Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    12/08/2014    1 recensioni
I desideri del cuore sono quelli che maggiormente influiscono sulle nostre decisioni, spesso portandoci in direzione completamente opposta proprio per non veder sparire quel sogno.
Seguite Maya e Masumi in questo 'finale' immaginario del manga ancora incompiuto!
Ultima REVISIONE Luglio 2016.
Una nuova Dea Scarlatta sarebbe sorta dalle ceneri di quella di Chigusa Tsukikage come una fenice, che avrebbe ereditato i diritti di quell'opera meravigliosa e imparato da lei tutte quelle nozioni per portarla in scena nella prima del due gennaio.
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Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 

Il telefono sulla scrivania squillò, era Mizuki che lo chiamava. Suo padre era arrivato. Premette il pulsante dell’interfono, ascoltò la voce pacata della sua segretaria e rispose.

- Lo faccia entrare e ci porti del caffè - si alzò lanciando un’ultima occhiata ai documenti pronti sulla sua scrivania con cui avrebbe rinunciato al cognome Hayami riprendendo quello di sua madre. Il pensiero della sua morte per mano di suo padre gli gelò il cuore e immancabilmente si sommò al momento in cui l’aveva abbandonato quando lo rapirono e al matrimonio con Shiori. Ordini, ordini, sempre ordini… era solo un suo soldato, non suo figlio, quindi tenere il cognome non aveva senso. E sarebbero cessate anche le pressioni dei Takamiya.

La porta si aprì e Sujimoto spinse la sedia a rotelle nell’ufficio. Masumi si voltò fronteggiando Eisuke Hayami, ma il genitore lo sorprese salutandolo per primo.

- Buongiorno Masumi, ti trovo bene - il collaboratore fece un lieve inchino e uscì.

- Buongiorno padre - ricambiò Masumi appoggiandosi alla scrivania.

- Come sta Shiori? - gli domandò con uno strano sguardo.

- Niente di invariato - la porta si aprì di nuovo ed entrò Mizuki che li salutò entrambi e posò il vassoio sulla scrivania, uscendo immediatamente.

- Ti trovi bene con lei? - domandò seguendo la donna con lo sguardo, era la sua segretaria e l’aveva ceduta al figlio sapendo che sarebbe stata un valido aiuto.

- Sì, ha un ottimo intuito - gli rispose con un lieve sorriso. Eisuke lo fissò, ma non aggiunse altro - Allora dimmi, per cosa mi hai convocato? - aggiunse con un sorriso sarcastico stampato sulla faccia marcando l’ultima parola mentre versava il caffè.

- Cosa stai tramando, Masumi? - chiese con voce dura. Il figlio si voltò alzando un sopracciglio.

- Perché pensi lo stia facendo? - era davvero divertito.

- Te ne sei andato di casa a tempo indefinito. La Dea Scarlatta per ora è sotto l’egida dell’Associazione Nazionale e Shiori Takamiya è ancora sotto shock per il tuo comportamento irresponsabile! - lo accusò fissandolo negli occhi.

L’attacco è sempre la tattica migliore, vero padre? E va bene, giochiamo al tuo gioco…

- Sei così abituato a dare ordini da non renderti neanche conto di ciò che provochi in chi ti sta intorno - replicò sarcastico.

- Masumi! - lo riprese Eisuke oltraggiato, ma il figlio proseguì ignorandolo.

- Vuoi sapere i miei piani? Ti accontento subito - si voltò appena e prese i fogli sulla scrivania - Questi sono i documenti dell’anagrafe con cui rinuncio al tuo cognome - Eisuke restò impassibile e Masumi si rese conto che lo sapeva già. Probabilmente Hijiri. Non doveva essere semplice per l’uomo ombra stare fra l’incudine e il martello.

- Non ti permetterò di gettare ogni cosa al vento! - Eisuke rimase immobile, ma la sua voce era gelida - Devi sposare Shiori Takamiya e prendere il tuo posto nel gruppo Takatsu! Devi ottenere i diritti della Dea Scarlatta da Ayumi Himekawa o da Maya Kitajima! -

Masumi alzò un sopracciglio alla sua sfuriata e si accese una sigaretta.

