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Autore: amamiperche    14/08/2014    0 recensioni
La prima volta in vita mia in cui si andò formando il pensiero di essere anche solo minimamente diversa dal prototipo di persona normale che la società ci invita ogni giorno non così gentilmente a seguire, fu alla tenera età di cinque anni.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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La prima volta in vita mia in cui si andò formando il pensiero di essere anche solo minimamente diversa dal prototipo di persona normale che la società ci invita ogni giorno non così gentilmente a seguire, fu alla tenera età di cinque anni.
Età dell'incertezza della solidità del terreno sotto i nostri piedi e perfino della capacità del sole di rimanere sospeso lì in alto, tra milioni di stelle. Età degli innumerevoli "perché", delle scarpe coi tacchi della mamma, del primo fidanzatino e della cinquantesima barbie dai capelli biondi e gli occhi azzurri.
Ma sfortunatamente allo stesso tempo quella stessa età in cui si insinuò tra i miei pensieri di bambina paffuta il sinistro sospetto di avere qualcosa di sbagliato, qualcosa che non rientrava nemmeno minimamente nel concetto di 'normalità' delle menti del resto del mondo, così come della mia.
Non che i miei genitori non fossero stati attenti dal tenermi lontana da questa e dalle innumerevoli insidie che il mondo nasconde tra le sue altrettanto numerose meraviglie; ma i loro occhi indagatori e le loro braccia sempre lì pronte a proteggermi non potevano in alcun modo arrestare quel flusso di pensieri negativi.
Così come non potevano tenermi lontana dalla consapevolezza - seppur in questo caso prematura - dell'esistenza della parte marcia del gioco, della parte scura così temuta, nascosta e allo stesso tempo additata con anche troppa facilità e disinvoltura.
Perché nonostante tutto sono fin da sempre stata consapevole del fatto che era una cosa sbagliata, che lo sarà sempre e che niente potrà mai cambiare questa consapevolezza perché ormai identificata come tale nelle menti dei più giovani ma soprattutto dei più anziani; di tutti coloro che non riescono a comprendere quanto questo modo di essere sia di per sè complicato e nella maggior parte dei casi indesiderato perché mal visto, ma che nonostante tutto hanno sempre molto da dire sull'argomento.
Che sia attraverso un insulto, un semplice commento o l'affibbiare di una colpa non meritata, le loro parole arriveranno sempre e inevitabilmente alle loro orecchie, così come il loro odio arriverà ai loro cuori convincendoli man mano di essere loro quelli sbagliati, quelli a dover cambiare.
Allontanandoli sempre più dalla verità, dalla consapevolezza che quelli ad essere sbagliati non sono loro, bensì tutti quelli che si buttano a capofitto nell'ipocrisia e nella meschinità che caratterizza i loro cuori, mettendola in mostra come un qualche trofeo di cui bisogna andar fieri ogni volta che se ne presenta l'occasione.
"Non è normale!" urlano i parenti. "Frocio!" urlano gli amici. "Muori!" urla la società.
Quella stessa società che ha perso i propri ideali ma che continua imperterrita a mostrarli a chiunque gli si pari davanti; società composta da individui capaci di uccidere pur di far apparire l'immagine che danno di sè più grande e meravigliosa di quanto essa non sia in realtà.
Senza dubbio in una società come quella in cui viviamo dove la gente riesce ad accettare senza alcun apparente difficoltà ogni tipo di tecnologia avanzata gli si presenti ma che non riesce ad accettare l'idea di un amore distante chilometri dove due cuori sono costretti a incontrarsi e appropriarsi l'uno dell'altro solo una volta al mese, anche una cosa semplicissima come l'amore omosessuale risulta essere come una delle cose più strane e complicate che siano mai esistite.
E automaticamente, anche solo il sospetto o la consapevolezza stessa di provare attrazione verso il proprio sesso risulta come un immediato problema che bisogna fronteggiare, combattere ed eliminare prima che esso prenda il sopravvento sulla nostra vita diventando parte di essa. Prima che qualcuno ne venga a conoscenza, prima che la nostra reputazione venga accartocciata e gettata nell'angolo più remoto della nostra stessa esistenza, impossibile da recuperare.
Ecco perché, essendo nonostante la tenera età a conoscenza degli innumerevoli problemi che solo quel minuscolo pensiero avrebbe potuto portare nella mia vita, decisi fermamente di accantonare quell'idea e di etichettarla come assurda, lasciando così che marcisse sepolta dagli innumerevoli pensieri che intanto si affacciavano nella mia mente.
E devo ammettere che, fino a qualche mese fa, tutto andava secondo i piani prestabiliti.
 
 
La seconda volta in cui il pensiero di essere lesbica si affacciò nella mia mente, fu all’età di quindici anni.
O, appunto qualche mese fa. Quando la consapevolezza che anche lei lo fosse si presentò fortemente sbiadita nella mia mente, i bordi ancora da levigare e tante domande ancora da essere poste, ognuna di essa al momento opportuno.
Lei, invece, la conoscevo da una vita.
Eravamo perfino andate alla scuola primaria insieme, cresciute nello stesso piccolo paese a contatto con le stesse persone; eppure i rapporti che si erano creati durante l'infanzia andarono miseramente persi nel corso degli anni, destinati però a ricucirsi durante l'adolescenza un po' per caso, un po' per via di qualche assurdo scherzo del destino.
Non che lei mi avesse mai davvero fatto qualcosa di male, ma io inizialmente non provavo alcuna simpatia nei suoi confronti. La odiavo. Anche una sua semplice parola o un suo gesto nei miei confronti, per quanto esso avrebbe potuto essere gentile e rispettoso, non faceva altro che incrementare il mio odio nei suoi confronti.
Forse era perché lei riusciva a fare amicizia con tutti mentre io avevo una sola amica; forse perché mentre lei aveva avuto già cinque ragazzi in seconda elementare io non ne avevo avuto nemmeno uno; o forse semplicemente perché in quel periodo odiavo chiunque non fossero la mia migliore amica o i miei genitori.
Eravamo l'esatto opposto, e in effetti lo siamo ancora.
Ma la cosa strana non è tanto il fatto che nonostante fossimo state nella stessa classe per ben cinque anni io non provassi alcuna simpatia nei suoi confronti; quanto il fatto che dall'odio sia passata all'amicizia e incredibilmente all'amore.
Sarà stato il suo sorriso, la sua risata? Saranno forse stati i suoi modi di fare oppure il fatto che era così distante da me eppure così vicina?
Oppure semplicemente sarà stato il fatto che, nonostante tutto, una sera incontrandoci per caso fu la sola a prendermi per un braccio e a portarmi nel suo mondo senza alcuna spiegazione? 
Strano ma vero, adesso il suo sorriso rappresenta il centro del mio mondo; i suoi modi di fare fanno parte inesorabilmente dei miei e un pezzo del suo mondo è entrato nel mio, destinato a rimanerci per sempre così come il ricordo di quella sera, impresso nella mia mente come una vecchia fotografia che nonostante gli anni racchiude ancora dentro se tutta la bellezza di quel momento.
 
Ed è proprio qui che la nostra storia prende vita, colorandosi per la prima volta di rosso. 
   
 
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