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Autore: To be saved    12/08/2014    0 recensioni
Ci sono scelte che ci portano lontani da chi amiamo, ci sono momenti in cui siamo troppo deboli per resistere, ci sono persone destinate ad amarsi ma non a stare insieme.
Ci sono attimi che ti marchiano a fuoco la pelle, l'anima e il cuore.
Ci sono amori che ti investono con tanta di quella forza da non lasciarti altra scelta.
Ci sono occasioni in cui semplicemente si diventa il più grande sogno e contemporaneamente il più grande incubo di qualcuno.
Le persone sbagliate, nel posto sbagliato, al momento sbagliato oppure semplicemente scelte coraggiose.
Lei è forte e coraggiosa abbastanza per entrambi, sceglie e lo fa per sempre.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Le mille goccioline che compongono il getto della doccia sembrano un miracolo. Scivolando sul mio corpo portano via tutte le estenuanti emozioni che i recenti avvenimenti mi hanno costretta a provare. Sbuffo, ma a chi voglio darla a bere? Le estenuanti emozioni che lui mi ha fatto provare.
Apro per un secondo gli occhi giusto il tempo di trovare il flacone dello shampoo e li richiudo alla svelta. Ho sempre odiato questa doccia, non capisco per quale motivo abbia voluto metterci uno specchio, ogni volta che mi vedo riflessa mi viene voglia di prendermi a pugni. Sono costretta a riaprire ancora gli occhi per riporre il flacone. Giusto qualche secondo ma basta. Basta a vedere il tatuaggio che fa bella mostra di se sulla spalla. Mi immobilizzo. “Mi piace questo tatuaggio, anche se ho sempre preferito l’altro” e con le mani scivola ad accarezzare il fianco sinistro, appena sotto il seno. Scuoto la testa, non posso pensarci, non voglio pensarci. Finisco di sciacquarmi e chiudo il getto della doccia. Rimango ferma qualche istante per captare anche il minimo rumore, ma è tutto estremamente silenzioso. Mi asciugo velocemente e mi avvolgo nell’asciugamano. La scelta di fare la doccia è stata una cosa impulsiva e non ho pensato a portarmi dietro i miei vestiti. Non posso proprio evitare di alzare gli occhi al cielo quando vedo i suoi panni sporchi sparsi tutto intorno al cesto. Scuoto la testa e li raccolgo infilandoceli dentro. Questa è una di quelle cose che non sono mai riuscita a comprendere, quale sforzo immane sarà mai gettare gli indumenti che si toglie nel loro cesto anziché dove capita? Okay alt, questo non è un pensiero che posso permettermi di fare, non posso pensare a lui mentre si spoglia, non dopo averglielo visto fare poche ore fa. Mi rendo conto che accendere il phon significherebbe fare un rumore infernale e svegliarlo. Decido di asciugare al meglio i capelli con un asciugamano, in fin dei conti è una caldissima mattinata di metà settembre. Li lego per bene in una treccia laterale e finalmente mi decido ad uscire dal bagno. Apro la porta lentamente cercando con la sola forza del pensiero di non farla cigolare. Un’altra cosa che non ho mai capito di lui, è tanto bravo nell’aggiustare le cose ma pur di non aggiustare questa porta mi fa sorbire ogni volta questo fastidioso rumore. Mi  viene voglia di prendermi a schiaffi, è lui a sorbirsi questo rumore, io non lo sento da più di due anni. Improvvisamente mi rendo conto che mi è mancato e so già che ogni volta che aprirò una porta mi mancherà. Mi arrischio a lanciare un occhiata al letto, spaventata da quello che mi si presenta davanti. Ma fortunatamente lui dorme, completamente coperto dal lenzuolo. Ha un broncio tenerissimo. Odio quando fa il broncio, odio qualsiasi sua espressione. Alzo un sopracciglio e mi fisso scettica nel riflesso della finestra. Ma non dire stronzate, lo ami, lo ami da sempre. Mi mordo il labro per non mandarmi a quel paese ad alta voce. Raccolgo la biancheria da terra e mi affretto ad indossarla. Vado alla ricerca dei miei jeans. “Mi piacciono questi jeans così aderenti, non li indossavi mai prima” si acciglia per qualche secondo, perso in qualche strano pensiero ma torna quasi subito a sorridere “Comunque adesso proprio non servono” li sbottona con lentezza estenuante e ancor più lentamente me li sfila baciando ogni centimetro di pelle che pian piano viene scoperta. Conficco le unghie nei palmi quando quell’immagine mi riempie il cervello. Avrei voglia di stendermi accanto a lui e vaffanculo tutti i miei buoni propositi. Resisto. Sono brava in questo, respiro profondamente per qualche secondo e resisto. Ricordo