- Non ti devo proprio niente, padre, e quando avrò firmato questi, ti dovrò ancora meno. Non posso sposare Shiori Takamiya, non la amo e non mi interessa diventare l’amministratore delegato del gruppo Takatsu. Ha cercato di incastrare Maya Kitajima accusandola del furto dell’anello che le avevo regalato e di averle macchiato l’abito da sposa, ma io ho scoperto come sono andate le cose. Ha provato a corrompere il regista Kuronuma e Maya Kitajima con un assegno da dieci milioni di yen! Sono sicuro che puoi condurre i tuoi affari con suo nonno senza coinvolgermi e rovinarmi la vita più di quanto tu non abbia già fatto - sollevò lo sguardo fissandolo con espressione glaciale.

Eisuke assottigliò lo sguardo, ma restò in silenzio che si protrasse per alcuni minuti di tensione.

- Così rinunci al tuo nome e al tuo rango per le rose scarlatte? - gongolò quando lo vide trasalire - Sei disposto ad un sacrificio così grande per lei? -

Come poteva sapere? Era sicuro che Hijiri non gli avesse detto niente, o no? Aveva altri collaboratori ombra, magri lo aveva scoperto in altro modo. Giochiamo fino in fondo allora…

- Lei non c’entra niente - doveva proteggerla dalla sua follia - Rinuncio al tuo nome perché non sono tuo figlio, non lo sono mai stato! Mi hai costretto a vivere una vita fredda e vuota, senza emozioni, senza amore, solo perché diventassi il tuo erede! Ed ecco quello che hai ottenuto! Me ne vado! - reagì d’istinto, abbandonando l’autocontrollo di cui andava tanto fiero, ma quel Masumi Hayami, freddo e misurato, non esisteva più da molto tempo.

- Ti ho dato tutto di me! La mia azienda, la mia vita per insegnarti ogni cosa… la Dea Scarlatta! - inveì contro di lui Eisuke alzando la voce, ma Masumi non si lasciò certo intimidire.

- Tu mi hai portato via ogni cosa! La mia fanciullezza, mia madre che è morta a causa tua per salvare quella dannata veste dall’incendio! Ti sei mai reso conto di avermi lasciato nelle mani dei rapitori quando avevo dodici anni? Ma soprattutto hai cancellato dalla mia vita ogni sentimento ed emozione - fece un passo avanti guardandolo furente.

Eisuke lo fissò con occhi spalancati.

- Ho fatto ciò che dovevo per farti diventare un uomo e il mio erede! - ringhiò a denti stretti stringendo i braccioli della sedia.

- E ogni mezzo è lecito, vero? Non ti sei mai soffermato a pensare quali fossero i miei sentimenti? Cosa provassi io? Mi hai raccontato tante volte del tuo amore per la Dea Scarlatta, per Chigusa Tsukikage, ma adesso lo so, il tuo non è amore, non hai idea di cosa sia, la tua è solo un’ossessione che ha drasticamente cambiato la tua vita e non voglio che accada anche a me! - sapeva esattamente quale sarebbe stato il suo prossimo passo.

Eisuke espirò ritrovando la calma.

- E tu invece hai trovato l’amore vero? Guarda a cosa ti ha portato! Stai abbandonando tutto! - gli fece notare il padre sarcastico - È solo una ragazzina ed è riuscita a farti capitolare! -

- Smettila di metterla in mezzo, lei non c’entra niente! - ora, lo sapeva, l’avrebbe minacciata di nuovo, ma lui non avrebbe permesso che le facesse alcun male, aveva preso delle contro misure ovviamente.

- Non rinuncerò a qualcosa che ho atteso tutta la vita e che ora è così vicino! Otterrò i diritti della Dea Scarlatta e tu resterai al mio fianco se non vorrai vedere la faccia di quella giovane attrice su una tomba - il tono con cui glielo disse lo raggelò fin nelle ossa.

Masumi inspirò ed espirò lentamente, cacciando via la rabbia che lo stava pervadendo. Chiuse gli occhi e li riaprì dopo qualche istante, freddi e calcolatori.

- Padre, ti consiglio vivamente di abbandonare i tuoi propositi. Il mio avvocato ha in mano documenti e fotografie che ti accuseranno se le farai del male - gli rivelò con voce atona.

