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Autore: northerntrash    14/08/2014    6 recensioni
A Bilbo piaceva Erebor, davvero. Anche se tutti sembravano convinti che avesse intenzione di andarsene.
In cui il terriccio provoca incidenti internazionali, Thorin è melodrammatico, e i nani non sanno proprio come mantenere un segreto.
Oh, e costruiscono un giardino, alla fine.
Svergognata Fix-it Bagginshield | Storia originale su Archive of Our Own
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note della Traduttrice
Salve gente! Qui parla KuroCyou, che ogni tanto va e ogni tanto torna su questo sito. Ultimamente mi è venuto il pallino della traduzione, e ho pensato di cominciare a tradurre qualche fanfiction dal sito AO3, per rifornire un po' il fandom italiano de Lo Hobbit che manca davvero di storie Bagginshield :P
Alla fine ho scelto questa one-shot (lunghiissima) perchè è una delle mie preferite in assoluto, da un'autrice che è una gemma nel fandom internazionale.
Detto questo, è la prima volta in assoluto che traduco qualcosa, ci sto ancora prendendo la mano; se volete segnalare qualcosa - imprecisioni o altro - per favore mandatemi un messaggio sul mio account personale qui. Immagino comunque che ci ritornerò per revisioni e correzioni.
Potete invece leggere la storia in lingua originale qui
Detto questo, buona lettura!

Note dell'autrice
Storia ispirata alla fantastica idea e concept art di shamingcows X Potete trovarmi su tumblr a www.northerntrash.tumblr.com


 

Planting a Hobbit

by Northerntrash
traduzione di KuroCyou
 

A Bilbo piaceva Erebor.

Davvero, gli piaceva molto più di quanto non si sarebbe aspettato: era stato forse un po' scoraggiato dalla sua prima esperienza nel regno sotto la montagna, intriso dell'odore del drago, pieno di scheletri e polvere, e assediato da eserciti (e chi, davvero, lo avrebbe incolpato per questo?), ma una volta che tutto questo finì, e la grande opera di pulizia e ricostruzione fu cominciata, si era ritrovato a gradirlo molto di più.

I corridoi non erano bui e freddi come aveva creduto; le forge in funzione nel cuore della montagna diffondevano calore ovunque, dal cunicolo più basso alla stanza più alta, e in tutte le enormi e cavernose sale nel mezzo. Un ingegnoso sistema di condutture dirottava l'aria calda pompata dai mantici attraverso le forge a tutte le parti della Montagna, lasciando i pavimenti e i muri di pietra caldi al tocco, un calore simile a quello che avrebbe trovato se avesse premuto le mani sul legno che rivestiva Bag End dopo una lunga, lenta giornata d'estate.

Ringraziando Eru, L'odore era scemato dopo qualche settimana di ventilazione.

Per quanto riguarda l'oscurità, le lampade ad olio erano tenute accese durante tutto il giorno e la notte (anche se era ancora difficile per Bilbo distinguerli quando non aveva l'occasione di raggiungere una finestra); gli stoppini erano mantenuti ben tagliati e i serbatoi d'olio riforniti da un gruppo di giovani nani il cui compito era assicurarsi che il posto rimanesse luminoso e bello. Nei saloni principali e camere più ampie, grandi sistemi di specchi incastonati profondamente nella roccia riflettevano la luce del giorno fino al cuore della montagna, illuminandole con la luminosità di mezzogiorno o l'ombrosa luce dorata del tramonto.

Anche nei livelli più bassi della montagna, dove viveva la maggioranza della popolazione della Erebor rivendicata, era raro che Bilbo si ritrovasse a doversi sforzare di vedere, anche senza l'acuta visione notturna dei nani.

E ovviamente, la compagnia dei suoi amici e della neo-acquisita famiglia rendeva il tutto molto più allegro di quanto non fosse stato al suo arrivo: la grande battaglia che gli uomini chiamavano la Battaglia dei Cinque Eserciti aveva scosso Thorin dalla febbre dell'oro che aveva calato un'ombra di paura su tutti loro; l'orrore della carneficina, l'estensione delle sue ferite e la consapevolezza di averli quasi uccisi tutti abbastanza da fargli realizzare cosa aveva fatto.

Bilbo non era ancora particolarmente sicuro che sarebbe rimasto ad Erebor, incerto se la sofferenza nel suo petto si sarebbe mai affievolita restando nelle vicinanze del nano a cui si era ritrovato a tenere profondamente, forse troppo, ma aveva promesso a Bofur e Fili e Kili che sarebbe rimasto per un po'. Aveva pensato di trovare un passaggio per la Contea dopo qualche mese, ma poi Thorin, alla vigilia della sua incoronazione, lo aveva trovato, ancora favoriva parecchio la gamba sinistra per evitare di far pressione sulle ferite (ma si rifiutava di usare un bastone, per quanto Oin e i suoi nipoti dicessero che era un idiota), e aveva premuto il suo anello nelle mani di Bilbo, pregando per un'altra occasione, perché loro ricominciassero, per qualcosa di più di quel che erano prima.

Era stato inaspettato, ma di certo non indesiderato.

Col senno di poi, piuttosto simile a quella che era stata l'intera avventura.

Gli era stato impossibile rifiutare: il tuffo nel petto gli aveva fatto trarre la bocca di Thorin sulla sua, premendo vicini i loro corpi, per quanto ciò significasse che stavano ignorando le regole del corteggiamento nanico - e ciò almeno spiegava perché Fili avesse continuato a lasciare grossi tomi su quel particolare argomento nelle stanze di Bilbo.

Il modo in cui Thorin si era spinto più vicino, schiacciando entrambi contro il muro, il respiro irregolare mentre Bilbo mormorava i suoi sentimenti nel loro bacio, le mani di Thorin impigliate nei suoi capelli, aveva reso abbastanza chiaro che il Re non era troppo offeso per l'inosservanza delle tradizioni della sua cultura.

E così, alcuni lunghi mesi dopo, Bilbo Baggins, un gentilhobbit della Contea, si era in qualche modo ritrovato ad essere incoronato Consorte in una montagna che non era ancora ben sicuro gli piacesse, rassicurato dal sapere che amava Thorin abbastanza da aver intenzione di rimanere qualunque fosse lo stato del regno.

Le cose erano, ovviamente, migliorate col procedere delle riparazioni, e ora, più di un anno dopo la caduta del drago, era abbastanza disposto ad affermare che la sua impressione iniziale di Erebor era stata sbagliata.

Comunque, questo non significava che era perfetta: ben lontano dall'esserlo.

Erebor era grandiosa, ma mancava della vegetazione della Contea, e in certi giorni si ritrovava a bramare le colline ondulate della sua terra natia, le distese di campi di grano che riempivano l'orizzonte, i tappeti di fiori traboccanti di colore e il ronzio delle api nel sole; gli mancavano i frutteti da cui sgraffignava frutta da bambino e leggeva da adulto, e gli mancavano le erbe che crescevano in precisi quadrati sotto la finestra della sua cucina, le piantine originali coltivate da suo padre.

Gli mancava la sensazione del sole d'autunno sul viso e la pioggia primaverile che gli inzuppava le spalle mentre correva a casa dal mercato e la calda brezza d'estate mentre fumava erba pipa sulla sua panca; certi giorni desiderava un calore più naturale di quello che la montagna poteva offrire, per quanto fosse bella.

Ora era una persona occupata, con responsabilità che non si era propriamente immaginato: Thorin non aveva esplicato i doveri di un consorte per parecchio tempo, perché aveva provato ad impedire che Bilbo se ne occupasse, sobbarcandosene la maggior parte lui stesso e delegandone altri a Balin, o Fili e Kili, che avevano già di loro abbastanza da fare in questo nuovo regno, anche se non si erano lamentati del peso - di fatto, sembrava che fossero d'accordo con Thorin, che Bilbo non avrebbe dovuto lavorare neanche nel senso più politico e non-fisico.

All'inizio Bilbo si era sentito offeso, quando se ne era accorto, pensando che Thorin non si fidasse di lui o non credesse che fosse adatto, ma il dolore impresso nel cipiglio severo che era comparso sul viso di Thorin quando Bilbo lo aveva confrontato e accusato di cose del genere aveva in qualche modo fatto scemare la sua rabbia.

Era decisamente ovvio che non era stata per nulla quella l'intenzione.

Sembrava che Thorin stesse semplicemente cercando di risparmiare a Bilbo le noie del governare, le lunghe giornate passate seduti a discutere con emissari e signori, per qualche timore che ciò potesse fargli cambiare idea.
Il che era ridicolo, gli disse Bilbo mentre si sedeva sul lungo divano al fianco di Thorin dopo che il Re (anche se la sua corona era stata, come sempre, lasciata nella stanza di ricevimento dei loro appartamenti, insieme a quella odiata di Bilbo, mai indossate nelle loro stanze private) aveva ammesso tutto questo.

"Volevo restare così da poter stare con te, non perché fosse una cosa facile da fare; ti amerei sia se dovessi occuparmi dell'intera Terra di Mezzo per stare con te, sia se non dovessi far altro che assicurarmi che tu faccia colazione ogni giorno."

Si era interrotto poi, perché Thorin lo stava fissando con quell'incredulo sguardo rapito che aveva ogni volta che Bilbo ammetteva il suo amore così facilmente e liberamente, essendo cose del genere molto più difficili per lui; ogni volta che lo guardava in quel modo, Bilbo si interrompeva, e si spostava un po' più vicino, come se il contatto fisico potesse aiutare a cementare la verità delle sue parole, se potesse aiutare Thorin a credere.

Aveva preso la mano di Thorin tra le sue, premendo un bacio all'interno del suo polso prima di posare le loro mani unite sulle sue ginocchia.

"Essere il tuo Consorte in più del solo nome sta da qualche parte nel mezzo, non pensi? Non può essere più difficile di parlare ad un drago. In ogni caso," e Bilbo alzò le spalle, strofinando il pollice sul palmo di Thorin "è stato un po' noioso, a dir la verità, con niente da fare. Lascia che impari."

E così Thorin fece, anche se occasionalmente cercava ancora di fare più di quanto dovesse, ma siccome implicava cercare di prendersi il peggio del lavoro anche da Fili e Kili, Bilbo non si sentiva in dovere di prenderla sul personale.

Bilbo aveva brillato, per sua delizia e per quella della sua compagnia: aveva un istinto naturale per la diplomazia insieme ad una spina dorsale, Thorin diceva occasionalmente mentre premeva baci sulla sua lunghezza, fatta di mithril; non accettava sciocchezze dai capi delle gilde commerciali che andavano da lui con le loro dispute, ma aveva un'infinita pazienza nell'affrontare i nani che presentavano petizioni per problemi più personali. Poteva avere una limitata tolleranza per visitatori non voluti che razziavano la dispensa, ma quando il problema era dare una casa alle famiglie in arrivo alla Montagna, e organizzare i tragitti commerciali tra Erebor e Bosco Fronzuto, la sua sembrava non avere fine.  

