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Autore: DarkRose86    14/09/2008    8 recensioni
C'era una volta un bambino che non era felice, non lo era mai stato...
quel bimbo aveva deciso che sarebbe cresciuto affidandosi unicamente alle proprie forze,
per cercare da solo la strada per la felicità, sua meta, suo più grande desiderio.
Un giorno, scelse di fuggire dalla vita che lo opprimeva, ed incontrò qualcuno che gli somigliava, qualcuno oppresso e infelice come lui;
fra di loro inizialmente non correva buon sangue, eppure in seguito divennero amici.
Si volevano un bene dell'anima, ma purtroppo, dopo qualche tempo, arrivò il momento di lasciarsi.
Ma forse, non era per sempre.
Il ragazzo più giovane regalò un rosso nastro all'amico rivolgendogli queste parole:
" Questo nastro non gettarlo mai, lui diverrà tuo compagno;
questo nastro ti guiderà, e ti porterà sempre da me, ovunque io sarò. "

{ Fanfiction scritta per il concorso indetto da MellosBarOfChocolate & Sleepless }
{ Alternative Universe }
.Matt X Mello.
Genere: Romantico, Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Near
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! ^_^
Dopo un bel po' di tempo che non comparivo su questo fandom, eccomi qua con una Matt/Mello nuova di zecca; la fic ha partecipato al contest "Alternative Universe" indetto da MellosBarOfChocolate e Sleepless, che è stato poi sciolto a causa di problemi che una delle partecipanti ha purtroppo avuto; speriamo che questi possano risolversi.
Devo dire che tengo molto a questa fanfiction, che presenterò divisa in tre capitoli; è una storia molto particolare, nella quale mi sono impegnata moltissimo. Verrete trasportati in un mondo surreale, dove regna, su tutto il resto, un nastro di colore rosso...

Buona lettura!


