Fandom: Star Trek (Reboot cinematografico)
Genere: fantascienza, introspettivo
Tipo: one shot
Personaggi: Leonard H. McCoy, James T. Kirk,
Spock
Coppia: slash
Pairing: Kirk/Spock
Rating: PG, verde, K
Avvertimenti: movieverse
PoV: terza persona
Spoiler: sì, sul finale di “Star Trek - Into Darkness”
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Gene Roddenberry
(J.J. Abrams). I personaggi
e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Il mio migliore amico
di Bombay
I corridoi erano quasi deserti e soprattutto
silenziosi, l’allarme era rientrato e tutti stavano bene.
McCoy lasciò l’area medica, alla fine del suo turno e,
invece di dirigersi al suo alloggio, prese il turbo ascensore e si diresse al
ponte cinque.
Davanti alla porta della cabina del capitano esitò un
momento infine si decise ad entrare senza suonare.
Kirk si era ritirato da più di un’ora; nell’ultima
missione, per fortuna, aveva riportato solo qualche contusione, nulla di grave,
ma non era il suo corpo che aveva bisogno di cure, Leonard lo conosceva bene
aveva visto la sua espressione. Il suo amico era troppo orgoglioso per chiedere a chiunque di stare un po’ con lui e non
lasciarlo solo, per quello McCoy aveva deciso di recarsi nel suo alloggio.
Non si stupì affatto di trovare la stanza in
penombra, con passo felpato si avvicinò al letto sedendosi sul bordo.
Il
capitano dormiva rannicchiato su un fianco, le labbra socchiuse, il respiro quieto, ignaro della sua presenza, si soffermò a osservarlo
rapito dai suoi lineamenti distesi e sereni nel sonno.
Quieto
riposava, trovando nel sonno una pace ed una calma che
durante il giorno gli erano negate.
Una
volta di più il buon dottore s’interrogava su come quel ragazzo riuscisse a non
soccombere sotto il mare di responsabilità, a mantenersi saldo sotto gli
innumerevoli doveri, senza inaridire il suo animo.
In
breve tempo era riuscito a conquistare la stima ed il
rispetto dell’intero equipaggio: sarebbero morti per lui, come lui si era
sacrificato per loro, senza esitazione.
In pochi però potevano affermare di conoscere James
Kirk come lo conosceva lui. Aveva scoperto cosa vi era
celato dietro i suoi sorrisi ammalianti e non era stata una rivelazione felice.
Ad uno sguardo attento lo si poteva cogliere ogni qual
volta che Jim credeva di non essere osservato e le sue labbra perdevano quella
smorfia impertinente, quando i suoi occhi chiari si offuscavano seguendo chissà
quali cupi pensieri o ricordi.
Il giovane si mosse e gli andò contro, ma non si
svegliò si limitò a rannicchiarsi ancora più strettamente.
Il medico gli scostò una ciocca ribelle, a volte Jim
gli ricordava sua figlia Joanna e, come con sua
figlia, il suo primo istinto era quello di
proteggerlo. A Jim era mancata la figura paterna, quel capo saldo nella vita di
ogni uomo e questo lo aveva reso fragile ed insicuro.
Aveva trovato un sostituto nella persona di Christopher Pike, ma anche lui gli
era stato strappato via crudelmente.
McCoy ricordava perfettamente l’incontro con Kirk
sulla navetta di trasporto che li avrebbe condotti in accademia, doveva essere
sincero con se stesso quel giorno lo aveva catalogato come un contadinotto
sbruffone, che si arruolava solo per gioco; nella sua mente aveva stimato che
sarebbe resistito in accademia non più di un mese.
Quanto si era sbagliato.
Il destino aveva voluto che fosse assegnata loro la
stessa stanza nei dormitori e così avevano vissuto fianco a
fianco per i successivi tre anni.
“Tu sei il figlio di George Kirk, l’eroe della U.S.S. Kelvin” gli aveva detto pochi giorni dopo il
loro ingresso in accademia e si era pentito subito delle sue parole vendendo il
suo viso adombrarsi e i suoi occhi chiari colmarsi di rabbia.
“Sì, sono solo il figlio di George Kirk” sputò, in
quelle parole McCoy aveva capito cosa sopportava quel ragazzo ogni giorno.