"Non so come lo fai" Kili disse, la voce lamentosa. "Cinque minuti ad ascoltare Lord Gror e voglio buttarmi dalle mura. Anche Zio sembra contemplare l'opzione di resuscitare Smaug per darglielo da mangiare. Tu te ne stai lì seduto sorridendo."

"Lord Gror" Bilbo lo rassicurò con un sorrisetto ironico "non è niente in paragone a certi dei miei parenti più spiacevoli."

Quel genere di risposta gli guadagnava sempre un gran sorriso e un abbraccio con un braccio solo dal principe più giovane, il genere di cose che lo facevano sentire davvero uno di famiglia.

Ma nonostante il fatto che Erebor fosse molto più agiata di quello che si era immaginato, indipendentemente di quanto si fosse ritrovato ad apprezzare quello che passava il tempo a fare, anche malgrado le braccia di Thorin fossero una casa per la quale non sapeva di sentire la mancanza, si ritrovava comunque a farsi scivolare il suo anello sul dito e avviarsi con passo felpato fuori dalle uscite segrete per la superficie della montagna (aveva trovato le strade su vecchie mappe della guardia, seppellite in profondità in una scrivania nelle stanze che erano appartenute a Lord Fundin, il che lo portò a chiedersi quale ruolo ricoprisse esattamente il padre di Balin e Dwalin nella vecchia Erebor), oppure fuori dai cancelli principali e giù nella Dale ricostruita.

Chiamarla fuga sembrava ingiusto; una vacanza, se solo per un momento, sembrava più accurato. Non voleva fuggire dalla Montagna - aveva solo bisogno di una pausa di tanto in tanto.

Sul fianco della montagna si appoggiava ad una roccia, passando leggermente le mani sul muschio e l'erica che cresceva nei ripari dietro ai macigni, guardando i corvi volare sopra la sua testa; preferiva togliersi l'anello, così da poter assaporare come si deve la luce del sole e la brezza, ma si assicurava di nascondersi bene - aveva presto imparato che qualunque nano lo cercasse poteva chiedere ad un corvo se l'aveva visto.  

Gli piaceva lassù, anche se faceva freddo o pioveva leggermente; nelle giornate soleggiate e calde era particolarmente meraviglioso essere di nuovo all'aperto.

Se lasciava i cancelli, vagava giù fino a Dale, dove avrebbe presto potuto perdersi nel viavai degli uomini, passeggiando tranquillamente tra i mercati e la folla di gente, qualche volta riusciva perfino a credere di essere di nuovo nella Contea; fin dai primo anniversario della morte del drago, e il risalto che gli era stato dato non solo da Thorin, ma anche da Bard nei loro piuttosto superflui discorsi, era stato abbastanza impossibile.

Ora finiva più spesso nei campi intorno ad Erebor e Dale che lentamente ricrescevano, vagando attraverso i sottili germogli di alberi che erano stati piantati negli sfregi scuri dalle quali i loro predecessori bruciati erano stati sradicati per far posto ai nuovi; trovò ombre tranquille proiettate dalle pareti di pietra in una terra che era nuovamente verde e bella, anche se non verdeggiante come la sua terra natia, ed era abbastanza soddisfatto di rigirarsi i piccoli fiori selvatici tra le dita e osservare il cielo in alto sopra di lui.

Il più delle volte era abbastanza per farlo sentire molto meglio, gli permetteva di riprendersi di nuovo, e ritornava alla Montagna con umore decisamente migliore.

E se qualche volta finiva per essere così frustrato dallo splendore delle pietre squadrate e cavernose arcate da considerare persino di accettare l'invito degli elfi di Bosco Fronzuto a visitare il loro regno, anche solo per un cambio di paesaggio, non era mai così ingenuo da menzionarlo ai nani (tanto meno a Thorin).

All'inizio aveva cercato di tenere segrete le tranquille gite fuori dalla Montagna, ma non era durata al lungo: a differenza della sua vita semplice a Bag End, qui era sempre richiesto, che fosse un dignitario in cerca di consiglio, o un membro della Compagnia a sua volta in cerca di compagnia; Ori poteva avere bisogno di aiuto in una traduzione dal Sindarin, o Fili e Kili potevano volere una pausa dai loro doveri di eredi che forse avevano sottovalutato vivendo a Ered Luin, o Bofur condividere un'allegra canzone con lui.

E poi, ovviamente, c'era Thorin.

Thorin lo cercava per molte cose; per un consiglio, per un momento di conforto, per una pausa dalle sue lunghe giornate - oppure solo per premere il naso nella curva del collo di Bilbo. A volte lo faceva senza una parla, arrivando da Bilbo nel suo studio o nelle loro stanze o in una camera di consiglio, tirandolo vicino a se e respirando profondamente contro la sua pelle, prima di premere un veloce e delicato bacio sulla sua fronte e lasciare con un piccolo sorriso e senza una parola, apparentemente quel breve momento abbastanza per alleviare almeno un po' lo stress e l'ansia della corona.

E quando Thorin non riusciva a trovarlo, quando non ci riusciva nessun nano… beh.

Dire che si scatenava l'inferno era un eufemismo.

Era sgattaiolato dentro la Montagna la prima volta per ritrovarsi in un tumulto inaspettato, le guardie stavano cercando in ogni corridoio del regno, i cancelli erano stati chiusi (era riuscito ad intrufolarsi dentro con l'aiuto del suo anello), perché lo avevano creduto rapito, anche se da chi o per quale causa nessuno dei nani nel panico era in grado di spiegare; Thorin l'aveva stretto contro il suo petto quando era rientrato nelle loro stanze, piuttosto confuso dal tutto il trafficare, i tremiti che Bilbo percepiva attraverso il suo torso tradivano la genuina paura di Thorin nonostante la maschera incrollabile che indossava.

Dopo di ciò fece del suo meglio per essere più attento; cercava di lasciare un biglietto quando se ne andava, o passava un messaggio a qualcuno della Compagnia. I nani potevano non gradire la sua vaghezza quando spiegava dove stava andando (le poche volte che l'aveva fatto erano finite con l'intera Compagnia, completa del Re sotto la Montagna, che lo seguiva fino a Dale a quella che pensavano fosse una distanza discreta) ma almeno sapevano di non dover andare nel panico.

Questo non fermò i suoi nani (e non era sicuro a quale punto della strada erano diventati suoi, ma ora lo erano sicuramente) dall'essere nettamente scontenti della situazione. Non si fidavano, apparentemente, di nessuno, particolarmente quando c'era in gioco il loro abitante Hobbit. Mentre Bilbo capiva che la loro era semplice preoccupazione, allo stesso modo in cui lui si preoccupava per loro, c'era qualcosa di opprimente nel loro modo di farlo, qualcosa che gli faceva venir voglia di scappare nelle colline.

Thorin, con il suo modo ostinato di approcciarsi alla vita, non capiva davvero; lo lasciava irritabile e distante, convinto che c'era qualcosa che mancava in Erebor, o forse in lui stesso, che faceva venir voglia a Bilbo di andarsene, il che a sua volta portava a più di qualche parola frustrata lanciata nei loro appartamenti dopo che Bilbo ritornava da loro.

"Perché non sei felice in Erebor?" Con tutto ciò che posso darti e tutto ciò che sono?

"Non posso vivere senza sprazzi di sole o erba, Thorin" Ti amo con tutto ciò che sono, ma ciò che sono è anche un Hobbit, e non c'è modo di cambiarlo.

"Gli specchi portano dentro il sole, e ti farei mille foglie di mithril, più fiori fatti di gioielli di quanti tu ne possa contare in una vita intera." Perché non è abbastanza per te?

"Non è lo stesso, Thorin" Ma non dubitare di me.

Era un bene che entrambi fossero in grado di leggere tra le righe, in questi giorni, o le loro discussioni sarebbero potute discendere in qualcosa di molto più amaro, meno controllato; Thorin era certamente incline a quel tipo di cose. Ma sempre Bilbo attraversava la stanza prima che potesse, incapace di guardare le linee addolorate che solcavano la fronte di Thorin, spingeva il nano irrequieto in una sedia e si faceva strada tra le sue gambe, accarezzando quelle rughe con i pollici fin quando non si alleviavano e Thorin avvolgeva le sue braccia forti intorno alla vita di Bilbo, posando la testa sulla cresta del suo sterno, sussurrando sulla sua pelle parole che Bilbo non riusciva a cogliere.

Così continuavano; e anche se Bilbo era felice ad Erebor, e si sentiva innegabilmente bene al fianco di Thorin, non era ancora lo stesso.

... ma i suoi nani, sembrava, non lo capivano. 

 


 

"Non è felice" Thorin disse al miscuglio di nani seduto intorno al tavolo, provocando un'agitazione di sguardi preoccupati lanciati dall'uno all'altro. Le sue mani poggiavano a palmi in giù sul tavolo, il volto serio, e anche se alcuni potevano aver definito questa una ragione ridicola per radunare la Compagnia e famiglia con tanta urgenza, il gruppo intorno al tavolo certamente non concordava:

"Non è vero, Zio."

Thorin lanciò un'occhiata affezionata al suo nipote più giovane; Kili rimaneva una continua fonte di ottimismo in tutte le situazioni, e ne era contento, anche se ciò occasionalmente rivelava la sua ingenuità.

"Non ha tutti i torti" commentò Bofur, mettendosi comodo nella sua sedia, e Thorin era disposto ad ascoltare Bofur, che era un amico particolarmente intimo di Bilbo. "Non penso che Bilbo sia infelice qui, ma non penso nemmeno che sia il suo buco nella terra."

Balin annuì. 

"Nani e Hobbit sono creature molto diverse, dopo tutto."

Nori annuì, stuzzicandosi i denti con una lunga, sottile lama; Dori lo guardava con la coda dell'occhio, chiaramente cercando con fatica di non saltar su e strappargliela dalle mani.

"Non capisce i rischi in cui si caccia, andando in giro in quel modo."

Dwalin grugnì in assenso.

"Le guardie non possono seguirlo quando diventa dannatamente invisibile."

Nori sbuffò, e mise giù il coltello, per il visibile sollievo di Dori.

"Siamo stati fortunati a non avere nessuno scontento serio nei confronti del trono, ma tutto ciò che serve è un nano o uomo o fotti-alberi* che vuole dimostrare qualcosa, e lui è là fuori che vaga esposto."

Ori mise giù i suoi ferri da maglia con uno sbuffo silenzioso.

"Non è solo questo, vero? Abbiamo bisogno che Bilbo senta che questo posto veramente casa sua."

Fili gli diede una gomitata.

"Abbiamo bisogno di entrambi; io certamente non voglio dover imparare a vivere senza Bilbo, che sia perché si è cacciato nei guai o perché gli viene troppa nostalgia di casa."

Gloin grugnì.

"Il mio Gimli adora Bilbo, sapete che ha raccontato al ragazzo storie su alberi che camminano? Gimli continua a parlare di dannati cespugli parlanti ora, sarebbe devastato se Bilbo decidesse mai di andarsene."