- La proteggi ancora? - Eisuke era veramente stupito. Masumi sembrava disposto a rinunciare a qualsiasi cosa pur di proteggerla. L’amava a tal punto? Quando recitava brillava come una stella e ardeva un fuoco incredibile nei suoi occhi pieni di vita. Eppure Masumi aveva rinchiuso sua madre che poi era morta! In quegli anni aveva vessato Chigusa per ottenere i diritti e umiliato lei nei foyer di tutti i teatri di Tokyo! Come poteva amare un uomo come lui? Ma sembrava che a nessuno dei due interessasse, le rose ne erano la dimostrazione. L’avrebbe amata nell’ombra, anche se lei non l’avesse ricambiato.

Masumi lo fissò impassibile, ma non disse niente.

Eisuke distolse lo sguardo da un confronto per la prima volta nella vita.

- La Dea Scarlatta non mi interessa più, padre - riprese Masumi, ormai sarebbe andato fino in fondo - Avrei voluto portartela via per vendicare la morte di mia madre, ma ci penserà Maya Kitajima. Sarà lei a vincere la sfida, i diritti saranno suoi e non potrai toccarla perché io te lo impedirò con ogni mezzo! Hai braccato Chigusa Tsukikage per trenta anni, rendendole la vita impossibile e il suo odio per te è così intenso che negli ultimi sette anni in cui ho provato a convincerla non li ha ceduti neanche a me pensando che fossi degno figlio di mio padre, e aveva ragione! Hai portato Ichiren Ozaki al suicidio!!! -

Eisuke sgranò gli occhi a quelle parole sibilate con asprezza. Possibile che l’astio di suo figlio fosse arrivato a quel punto? Ed era stato lui a portarlo a quel limite? Per un istante rivide Maya Kitajima al binario del treno, mentre le raccontava della Dea Scarlatta e i suoi occhi brillavano come diamanti.

Voglio diventare la Dea Scarlatta.

La sua voce cristallina, il suo modo di fare così schietto e genuino, anche se non lo conosceva si era dimostrata subito disponibile e gentile. Per non parlare di come, in tutti quegli anni, aveva tenuto testa a suo figlio…

- Lasciala in pace, padre. Non ti permetterò di trasformarla in un’altra Chigusa… - insisté riprendendo il controllo e appoggiandosi di nuovo alla scrivania. Il caffè era freddo ormai.

Eisuke alzò lo sguardo e lo fissò. Masumi rimase sorpreso nel vedere i suoi occhi lucidi.

Padre…

- Rinunci a tutto per lei? - gli chiese riappropriandosi della consueta calma.

- No. Per me - gli rispose sostenendo il suo sguardo. L’avrebbe tenuta fuori da qualsiasi cosa. Non gli interessava dover rinunciare a ciò che sentiva per lei, che ora sapeva contraccambiato, se questo significava proteggerla. Suo padre aveva venerato la Dea Scarlatta per anni senza comprenderla eppure il messaggio era chiaro: l'amore è sacrificio.

- Cosa vuoi, Masumi? - gli chiese meravigliandosi quando suo figlio spalancò gli occhi per la sorpresa.

- Lasciami andare, padre - era la prima volta in venticinque anni che gli chiedeva cosa volesse.

- Tu sei mio figlio! Non ti permetterò di abbandonare ogni cosa! - replicò duramente picchiando un pugno sul bracciolo della sedia.

- Non sono tuo figlio, sono un tuo soldato! Non otterrai da me un matrimonio con Shiori Takamiya! Appena firmerò queste carte non sarò più un Hayami e tutto il loro interesse decadrà. Non avrai da me i diritti della Dea Scarlatta! Non li chiederò più a Chigusa Tsukikage né tanto meno alla candidata che li otterrà - Eisuke non si rassegnava e Masumi lo vide in difficoltà alla sua risposta salda e categorica.

Eisuke lo fissò, non riusciva a capacitarsi di come le cose potessero essere così degenerate. L’ossessione di ottenere i diritti della Dea Scarlatta e di incatenare Chigusa, anche se sapeva che non avrebbe mai potuto amarlo, gli avevano ottenebrato la mente a tal punto da non rendersi realmente conto di ciò che stava accadendo. Maya Kitajima… un autentico talento e chissà come stava preparando la sua Dea Scarlatta! Aveva compreso l’amore di Isshin perché amava suo figlio? Era grazie a questo sentimento che sarebbe riuscita a portare sulle scene Akoya?