Lavorava sodo per riscattare se stesso, per
distinguersi da quel padre troppo ingombrante che non aveva mai conosciuto e
che incombeva su di lui come un fantasma.
Però Leonard aveva compreso chi era veramente James
Tiberius Kirk, solo quando arrivò l’anniversario della U.S.S.
Kelvin e il cadetto scomparve per tutto il giorno.
Il buon dottore non aveva afferrato il perché di quel
comportamento fino a quando non lo aveva trovato in un bar d’infima categoria,
ubriaco fradicio ed aveva dovuto riportarlo ai
dormitori dell’accademia in spalle.
Jim gli parlò con il cuore in mano e fu la prima volta
che lo vide piangere e che comprese chi era davvero: un ragazzo solo, con
l’animo spezzato, fragile e bisognoso di amore.
Tutto sbiadiva davanti all’eroe della
U.S.S. Kelvin tutto quanto, anche il compleanno del figlio che era nato
e vissuto grazie a quel sacrificio estremo e che desiderava solo che la madre
gli facesse gli auguri.
Pike aveva preso sotto la sua ala protettrice Jim,
sostituendosi alla figura paterna che gli era mancata, ma questo per il giovane
non era stato affatto un beneficio, tutt’altro. Molti
dei cadetti additavano Kirk come il cocco del capitano Pike e gli rendevano la
vita impossibile.
A tutt’oggi, dopo l’avventura di Nero, dopo quella con
Khan, tra alcuni dei più influenti comandanti della flotta, c’era chi sosteneva
ancora che Kirk fosse troppo giovane per quel ruolo, che affidargli una
missione quinquennale fosse un errore.
Ovviamente Jim aveva preso questi commenti come una
sfida per dimostrare a tutti quanto si sbagliavano,
gettandosi anima e corpo nelle missioni più impegnative.
“Bones” la voce assonnata del superiore lo destò dalle
sue riflessioni.
“Che cosa ci fai qui?” domandò mettendosi seduto,
stropicciandosi gli occhi.
“Volevo vedere come stavi: quando hai lasciato il
ponte di comando, eri scuro in volto e a cena hai mangiato poco.”
“Ho commesso degli errori oggi.”
Ed eccolo lì, Jim Kirk, privo di difese davanti a lui,
ad esporgli i suoi timori e le sue angosce.
“Questo è vero, ma grazie alla tua intuizione la
squadra di sbarco è tornata a bordo sana e salva; solo
qualche ferito lieve” cercò di rassicurarlo.
“Spock aveva ragione e non ho dato retta alla sua
valutazione.”
McCoy sospirò pesantemente: ecco qual era il problema!
Era presente quando il vulcaniano, senza un minimo di
tatto, aveva rinfacciato a Kirk la sua avventatezza infarcendo il tutto con
probabilità e statistiche. Non rendendosi minimamente conto di quanto quelle
parole ferissero il capitano.
Kirk dal canto suo si era limitato ad annuire e
mormorare un -ha ragione- così piano che se non fossero
stati soli in infermeria nessuno lo avrebbe udito.
Lui si era limitato a scuotere la testa e non
intervenire nell’ennesimo battibecco tra i due. Possibile che il capitano non
si fosse ancora reso conto che quando s’infilava in una situazione pericolosa
il troll perdeva la sua usuale compostezza e lucidità?
Senza contare che aveva sempre reputato Jim una
persona sveglia ed intelligente possibile che non si
fosse accorto di quello che provava per quel goblin dalle orecchie a punta?
Non che il vulcaniano fosse un campione nelle
dimostrazioni d’affetto, ma si capiva lontano un miglio che non era
indifferente al superiore.
Quei due si giravano intorno dal primo momento in cui
si erano visti. Ricordava che c’era stato qualcosa di magnetico quando si erano
guardati durante la commissione disciplinare.
Senza poi parlare della volta che si erano battuti sul
ponte di comando, o per meglio dire, quando Jim le aveva prese sonoramente dal
vulcaniano arrabbiato.
Poteva citarne una dozzina, se non di più di
situazioni di quando signor “Io sono vulcaniano e non provo emozioni” aveva provato tutto in un botto tanto da fargli perdere la
testa.
Aveva anche tentato di illustrare suddetti momenti a
Jim, ma il suo amico aveva glissato con la scusa che loro erano capitano e primo
ufficiale che era naturale per loro avvicinarsi, visto e considerato
che lavoravano a stretto contatto tutti i giorni.