Dis, che se ne era stata seduta in silenzio all'angolo più lontano del tavolo, notò l'aria affranta non solo sul volto di suo fratello, ma anche su quelli dei suoi figli: mise giù la lente che stava usando per applicare la delicata filigrana alla fibbia da mantello che stava facendo, e si accigliò al cugino.

"Sta' zitto, Gloin; non ha intenzione di lasciarci."

Gloin borbottò un po' e si risedette sulla sua sedia, ma le sue parole avevano chiaramente fatto scoccare qualcosa intorno al tavolo.

"Ha detto anche a me degli alberi parlanti." commentò Ori, fissando il soffitto nel modo assente in cui lo faceva ogni volta che stava pensando "E dei significati di tutte le varie piante. Gli Hobbit le usano per mandare messaggi, sapete." 

Bofur assentì. "E anche di quel grande albero nel prato dove fanno le feste nella Contea; ha detto che è come la grande colonna minerale nella Sala di Durin, qualcosa di comunitario e importante."

Dori mormorò un po'. "E' molto esperto di piante usate per preparare il tè, anche."

Dwalin li stava fissando tutti come se fossero usciti di testa, ma Balin annuiva pensierosi. "Aveva un gran giardino a casa, vero? E una panchina dove si sedeva e fumava. Doveva essere un posto tranquillo per lui."

Bifur, normalmente silenzioso anche nella compagnia di questo piccolo, saldo gruppo, si inserì.

"Gli piacevano i fiori a casa del mutatore di pelle, vero?"

Oin, il cui cornetto acustico era di una qualità decisamente migliore ultimamente, annuì pensieroso.

"Il ragazzo ha pure un buon occhio per le erbe medicinali"

"E quelle per cucinare, se è per questo." venne la voce bassa e tranquilla di Bombur, a stento udibile al di sopra del mormorare di assenso che veniva da tutt'intorno al tavolo.

Fili e Kili erano piegati in avanti sulle loro sedie ora, con l'aria più giovane di quanto non fossero nel loro entusiasmo.

"Pensate che gli piacerebbe?" Chiese Fili allo stesso momento in cui suo fratello disse "A Bilbo serve un giardino!"

Qualcosa scintillò, nelle profondità dello sguardo di Thorin, lo stesso tipo di risoluto scopo e passione che lo avevano portato a reclamare Erebor, che lo avevano trascinato attraverso la Terra di Mezzo per trovare una casa per il suo popolo.

"Un giardino" disse, la sua voce bassa e potente, e il gruppo cadde in silenzio, semplicemente annuendo. "Un giardino."


Bofur si allungò sopra il bracciolo del divano, tendendo la mano verso il piccolo bouquet di fiori selvatici che Bilbo aveva raccolto il giorno prima, ora tenuto in una bella caraffa dipinta di blu e bianco che aveva comprato qualche mese prima a Dale (gli ricordava le porcellane di sua madre, ora lontane nella Contea).

Bilbo lo guardò confuso.

Bofur strofinò i petali di un bocciolo grande e giallo tra le dita.

"Bofur…" cominciò Bilbo, non completamente sicuro di quello che stava facendo. I nani, come ben sapeva, non erano particolarmente affezionati ai fiori, e Bofur non faceva eccezione, anche se suo cugino li mangiava occasionalmente. "che diavolo stai facendo?"

Bofur gli rivolse un gran sorriso.

"Ammiravo, solo questo."

Bilbo alzò un sopracciglio.

"Certo…" disse, non certo del perché il suo più caro amico improvvisamente sembrava così eccitato, come se fosse un bambino con qualche segreto che riusciva a stento a trattenere. "Qualche ragione?"

Bofur fece spallucce.

"Dobbiamo avere una ragione per interessarci delle tue cose?"

"Beh…" Bilbo girò la testa leggermente da un lato. "Beh, no, ma non è che qualcuno di voi abbia mai mostrato molto interesse nei miei fiori prima di ora."

Il sorriso di Bofur, semmai, crebbe più ampio.

"Davvero? È terribile da parte nostra, ragazzo. Ci assicureremo di correggere la cosa, abbastanza presto."
Bilbo si accigliò, e ritornò al suo tè, la mente in moto.

"Sai, è piuttosto strano" disse, con prudenza. "Ma Kili mi ha detto quasi esattamente la stessa cosa l'altro giorno."

Il sorriso di Bofur si congelò, solo per un momento, prima di diventare improvvisamente imbarazzato. "…Oh?"

"Hmmm," rispose Bilbo, gli occhi accesi. "Infatti."


Cominciò come un semplice progetto, come queste cose fanno sempre.

Bombur, come architetto reale, fu incaricato dei progetti, sia all'inizio sia via via che le cose diventavano più complesse - anche se non aveva mai lavorato su dei giardini prima, lo vedeva come una nuova e rinfrescante sfida: mai prima d'ora aveva avuto l'occasione di esplorare qualcosa di così diverso e, a dir la verità, eccitante.

Anche se disse poco sull'argomento, si buttò nei preparativi con gran cuore, schizzando letti fioriti in grandi motivi angolosi che rispecchiavano le decorazioni sul trono di Erebor, come era appropriato per i giardini privati del Consorte Reale.

Portava ogni stadio dei progetti al Re, che li fissava (in verità un po' confuso) con grande intensità prima di dare un cenno di approvazione.

"Sembrano… buoni."

Bombur aveva annuito, riconoscendo un complimento dal nano taciturno quando lo sentiva.

Balin, che conosceva Erebor meglio di chiunque altro, aveva suggerito un'ubicazione: aveva largamente studiato sia l'interno che l'esterno della montagna sotto la guida di suo padre, e appena si sedette e ci pensò la sua mente era stata attratta immediatamente da una larga sporgenza sulla superficie vicino ai quartieri dei livelli superiori.

Era riparata su ogni lato da larghe creste di roccia, non troppo diversa dal luogo della porta segreta che li aveva condotti dentro Erebor, quindi qualche cespuglio di erica ci cresceva già; sarebbe stato abbastanza facile tagliare una porta per l'esterno, livellarla ed estenderla e renderla in grado di far crescere cose (anche se erano tutti un po' confusi di come, esattamente, l'avrebbero fatto).

Thorin aveva acconsentito immediatamente alla scelta di Balin, e quando avevano mostrato a Bombur l'esterno della montagna lui aveva annuito silenziosamente, un sorrisetto sul suo viso piacevolmente rotondo.

Ori aveva già iniziato le sue ricerche, e vari rotoli di liste di piante e fiori che sarebbero cresciuti nelle terre intorno ad Erebor si erano fatti strada sulla scrivania del Re, anche se per lui tutte le piante erano più o meno uguali - fortunatamente Ori aveva preso nota del fatto, e aveva incluso utili annotazioni su quali avevano un buon odore, quali sarebbero cresciuti sui graticci, quelli che crescevano nelle terre intorno alla Contea, e quindi potevano essere familiari per Bilbo; gli era anche stata passata una lista piena di informazioni su erbe da entrambi Bombur e Oin, anche se tutti i nomi gli sembravano uguali - non avrebbe saputo riconoscere quali mischiare in un impacco per le ferite o quali mettere in uno stufato se se le fosse ritrovate davanti, ma Thorin si fidava che sarebbero piaciute a Bilbo.

Fu Nori a venire da lui successivamente, si lasciò cadere nella sedia nell'angolo con le consuete membra rilassate che non davano indicazione di quanto ogni suo movimento era calcolato.

"Ho chiesto in giro a Dale, e dicono che i pomodori non cresceranno qui. Fa troppo freddo."

Thorin si raddrizzò nella sua sedia, e la delusione doveva essere visibile sul suo volto, perché Nori alzò le mani in resa.

"Ma nel nord, nelle città degli uomini, coltivano piante in edifici fatti di vetro: tiene dentro il calore e fa entrare la luce allo stesso tempo. Le chiamano serre."

Thorin annuì, chiaramente riflettendo.

"Il vetro è fragile."

Nori lo fissò.

"Beh, si, certo, ma…"

Nori riuscì a vedere l'improvviso orrore negli occhi del Re, in riproduzione nella sua testa  la senza dubbio melodrammatica e inutile visione del vetro frantumarsi sulla testa di Bilbo, tagliandolo a striscioline sottili. Il nano resistette all'impulso di roteare gli occhi al suo Re, perché una cosa del genere era probabilmente considerata tradimento, ma non riuscì a fermare l'ombra di un sorriso che tirò gli angoli dei suoi occhi.
Onestamente, a volte Thorin era proprio un idiota innamorato.

"Diamanti" Thorin disse infine. "Piccole piastre di diamante, incastonate nel piombo."

Nori alzò un sopracciglio perfettamente intrecciato.

"Mio Re, dubito ci siano abbastanza diamanti in tutto il mondo per ricoprire l'interezza di una serra grande come quella che costruiresti."

Thorin fece una smorfia, con l'aria piuttosto scontenta, e Nori si ricordò della maglia di mithril senza prezzo che Bilbo indossava nelle occasioni formali come se fosse una camicia di cotone. Aveva il sospetto che Thorin avrebbe donato a Bilbo ogni gioiello in Erebor, se solo lo Hobbit lo avesse chiesto (e avesse avuto alcun interesse in quel genere di cose).

"Altre pietre preziose, allora."

Nori annuì, e si alzò, cercando di nascondere un sorriso.

"Ci sono molti cristalli chiari nella Tesoreria" disse, e la risata era evidente nel suo tono, anche se non la lasciò venir fuori.

E ovviamente, da lì in poi, i progetti aumentarono soltanto: lo spazio sul fianco della montagna fu presto dichiarato troppo piccolo da Bombur per tutte le aggiunte che la Compagnia continuava a proporre e che Thorin continuava ad approvare, e certamente non era abbastanza grande da contenere entrambi l'albero e la serra che sui quali il Re si era fissato. Così, presto Bofur e una serie di altri nani che avevano giurato segretezza tagliarono una porta e cominciarono ad estendere il rifugio di roccia, che fortunatamente era abbastanza profondo da permettere al giardino in gestazione di essere almeno duplicato in estensione.

Persino l'estesa pazienza di Bombur si stava assottigliando quando Thorin lo raggiunse con un bagliore selvaggio nei suoi occhi che avrebbe dovuto, col senno di poi, renderlo un po' più cauto dal principio.

"Terrazze" Thorin disse, quasi allegramente "Terrazze."

Bombur si mise  la testa fra le mani, ma nel giro di una settimana i progetti furono modificati di nuovo.


Bilbo sentì i pettegolezzi non molto dopo un mese dal primo incontro tra Thorin e la Compagnia, anche se l'abitante Hobbit di Erebor ovviamente non sapeva nulla di ciò.

Non fu il crescente numero di nani coinvolti nel progetto (anche se la natura dello stesso non gli era molto chiara) che lo informò, né le gomitate che Fili e Kili si davano ogni volta che pensavano che il loro nuovo Zio non stava guardando; no, fu Thorin che fece veramente scoprire il complotto.