vagamente che dopo li ha lanciati da qualche parte dietro le sue spalle quindi devono essere qui. Li trovo afflosciati sopra una poltrona poco distante dal letto. Li infilo velocemente non badando a quanto sia sensibile la mia pelle dopo tutti i baci leggeri. Non pensarci! Mi rimprovero e vado avanti. Le ballerine sono lì a pochi passi dalla porta della camera le raccolgo e le tengo in mano, non voglio rischiare di fare rumore. Li accanto ci sono le sue scarpe e non riesco proprio a evitare che la mia mania per l’ordine prenda il sopravvento. Le raccolgo e le metto al loro posto sulla scarpiera lì vicino. Devi uscire di qui, subito! Okay, concentrati, manca solo la camicetta, dove me la sono tolta? Mi sento invadere da una vampata di calore. Me l’ha tolta lui, appena varcata la soglia di casa. “Dio non vedo l’ora di baciare ogni millimetro della tua pelle” rimango per qualche istante senza fiato, quante volte ho sognato che dalla sua bocca uscissero delle parole simili? Troppe, troppe volte e adesso è tutto reale. Gli sorrido “E allora fallo” il suo sorriso di risposta è disarmante, sembra un bambino in un negozio di giocattoli. Mi ha strappato di dosso la camicia. Letteralmente. Ricordo il rumore dei bottoni che cadevano a terra rimbalzando da tutte le parti, ricordo di aver riso come un scema. Ora devo lottare per trattenere un imprecazione. Sicuramente non potrò indossarla. Sarà da buttare. Sbuffo e mi dirigo verso il suo armadio. I suoi vestiti sono gettati alla rinfusa nei vari scomparti. Stringo i pugni lungo i fianchi. Non sta a me mettere in ordine, non è mai stato compito mio e non lo sarà mai, devo solo prendere una maglietta, infilarmela ed uscire da qui subito! Le mie tecniche di auto-convicimento funzionano sempre.
Infilo la prima maglietta che trovo rendendomi conto, troppo tardi, che è una delle sue preferite. L’ha comprata con me, ritrae tutti i suoi supereroi preferiti. Per una frazione di secondo penso di togliermela e di indossare qualcos’altro ma non lo faccio e chiudo le ante. Il solo pensiero di pescare dal suo armadio un qualcosa che gli abbia regalato qualcun’altra mi fa rabbrividire e inoltre dentro di me so’ che ogni volta che penserà a questa maglietta ricorderà il motivo per cui non l’ha più. Non sarò la sola a pensare a lui di tanto in tanto, ma di sicuro sarò la sola a dover reprimere le lacrime ogni volta che il suo pensiero si intrufolerà sgradito nelle mie giornate. Sto finalmente per andarmene quando capisco che questo non mi basta. Sono egoista fino al midollo, cedo. Voglio che lui sappia con certezza che questa maglietta se ne è andata via per sempre con me. Prendo un foglio dalla scrivania, disordinata proprio come il resto della camera. “Dovresti comprare una scrivania più grande se continui così finirà per spezzarsi sotto il peso di tutta questa carta” rido divertita mentre lui mi guarda vagamente offeso “Se tu evitassi di sederci sopra sparpagliando la mia roba, sono sicuro che non sembrerebbe così piena” mi rabbuio e lo incenerisco con lo sguardo “Mi stai dicendo che occupo troppo spazio?” lui mi sorride e mi stampa un bacio sulla guancia “Solo nel mio cuore, Cherie”. Oh quel ricordo decisamente meno recente degli altri è del tutto inaspettato. Solitamente sono così brava a reprimere qualsiasi cosa che lo riguardi. Ma è ovvio che è perché sono qui, in questa casa, dove abbiamo condiviso i migliori momenti della nostra lunga amicizia. Mi viene spontaneo storcere la bocca quando il mio cervello formula questa parola. Tutti i nostri gesti, le nostre provocazioni, la gelosia, tutte le volte che abbiamo dormito proprio in questo letto, tutti gli abbracci, gli sguardi, i sorrisi complici, gli sguardi omicidi, tutte le volte che lui è accorso in piena notte a casa mia solo per consolarmi dagli incubi, tutte le volte che sono corsa io da lui ovunque fosse solo perché me lo chiedeva, le cene che lui mi preparava, le colazioni che io gli portavo a lavoro, tutto questo, TUTTO. Può essere definito solamente amicizia? Credevo di si, ne ero convinta. Afferro una penna e scrivo nella mia calligrafia incomprensibile ma che lui, ne sono certa, capirà senza fatica “Ho preso la tua maglietta, ma almeno così siamo pari. Mi dispiace”. So che lui capirà il riferimento alla mia camicia e dentro di me spero che capisca che non mi sto scusando per avergli preso la maglietta, ma per tutto ciò che gli ho fatto, per ciò che gli sto facendo proprio ora.
