveva nessuna voglia di rivedere Arthur e leggere sul suo volto e sul suo corpo i postumi della serata con Carys.

Il principe lo aspettava al centro dell’arena già pronto, con la spada in pugno. Non appena vide Merlin, lo fissò in cagnesco, come se volesse incenerirlo sul posto.

“Sei in ritardo!” gli sputò addosso, velenoso.

“Vi stavo dando il tempo di riprendervi da ieri sera.” Ribatté Merlin impugnando lo scudo di legno.

Arthur non replicò, ma il suo volto inspiegabilmente diventò rosso di rabbia, come raramente Merlin l’aveva visto. Partì all’attacco, scaricandogli addosso una raffica furiosa di colpi. Poi un’altra, ed un’altra ancora, senza dargli nessuna tregua. Perché ora combatteva come un indemoniato?

Merlin per un attimo spostò lo sguardo verso l’alto, individuando una macchia rossa su uno dei camminamenti che circondavano il campo di addestramento. Con un’altra occhiata, riconobbe distintamente la figura di Carys. Un altro mistero svelato! Arthur metteva sempre tutto sé stesso negli allenamenti, ma il fatto che combattesse con una furia, era un altro chiaro indizio che il principe si stesse mettendo in mostra davanti ad una fanciulla! Tipico! Con amarezza, Merlin osservò di essere diventato proprio bravo in quella caccia agli indizi, e quanti ne trovava!

Ora, era in evidente difficoltà a parare la tempesta di colpi con la quale il principe si stava abbattendo su di lui. Non poteva averla sempre vinta! Non poteva sempre fare il pavone a quel modo, non con Carys lì a guardarlo, forte e bello come il sole nella sua lucente armatura. Che gli aveva lucidato Merlin, tra parentesi. ‘Geloso?... No! …Dai, ammettilo! …Non è vero!... Merlin!... E va bene! Sì, sono geloso, tremendamente geloso! Sei contenta ora, vocina malefica?! ‘

Mentre urlava nella sua testa, i suoi occhi si incendiarono d’oro per un istante, celati dallo scudo. Arthur fece per portare a termine un affondo, ma come per magia, scivolò sull’erba e capitombolò a terra poco elegantemente, la spada volata via di mano.

Merlin ridacchiò compiaciuto.

“Cosa c’è da ridere?” ringhiò Arthur rosso in volto.

“Forse qualcuno dovrebbe darvi lezioni su come si sta in piedi!” ghignò Merlin inarcando un sopracciglio.

“Merlin!!!” questa volta il principe urlò veramente, inferocito. “Vattene via, prima che decida di spezzarti quei due ramoscelli che hai al posto delle gambe!”

Il mago non se lo fece ripetere due volte e mollò lì il giovane Pendragon senza più degnarlo di uno sguardo, compiaciuto della sua piccola vittoria, leggermente sleale, doveva ammetterlo. Ma era per una giusta causa, la sua.

 

 

Uther e re Sigfrid cavalcavano in testa al gruppo, scambiandosi racconti e ridendo come due vecchi amici. Erano partiti di buon ora per la battuta di caccia, avevano già fatto incetta di prede ed era da poco passato mezzodì, ma la giornata si annunciava ancora lunga, anzi, lunghissima agli occhi di Merlin. L’Asino Reale se ne stava ovviamente appiccicato alla bella Carys, intrattenendosi con lei in chiacchere mentre conducevano al passo i loro cavalli appaiati. Il giovane mago ancora una volta non poteva far altro che seguirli e sorbirsi tutte le frivolezze della conversazione, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata torva alla nuca del principe, il quale non lo aveva più degnato di uno sguardo da quando avevano lasciato il castello.

Carys aveva dato mostra di essere un’esperta di botanica, e ora stava deliziando l’erede al trono con le sue conoscenze:

“…Ma i miei preferiti in assoluto sono i gigli rossi. Peccato siano così rari. Crescono su terreni piuttosto impervi e solo in annate con molta pioggia.”