"A te… piacciono i fiori" Thorin aveva detto una notte, né un'affermazione né una domanda, ma qualcosa nel mezzo. Bilbo era raggomitolato, nudo e ancora un po' ansante a causa delle loro precedenti attività, a metà sul petto di Thorin, e si era tirato su per guardare il nano.

"Beh, si." Aveva risposto dopo averlo fissato confuso per un momento, e Thorin aveva allungato la mano per spingere via i ricci sudati dalle sue tempie. "Perché diavolo lo chiedi?"

Gli occhi di Thorin erano schizzati al soffitto, lontano da Bilbo, il che era già un indizio abbastanza evidente che stava succedendo qualcosa.

"Nessuna ragione" aveva detto, prima di avvolgere le sue braccia intorno alla vita di Bilbo e ruotare le posizioni, immobilizzando giù lo Hobbit con il suo fisico più forte, e lo aveva baciato con una lentezza e sicurezza che lo aveva lasciato abbastanza senza fiato.

"Davvero nessuna ragione." Aveva ripetuto prima di muoversi per premere ardenti baci a bocca aperta sulla gola di Bilbo, succhiando la pelle e mordicchiandola leggermente.

E sebbene Bilbo fosse stato distratto con successo, non era stato convinto: era raro che Thorin dicesse nulla senza alcuna ragione, men che meno sull'argomento fiori, e una volta aver ripreso fiato aveva cominciato a riflettere.

Sapeva che era meglio non chiedere, perché cercare di scoprire cosa stesse succedendo direttamente avrebbe solo portato a porte chiuse sulla sua indagine: invece fece quello che come Hobbit sapeva fare meglio, rimase tranquillo e discreto, e ascoltò.

Ori stava avendo un improvviso e abbastanza inaspettato interesse per i condimenti: ogni volta che mangiava con la Compagnia Bilbo si ritrovava a notare il modo in cui il giovane nano scrutava pezzetti di erbe varie e chiedeva a Bombur cosa fossero.

Andò nelle stanze di Oin un pomeriggio, per lasciargli le focaccine al formaggio che aveva cucinato per il vecchio nano, solo per trovarlo a cercare tra vecchi libri di medicina ricette di impacchi e unguenti che Bilbo era sicuro Oin avesse memorizzato decadi prima.

Per caso sentì Dwalin parlare di riorganizzare le ronde delle guardie per includere un corridoio nei quartieri reali che non aveva alcun bisogno di sorveglianza; Bofur era improvvisamente decisamente troppo interessato in quali fossero le sue verdure preferite.

E abbastanza presto altre cose cominciarono a venir fuori, cose che non poteva ignorare; nani che improvvisamente si zittivano quando gli passava vicino in un corridoio, o che quasi si lanciavano con tutto il corpo sopra il loro lavoro su tavoli nella biblioteca per nascondergli quello che stavano facendo; colse strane parole, qui e là, in accenni e su carta, e fu abbastanza.

Albero.

Mura.

Cristallo.

Foglie.

Edera.

Fiori.

Thorin gli stava costruendo un giardino. Il pensiero era così caldo e confortante da far quasi male.
E i nani, concluse, erano semplicemente incapaci di tenere un segreto.


Ci fu un leggero bussare alla porta dello studio di Thorin, e dopo che egli esclamò un saluto una testa familiare, perfettamente acconciata, spuntò da dietro l'uscio.

"Vostra Altezza, potrei avere un momento del vostro tempo?"

Thorin offrì il piccolo, caldo sprazzo di sorriso che era riservato a quelli che gli stavano a cuore.

"Sempre, Dori. Di cosa hai bisogno?" 

Il suo Maestro delle Cerimonie entrò silenziosamente nella stanza, chiudendo la porta con un deciso ma educatamente sommesso click, e fece un cenno a Balin, che era seduto al fianco del Re, aiutandolo con il lavoro della giornata. Thorin aveva da tempo smesso di cercare di convincere Dori che andava bene agire con più familiarità nei suoi confronti di quanto non facesse: mentre i membri della sua Compagnia avevano il permesso di comportarsi con lui come familiari (a parte il fatto che la maggior parte di loro erano in effetti imparentati con lui in un modo o nell'altro), Dori agiva sempre con una formalità e distacco che erano in effetti abbastanza accattivanti.

Sarebbe potuto essere infastidito della cosa, se non fosse stato così sicuro dell'affetto di Dori per l'intera stirpe Durin. Così, semplicemente accettava che qualunque nano abbastanza idoneo dall'essere responsabile delle attività cerimoniali non sarebbe mai stato in grado di comportarsi diversamente.

Mise giù il calamo mentre Dori si sedeva davanti a lui, lisciandosi i bordi della tunica.

"Mi sono preso la libertà, mio Re, di chiedere ai mercanti di Dale quali foglie di tè vengono regolarmente comprate dal Consorte Reale, e quali di esse potremmo procurare."

Thorin alzò un sopracciglio.

"Il tè cresce sulle piante?"

Dori lo fissò, l'orrore visibile nella sua espressione per solo un secondo prima che riuscisse a mascherarlo. Thorin lanciò uno sguardo a Balin, che stava scuotendo la testa incredulo.

"Beh… si, mio Re."

Thorin si schiarì la gola.

"Beh... bene."

Dori alzò gli occhi al soffitto per un momento, chiaramente disperando per il vizio generale dei nani, cioè di non prestare molta attenzione al modo di procurare oggetti che non potevano essere fabbricati o estratti dalla roccia.

"Ho la sensazione che Bilbo apprezzerebbe coltivare le sue. O, almeno, provarci. Allo stesso modo, mi sono anche preso la libertà di scrivere a certi miei cugini che vivono vicino la Contea, per chiedergli di procurarsi e mandarci le piante di tabacco della varietà Longbottom che gli piacciono tanto."

Thorin si rilassò un po' nella sua sedia. Almeno sapeva che l'erba pipa cresceva sugli alberi. O comunque qualcosa del genere. Tutte le piante erano più o meno uguali per lui.

"Mia nonna era solita coltivare e essiccare la sua erba pipa" continuò Dori "Aveva un apparecchio abbastanza semplice che essiccva la foglia, se mi ricordo come funzionava: con il tuo permesso, posso commissionare la creazione di un altro apposta per lui."

Thorin si allungò sopra la scrivania, e strinse il braccio di Dori.

"Grazie."

Balin sorrise, un sorriso caldo e genuino.

"Tu, amico mio, sei davvero uno dei tesori più grandi di Erebor."

Thorin fece finta di non vedere il rossore che apparve sulle guance di Dori, e ritornò al suo lavoro.


"I nani di Erebor hanno ordinato un enorme quantità di terra da spedire alla Montagna, sai." Bard osservò con interesse scarsamente mascherato sopra l'ultimo blocco di dividendi del raccolto dalle terre intorno a Dale. Erano piuttosto noiosi a dir la verità, ma non era comunque una scusa per il suo evidente ficcanasare.

Bilbo mugugnò in risposta, un gradevole e ambiguo suono che aveva ripreso da Gandalf e che si era rivelato molto utile in situazioni politiche imbarazzanti nel passato, e girò una pagina.

Bard tamburellò le dita sul tavolo di legno.

"Il Re mi ha chiesto di mandare alcuni dei miei maggiori esperti di agricoltura su al Regno per la fine del mese."
"Infatti" disse Bilbo, mantenendo la voce piatta senza rivelare nulla.

Girò un'altra pagina, cercando con molta cura di non sorridere.

Bard lo fissò, lo sguardo pesante e scuro, chiaramente cercando di trasmettere a Bilbo quanto volesse sapere cosa stava succedendo senza dover ricorrere a una semplice domanda; Bilbo, comunque, aveva sopportato per anni i suoi cugini che facevano esattamente la stessa cosa, e così si limitò ad aggiungere una piccola annotazione in un angolo e proseguì.

Fuori la finestra, il viavai di Dale andava avanti; Bilbo amava molto i giorni nei quali era il suo dovere ufficiale a portarlo fuori dal Regno, invece del suo desiderio personale, perché significava che poteva godere dell'esterno senza doversi sentire in colpa per aver abbandonato i suoi nani. Il brusio del mercato fuori dal municipio era un piacevole sottofondo al loro lavoro, molto più rilassato dei suoi rapporti con Bosco Fronzuto: Bard insisteva nel mantenere una corte molto informale, indossava ancora abiti di pelle conciata e stivali robusti la maggior parte del tempo, il costante e piacevole rumore proveniente dall'esterno che gli impediva di dimenticare quanto in alto era salito, e a chi doveva il suo titolo: il suo popolo.

Bard sprofondò, finalmente, arrendendosi.

"Dimmelo e basta, va bene?"

Bilbo roteò gli occhi, riponendo una pergamena solo per prenderne un'altra.

"Non ho idea di cosa tu stia parlando, Bard."

Bard lo fissò sconcertato.

"Stanno combinando qualcosa nella Montagna, non puoi convincermi del contrario. Fammi soltanto sapere sto per perdere uno dei miei alleati commerciali - se Erebor ha intenzione di cominciare a coltivare lei stessa i suoi cereali ho il diritto di saperlo."

Ciò riuscì a catturare l'attenzione di Bilbo, che abbandonò i noiosi documenti che aveva in mano e li lasciò cadere sul tavolo, noncurante del fatto che si sarebbero potuti accartocciare o piegare. Fissò Bard con orrore; aveva presunto che Bard avesse sentito parlare dei piani a cui Thorin stava lavorando, e stesse cercando di stuzzicarlo; chiaramente non era quello il caso.

"Bard, no." cominciò, trasalendo quando Bard si rilassò visibilmente per il sollievo. "Non è per niente quello, te lo giuro - Erebor non farebbe mai questo a Dale, mai. I nostri Regni si devono troppo l'un l'altro già così."

Bard annuì, lentamente, e per la prima volta Bilbo realizzò quanto Bard era invecchiato nell'ultimo anno e mezzo. Dove una volta il suo viso era segnato dalla vita dura e dalla preoccupazione di procurare il pasto successivo, ora le sue spalle sembravano piegate sotto il peso del suo popolo.

C'era una certa somiglianza nei re, Bilbo non poté fare a meno di pensare, e per la maggior parte era nelle rughe intorno agli occhi.

"E' un sollievo" Bard ammise, rilassandosi nella sua sedia.

Bilbo resistette l'impulso di seppellirsi la testa fra le mani. Solo i suoi nani potevano cercare di costruirgli qualche tipo di giardino segreto solo per mandare nel panico i governanti vicini. Solo Thorin poteva pianificare un regalo per il suo compagno e quasi provocare un incidente internazionale. Appena il segreto fosse stato rivelato, e avesse dovuto smettere di far finta di non sapere cosa stesse succedendo, avrebbe detto due parole al Re riguardo il pensare decentemente alle sue azioni.

"No, è…" Bilbo sospirò, e avrebbe negato veementemente il fatto di essere arrossito. "Beh, ecco, il Re sta costruendo un giardino, ma è più uno a scopo ricreativo, più che per la produzione."