Mi volto ancora una volta, dorme, è assurdo il modo in cui riesce a dormire anche quando c’è gente che gli gira intorno. Io non ci riuscirei mai, il suo solo respiro mi ha tenuta sveglia per nottate intere e la scorsa notte non ha fatto eccezione. Sorrido perché so che le notti di veglia non sono di certo finite, non riuscirò a dormire fino a quando il mio cervello e il mio cuore, soprattutto il mio cuore, non avranno metabolizzato l’accaduto. Senza neanche rendermene conto mi ritrovo accanto a lui. In fin dei conti un piccolo gesto di debolezza, dopo tutta la debolezza che ho dimostrato di avere la scorsa notte, non è la fine del mondo. Mi chino e gli lascio un bacio sulla guancia. Mi salgono le lacrime agli occhi e mi precipito fuori da quella casa, non raccolgo neanche la camicia, lascio a lui il compito di buttarla. Mi rendo conto di aver chiuso il portone con troppa forza, per questo infilo le scarpe mentre scendo le scale quasi correndo. Mi precipito alla mia auto, ieri sera non l’ho neanche chiusa a chiave per la fretta. Chiudo lo sportello dietro di me e sorrido, mi era mancato persino il minuscolo giardino di casa sua, persino le auto dei suoi vicini, persino quel rompipalle del cane di Marta. Si avvicina e non perde tempo, mi bacia. Le sue labbra sulle mie sono uno shock. Sono così morbide e hanno un sapore così eccitante, eppure allo stesso tempo hanno la capacità di calmarmi. Mi sento come se fossi tornata a casa dopo un lunghissimo viaggio. Lascio scorrere le unghie sul suo collo e poi lo attiro di più a me “Voglio sprofondare dentro di te” mormora senza staccare le labbra dalle mie.  Mi tiro leggermente indietro e lo guardo storto arricciando le labbra “Felice di sapere che sei sempre il solito romanticone” scoppia a ridere e mi prende in spalla “Questo non cambierà mai, Cherie”.  Ha usato quel soprannome, lo ricordo solo ora. Il corpo registra l’informazione prima del cervello e le lacrime cominciano a scorrere senza che io possa fare nulla per fermarle. La diga si è rotta e si salvi chi può. Io di certo non posso. So che dovrò semplicemente subire tutto questo per molto tempo ancora. Dopo anni di apatia, anni di freddezza, anni di indifferenza sono di nuovo qui presa da un attacco di panico. Persa in quelle emozioni che solo lui è sempre riuscito a farmi provare. Mio Dio come faccio ad andare avanti dopo questo. Perché non mi sono resa conto che andare a letto con lui mi avrebbe distrutto. Sembrava una buona idea ieri sera. Averlo incontrato da solo in quel bar, nel nostro bar, sembrava un segno del destino. Abbiamo parlato così tanto ieri, ci siamo raccontati tutto ciò che ci siamo persi in questi anni di lontananza. Abbiamo riso e per la prima volta dopo tanto ho veramente creduto che si sarebbe risolto tutto, che avremmo potuto ricominciare a essere noi, quelli scemi, quelli inseparabili, quelli che si conoscono meglio di qualsiasi altra cosa. Ma poi lui mi ha baciato. Un bacio leggero, casto all’angolo della bocca. Eppure è stato il primo contatto vero, il primo contatto inaspettato e piacevole, il primo da anni. Sento il telefono squillare dentro la macchina, la suoneria si diffonde solo per qualche istante e capisco che si tratta di un messaggio. Ho lasciato il telefono in macchina per tutta la notte, mi sorprendo che non si sia scaricato. Trovo il coraggio di entrare in auto e mi siedo. Prendo il telefono con l’intenzione di chiamare mia madre solo per dirle che sto bene. Sblocco lo schermo