Appoggiai la bici ad un lampione e mi sedetti sulla panchina, dove ero quel giorno di circa due anni fa; mi sentivo come un minatore dopo una lunga giornata di fatica; eppure non avevo fatto nulla.
Guardare il cielo da solo era diventato un hobby, era come un sortilegio, trascorrevo ore con la testa fra le nuvole a cercare la chiave per aprire la porta della fantasia; l’uscita di emergenza dalla realtà. Desideravo solo che la mia vita fosse diversa, vorrei che ci fossi tu.
 
Stasera, rincaserò tardi. Lascia pure le chiavi nella buca delle lettere. Grazie.
 
Erano giorni che non riuscivo ad incontrarla, anche se vivevamo insieme, avevamo orari di lavoro differenti; come se non bastasse di sera, usciva con il suo gruppo di amici e quando tornava, ero già a letto.
Tutte le volte in cui sarebbe rientrata in tarda notte, mi mandava un messaggio, per avvertirmi, non mi spiegava il motivo e con il passare dei giorni mi accorsi che non scriveva neanche più il testo, ma faceva semplicemente copia e incolla.
La mattina, non osavo svegliarla, in un certo senso era come se avessi paura di farlo. Quando non si vede per molto tempo una persona, la sua immagine nella tua mente diventa sfocata. Chissà se era cambiata.
 
Avevo sempre ritenuto magico il nostro primo incontro, era un tranquillo pomeriggio d’inizio settembre ed ero seduta su una panchina a leggere quello che poi sarebbe diventato il mio libro preferito: “ Il mio angelo segreto” . Il parco dove mi trovavo era il posto più verde della città, i grandi alberi erano così imponenti, mi facevano sentire protetta e nell’aria c’era un profumo dolcissimo, che mi ricordava i boschi del mio paese di origine. Dopo alcuni capitoli, alzai gli occhi al cielo e mi guardai un po’ intorno, davanti a me c’era seduto un ragazzo dai capelli castani e ondulati, gli arrivavano quasi alle spalle, aveva un piercing al lobo sinistro e indossava una t-shirt degli Artic Monkeys (uno dei miei gruppi preferiti) anche lui stava leggendo un libro; sembrava totalmente assorto nella sua lettura, tanto da non curarsi di cosa gli succedeva intorno.  
Dopo qualche minuto, si alzò e se ne andò, non si era accorto della mia presenza; ero passata inosservata ancora una volta e di nuovo la mia timidezza mi aveva impedito di attaccar bottone.
Anche io decisi di andarmene, ormai la voglia di leggere mi era passata. Saltai in sella alla mia bici e mi diressi al supermercato più vicino, con lo scopo di comprare qualcosa per cena.  Parcheggiata davanti all’ingresso, c’era una bici dello stesso modello della mia; sarebbe stata identica se solo fosse stata tinteggiata di un rosso fiammeggiante invece di un blu elettrico.
Entrai e iniziai a vagare tra gli scaffali, nell’attesa di un’ispirazione da chef. Alla fine, decisi per un’insalata di verdure e ortaggi freschi; del resto se avrei continuato a mangiare patatine e snack, le mie probabilità di trovare un ragazzo decente si sarebbero abbassate.
Soddisfatta, mi diressi alla cassa, ma durante il tragitto i miei occhi si posarono sulle barrette di cioccolato Milka. Non riuscii a resistere alla tentazione e mi precipitai a prenderne una. Mentre la stringevo nella mia mano, un’altra la afferrò. Alzai gli occhi, era il ragazzo del parco. I suoi occhi erano di un verde intenso. Rimasi impietrita per qualche secondo, persa nel suo dolce sguardo, poi quasi intimorita dalla sua presenza, mollai la barretta e andai avanti senza voltarmi indietro.