Ci fu uno scintillio negli occhi di Bard ora, qualcosa di divertito, e Bilbo rimpianse di aver ammesso qualsiasi cosa.

"E perché un nano dovrebbe avere interesse in un giardino?" chiese

Bilbo alzò il naso all'insù, mostrando indifferenza.

"Molti nani hanno interesse nell'agricoltura, sai. I guaritori sono versati nelle erbe, come pure i cuochi, e a molti nani potrebbe piacere rilassarsi all'ombra di un albero."

"Certo" rispose Bard, il tono divertito. "Perché sono il Re di Erebor, e i suoi Principi Ereditari, che sono spesso visti fumare la pipa nei nostri campi di grano, vero?"

Bilbo avvampò, ed ebbe il buon senso di non rispondere.


"Sei sicuro che non ci sia nulla con cui vuoi che ti aiuti?" Bilbo provò, non per la prima volta quella sera, quando Thorin lanciò un ennesimo pezzo di carta abbandonato nel fuoco. Guardò le fiamme farsi strada attraverso la carta, l'inchiostro sbiadire quando il calore lo raggiungeva, e resistette l'impulso di strappare le carte dal fuoco per vedere cosa vi era stato scritto.

"Nulla" rispose Thorin, con abbastanza chiarezza attraverso i denti stretti; fortunatamente Bilbo conosceva Thorin abbastanza bene da non prendere sul serio il suo tono.

Bilbo sedette in silenzio per un po', raggomitolato nell'enorme poltrona nella loro stanza, puntando i piedi verso il calore del camino.

"Elfi?" azzardò dopo un po', perché era sempre un'ipotesi buona, per quanto la diplomazia con Bosco Fronzuto fosse di solito il suo campo. Thorin scosse la testa, aggrottando ancora di più la fronte. Bilbo sospirò, lanciando un'occhiata all'orologio ad acqua sopra la mensola del camino: era stato un regalo di corteggiamento da Thorin, era ridicolmente appariscente, e mostrava che era l'ora in cui di solito si ritiravano era passata da molto.

"Uomini?" chiese poi, cercando di non sorridere quando Thorin gli lanciò un'occhiata, chiaramente per niente colpito dal suo tono divertito.

Bilbo si alzò in piedi. "Hobbit allora?"

"Gli Hobbit mi causano raramente problemi," Thorin disse con un leggero sbuffo mentre Bilbo scivolava intorno allo schienale della sua sedia, facendo scorrere le mani sulla linea delle sue spalle in cerca di nodi e cominciando velocemente a massaggiarli via. Thorin sospirò, spostando rotoli e pergamene sulla sua scrivania in quello che poteva essere un gesto casuale, e la sua testa ricadde sul petto di Bilbo, cosi che lo potesse guardare.

"Bene, sono felice di sentirlo." Bilbo disse a Thorin, sorridendo "Ma questo lascia fuori solo i nani, a meno che non ci siano incursioni di Goblin o Orchi di cui non mi hai parlato."

Thorin chiuse gli occhi di scatto, proprio mentre l'angolo della bocca gli tremò leggermente. Bilbo la prese come una vittoria.

"O un altro drago, forse" Bilbo continuò, la voce ancora scherzosa. "Hai tenuto Smaug junior nelle sale più basse senza dirmi nulla?"

Un occhio si aprì per lanciare un'occhiataccia svogliata su all'Hobbit.

"Questa" disse a Bilbo "non era per niente divertente."

Bilbo si piegò in avanti, baciandogli la fronte.

"Se mi dicessi cosa c'è che non va, invece di star seduto lì ad arrovellarti, allora non dovrei tirare ad indovinare, non credi?"

Pensò per un momento che Thorin potesse irritarsi di più, ma dopo un attimo si sgonfiò, chiudendo gli occhi di nuovo, e si reclinò nel tocco di Bilbo.

"Non è nulla di cui tu ti debba preoccupare." 

Bilbo mugugnò.

"Vedi, è sempre un po' controproducente quando fai così, sai."

Le spalle di Thorin si scossero sotto le sue mani mentre si tirava in avanti, e lontano dal calore del corpo di Bilbo. Bilbo sospirò, e lo ritirò giù, ormai abituato agli errori di interpretazione di Thorin.

"Intendo, che capisco quando mi nascondi le cose per non farmi preoccupare, e questo mi fa solo preoccupare di più."

Le spalle di Thorin crollarono sotto il suo tocco, e le sue mani salirono a posarsi sopra quelle di Bilbo.
"Non è niente, davvero."

Stava per protestare - aveva già aperto la bocca, una negazione già pronta sulla punta della lingua - ma poi i suoi occhi furono attratti da un angolo visibile delle scartoffie che Thorin aveva coperto quando era andato da lui. Non era un riferimento al commercio, o armamenti, o alla tesoreria; neanche menzionava un altro Regno, o tattiche militari, o le Corporazioni.

Non c'era davvero modo di interpretare male quella che aveva decisamente l'aspetto di una lista di colori che varie piante potevano assumere.

Bilbo sospirò, e si chiese se avrebbe dovuto semplicemente ammettere a Thorin che sapeva già tutto del giardino 'segreto'.

"Bard era un po' preoccupato, quando l'ho visto la settimana scorsa" commentò, prima di raddrizzarsi e muoversi via dalla schiena di Thorin.

Girò intorno alla sedia invece, infilando una gamba tra Thorin e la scrivania, e strattonò le sue braccia finché il nano non si alzò in piedi. "Andiamo, sono sicuro che qualunque cosa sia può aspettare domattina."

Thorin canticchiò in risposta, lasciando che Bilbo lo guidasse delicatamente via dalla scrivania.

"Oh?"

"Sembrava preoccupato che Erebor potesse voler presto coltivare i raccolti da sola? Aveva sentito delle voci. L'ho assicurato che non abbiamo intenzione di fare una cosa del genere, ma non penso che si convincerà del tutto finché non sarai tu a dirglielo."

Thorin si fermò, nel mezzo della loro stanza, e si strofinò gli occhi con la base dei palmi.

"Hai ragione, non abbiamo progetti del genere. Devo andare a Dale la settimana prossima, lo convincerò allora."

Bilbo annuì, e decise di non chiedere perché diavolo Thorin sarebbe dovuto scendere a Dale. Thorin gli lanciò un'occhiata quando abbassò le mani, e allargò le braccia, solo un po', quanto più vicino sarebbe mai andato a cercare una rassicurazione. Bilbo era piuttosto favorevole ad assecondarlo, e si avvolse intorno al petto di Thorin, sorridendo contro la barba sul suo collo quando Thorin lo strinse a sé.

"Cosa farei senza di te?"

Le parole furono intime e lievi, premute contro la pelle della sua guancia con tanta delicatezza e amore quanto un bacio.

Bilbo sbuffò una risatina secca, allungando la mano per afferrare una delle trecce di Thorin e tirandola leggermente.
"Oh, cadresti a pezzi in un istante se me ne andassi, ne sono sicuro." 

Voleva essere una battuta, una frecciatina per cercare di tirar su il morale a Thorin, ma il nano si tirò un po' indietro, guardandolo con una pesante solennità che, per un momento, rubò le parole di bocca a Bilbo.

"Lo farei, sai."

L'ammissione prese Bilbo di sorpresa, e sbatté le palpebre a Thorin per un lungo istante prima che la sua espressione si addolcì, allungando su le mani per afferrare la nuca del nano e tirarlo giù così che le loro fronti potessero premere l'una sull'altra.

"Ridicolo nano." Riuscì a dire, tra un profondo bacio sulla bocca del Re e l'altro. "Allora è una buona cosa che non ho intenzione di andare da nessuna parte, credi?"


"Sai," commentò Dwalin, un po' goffamente, dalle spalle di Thorin. "La roba verde che Bilbo mangia sempre ai pasti-"

"Lattuga" fornì Thorin, che aveva ricevuto estese lezioni sull'argomento negli ultimi mesi. "E spinaci, e cetrioli, e-"

Dwalin arricciò il naso.

"Si, quella roba. Forse... Bilbo potrebbe voler coltivare anche quelle."
Thorin lo fissò, incredulo.

"Che romantico" disse, dopo un lungo momento, all'improvviso con di nuovo con l'aria di un ventenne con la voglia di prendere in giro e fare lo scemo di tanto in tanto. Dwalin lo fissò sorpreso per un momento, prima di aggrottare la fronte.

"Sei tu l'idiota che costruisce un dannato giardino perché è tanto innamorato."

Thorin alzò le spalle, e sorrise, solo un po'.

Non si preoccupò di negarlo.

Dwalin lo scrutò per un lungo momento, prima di scuotere la testa.

"Sei maledettamente senza speranza."


"Zio" Fili cominciò un giorno, mentre osservavano un gruppo di nani scavare grandi canali intorno e dentro le varie aiuole che erano già state recintate, ed erano pronte per essere riempite di terreno una volta che i canali d'irrigazione

fossero stati completati.
"E' tutto magnifico."

Thorin annuì  con una certa cupa soddisfazione. Effettivamente i giardini non erano il suo forte - non riusciva a ricordare una volta in cui aveva passato più di cinque bizzarri minuti in uno in tutta la sua vita, e il tempo passato nella natura di solito implicava che ci stesse passando attraverso, normalmente per andare da una montagna all'altra, ma era dannatamente sicuro che se aveva intenzione di farne uno, sarebbe stato imponente. Infatti, era piuttosto convinto che non ci sarebbe stato giardino più magnifico in tutta la Terra d Mezzo, incluso qualunque di quegli ostentati spazi verdi che nei quali gli Elfi scivolavano attraverso, con le loro edere drappeggiate artisticamente e rugiada che sembrava fatta per catturare la luce del mattino. Chiaramente non una cosa naturale.

No, i giardini di Bilbo sarebbero stati splendidi, come appropriato per un Consorte Reale, ma anche confortevoli e semplici come sarebbe piaciuto ad uno Hobbit, e cosa più importante, non sarebbero assomigliati per niente a quelli che i fotti-alberi costruivano per loro stessi.

Dalle terrazze, si poteva guardare giù e ammirare i motivi geometrici dei letti di fiori, il cui disegno aveva un'aria notevolmente nanica;  i letti erano posti in circolo intorno ad un pozzo profondo e quadrato che presto avrebbe contenuto un piccolo albero, con abbastanza spazio perché le sue radici potessero crescere forti e in profondità. Anche se era aperto alla pioggia, non si poteva contare solo su di essa per irrigare così tante piante, in particolare non nei lunghi mesi estivi, e così una sorgente naturale era stata integrata con il sistema idrico interno, la polla estesa e resa più profonda per formare una fresca e pulita piscina, dalla quale i vari canali d'irrigazione attingevano.

Scavata nella roccia di fianco alla piscina, angolata in modo da prendere il sole tutto il pomeriggio, c'era una lunga panca. Thorin aveva già commissionato dei cuscini su misura; Bilbo si sarebbe potuto stendere lì per lunghe, pigre giornate, allungato ad assorbire il sole.