“Molta pioggia?” le fece eco Arthur, mostrandosi molto interessato all’argomento.

Non era Arthur quello che parlava! Come poteva essere affascinato a quel modo a sentir parlare di fiori! Merlin sentì le proprie orecchie fumare, e non riuscì a trattenersi. Senza pensarci sbuffò dicendo:

“Sì, pioggia! Avete presente, quella che cade dal cielo a gocce e che bagna la vostra nobile zucca?”

La ragazza si voltò a guardarlo sgranando gli occhi ed emettendo un risolino imbarazzato.

Non fu la sola a voltarsi:

“Merlin!!!” esclamò Arthur girandosi di scatto e cercando di incenerirlo con lo sguardo.

Dall’allenamento del giorno prima, il principe gli aveva tenuto il muso e non gli aveva parlato se non per le comunicazioni di servizio, anche se Merlin non riusciva a spiegarsi il perché.

Il biondo si rivolse nuovamente alla fanciulla, e con un sorriso conciliante le disse:

“Non badate a lui, mia signora. È solo uno stupido sempliciotto, va compatito. Perciò lascio correre con lui.”

Un ultimo sguardo assassino alla volta del valletto, che replicò riducendo gli occhi a due minuscole fessure. ‘Compatito?!’  Se solo avesse potuto usare la magia! ‘Ah sì!? Ti trasformerei in un rospo, brutto testone borioso! Poi vedremmo chi avrebbe ancora il coraggio di baciarti per ritrasformarti in un principe!’ Sbraitò Merlin nella sua mente, infuriato. ‘Tu lo baceresti lo stesso…’ di nuovo quella vocina pestifera. ‘Oh, sta zitta!’

“Sapete Carys, ora che me ne parlate, penso di aver visto parecchi gigli rossi su nella valle di Nardis, mentre ero di pattuglia.” Continuò Arthur come se niente fosse.

“Magnifico! Camelot è veramente un regno ricco di bellezze, di ogni genere.” Disse deliziata, con fare civettuolo.

Merlin sentì che non sarebbe stato in grado di ascoltare una parola di più senza vomitare tutta la colazione, quindi spronò il cavallo e si allontanò dai due piccioncini, così disgustosamente appiccicati.

Quando si fermarono presso una splendida radura baciata dal sole per riposare e desinare, Arthur non lasciò che Merlin prendesse in consegna il suo cavallo.

“Seguimi.” Gli sussurrò, e senza guardarlo negli occhi o aggiungere una parola di più, si recò presso suo padre e Sigfrid.

“Miei signori, permettetemi di scusarmi se non potrò concludere con voi questa magnifica giornata. Io e il mio servitore dobbiamo raggiungere una pattuglia ad est. Saremo di ritorno per stasera.”

Il mago comprese subito che si trattava di una scusa. Cosa diavolo aveva in testa?

Dopo che i due sovrani ebbero acconsentito, Arthur e Merlin si congedarono con un inchino rispettoso, montarono in sella e volarono via al galoppo.

Quando il principe rallentò il suo cavallo al trotto, Merlin gli si affiancò:

“Quella che avete rifilato a vostro padre era una scusa bella e buona. Si può sapere dove stiamo andando?” gli chiese con un filo di esasperazione nella voce.

“Nella valle di Nardis.” Lo liquidò ancora senza guardarlo.

Merlin deglutì a vuoto e sentì chiaramente il rumore di un’altra crepa che gli si apriva nel petto. Che senso aveva ancora stare ad ascoltarle. Ne aveva perso il conto. Ad ogni indizio che trovava, il suo povero cuore si frantumava, ancora ed ancora. Era il quarto indizio trovato, e faceva dannatamente male. Questo Arthur non lo sapeva. Se lo avesse saputo, probabilmente non gli sarebbe importato granchè. Ed ora erano lì, diretti a raccogliere dei rarissimi gigli rossi per ammaliare la nuova conquista dell’uomo a cui aveva consacrato tutta la sua vita, e che amava con ogni sua fibra. Era vero, era sempre stato così, solo non aveva ancora avuto il coraggio di ammetterlo neanche a sé stesso. ‘Perché dannarsi ancor di più l’anima a nasconderselo?... Io ti amo Arthur. Continuerò a farlo, anche se so che tu non mi ricambierai mai.’ Pensò Merlin sconfitto, arrendendosi al peso che sentiva gravargli sullo sterno, mentre una lacrima silenziosa gli bagnava la guancia, nascosta ad Arthur, esattamente come tutto il resto.

