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Autore: screaming_underneath    12/08/2014    2 recensioni
Ha parcheggiato il TARDIS nel garage.
È una casetta piccola, la loro; piena di souvenirs di altri pianeti, tende di strani tessuti alieni e torte fatte da una premurosissima nonna Jackie.
Amarysso fa i primi passi gattonando nel loro giardino, ridendo felice mente l'erba le solletica il visino, e il Dottore pensa che quella risata sia la cosa più bella che abbia mai sentito; persino più bella di quella Rose.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 9, Nuovo personaggio, Rose Tyler
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note d'antipasto: AU tratta dal seguente prompt, lasciato da Glass Heart in occasione del Drabble Weekend organizzato sul gruppo facebook We Are Johnlocked:
"In un universo alternato dove Il Dottore si è preso una pausa, il Tardis parcheggiato nel garage della loro nuova casa, e loro due hanno una figlia che ha qualche mese e ha gli stessi occhi del Dottore, gli stessi capelli biondi di Rose e le labbra piena di promesse. E' in' una di quelle notti o giorni particolarmente lunghi che il Dottore canta la ninna nanna di Gallifrey, la benedizione per la sua piccola bambina. E' una sorta di speranza, speranza perché sa che un giorno o l'altro la guerra riprenderà e lui le abbandonerà, entrambe."




 
Warrior's Rest


La chiamano Amarysso.

Il Dottore dice che il greco, così come la stragrande maggioranza delle lingue parlate sulla Terra, deriva da dialetti al di fuori del Sistema Solare.
«È il nome più in voga in questo quadrante dell'universo, credimi, Rosie» le dice per convincerla, e una volta nata sono entrambi felicissimi della scelta, perché è davvero la bambina più splendida che si sia mai vista. O almeno, così appare agli occhi dei suoi genitori.
Ha i capelli di Rose, sottili e lievi per il momento, ma solo passandovi le dita già si capisce che crescendo diventeranno forti e un po' leonini, proprio come quelli di sua madre. Il Dottore, ridendo mentre la tiene tra le braccia per la prima volta, dice che è in tutto e per tutto la copia di lei.
«Ma no, guarda bene. Ha i tuoi occhi, e le tue labbra. Sarà una Signorina del Tempo molto fortunata». Rose sorride e le bacia la manina minuscola.
Va tutto bene.

Ha parcheggiato il TARDIS nel garage.
È una casetta piccola, la loro; piena di souvenirs di altri pianeti, tende di strani tessuti alieni e torte infornate da una premurosissima nonna Jackie.
Amarysso fa i primi passi gattonando nel loro giardino, ridendo felice mente l'erba le solletica il visino e il Dottore pensa che quella risata sia la cosa più bella che abbia mai sentito; persino più bella di quella Rose. È un'eco di gioia e speranza e futuro appena iniziato.
La sera, per farla addormentare, Rose le canta vecchie canzoni a voce bassa, sporgendosi sulla sua culla coi capelli biondi come quelli della figlia che formano una tenda, per celare quella piccola vita preziosa al resto al mondo. E se a volte, durante la notte, si risveglia, è il Dottore che la prende in braccia, lasciando che lei posi il visino contro la sua spalla.
Le canta le canzoni di Gallifrey, passeggiando per casa. Sono le ninnananne che sua madre ha intonato per lui, in un tempo adesso talmente remoto da rimanere solo una foto sbiadita, in bianco e nero. Sono le benedizioni del suo pianeta natio, un pianeta che forse lei non potrà mai vedere.
E a volte, senza rendersene conto, in quelle nottate lunghe, con le ore che trascorrono lente sulla pelle del Dottore, senza che ancora si sia abituato a viverle tutte nell'ordine giusto, si ritrova seduto in garage, con la testa posata sulla porta del TARDIS e Amarysso ormai profondamente addormentata sul petto e allora canta più forte.
Canta di storie intrise di speranza e gioia e vita, cercando di non pensare al giorno in cui salirà di nuovo nella sua macchina del tempo e dello spazio, lasciandosi indietro quel poco di vita, vita reale, che era riuscito a costruirsi con tanta fatica, per tornare alla morte e alla distruzione che accompagnano la sua esistenza da troppo, troppo tempo.
Sperando che ciò che racconta alla figlia adesso possa in qualche modo rimanere per sempre, memoria di un Tempo che ― il Dottore sa ― cesserà di essere molto presto.

I tamburi della guerra incalzano.

   
 
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