Forse, pensò, avrebbe potuto unirsi a Bilbo anche lui.

"E' solo..." Fili continuò, e forse normalmente Thorin avrebbe colto più velocemente la preoccupazione nel tono del suo erede, ma al momento era un po' distratto da un'immagine piuttosto piacevole di Bilbo che raccoglieva lamponi e li imboccava a Thorin, il succo appiccicoso che scorreva lungo la soffice e fragile pelle del polso di Bilbo che lui, ovviamente, sarebbe stato costretto a pulire, preferibilmente con la bocca.

E se capitava che la sua bocca vagasse anche da qualche altra parte, beh.

Dovevano essere giardini privati per un motivo.

"Ecco.."

Thorin si riscosse abbastanza all'improvviso, guadagnandosi un'occhiata strana da suo nipote, e smise di fissare i pilastri di pietra di quella che sarebbe presto diventata una gabbia per la frutta decisamente impressionante, una volta che avessero finito di fare la rete di argento e acciaio.

I consiglieri di Dale avevano provato a convincerli che una rete normale sarebbe andata bene, che serviva solo a tenere gli uccelli lontani dalla frutta, ma una fatta di filo d'argento intrecciato con acciaio e incastonato nella robbia sarebbe anche servita come una sorta di protezione, da intrusi come che da uccelli. Era stata largamente testata, e sarebbe retta a prima botta contro la maggior parte delle lame e frecce; anche se un attacco prolungato l'avrebbe spezzata, avrebbe dato a Bilbo abbastanza tempo per infilare il suo anello e scappare se fosse mai stato attaccato nei giardini.

Thorin non era in grado di giustificare il perché chiunque potrebbe voler attaccare Bilbo, ma non aveva lasciato che una cosa banale come la ragione gli impedisse di costruirla comunque.

Fili fece un gesto con la mano nella loro direzione.

"Le aiuole sono abbastanza grandi da soddisfare anche l'Hobbit con più pollice verde. La serra è in costruzione, e le gabbie da frutta vanno bene. Bombur ha fatto un gran bel lavoro nel progettare le aiuole, e i graticci hanno l'aria abbastanza robusta da durare per secoli. Senza dubbio sarà un giardino eccezionale una volta finito."

Thorin cercò di non compiacersi, solo un po', al complimento.

"E so che il terreno e i fertilizzanti che Dale ci fornirà saranno eccellenti. E senza di loro non avremmo mai capito come disporre tutti i canali per l'acqua per tutti i vari letti…"

Il Re annuì, girato a metà verso suo nipote: comprendere di cosa esattamente aveva bisogno ogni pianta non era stato semplice finché Balin non lo aveva convinto a chiedere a Bard di prestargli un paio degli esperti di agricoltura di Dale. L'uomo e la donna, anche se divertiti dalla convocazioni, erano stati di enorme aiuto, assistendo non solo nella questione della terra e dell'irrigazione ma anche suggerendo come le rocce sarebbero potute essere modellate per riparare meglio le piante, e scorrendo la lista di fiori di Thorin e Ori per consigliare quali fossero più robusti e quali potevano aver bisogno di crescere nella serra.

Quando era stato detto loro perché, esattamente, stavano costruendo un giardino, erano sembrati  sorpresi - apparentemente fuori dalla Montagna Thorin appariva severo e un po' freddo, e l'idea che questo intero, sontuoso giardino era poco più di un regalo per il suo compagno sembrava averli un po' sopraffatti.

"Anche Madre e Dwalin sono d'accordo, hai fatto molto bene a tenerlo segreto, Bilbo sarà davvero sorpreso. Siamo anche riusciti a tenere zitto Kili, ed è dirla tutta…"

Thorin sussultò, proprio mentre Fili allungava la mano per sfiorare i grandi graticci di acciaio che ricoprivano la superficie delle pareti di roccia naturale che racchiudevano il giardino. Erano state lucidate fino a brillare, correvano intorno e sotto le curve delle due terrazze semicircolari, così che un giorno le piante potessero crescervi sotto, quasi creando una caverna verdeggiante (o così aveva pianificato Bombur, in ogni caso).

"E la lista di fiori che tu e Ori avete concordato suona grandiosa, sai, per essere fiori, e sono sicuro che le erbe che Oin e Bombur hanno scelto sono esattamente quelle che Bilbo vorrebbe. E sai, abbiamo mostrato a Bifur la lista delle piante, ed è sembrato davvero molto eccitato dalle scelte che hai fatto, che è davvero qualcosa."

Si fecero strada indietro per la porta per l'interno della montagna, le due scalinate che portavano su alle terrazze su entrambi i lati; erano poste una di fronte all'altra, di traverso rispetto al giardino. L'acqua veniva pompata su ad ognuna da una versione in miniatura della pompa che portava acqua a tutte le parti della Montagna, e riscendeva da ogni lato in rientranze coordinate scavate nella roccia come ripidi piccoli ruscelli. Thorin ne era particolarmente fiero.

"La questione è, Zio…"

Fili si stava procedendo per essere un nano straordinariamente astuto, e non offriva semplicemente la sua opinione senza una buona ragione. Thorin stava cominciando a preoccuparsi ora; Fili non sarebbe suonato così serio se ci fosse stata una ragione di importanza vitale.

Le sopracciglia di suo nipote erano profondamente aggrottate, rendendo la somiglianza tra lui stesso e suo Zio molto più pronunciata.

"Solo, non penso tua abbia considerato…"

Thorin lanciò un ultimo sguardo intorno al giardino, una così meravigliosa combinazione di ingegnosità nanica, abilità degli uomini, e comodità degli Hobbit, chiedendosi cosa potesse mancare.

"Come ci procuriamo le piante?

Thorin lo fissò.

Bene. Era una gran bella domanda, non è vero?

E c'era un solo Regno vicino con accesso libero e facile a piante, fiori ed alberi.

"Bastardi."

Thorin lanciò uno sguardo truce alla gabbia da frutta come se lo avesse tradito personalmente.

Avrebbe dovuto parlare con gli elfi.


"Ah, Mastro Baggins! È un piacere vederti di nuovo, e così presto!"

Bilbo s'inchinò rispettosamente al giovane principe, che aveva finito di salutare formalmente il Re e i Principi Ereditari, e anche se il gesto era formale il sorriso che sbocciò sul suo viso era genuino, e non proprio ciò che ci si poteva aspettare dal Consorte di un regno nanico. Ma, per quanto fosse un Nano onorario ora, era stato un Hobbit prima e sarebbe rimasto principalmente tale, e gli Hobbit, come regola, non riuscivano proprio a non farsi piacere gli Elfi, indipendentemente di quello che i loro compagni potessero avere da dire sulla questione.

"Mio Principe, è un onore averti nelle nostre sale ancora una volta."

Legolas sorrideva raggiante a tutti loro, in quel modo che era sia caloroso che divertito, perché era decisamente consapevole di quanto il suo buon umore infastidiva il Re Sotto la Montagna.

Parlando di Thorin, Legolas si rivolse di nuovo al Re, facendo un cenno con la testa.

"La tua richiesta ci ha incuriosito, mio Signore, mai prima d'ora i nani hanno richiest-"

Kili quasi saltò di fronte al trono, come per proteggere suo Zio da un attacco fisico.

"PRINCIPE LEGOLAS" urlò, le mani alte davanti a lui come per scoraggiare qualcosa. "È passato troppo tempo da quando ti abbiamo visto l'ultima volta. Perché non lasci che ti mostri le tue stanze?"

Le sopracciglia di Legolas erano quasi nella sua impeccabile attaccatura dei capelli, Fili aveva l'aria di stare per scoppiare a ridere o piangere, e il volto di Thorin si era bloccato in quella terrificante espressione pietrificata che appariva solo quando era o molto spaventato o molto arrabbiato. Onestamente, Bilbo non era sicuro di quale delle due fosse, e nascose un sorriso dietro la mano mentre fingeva di grattarsi il naso.

"Sarebbe gentile da parte tua, Kili" assicurò il giovane Principe.

Un'espressione inorridita si dipinse sul suo viso mentre realizzava che ora avrebbe dovuto scortare un elfo da qualche parte da solo, e dopo un lungo momento Bilbo decise di toglierlo da quella situazione.

"M non preoccuparti, ci sono cose riguardanti Bosco Fronzuto che vorrei discutere con il Principe." Dis catturò la sua attenzione dall'altro lato del trono, tipicamente curiosa. "Riguardo… alberi, sapete. Mi mancano gli alberi, vivendo ad Erebor" concluse debolmente, sentendosi un po' in colpa per l'espressione turbata che comparve sui lineamenti di Thorin.

"È un peccato" proseguì frettolosamente "che devo andarmene a Dale per vedere della vegetazione. Se solo ce ne fosse un po' nella Montagna! Ora" scese velocemente giù dalla pedana del trono, spingendo Legolas verso la porta. "andiamo, mio Principe.

Fili e Kili si misero a bisbigliare in eccitazione prima ancora che le porte della sala del trono fossero chiuse dietro di loro, e Bilbo rivolse un'occhiataccia all'elfo mentre avanzavano a grandi passi verso gli appartamenti reali. Congedò le guardie quando raggiunsero la stanza di ricevimento del Re, invitando Legolas nel salotto formale e chiudendo la porta dietro di loro.

"Quello" disse all'elfo, ruotando sui talloni per puntare un dito accusatore in direzione del suo stomaco (dannati elfi e la loro dannata altezza) "è stato molto cattivo."

Legolas si lanciò su una sedia, tutto un'agitazione di membra e sgraziata adolescenza che tradiva la sua gioventù in un modo che il suo stile di combattimento non faceva mai.

"Andiamo Bilbo, i nani sono troppo divertenti da stuzzicare."

Bilbo alzò un per niente colpito sopracciglio.

"Potrà anche essere, ma ti vorrei ricordare che loro sono i miei nani, e che come tali, solo io ho la libertà di prenderli in giro. Tu, mio giovane principino, non ce l'hai. E non pensare che non lo direi a tuo padre se non la smetti."

Legolas roteò gli occhi.

"Come se a mio padre importasse se prendo in giro qualche nano!"
Bilbo incrociò le braccio.

"Il Re, ti ricordo, non è qualche nano. E non glie lo dirò, comunque. Menzionerei semplicemente che ti sei comportato in modo inappropriato, con una certa enfasi su intenzioni romantiche, e-"

"Non lo faresti!" Legolas inorridì, e Bilbo annuì. "Bilbo, passerebbe un secolo prima che mi lascerebbe uscire di nuovo dal palazzo, figuriamoci da Bosco Fronzuto!"

"Allora comportati bene" disse Bilbo significativamente, scivolando in una poltrona. "Basta accenni ai giardini, nessuno. Sai perfettamente bene che dovrebbe essere una sorpresa."