Si fermarono dopo un lasso di tempo che Merlin non riuscì a quantificare, tutto ormai gli pareva infinito e ovattato, assordato dal ronzio che gli fischiava nelle orecchie. Il principe smontò e legò il cavallo, imitato meccanicamente dal servo, per poi imboccare un sentiero che saliva ripido verso nord.

“State sbagliando. I gigli erano dalla parte opposta del versante, me lo ricordo bene.” Disse stancamente Merlin.

Arthur si voltò a guardarlo per la prima volta. Un’espressione a metà tra il sorpreso e l’interrogativo si dipinse sul suo volto e gli fece inarcare le biondissime sopraciglia:

“Gigli?” domandò.

“I gigli rossi di cui parlavate a Carys!”

“Sì, e allora? Cosa dovrebbe importarmene?” rispose, voltandosi subito dopo e continuando a camminare su per il sentiero.

Merlin lo fissò a bocca aperta. Ora davvero non aveva idea di dove volesse arrivare.

Camminarono a lungo, finchè non si iniziò ad udire il rumore continuo e sempre più intenso di uno scrosciare d’acqua. Poi, la foresta si aprì su un’altura, rivelando una maestosa cascata, le cui acque dirompevano impetuose e possenti mentre si gettavano nel vuoto e scrosciavano sotto i loro piedi. Merlin rimase a bocca aperta, estasiato da quella manifestazione di forza e bellezza. Si accorse che il principe lo stava studiando con un sorriso compiaciuto, quindi serrò immediatamente le labbra, sentendo di aver fatto la figura dell’idiota.

“Wingelot, la cascata di mezzo.” Disse Arthur, ancora sorridente.

“Magnifica.” Sussurrò Merlin.

“Mio padre me la mostrò quando ero solo un bambino. Ed oggi, parlando di questa valle, me ne sono ricordato.”

“Siete venuto a controllare che fosse ancora qui per portarvi Carys e poi farle sentire il profumo dei vostri gigli?” azzardò Merlin, volutamente pungente.

“Di che diavolo vai blaterando?” si accigliò Arthur.

“Non fate il finto tonto con me! Non è proprio necessario! Vi ho visto con Carys!”

“Hai visto cosa?” Merlin non riuscì a capire se l’amico fosse più divertito o sconcertato.

“Come la corteggiate!” Il mago si sentì arrossire, e prego che Arthur non se ne accorgesse.

Contro ogni pronostico, Arthur scoppiò a ridere.

“Merlin!... Cosa ti sei messo in testa?” disse tra le risate “…Sei proprio un idiota!”

Quando il biondo vide che il valletto continuava a fissarlo senza parole, completamente disorientato, si ricompose, alzando un sopracciglio:

“Mio Dio Merlin! A volte sei cieco quanto testone!”

Il mago allora scattò, stufo di essere preso in giro: “Non sono affatto cieco! Siete rimasto subito incantato da lei! E poi ho visto tutti gli indizi a confermarlo: prima le vostre scampagnate nei boschi a cercare il luogo perfetto per un pic-nic romantico, poi ordinate una cena per due con il suo dolce preferito e dite di non voler essere disturbato, fate il pavone durante l’addestramento, e ora venite qui, dove sapete che crescono i suoi fiori preferiti! Andiamo, cercate di darla a bere a qualcun altro!” gli urlò contro tutto d’un fiato, senza pensare che l’amico avrebbe potuto considerarla una reazione eccessiva.