- Lasciarti andare? - gli chiese quasi gemendo.

- Sì, se non lo farai tu, lo farò da solo. L’unico modo che avrai per provare a ottenere quei diritti è di chiederli tu stesso alla candidata che vincerà, mostrandoti per quello che sei - gli consigliò Masumi accendendosi un’altra sigaretta - E prima che tu lasci questo mondo, non sarebbe una cattiva idea chiedere perdono a Chigusa Tsukikage per averle rovinato la vita… - aggiunse espirando il fumo che gli bruciava il polmoni.

Eisuke Hayami distolse lo sguardo e spinse la sedia fino alla vetrata.

- Sei stato molto esauriente - gli disse lentamente - Lasciami riflettere qualche giorno -

- Aspetterò a firmare questi documenti allora - Masumi camuffò il tremore che ebbe a quelle parole, schiacciò il pulsante dell’interfono e si accorse che la comunicazione era già aperta, probabilmente l’aveva lasciato lui così.

Mizuki… e un sorriso si allargò sulla sua faccia.

- Faccia entrare l’accompagnatore di mio padre - le disse in tono formale. Pochi attimi dopo la porta si aprì e l’uomo in nero entrò con discrezione spingendo fuori la sedia di suo padre.

- A presto, Masumi - lo salutò mostrando la solita fierezza.

Non cedi mai davanti agli altri, eh padre?

- A presto, padre - spense la sigaretta nel posacenere e osservò Mizuki accompagnarli fuori. Dopo qualche minuto lei rientrò e lo trovò alla finestra, come sempre quando era pensieroso.

Prese il vassoio con le tazze, si rese conto che non lo avevano bevuto e si diresse alla porta in silenzio.

- Ha sentito tutto, vero? - le chiese senza smettere di guardare fuori.

Mizuki si voltò sorpresa.

- Mi dispiace, non posso chiudere la comunicazione dall’altro lato, lei deve aver… - si scusò, ma Masumi la interruppe.

- Non ha niente da dirmi questa volta? - la interrogò ancora.

- No - rispose pacata.

- No? - Masumi si voltò meravigliato.

- Ha fatto le scelte giuste, perché dovrei dirle qualcosa? - Mizuki si voltò e uscì accompagnata dalla sua risata spontanea.


Era venerdì e il gruppo di Onodera si apprestava ad utilizzare gli spazi dello Shuttle X per la loro prova. Non avevano alcun dubbio che la classicità della loro messa in scena avrebbe colpito giudici e platea, in netta contrapposizione coi “giochi” di Kuronuma. Il teatro era una cosa seria e quelli un branco di cialtroni inconcludenti.

Onodera osservò il cemento armato e l’acciaio di cui erano circondati, niente di più distante dall’ambiente della valle dei susini dove era nata l’opera. Ayumi sembrava perfettamente a suo agio in quel palco alieno, come se ci vedesse perfettamente. Poco distante c’era il fotografo Peter Hamil che ultimamente sembrava la sua ombra. Ayumi aveva un modo di muoversi eccezionale e avrebbe incantato tutti, l’unica pecca erano le scene d’amore. In alcuni punti erano davvero inverosimili. La differenza di età fra Akame e la Himekawa era importante eppure era un nodo che dovevano sciogliere, perché una delle battute di Akoya verteva esattamente su quel punto: età, aspetto e rango non avevano alcuna importanza di fronte a due anime gemelle che si trovavano.

Ayumi entrò in scena durante la battaglia, una dea in mezzo agli uomini. Tutti restarono ammutoliti per come riuscì a camminare lieve in mezzo alle macerie.

E non ci vede! Ma come fa? Onodera sentì i click della macchina fotografica di Peter Hamil. Era chiaro cosa portasse il famoso fotografo nelle vicinanze di Ayumi Himekawa, il desiderio del suo cuore era chiaro a chi avesse occhi per guardare.

Le prove si susseguirono tutto il giorno e la sera erano tutti sfiniti, tranne Ayumi, lei sembrava ancora piena di energie. Non era soddisfatta della sua Akoya ed era evidente dal nervosismo con cui gli stava chiedendo di proseguire.