Dedicata ad Elly


The Red Ribbon ~ Il Nastro Rosso



Chapter I - Mail

Mail Jeevas era un bambino curioso; cosa normalissima, se si considera che aveva solo dieci anni. Capelli rossi e sorriso costantemente sulle labbra, che non tradiva mai il suo reale stato d'animo; lui si sentiva solo. Terribilmente solo. Non sopportava l'idea di non avere contatti col mondo esterno, di non poter giocare o confidarsi con un amico. Ma i suoi familiari non glielo avevano mai permesso. Era di famiglia nobile, Mail. Per questo non poteva essere amico di persone qualunque. { Come se loro non lo fossero... }
Odiava il modo di pensare dei suoi genitori, eppure, così piccolo e insignificante, non poteva far altro che sottomettersi. Passava le sue giornate in quella stanza dalle pareti completamente bianche, con qualche inquietante dipinto qua e là; non faceva che leggere libri e scrivere, unici passatempi che gli erano concessi.
" Noi non siamo come tutti gli altri, e dunque dobbiamo distinguerci; dobbiamo essere colti e raffinati. "
Stupidaggini; insulse contraddizioni. Se non erano come gli altri, pensava Mail, che bisogno avevano di trovare un modo per distinguersi dalla massa? Era pressochè inutile. L'unica cosa che li differenziava da chi non poteva vantarsi di un titolo altisonante, era il denaro che possedevano. Niente altro. Dunque doveva essere l'ennesimo essere umano cresciuto con la malsana idea che i soldi facessero la felicità? Neanche per sogno. Lui non voleva diventare così.
E, a dimostrazione di ciò che egli pensava, i suoi genitori morirono, derubati e brutalmente uccisi da dei balordi che si erano intrufolati in casa loro, ma avevano avuto pietà di lui. Il denaro che tanto amava li aveva portati alla morte. Ma Mail era pur sempre un bambino. E pianse, pianse per giorni interi quando rimase orfano. Improvvisamente iniziò ad amare i libri che la sua mamma gli aveva regalato, avvolti in una frivola carta color argento; li leggeva e li rileggeva, senza mai stancarsi, cercando un appiglio, per salvarsi dalla disperazione. Suo padre e sua madre, strappati alla vita per un pugno di quattrini; quanto può essere crudele e ingiusta la vita con alcuni. Non era rimasto che l'ennesimo bambino solo. Ancor più solo di quanto non si sentiva prima. Venne affidato ai suoi nonni, due persone buone ma all'occorrenza particolarmente severe; e anche loro, così come i suoi defunti genitori, non intendevano permettere al nipote di allontanarsi da casa.
" C'è troppa delinquenza in giro, Mail! Non puoi uscire da solo, un bambino piccolo come te... "
Vero. Ma a lui non importava. Ne era consapevole, ma ogni volta scacciava il pensiero della pericolosità del mondo che lo circondava, con prepotenza, convincendosi di potervi trovare qualcosa di buono, nonostante tutto.
Alla fin fine non era molto difficile, per un bimbo così scaltro, sfuggire al controllo di due persone anziane e della loro servitù, sempre intenta nei faticosi lavori di casa; specie se si pensa che dalla finestra della sua camera era piuttosto semplice calarsi giù senza rischio di farsi del male. E lo fece, Mail; intrepidò sfidò le ire dei nonni e la pericolosità di quel mondo che non gli era mai appartenuto. Si guardò bene intorno, una volta che fu lontano dalla propria abitazione, che si trovava su una collina e dominava sul piccolo paesino lontano meno di un chilometro, che ospitava circa cinquecento abitanti, non di più. Da lassù il bambino poteva osservare il fumo fuoriuscente dai caminetti accesi, testimoni di un inverno oramai alle porte. Un leggere venticello gli scompigliò i capelli, già di per sè abbastanza arruffati, mentre scrutava il paesaggio circostante. Decise di allontanarsi e, magari, di andare a curiosare proprio in quel paese, alla ricerca di qualche suo coetaneo con cui poter parlare e giocare, e alla scoperta di realtà a lui sconosciute.
A dir la verità, aveva un " amico ", se così si poteva definire: era un bimbo poco più piccolo di lui, anch'egli di nobili origini. Le loro famiglie si conoscevano bene, per cui Mail aveva cercato di fare amicizia con Nate - questo il nome del primogenito dei Conti River -, ma quest ultimo era molto solitario e taciturno, non certo di compagnia. Quel che Mail cercava era un sorriso sincero, null'altro. Qualcuno con cui trovarsi in sintonia, a cui confidare sogni e ambizioni, e scambiarsi pareri.
Camminò un bel pò, talvolta saltellando, intonando una canzone che la madre gli cantava ogni sera, quand'era più piccolo, per farlo addormentare. Adorava quelle strofe che narravano di un ragazzo coraggioso, fuggito alla ricerca della sua strada, della reale felicità. E decise che quella doveva divenire anche la sua storia; a quel racconto che tanto appassionava la sua mamma, lui avrebbe dato vita.