Di nuovo l’Asino reale scoppiò in una sonora risata. Basta, Merlin non riuscì a sopportare un secondo di più, fece per girare i tacchi e andarsene, quando la mano di Arthur lo afferrò saldamente per un braccio, costringendolo a voltarsi e a guardarlo dritto negli occhi. Il loro azzurro era esattamente quello di un cielo terso. Li vide sgranarsi appena e annegare un po’ di più nel nero delle pupille.

“Sei uno stupido, e non hai capito un bel niente.” Il suo tono di voce era stranamente dolce e profondo. Un brivido percorse la schiena di Merlin, e di nuovo pregò che Arthur non se ne accorgesse.

“Lasciatemi.” Gli intimò serio.

“Neanche per sogno!...” poi la sua bocca si distorse in un ghigno furbo. “Anzi, penso proprio che dovresti rinfrescarti le idee, Merlin!”

Senza neanche lasciargli il tempo di realizzare il significato sotteso a quella frase, Arthur lo spinse giù dalla roccia, gettandolo nello specchio d’acqua che la cascata formava a qualche metro dai loro piedi. Merlin non riuscì a reagire, si sentì solo cadere nel vuoto e poi abbracciare dall’acqua gelida. Riemerse boccheggiando, sentendo accanto a sé il tonfo inequivocabilmente provocato da Arthur che si era tuffato in acqua subito dopo di lui.

“Siete un asino!” gli urlò contro sputacchiando e tossendo l’acqua che gli era entrata in bocca.

Il principe riemerse con la testa e lo fissò con un ghigno compiaciuto. Le gocce d’acqua che gli imperlavano i capelli e le ciglia dorate e scendevano ricamandogli sentieri sulle guance arrossate. Era una visione.

“Voi e la vostra smania di correre dietro alle donne!” si lasciò scappare Merlin, frustrato.

“Sei geloso, Merlin?”

Ora davvero Merlin rischiò di affogare: “Diamine, no! Cosa vi salta in mente?”

“Peccato.”

Merlin credette decisamente di aver sentito male: “eh?”

“Peccato, perché quando sei geloso mi piaci ancora di più.” Sorrise sornione, avvicinandosi al moro.

Merlin si ritrasse d’istinto. “Cosa…? Ma voi… tutte quelle cose…”

Arthur sbuffò: “E’ proprio vero che un geloso trova sempre più di quanto cerchi.”

Sebbene sapesse nuotare alla perfezione, in quel momento Merlin proprio non riusciva a coordinare in proprio corpo, rigido fino all’inverosimile, e annaspava in modo imbarazzante.

Il principe colse quell’attimo per annullare la distanza tra loro, il corpo caldo di Arthur si sostituì alla freddezza dell’acqua e lo avvolse completamente, regalandogli un brivido totalmente nuovo. Merlin sentì le labbra di Arthur posarsi sulle sue, fresche e morbide ad un primo contatto, si schiusero poi bollenti, esigendo sempre di più, e lui non poté far altro che concedere tutto quanto chiedevano. ‘Potrei anche affogare in questo momento, certamente non mi lamenterei….’  Pensò con la mente inebriata un po’ dallo scrosciare della cascata, un po’dagli spilli dell’acqua di montagna che lo pungevano, ma soprattutto da quel contatto con Arthur totalmente nuovo, che sentì aver sospirato per tutta la vita, e forse anche oltre. Poi la bocca del principe si staccò dalla sua, lasciando le labbra di Merlin dolorosamente orfane di quel calore. Quando riaprì gli occhi, sentendosi ancora decisamente inebetito, vide che Arthur lo scrutava con quel suo sorriso da perfetta canaglia che odiava e amava tanto da impazzire.

Cercò di riprendersi, si schiarì la voce: “Quindi… Voi… Carys, le altre ragazze…”

“Forse ho calcato un po’ troppo la mano… In fondo non sei così sveglio…”

“Aspettate, state dicendo che avete fatto tutte quelle scene per…”

“Farti ingelosire?... un pochino” completò per lui il principe.