Legolas annuì, adeguatamente castigato. "Puoi mostrarmeli, quando sono finiti? Hanno ordinato così tante piante e alberi diversi, e trasportiamo semi da oltre le Montagne Nebbiose da mesi, ormai. L'intero regno è in fermento per questa ragione."

Bilbo rise, sempre stupito dell'abilità di Thorin di fare di tutto un dramma - anche fuori del suo regno.

"Assumendo, ovviamente, che io non muoia prima che loro ne siano soddisfatti, allora si, lo farò. E fa in modo di sembrare sorpreso."

Legolas fece un gran sorriso, con l'aspetto non più grande di un bambino a cui è stato promesso un dolcetto prima di andare a dormire, e Bilbo scosse la tesa.

"Insomma" borbottò "Se non sono i nani, sono elfi. Che cosa non darei per qualche Hobbit ragionevole intorno."

Legolas sorrideva raggiante.

"Forse, amico mio" rispose, la voce piena di ilarità. "Ma pensa a quanto sarebbe noiosa la tua vita?"

Bilbo alzò gli occhi al soffitto, e non lo degnò di una risposta, ma non riusciva proprio a smettere di sorridere.


Bifur scosse la testa velenosamente ai progetti sparsi davanti a lui.

Thorin lo fissò, sbattendo le palpebre in sorpresa; era strano vedere Bifur comportarsi aggressivamente nei confronti di qualunque cosa che non era un orco o un goblin.

"No?" chiese, e Bifur scosse la testa di nuovo, prendendo una matita.

Thorin osservò il nano cominciare a scarabocchiare sopra i progetti del giardino, cerchiando alcune sezioni di letti di fiori e segnando una croce sopra altre, spostandole in posti diversi con frecce spesse e tremolanti, borbottando nel mentre. Lasciò intatti i giardini delle erbe per scopi medicinali e culinari, e le verdure e le piante da frutta dentro e fuori la serra vennero ignorate.

La matita esitò un momento sopra l'edera e le rose rampicanti, sul caprifoglio, le campanule e le clematidi, prima di decidere di lasciarle così com'erano. Thorin suppose che erano bloccate intorno al perimetro, avendo bisogno di graticci per crescere, e i suoi occhi continuarono a seguire la matita mentre dissezionava e ridisponeva il resto del giardino e delle sue due terrazze sui progetti.

L'interesse di Bifur sembrava focalizzato solamente sui fiori che Thorin e Ori avevano scelto, e nulla più.

"I fiori," disse con enfasi, il khuzdul rotolava sulla sua lingua in profonde, ricche sillabe che molti dei nani più giovani sembravano trovare particolarmente rilassanti da ascoltare. "I fiori hanno significati."

"Beh si" Thorin rispose "Ori me lo ha detto. Ma mi sembra superf-"

Bilbo scosse la testa, indicando i progetti di nuovo.  

"Hobbit, non nano. Noi non ascoltiamo i fiori. Gli Hobbit lo fanno. Come l'iglishmek."
Thorin sbatté le palpebre.

"Intendi... che gli Hobbit possono mandare messaggi con i fiori?"

Bifur annuì energicamente, gli occhi rovesciati all'indietro in una maniera leggermente allarmante come se fosse completamente esasperato da quanto lento fosse Thorin.

Thorin provò ancora.

"E… in questo modo, in questo modo gli manderei un messaggio?"

Bifur sorrise, un largo scoprire i denti che sarebbe potuto essere allarmante se Thorin non vi fosse stato completamente abituato.

"Che tipo di messaggio?"

Il sorriso di Bifur, se possibile, si allargò ancor di più.


"Tu lo sai, vero?"

Bilbo alzò gli occhi dal suo tè pomeridiano, e dopo aver visto che era Dis sull'uscio, calciò fuori un'altra sedia da sotto il tavolo invece di preoccuparsi di negare nulla.

Dis lo fissò per un lungo momento, prima di sedersi.

"Era difficile" disse Bilbo, dopo aver ingoiato un boccone dalla sua focaccina "non notarlo, sai."
Dis roteò gli occhi.

"La mia famiglia non è conosciuta per la sua sottigliezza"

Sembrava che si fosse persa il fatto che di essere piombata durante il suo pasto per annunciare ciò, e Bilbo si limitò ad accennare un sorriso, non dandosi la pena di farle notare che questo difetto di famiglia non sembrava limitato al solo lato maschile della stirpe Durin.

"Grazie, comunque, per non aver detto nulla."

Bilbo sorrise veramente.

"Ma dai, come se potessi rovinargli il divertimento, Dis."

Lei sorrise di rimando.

"Non penso di non aver mai visto mio fratello così straordinariamente devoto a qualche cosa non riguardante Erebor, sai."

"Beh" disse Biblo "suppongo che dei giardini per Erebor tecnicamente contino come qualcosa per il Regno, non pensi?"

Lei alzò uno spesso, perfettamente delineato sopracciglio, scrutandolo con tanto sgomento che a Bilbo, per un momento, ricordò inquietantemente suo fratello.

"Se pensi per anche solo un momento che tutto questo a qualcosa a che fare con chiunque altro  oltre te, allora sei decisamente più stupido di quanto pensassi. E siccome hai acconsentito a restare qui con Thorin, allora devi sapere che la mia fede nella tua razionalità è già abbastanza bassa." 

Bilbo avvertì qualcosa di caldo e dolce accendersi nel suo petto, e si girò a versare una seconda tazza di tè per la Principessa di Erebor.

"Bene." Disse dopo un momento, non sapendo esattamente come controbattere. "Bene".
Lei accettò la tazza, sorseggiando dalla delicata porcellana fine con un'eleganza che tradiva le sue abilità di mastro gioielliere.

"È tutto un po' ridicolo, non pensi? Che lui costruisca qualcosa del genere, tutto per me. Glie li farò dichiarare giardini pubblici, così che tutti possano goderne. In questo modo, ne avranno tutti un beneficio."

Aveva pensato che fosse una cosa giusta e razionale da dire, ma la rabbia che comparve sul viso di Dis lo colse di sprovvista.

"È tutto per te, lo capisci questo, vero?" disse, dopo un lungo momento di silenzio. "Da tutti loro. Da tutti noi. Non è solo Thorin a preoccuparsi che tu non sia felice qui."

Bilbo posò la sua tazza sul piattino con un sospiro.

"Voglio bene a tutti voi, con tutto il cuore" le disse con fermezza "ma dovete smetterla di pensare che io stia per mollare tutto e scappare via solo perchè mi mancano i miei pomodori. E davvero non so più quante volte posso dirvelo ancora prima che voi mi crediate."

Dis sorrise, fissando il tavolo.

"Sai" disse infine. "Alcuni si meravigliano della forza degli Hobbit. Pensano che siccome non siete stati modellati dalla pietra, come noi fummo, vi potreste spezzare come un filo d'erba."

Bilbo sbuffò una risata silenziosa.

"La cosa dell'erba" commentò "è che non si rompe, si piega. E dopodiché, riscatta sempre su. Te ne sei mai accorta?"

Lei scosse la testa.

"Dis" Bilbo cominciò, prendendole la mano. "Giardino o non giardino, nostalgia o non nostalgia, non ho intenzione di lasciarvi. Nessuno di voi."

Lei incrociò i suoi occhi, un improvviso sprazzo di qualcosa vicino alla paura scintillò dentro di loro.
"Ho perso abbastanza membri della mia famiglia, sai. Un fratello è stato abbastanza." Catturò la sua mano a propria volta, tenendola così stretta da far quasi male.

"Non posso perdere anche te, non ora che siamo diventati così amici, non che ora siamo una famiglia. Lasciaci costruire questo giardino Bilbo. Non comportarti come se sia troppo, non provare a far sì che Thorin lo dichiari pubblico; se è questo quello che ci vuole per farci credere che tu sia felice qui, che tu resterai con noi, allora lasciaci questo.

Nani, pensò, ma fu con affetto, e sospirò. Se accettare avrebbe fatto sì che le creature vicine al suo cuore gli credessero, allora così sia; avrebbe fatto come Dis chiedeva.

Bilbo si riaccomodò nella sua sedia, e annuì.


Dopo la conversazione con Dis, Bilbo passò il resto della giornata sentendosi un po' sconsolato, anche se non riusciva a capire l'esatto perché. Thorin doveva lavorare a cena, e lui si chiuse nelle sue stanze private, invece di sedersi in una stanza dove Dis, o Fili o Kili, o chiunque potesse raggiungerlo.

Si era raggomitolato con i piedi infilati sotto il corpo, fissando nelle profondità del fuoco, quando Thorin infine lo trovò.

"Dis ha detto che non ti ha visto dal primo pomeriggio" disse mentre si scrollava di dosso la  pesante veste, ricamata rigidi fili di oro e argento "Stai bene?"

Bilbo annuì, un po' stanco, e cercò di sorridere; non doveva aver funzionato completamente, perché Thorin si accigliò. Comunque, quando non espresse altro, Thorin andò verso il loro bagno, e Bilbo sospirò quando sentì i canali d'acqua venire aperti per riempire la grande vasca con acqua bollente, scaldata dalla stessa aria delle forge che riscaldava le loro stanze.

Ma se pensava che sarebbe stato lasciato in pace, allora si sbagliava di grosso: qualche minuto dopo l'acqua venne chiusa e

Thorin ritornò, tirandolo su dal suo posto senza una parola, ignorando le sue proteste poco convinte, e lo guidò delicatamente verso il bagno.

"Zitto" gli disse dolcemente, e tirò i vestiti di Bilbo finché lui non sbuffò una risatina, e se li tolse. Thorin fece un piccolo, caldo sorriso quando lo fece, e si sfilò la sua tunica dalla testa, sgusciando fuori dal resto dei suoi vestiti e gioielli mentre Bilbo entrava nella larga, profonda vasca.

"Vieni allora" disse Bilbo, l'acqua che gli arrivava alle spalle "Sbrigati."  

Thorin gli schizzò l'acqua addosso svogliatamente mentre si arrampicava al suo fianco, sedendosi sull'ampia sporgenza che correva tutto intorno al perimetro della vasca rettangolare, prima di tirarsi risolutamente Bilbo sulle ginocchia. Lui sbuffò un po' in protesta al trattamento, ma non cercò di uscire dalla presa calda delle braccia di Thorin.
"Dis pensa di averti turbato."

Bilbo scosse la testa, prima di raggomitolarsi sotto il mento di Thorin, avvicinandosi più che poteva. Thorin stava disegnando leggeri cerchi contro il suo fianco e coscia con i pollici, il suo respiro un ritmo regolare nelle orecchie di Bilbo.

"No, non l'ha fatto. Ero solo..." sospirò "Non lo so. Hai mai la sensazione che nessuno creda in te?"

Thorin canticchiò, il suono che riverberava attraverso il suo petto cosi che Bilbo potesse percepirlo come sentirlo.
"Si" disse infine "Ce l'ho."

Bilbo premette un bacio sulla gola di Thorin. "Scusa" disse "è solo un po' frustrante, ecco tutto."