" Guardatemi mamma, papà... io troverò la mia strada da solo... e vi renderò fieri di me. "
Era sicuro che i suoi genitori lo stavano guardando e vegliavano su di lui, da quel posto in cui si va quando si muore. { che gli avevano descritto come un luogo felice, dove andavano tutte le persone buone, una volta abbandonata la propria carnale e mortale effige sotto un cumulo di terra fredda }
Ne era certo, Mail. Perciò alzò gli occhi al cielo, e versò una silenziosa lacrima; voleva che loro sorridessero e si complimentassero con lui, il giorno in cui avrebbe avuto occasione di riabbracciarli. Cercare la felicità e poter dire d'averci almeno provato... per lui era già un bel traguardo. E lui avrebbe tentato con tutte le sue forze, di raggiungerla.
Giunse presto al paese, e avvertì subito odori a lui non familiari; dalle taverne spesso fin troppo affollate, giungeva un acre odore di vino, totalmente diverso dalla delicata fragranza di quello che suo nonno amava bere durante i pasti. Le case erano per la maggior parte piccole e piuttosto malandate, e le persone in piedi sugli stipiti delle porte lo osservavano incuriosite, chiedendosi da dove provenisse quel ragazzino ben vestito, che si guardava attorno curioso, con gli occhi spalancati. Ed esplorò senza timore alcuno quei vicoli sudici e bui, spesso dimora di atti immorali e di quelle persone che dalla vita avevano ricevuto solo sofferenze, delusioni, e assoluta povertà. Continuava a cantare facendo qualche sosta ogni tanto, cercando qualcuno con cui attaccare bottone; ma accadde esattamente il contrario.
< Che bella canzone! > esclamò una vocina dietro di lui. Mail si voltò e vide un bambino che avrà avuto più o meno la sua stessa età; i capelli lisci e biondi erano lunghi quasi fino alle spalle, gli occhi colorati come il ciel sereno, e sul volto dai tratti quasi femminei, spiccava un bel sorriso. In mano teneva una barretta di cioccolato.
< Grazie, me la cantava sempre la mia mamma. > disse Mail, sorridendo a sua volta, < Come ti chiami? > chiese poi, curioso.
< Io sono Mihael; e tu? > rispose il biondino, guardando l'altro dalla testa ai piedi; lo squadrò, rendendosi conto che c'era qualcosa di strano.
< Io Mail. Abiti qui vicino? >
< Sì, in quella casa là in fondo. > spiegò indicandola, < Vivo con i miei nonni. >
< Davvero? Anche io vivo con i miei nonni! >
< Ma tu dove abiti? Non ti ho mai visto qui... > notò Mihael, continuando a guardarlo fisso.
< Io... vivo più in là... > indicò la collina, < ...in quella grande casa lassù. >
< Tu... sei nobile? >
< Sì, lo sono. >
{ Dio, quanto si può far male, con delle semplici parole. }
D'improvvisò, Mail avvertì un dolore acuto alla guancia destra; Mihael l'aveva schiaffeggiato con tutta la forza che aveva in corpo, fissandolo con rabbia. Il rossino si toccò il volto, dolorante, chiedendo silenziosamente il perchè di quel gesto inaspettato.
< Tu... tu devi andartene via! Qui non vogliamo nobili! I nobili... sono delle persone orribili! Và via! > gli urlò in faccia, correndo poi via verso la propria casa, lasciandolo lì interdetto. Cosa voleva dire con quella frase? I nobili sono delle persone orribili... perchè mai pensava una cosa del genere? Mail si sentì ferito nell'orgoglio da quelle parole così dure, e decise che no... non sarebbe finita lì. Avrebbe indagato, e sarebbe riuscito a capire come mai Mihael la pensava in quel modo; e soprattutto, gli avrebbe fatto capire che, anche se potevano esserci, fra quelli come lui, persone che gli avevano fatto del male, non tutti erano così.
Le campane risuonarono per segnalare che si era fatto tardi, e Mail, resosi conto dell'ora, corse via; ma nonostante la sua velocità, non era riuscito a sfuggire ai rimproveri dei nonni, che lo attendevano sulla porta, con espressione severa e allo stesso tempo molto preoccupata. Si scusò, ma venne comunque messo in castigo, per una settimana; chiuso nuovamente in quella camera, non poteva fare altro che impararsi a memoria un altro di quei volumi ospitati dalla piccola biblioteca. Osservò i titoli, e ne notò uno che non aveva mai letto; la copertina era di una chiara sfumatura di rosso, e recitava queste parole: " The Red Ribbon ".
" Il Nastro Rosso... sembra interessante. " pensò il bambino, prendendolo e soffiando via la polvere depositatasi sopra; si distese sul letto immergendosi nella lettura, continuando ininterrottamente per ore, senza stancarsi. Mai una storia l'aveva appassionato così tanto; si rese conto che somigliava molto a quella della canzone. Forse sua mamma aveva preso spunto proprio da quel testo. Ne lesse la metà, poi stanco si addormentò, sognando le gesta dell'eroe protagonista, pensando che avrebbe voluto essere come lui.