“E allora perché mi avete tenuto il muso tutto il giorno e ieri mi avete quasi ammazzato durante l’allenamento?”

“Io ti avrei tenuto il muso?!” Gli fece eco Arthur assumendo un’espressione sbigottita. “Merlin, tu l’altra sera non mi hai neanche degnato, e non sei venuto nelle mie stanze come ti avevo chiesto!”

“Ma se eravate impegnato con Carys e non volevate che nessuno vi disturbasse!” gli urlò contro il mago “Ammettetelo, ve la siete spassata per bene con la figlia del consigliere!”

“Che cosa c’entra di nuovo Carys ora!?”

“Avete ordinato le tartine al limone! Per due!”

“Erano per te! Razza di imbecille!” gridò anche Arthur, ormai rosso in volto esattamente quanto Merlin.

Il mago sgranò gli occhi: “Per… me?... Quindi la cena era…”

“Per noi due, sì! Avevi detto che erano le tue preferite. E tu non ti sei nemmeno degnato di farti vedere! Quindi scusate, Sire, se ero un tantino arrabbiato!” lo prese in giro Arthur con fare pungente.

“Avete praticamente tentato di staccarmi la testa dal collo!”

“Ma non è successo!”

“Certo, altrimenti avreste fatto una pessima figura agli occhi della vostra bella dalla chioma di fuoco!”

“Ancora? Ma se non c’era nemmeno!”

“Era su uno dei camminamenti! E…oh…. Non l’avevate neanche notata?” chiese incredulo,  ripensando ai giorni precedenti e iniziando a realizzare di aver probabilmente frainteso tutto, o quasi. “Quindi, anche l’escursione nel bosco era davvero solo una camminata?”

“E cos’altro avrebbe dovuto essere?” Arthur sembrava esasperato.

“Io…” al mago mancarono le parole. In tutta quella sua ricerca, aveva trovato tanti indizi, che ora si rivelavano uno più sbagliato dell’altro, sgretolandosi tra le sue mani. Non aveva trovato nulla di quanto aveva pensato, ma in realtà aveva trovato molto di più di quanto avesse mai osato sperare.

“Merlin, sei un idiota… e sei stato un cieco.” Gli disse il principe con un sorriso.

“E tu sei un asino arrogante!” gli gridò Merlin, fingendosi ancora arrabbiato, mentre il nodo che aveva allo stomaco andava sciogliendosi dolcemente.

“Merlin! Ti ho già detto che non puoi rivolgerti a me in quel modo!”

“Oh, scusate!... Siete un asino arrogante, Mio…” non fece tempo a terminare la frase, che Arthur gli fu addosso, spingendogli con forza la testa sottacqua, costringendolo a bere una golata d’acqua gelida. Merlin riemerse tossendo e strabuzzando gli occhi.

“Dannazione Arthur!” si lamentò.

L’altro rise, avvicinandosi nuovamente a Merlin e facendo aderire i loro corpi, prendendolo per la vita.

“Sei il mio idiota.” gli sussurrò piano ”Guarda quante scemenze hai trovato con la tua gelosia!”

“E voi, cos’avete trovato?” gli chiese Merlin praticamente sulle sue labbra, provocandolo.

Arthur si allontanò fingendosi offeso: “Trovato? Niente!... Tu sei mio! Lo sei sempre stato.”

“Col cavolo!” gli disse con un tono a metà tra l’indignato e il divertito, stringendogli subito dopo le braccia al collo e regalandogli un sorriso luminoso. Merlin non seppe dire chi si avvicinò per primo per riagganciare nuovamente le loro labbra. Un altro bacio da togliere il fiato.

“Allora, le mie tartine al limone?” chiese il moro ancora sulle labbra di Arthur.

“Te le puoi scordare…Merlin” gli rispose con un sorriso sornione che prometteva tutt’altro.

Il giovane mago capì che da quel momento in poi le tartine al limone sarebbero rimaste decisamente il suo dolce preferito.

 

 

 

 

 

 

  
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