Peccato che passassero anche molto tempo libero
insieme.
Va bene che una nave stellare, per quanto fosse
grande, non aveva tanti sbocchi, però a McCoy quella
sembrava solo una giustificazione bella e buona.
Per un po’ aveva lasciato correre fino a quando la
relazione del comandante con il tenente Uhura non era finita. E di tutta
l’Enterprise, la ragazza su quale spalla era andata a piangere? Sulla sua
ovviamente!!!
Tra le lacrime ed i
singhiozzi, la dolce tenente delle comunicazioni aveva semplicemente confermato
quello che McCoy sosteneva da mesi.
Se poi proprio voleva delle altre conferme, anche altri
membri dell’equipaggio avevano notato quanto fosse ambiguo il rapporto tra il
capitano e il suo vice.
Infatti, una sera il capo ingegnere, dopo una cospicua
bevuta, era finito sul discorso riportando addirittura
alla memoria quanto era accaduto davanti alla porta del reattore.
Carol Marcus, che aveva una palese cotta per Jim, se
ne era uscita con un commento davanti ai due interessati i quali però avevano
fatto finta di non capire.
Persino l’ingenuo guardiamarina Chekov aveva espresso
le sue perplessità con il suo amico Sulu.
Tutto l’equipaggio dell’Enterprise era conscio di cosa
ci fosse tra i due ufficiali superiori tranne quei due zucconi. E dire che
erano entrambi intelligenti e agili di mente eppure si avvicinavano e poi si allontanavano in un continuo tira e molla.
“Forse dovrei scusarmi con lui” Leonard tornò
nuovamente al presente.
“Non dire sciocchezze, hai portato a termine la
missione in modo brillante, c’è stato qualche intoppo, ma quando una missione è
andata secondo piani, quando?”
Kirk si strinse nelle spalle.
“Mai, Jim.”
Il capitano scoppiò a ridere di gusto, il suo amico
aveva ragione era inutile continuare a crucciarsi, tutto era finito bene era
quello che contava, quindi tornò a stendersi.
Leonard gli sistemò le coperte, un gesto che gli
veniva naturale. Kirk era generoso e spontaneo, dava tutto per gli altri, era
un capo carismatico e giusto. Sapeva quando elogiare o rimproverare; era
cresciuto tanto dopo la loro avventura con Khan e continuava a migliorare, ma
per sé, Jim Kirk, non chiedeva mai niente.
Per quanto avesse un disperato bisogno di affetto e di
amore, Kirk non lo pretendeva mai, anzi quando qualcuno gli dimostrava affetto,
si ritraeva imbarazzato e a disagio, tranne che con lui.
Lui e Jim erano diventati amici, fratelli. Amava quel
ragazzo come un figlio e comprendeva perché Pike lo avesse protetto e spronato.
Non si poteva non affezionarsi a Kirk. L’ammiraglio era stato lungimirante,
aveva saputo guardare oltre; Jim aveva un potenziale enorme, un’attitudine al
comando innata, una devozione per il proprio lavoro, un enorme rispetto per il
suo equipaggio e un amore smisurato per l’Enterprise; sarebbe stato un ottimo
capitano uno dei migliori.
In Spock, Jim aveva trovato il primo ufficiale
perfetto, un individuo con cui confrontarsi, che colmava quelle lacune che
inevitabilmente gli umani avevano, che non temeva di dirgli le cose come
stavano, che possedeva una schiettezza e una franchezza talvolta crudele, ma
più li osserva e li ascoltava, più si era reso conto che ciò che univa i due
non era semplice stima era qualcosa di più. Un sentimento che andava crescendo
e che li attirava inesorabilmente l’uno verso l’altro.
Lo vedeva negli occhi chiari di Jim quando si
soffermava troppo a lungo in quelli scuri del vulcaniano. Da quando lo
conosceva, Kirk non aveva mai rivolto quello sguardo a qualcun altro uomo o
donna che fosse, anche se poteva dire con assoluta certezza che avesse avuto un
centinaio di amanti.
“Sei silenzioso, Bones.”
Il dottore sorrise “Sono solo
venuto a vedere come stavi, è stata una giornata piuttosto impegnativa anche
per me.”
“Va a riposare, allora. Starò bene.”