~ ~ ~

Era passato qualche mese dal giorno in cui se n'era andato di casa per qualche ora, e da allora era uscito unicamente a giocare in giardino, attentamente sorvegliato dalla servitù; dentro di sè continuava a pensare a quel bambino, non sopportava di non poter fare qualcosa per lui. Per quelle lacrime che aveva visto rigargli le guance, una volta urlata quella frase che tanto l'aveva colpito. Chissà in quel momento cosa stava facendo, dov'era e a cosa stava pensando. Domande che affollavano la sua mente, che necessitavano di una risposta. Ma quel che giunse alle sue orecchie non fu, purtroppo, la voce di Mihael a raccontargli i motivi del suo astio verso i nobili; ma si trattò nientemeno che di un urlo di dolore, straziante, orribile.
< Che è successo? > chiese impaurito, correndo in casa. Suo nonno era riverso a terra, sotto la sua testa una pozza di sangue { rosso, rosso ovunque }; e la nonna era inginocchiata accanto a lui, gli teneva la mano, piangendo e cercando disperata un segno di vita che non giunse. Mai. Era caduto dalle scale; eppure glielo avevano detto, i medici, che doveva farsi accompagnare dai servi in quei casi. Era anziano e non camminava più molto bene. Eppure lui aveva voluto fare di testa sua, perchè non sopportava d'essere aiutato; voleva essere autosufficiente, sempre e comunque, in qualsiasi momento e situazione. Ed aveva pagato per la sua forza di volontà. Con la vita. E così, le persone attorno a Mail cadevano una dopo l'altra, senza pietà, lasciandolo più solo che mai; sua nonna si era auto-confinata a letto, incapace di muoversi e di proferire parola alcuna. A malapena mangiava. Lo shock era stato troppo forte per lei.
< Signorino Mail... > sussurrò una delle cameriere, vestita in abito nero, posandogli una mano sulla spalla, < ...è ora di andare. >
Era di fronte alla tomba di suo nonno, Mail. Stava pregando per lui, affinchè giungesse anch'egli in quel luogo chiamato Paradiso. Non gli era rimasto nient'altro, osservare sua nonna guardarlo tristemente e piangere su quel letto troppo grande per lei, era dannatamente triste. Non poteva far altro che seguire l'esempio dell'eroe di quel libro che tanto adorava ma che non era riuscito a terminare, perchè era scomparso chissà dove e non lo aveva più ritrovato. Sarebbe fuggito, come Lawliet - questo il nome del ragazzo protagonista -, avrebbe cercato una ragione per continuare a vivere. Ma il non aver letto il finale, non era propriamente una cosa positiva. E Mail l'avrebbe scoperto a sue spese, prima o poi.
E quale miglior motivo per scappare, se non quello di voler donare un sorriso a quella persona che non conosceva affatto, ma che sentiva di dover aiutare?
La notte del 23 ottobre, entrò in camera di sua nonna, ormai anch'ella morente; la baciò delicatamente sulla fronte, per non rischiare di svegliarla. Le rivolse un ultimo triste sguardo, prima di dirle definitivamente addio; l'unico erede della nobile casata dei Duca Jeevas, rimasto completamente solo, guardò dritto davanti a sè, determinato. Era ancora un bambino, vero, ma le sofferenze affrontate e l'incredibile voglia di vivere facevano di lui una persona coraggiosa e decisa. S'incamminò di sera, senza temere il buio, le intemperie e chiunque potesse pensare di fargli del male, o di derubarlo dei pochi spiccioli che aveva deciso di portare con sè. Non aveva bisogno di niente, Mail, tranne che di una cosa, che aveva insistentemente cercato, ritrovandola non si sa per quale oscuro motivo, nel ripostiglio della sua casa: quel libro. Doveva sapere come andava a finire quella storia, incredibilmente lunga, racconto colmo di suspence, colpi di scena ed appassionanti dialoghi.
Ma c'erano molte cose che Mail ancora non sapeva. Troppe cose.
< Addio, casa dove sono cresciuto... non tornerò mai più qui. >

{ C'era una volta un bambino che non era felice, non lo era mai stato... quel bimbo aveva deciso che sarebbe cresciuto affidandosi unicamente alle proprie forze, per cercare da solo la strada per la felicità, sua meta, suo più grande desiderio. Un giorno, scelse di fuggire dalla vita che lo opprimeva... }


Fine Capitolo Uno
  
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