Thorin lo strinse un po' di più a sé, una risposta silenziosa, un chiaro messaggio che gli diceva di non preoccuparsi, che non doveva scusarsi, che era lì per lui anche se non aveva le parole perfette per sistemare tutto
Bilbo si spinse più vicino, anche se non credeva fosse possibile.

"Grazie" mormorò contro la pelle, umida e calda contro la sua bocca.

I pollici di Thorin premettero leggermente più forte, per un momento, in risposta, e raggomitolato contro le spesse corde del suo collo, Bilbo sorrise.


La pesante fascia di stoffa nera cadde dai suoi occhi, il nodo slacciato.

"Ti piace?" la voce di Thorin era tesa, e sarebbe potuta sembrare quasi accusatoria ad un estraneo, ma dopo tutto questo tempo Bilbo era abituato a come il Re appariva quando era nervoso.

"Oh, Thorin" disse, fissando il tutto.

Per quanto sapesse che il Re gli stava costruendo un giardino, per quanto avesse sentito parlare di fiori e semi e terriccio, non si era aspettato una cosa del genere

Fece un passo allontanandosi dal nano, e poi un altro.

"Oh" si ritrovò a ripetere "Oh".

I suoi occhi scattavano da una cosa all'altra, scorrendo sopra la linea di pietra e sprazzi di colore, a malapena in grado di recepire tutto. C'era semplicemente troppo, troppo perché lui fosse in grado di vederlo tutto in una volta; ogni volta che i suoi occhi ritornavano su una sezione realizzava che c'era qualcosa che gli era sfuggito, qualche dettaglio che il suo sguardo aveva sorvolato.

C'erano giardini, e poi… c'era questo.

"Hai superato te stesso," disse a Thorin, e non era minimamente abbastanza per esprimere come si sentiva, ma più vicino di così non poteva andare.

Il giardino era…

Era magnifico, e forse non si sarebbe dovuto aspettare nulla di meno da Thorin, ma onestamente, non sapeva come si sarebbe potuto mai immaginare una cosa del genere. File e file di aiuole, i germogli dei fiori spuntavano dalla terra scura, alcuni già sbocciati, e già poteva sentirsi arrossire ai messaggi che alcuni di quei fiori gli stavano mandando. Le grandi terrazze di pietra si allungavano sopra di lui, pregando di essere esplorate, il reticolo di una gabbia da frutta abbastanza grande da produrre frutti per centinaia di torte scintillava alla luce pomeridiana.

Girò su sé stesso, ancora cercando di notare tutto.

Una serra, fatta di qualche tipo di spesso vetro piombato disposto in eleganti disegni geometrici che sembravano riflettere la luce in un modo in cui nessun vetro avrebbe dovuto.

Un albero, ancora piccolo, poco più di un germoglio, ma un albero sotto il quale sarebbe potuto invecchiare, un albero da guardar crescere e crescere con ogni anno che passava, che poteva deliziarlo ogni primavera con lo spiegarsi delle nuove foglie dalle gemme, brillanti puntini di verde contro la pietra grigia e il cielo blu.

E la pietra stessa, delle grandi mura, appuntata da qualche tipo di metallo lucente disposto in graticci - e lì, nell'angolo, un caprifoglio particolarmente forte aveva già fatto presa e si allungava in su verso il cielo.
Thorin gli prese la mano.

Lascia che ti mostri, i suoi occhi dicevano a Bilbo. Lascia che ti mostri così che possa vederti, vedere come sei con il sole nei capelli, con fiori tra le mani, con frutta alla bocca. Lascia che veda come sei quando ti senti a casa. Lascia che veda come sorridi al sapore della terra e alla luce del giorno.

E Bilbo lo lasciò fare.

Thorin gli mostrò i giardini di erbe nelle terrazze, i frutti nelle gabbie, l'edera serpeggiante che si stava già facendo strada, crescendo dove voleva. Rise quando Thorin borbottò che la frutta non sarebbe comparsa prima della stagione successiva, come se la natura stessa si fosse messa in testa di rovinare il suo regalo; Thorin lo esortò semplicemente e condusse oltre. Lo portò nella serra, calda e umida nel sole pomeridiano, dove i globi verdi di pomodori freschi si stavano già gonfiando sulle loro piante.

"Volevamo assicurarci che ci fossero già cose in crescita, prima di mostrartelo."

Bilbo alzò uno sguardo interrogativo, e tirò Thorin indietro verso la porta fuori dalla serra, desideroso di vedere di più.

"Una volta hai detto" gli disse Thorin, la voce bassa "che non c'è niente di peggio di una terra che non cresce. Quando siamo arrivati alla Montagna, e abbiamo attraversato la desolazione del drago. Ti ricordi?"

Bilbo non lo faceva, ma era tipico di Thorin esserselo ricordato.

I ruscelli di irrigazione, progettati per sembrare naturali, lo deliziavano; così pure le fredde pareti di pietra già punteggiate di muschio. Avevano ancora l'aria nuova, ma sapeva che tra qualche anno avrebbero acquistato quelle macchie di licheni e scolorimento che rendevano i muri di pietra così affascinanti. Thorin arricciò il naso al pensiero, ma non protestò; e non lo fece neanche quando Bilbo li tirò giù a sedere sulla panca vicino alla piscina, posizionata abbastanza vicino da permettere a Bilbo di trascinare i piedi nell'acqua, cosa che non tardò a fare.

Thorin osservò i giochi di onde sulla superficie; Bilbo semplicemente guardava Thorin, con un sorriso sul viso.

"Ti piace allora?" chiese Thorin, e c'era ancora una certa forzatura nel tono, come se temesse ancora che la risposta non fosse quella voluta.

E in quel momento Bilbo capì, con certezza, cosa Dis aveva cercato di dirgli: non era che non credevano in lui, era che non credevano in loro stessi, che non credevano di essere abbastanza. Capì che, almeno per Thorin, questo era più di un semplice giardino. Era un modo di cambiare loro stessi, cambiare lo stesso volto della Montagna, così che potesse includerlo meglio, così che potesse essere abbastanza per lui.

Bilbo arrotolò una delle sue trecce alla mano, tirandola leggermente così che Thorin dovette girarsi sulla panca, per guardarlo negli occhi.

"Non quanto mi piaci tu" disse, il sorriso tenero. "Ma si, ridicola creatura, mi piace davvero, davvero tanto."

E quando le spalle di Thorin si rilassarono visibilmente per il sollievo, cosa doveva fare un Hobbit se non baciarlo, piuttosto furioso e frenetico per la gioia e con una promessa, una silenziosa e non pronunciata promessa.

A sua volta il bacio di Thorin era disperato, pressante; Bilbo cadde all'indietro sulla panca con il peso di Thorin che lo teneva giù, anche se non stava cercando di sfuggirgli.

"Lo amo" Bilbo riuscì ad ansimare quando Thorin si spostò sul suo collo, mani veloci raggiunsero i bottoni così che potesse disegnare scuri segni con la bocca sulla sua clavicola. "Ti amo."

Allora Thorin tornò sul suo collo, con un po' più di delicatezza rispetto a prima, il naso scorreva lungo la sua lunghezza lentamente, dolcemente, come se avesse paura che Bilbo, o forse il momento, potesse spezzarsi se avesse fatto qualcosa troppo presto.

"Sei sicuro?" chiese ancora, e Bilbo rise, avvolgendo le braccia intorno alla schiena di Thorin e tirandolo completamente giù contro di lui; gli dolevano un po' le costole, ed espirò un po' più forte di quanto avesse voluto, ma il suo caldo peso ne valeva completamente la pena.

"Nano ridicolo!" esclamò, per quella che non fu né la prima né l'ultima volta nella sua lunga e felice vita. "Completamente."
 


"Sapevo che ti avrei trovato qui" disse una voce da dietro di lui, e Bilbo non si preoccupò di girarsi; quella voce gli era familiare come lo era il respirare.

"Ciao, amore" rispose, alzando i piedi senza alzare lo sguardo dal suo libro così che il nano potesse sedersi a fianco a lui. "Lunga giornata?"

Riappoggiò i piedi sulle ginocchia, sbuffando un po' quando una mano inclinò il suo libro così che l'altro potesse vedere cosa stava leggedo.

"Bah" disse Thorin, lasciando il libro. "Dannati Elfi."

Bilbo sorrise, e posò il libro sul pavimento.

I capelli di Thorin ormai quasi completamente argentati; di questi tempi la corona posava pesantemente su un viso magro e segnato, le rughe profonde ma le preoccupazioni minori di quanto non fossero mai state. Bilbo pensava ancora che fosse la cosa più bella sulla quale avesse mai posato gli occhi.

"Oh, zitto" rispose, mentre Thorin cominciava a disegnare forme con la punta delle dita sulle sue caviglie. "O dirò a Dis che lasci che i suoi nipoti si arrampichino sull'albero."

Thorin fece una smorfia.

"Non c'entravo niente io. Vili lo ha sfidato; sai che Frerin fa di tutto se suo cugino gli dice che non può riuscirci."

Bilbo sbuffò una risata, e annuì, alzando la mano per spostare i ricci via dagli occhi: i suoi capelli non se l'erano cavata meglio di quelli di Thorin nei decenni, ed erano piuttosto bianchi, di questi tempi, anche se fortunatamente il suo corpo era ancora quello di una volta.

"Almeno Thorin non è abbastanza grande da farsi coinvolgere nei loro giochi" Bilbo commentò pigramente, gli occhi gli si chiusero quando le mani del suo Thorin si spostarono sui suoi polpacci, strofinando lentamente e con sicurezza.

"Dagli tempo" arrivò la risposta "Kili inseguiva Fili in giro prima che potesse perfino camminare decentemente. Il giovane Thorin raggiungerà gli altri due in un istante."

Bilbo sbadigliò "Uno di loro deve avere una bambina, c'è bisogno di buon senso nella famiglia. Dis non se ne può occupare tutta da sola."

Strillò quando Thorin lo pizzicò dietro il ginocchio, delicatamente.

"Stai implicando che io non sia ragionevole?"

"Beh" rispose Bilbo, scivolando un po' più vicino sulla panchina. "Una volta mi hai costruito un giardino gigante perché avevi paura che me ne volessi andare."

Thorin fece una smorfia, e Bilbo rise, sporgendosi più vicino per baciarla via.

Intorno a loro, come aveva fatto per molte estati, il giardino fioriva.

 



Note della Traduttrice - reprise
fotti-alberi: nelle fanfiction in inglese spesso gli elfi vengono definiti in modo spregiativo dai nani "tree-shaggers". Non ho trovato modo migliore di tradurlo :°D

eeee eccoci qua, ce l'avete fatta! Erano qualcosa intorno a 13000 parole, giusto per farvelo sapere. Per quanto riguarda le lettere maiuscole ai nomi delle razze e la formattazione, ho voluto mantenere quella originale. Non sono un'esperta, ma spero che abbiate comunque gradito la cosa!

Mukhuh turgizu turug usgin
Kurocyou
   
 
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