Il dottore scosse la testa “Resterò fino a che non ti
riaddormenti.”
“Grazie” sussurrò già
prossimo ad assopirsi.
Stava quasi per andarsene quando la porta
dell’alloggio sibilò aprendosi.
“Capitano?”
chiamò la voce di Spock e sembrava sorpreso. Il vulcaniano fece un paio di
passi verso la zona notte e lì si fermò: vedendo il dottore portarsi un dito
alle labbra intimandogli di far piano. Lo sguardo del primo ufficiale si posò
sul corpo disteso del giovane capitano e lì rimase per un lungo momento, in
contemplazione. Leonard non riuscì a trattenere un sorriso.
“Era
sfinito.”
“Non
comprendo perché arrivi sempre allo stremo delle forze.”
“Ha
delle responsabilità che gravano sulle sue spalle e lui vuole compiere il suo
dovere al meglio: Jim è fatto così.”
McCoy
scostò i capelli dal viso del capitano, Spock osservò quel gesto e non seppe
decifrare la sensazione che provò.
“Posso
farle una domanda, dottore?”
L’uomo
si volse verso di lui e rimase in attesa che l’altro parlasse.
“Che
rapporto la lega al capitano?”
Lo
stupore si dipinse sul viso del medico di bordo, quindi tornò a guardare il
volto addormentato del loro superiore.
“Siamo amici” rispose semplicemente anche se il termine era
riduttivo. “Jim è il migliore amico che abbia mai avuto, è un uomo
straordinario” spiegò e dalla sua voce traspariva l’affetto profondo che lo
legava al giovane.
“È
geloso signor Spock?” lo interrogò con un sorriso beffardo.
“La
gelosia è un sentimento che mi è sconosciuto” sussurrò spostando i suoi occhi
scuri in quelli dell’altro.
“Certo,
non sono nato ieri, comandante” iniziò “Certe cose le noto lontano un miglio.”
“Non
credo di comprendere.”
“Io
credo invece che lei capisca benissimo, ma che…” si leccò le labbra in cerca
del termine giusto “Abbia paura, anche se non so di cosa.”
Kirk si mosse e McCoy tacque “Le chiedo solo un
favore, Spock. Non gli faccia del
male. Jim ha sofferto abbastanza nella sua giovane esistenza e mi creda se le dico che è più fragile di quanto sembra” concluse
alzandosi ed avviandosi verso l’uscita.
McCoy
si fermò davanti alla porta che si aprì.
“Lo
so” sentì il vulcaniano rispondere.
Uscì
dalla stanza e si incamminò lungo il corridoio, svoltò
l’angolo verso il turbo ascensore e lì si fermò a riflettere un istante, volse
il capo verso l’alloggio del capitano; il vulcaniano non lo aveva seguito. Fu
colto da un’ispirazione improvvisa.
Tornò
sui suoi passi digitò un codice sulla tastiera e la porta fu bloccata, mentre
sul display appariva la luce gialla della quarantena.
Fischiettando
si allontanò, come medico capo poteva bloccare tutte le porte delle cabine e
lui soltanto poteva riaprile.
Il
suo turno e quello di Jim e Spock coincidevano, si sarebbe alzato un po’ prima
per aprirgli.
***
McCoy
tornò alla porta dell’alloggio del capitano un’ora prima della sveglia di
quest’ultimo; già considerava un buon segno che Kirk non lo avesse chiamato nel
cuore della notte sbraitando di aprirgli la porta e affermando che lo scherzo
fosse di pessimo gusto.
Digitò
il codice di sblocco ed attese, però non accadde
nulla. Accostò l’orecchio ma dal suo interno non proveniva nessun rumore.
La
curiosità vinse sul buon senso, aprì la porta e sbirciò all’interno.
L’alloggio
era buio illuminato solo dalla lama di luce che proveniva corridoio.
Aguzzò
la vista e vide degli abiti sparsi sul pavimento due corpi stesi sul letto di
Kirk.
Indietreggiò
e la porta si chiuse docilmente.
Sorridendo
come uno scemo e congratulandosi con se stesso si diresse all’area medica.
Sarebbe
stata sicuramente una magnifica giornata.
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Note dell’Autrice: eccomi qui in un caldo
martedì di agosto a postare una ficcina.
Buone vacanze a tutti!!!
Un Kiss
Bombay