- Ayumi, è quasi buio… - Onodera cercò di farle capire che non era il caso di insistere.

- Io voglio provare ancora! - gridò furente, poi si voltò verso Peter puntandogli gli occhi addosso come lo vedesse davvero, ma in realtà aveva sentito solo i suoi passi e il suo profumo.

Peter aveva assistito alla scena senza capire una parola di ciò che si stavano dicendo.

- Vuole restare qui con me, signor Hamil? - gli chiese in inglese e anche Onodera comprese la richiesta. Il fotografo guardò il regista che sbuffò esausto.

- Se al suo regista sta bene… io non ho niente da fare - acconsentì scuotendo le spalle.

Onodera annuì espirando tutto il fiato e portandosi la pipa alla bocca.

- Si prenda cura di lei, signor Hamil - gli disse in inglese voltandosi e lasciando il palco naturale.

- Non mancherò - lo rassicurò lui inquadrando il cielo scuro e il regista di schiena e scattando una foto.

- Come le viene l’ispirazione per una foto - gli chiese Ayumi asciugandosi il volto ed evitando abilmente un masso sporgente.

- Guardo, mi piace e scatto - rispose Peter semplicemente - È lo stesso sistema che usano i pittori o i musicisti… o gli attori, per quanto ne so - aggiunse poi quando lei rimase in silenzio.

- Allora, cosa si fa? - domandò avvicinandosi, Ayumi era immobile.

- Lei si siede e guarda - gli disse voltandosi - E se le piace, scatti - lo oltrepassò senza dargli tempo di ribattere. Peter la seguì con lo sguardo e aprì l’otturatore della macchina, era buio ormai.

Ayumi provò per un’altra ora e sembrava sempre più nervosa, oltre che stanca, anche se non voleva ammetterlo. Si avvicinò a lei con una bottiglietta d’acqua e gliela porse.

- Non va bene, vero? - si azzardò a domandargli, conoscendo già la risposta.

- È fredda, Ayumi - le rispose lui sapendo che l’avrebbe ferita. Ma in quella recitazione non trapelava alcun amore e, se non aveva capito male, quello di Akoya per Isshin era profondo e legato all’anima, alla fine sarebbe morta per lui.

Lei si voltò di scatto con un’espressione terrificante.

- Fredda? - sibilò.

- Sì - confermò Peter aprendo la bottiglia che lei non aveva preso e gliela porse di nuovo.

- Perché l’ha aperta? Potevo farlo da sola! - si stizzì lei avvicinandosi.

- L’avrei fatto per qualsiasi ragazza - gli sorrise lui.

- Qualsiasi?! - perché d’improvviso quel gelo nel torace? Il cuore le batteva furioso ed era arrabbiata. Bevve avidamente e scacciò quell’orrenda sensazione.

- Si chiama gentilezza, Ayumi, non so se in giapponese esiste questa parola… - gli fece notare lui ridacchiando.

Ayumi avvertiva la sua vicinanza, il suo odore e il profumo che portava. Indossava dei jeans, li sentiva sfregare quando camminava e d’altronde lui portava sempre dei jeans da bravo europeo.

- Si dice shinsetsu - rispose piccata lei dandogli le spalle.

- È tardi, mi permetta di portarla a casa, Ayumi - le disse prendendole le spalle gentilmente.

- No… - rispose  non troppo convinta e non evitò neanche il contatto con le sue mani.

- Domani potrà provare agli studio con il suo Isshin, non può continuare così a farlo da sola… - insisté lui facendola voltare lentamente.

Il suo volto era demoralizzato e stanco, si stava arrendendo. Così gli venne in mente di spronarla un po’, Hayami lo faceva sempre con Kitajima così pensò di fare altrettanto.

- Suvvia non vorrà mica cedere il passo alla sua rivale di sempre, vero? Vuole che vinca Kitajima? - la spronò con voce di scherno. Ayumi lo fissò sbalordita, poi arrabbiata, poi cercò di colpirlo, ma lui schivò lo schiaffo.

- Calma, calma! - la fermò afferrandola per i polsi e avvicinandola a sé.

Adesso Ayumi poteva sentire il suo respiro e sapeva che la stava fissando. La strinse a sé e la baciò bloccando la sua protesta.


   
 
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