e vedo da chi proviene il messaggio di poco fa. Lui. Questo è il suo numero, non ho bisogno di pensarci, lo riconosco istintivamente. Mi accascio sul sedile e chiudo gli occhi. Ha appena finito di salvare il mio numero sul cellulare e io continuo a fissarlo sorpresa “Ma dai seriamente non hai cambiato numero?Dopo tutto questo tempo?” lui scoppia a ridere e mi guarda cercando di fare una faccia seria “Sempre”. Rido anch’io cogliendo il riferimento a Harry Potter, la saga ce ci ha permesso di conoscerci. Ci sorridiamo entrambi come due scemi, lui torna serio in un istante “Continuavo a sperare che tu mi chiamassi” il mio cuore salta un battito. Sono certa che da qualche parte dentro di me qualcosa si sia rotto. Appoggio la testa sulla sua spalla, incapace di dire qualsiasi cosa. Un altro trillo del telefono mi riporta alla realtà. E’ stato in quel momento che mi ha baciato. Costringo i miei polmoni a fare il loro dovere. Ci sono altri messaggi, altre chiamate, ma non mi importa. Tocco il suo numero delicatamente e leggo ciò che mi ha scritto: “Sta molto meglio a te che a me”. Il mio sguardo corre al suo balcone e ogni molecola del mio corpo smette di compiere la sua funzione. Lui è lì, con indosso solo un paio di calzoncini, e mi fissa. Rimango impassibile a guardarlo. So’ di dover fare qualcosa, qualunque cosa. Alla fine faccio ciò che mi riesce meglio, me ne vado. Metto in moto l’auto. Lui scuote lentamente la testa, riesco a vedere anche da qui che ha l’aria arresa, rientra in casa senza guardarsi indietro.  Se ieri sera quando mi ha baciato ho avuto la percezione che dentro di  me qualcosa si rompesse adesso lo sento, con assoluta certezza, dentro di me è tutto completamente frantumato.

Quando finisco di raccontare tutto a mio fratello lui rimane a fissarmi a bocca aperta. Io me ne sto semplicemente lì, il mento appoggiato alle mie ginocchia, le braccia avvolte intorno allo stomaco. Mi tengo stretta, ho come la sensazione che se allentassi anche solo di poco la stretta, la leggera brezza marina riuscirebbe a trasportami via. Vorrei lasciarglielo fare, ma so’ che ho delle responsabilità. Non ho versato neanche una lacrima, credo che il mio organismo le abbia terminate tutte, gli ho raccontato tutto con voce ferma e tranquilla, vuota. Vuota come lo sono io. Sento mio fratello sospirare “Io non capisco davvero, perché lo hai fatto?”. Perché? Non lo so davvero, pensavo di riuscire a sopportarlo, pensavo di  poter togliermi  quello sfizio e basta, pensavo di poter gestire la cosa, ma evidentemente mi sono sopravvalutata. Mi limito a stringermi ancora più forte. Mi afferra per una spalla e mi scuote vigorosamente “Non sto scherzando, voglio sapere perché te ne sei andata. Voglio una risposta sensata perché se mi dici che te ne sei andata solo perché avevi paura giuro che ti trascino da lui per le orecchie!” rimango a fissare il mare davanti a me. Chiudo gli occhi per qualche secondo “Nella migliore delle ipotesti starò via cinque anni, o magari qualcosa di più. Io non ho dubbi che staremmo bene insieme, sono certa che lui mi ama e io lo amo.” Mi alzo e guardo in su verso il cielo, lascio che il sole mi inondi il viso, lo stesso sole che illumina anche la sua giornata, mi basta questo per stare bene “Lo amo troppo per lasciargli subire una scelta non sua, per fargli vivere questo stile di vita che lui odia, sono un militare adesso, devo comportarmi come tale”
  
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