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Autore: Miamarty    15/08/2014    3 recensioni
Attraverso il Network Hirogeno trovato tre anni dopo il loro arrivo nel quadrante Delta, la Voyager riceve degli ordini particolari: non si può tornare a casa ma bisogna lavorare per costruire una nuova federazione nel quadrante, nel frattempo è prevista la costruzione di un tunnel spaziale artificiale per fare unire le due federazioni in un futuro prossimo. Questo è l'epilogo, sto valutando di scrivere delle one shot come se fossero delle puntate per arrivare alla fine della storia. Intanto buon divertimento!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: B'Elanna Torres, Chakotay, Kathryn Janeway, Sette di Nove, Tom Paris | Coppie: Chakotay/Janeway
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questo è uno scenario alternativo che mi è stato ispirato dal racconto Places of Exile della trilogia Myriad Universe. Si tratta di uno dei romanzi ufficiali di Star Trek ma si trova solo in lingua inglese. Io l’ho letta ma non mi è piaciuta, la maggior parte dei protagonisti fa una brutta fine. Io ho solo preso spunto dai fatti positivi e li ho sviluppati.

Per il prossimo inverno vorrei scrivere gli episodi per arrivare a questo finale, che ne dite? Ne varrà la pena? Aspetto le vostre impressioni!

 

 

 

 

 

La mattinata era calda ma ventilata, come usualmente accadeva nell’estate del pianeta Terra2, ottavo di un sistema solare di dodici pianeti sito nel quadrante Delta.

L’ammiraglio in capo della Federazione dei Pianeti Uniti del Quadrante Delta, Kathryn Janeway si affacciò dal balcone del suo ufficio, posto al primo piano del quartier generale, attirata da alcuni schiamazzi provenienti dal prato posto sotto di esso. Di solito erano i bambini della scuola pubblica che rallegravano con le loro grida le sue mattinate passate tra le scartoffie, tuttavia oggi era giornata di festa nazionale in occasione del rientro della Voyager dalla sua prima missione nel quadrante Alfa.

Il capitano Chakotay avrebbe riportato la nave in porto entro un paio di ore, così era scritto nell’ultima comunicazione intercorsa tra di loro. Erano passati otto anni dall’incidente alle Bad Land che aveva cambiato le loro vite e ne erano passati cinque da quando, attraverso il network Hirogeno erano entrati in contatto con la federazione del quadrante Alfa.

L’ordine era stato chiaro: bisognava lavorare affinché si potesse rendere possibile la formazione della Federazione Delta.

Nei tre anni in cui l’equipaggio della Voyager era stato dato per disperso, la tecnologia sulla Terra aveva fatto passi da gigante e nel giro di pochi mesi era previsto il primo esperimento per aprire un tunnel spaziale permanente tra i due quadranti. Tuttavia, la federazione non voleva figurare come il solito popolo di conquistatori e quale sistema migliore c’era se non sfruttare la presenza della Voyager nell’altro quadrante?

Le doti diplomatiche di Janeway e Chakotay erano indubbie e la federazione non avrebbe potuto avere due rappresentanti migliori. La notizia era stata presa con sollievo dall’equipaggio, soprattutto perché c’era stata la promessa di fare in modo che le comunicazioni con casa fossero costanti, per non parlare del fatto che i primi ad avere il permesso a viaggiare nel tunnel sarebbero stati loro verso la Terra o i loro familiari verso la nuova federazione.

Janeway si appoggiò alla balaustra di pietra del suo balcone e individuò la fonte delle risate. Vide i capelli biondi di Annika, ora si faceva chiamare così Sette di nove. Avevano lavorato molto, insieme, per riportare a galla la sua umanità e il risultato era stato fantastico, tanto che, ora era una donna felicemente sposata.

In quel momento era china sull’erba, in cerca di qualcosa. Kathryn aguzzò la vista incuriosita, erano frecce quelle che aveva in mano? La conferma le arrivò quando un bambino scuro di capelli le corse incontro tenendo in mano un arco di legno intagliato a mano e una faretra vuota sulle spalle.

- Le hai ritrovate tutte?- lo sentì gridare, e sorrise quando Annika alzò il pollice per confermare la riuscita della sua missione.

- Se la sta cavando bene Annika, vero ammiraglio?- Kathryn trasalì, non aveva sentito in alcun modo di non essere più sola sul balcone. Il suo fido consigliere Tuvok era apparso come d’incanto al suo fianco, anche lui in alta uniforme, come lei… per la prima volta dopo anni avrebbe rivisto sua moglie e i suoi figli, imbarcati sulla Voyager insieme con altri parenti ansiosi di rivedere i loro cari.

Pochi erano i membri dell’equipaggio che avevano deciso di tornare sulla Terra, nel nuovo pianeta c’era tanto lavoro da fare e la tendenza era di far trasferire le loro famiglie. Oggi sarebbero arrivati anche il padre mai conosciuto di Naomi Wildman e i genitori di Harry Kim.

- Sì, ha una dote innata con i bambini, forse li sta viziando un po’ troppo, non crede?-  non c’era rimprovero nelle parole di Kathryn ma solo una nota materna verso una ragazza che aveva cresciuto come una figlia da quando l’aveva disconnessa dalla sua passata e triste realtà borg. In quel momento altri bambini avevano raggiunto Annika e Adam che, già dimentico delle sue frecce, si era messo a correre dietro ad una palla con i suoi amici.

I due ufficiali sorrisero alla scena, anche Tuvok negli anni si era ammorbidito e quell’accenno di sorriso equivaleva a quello radioso di Kathryn.

- beh, se si riferisce al piccolo Adam, non credo che ci sia qualcuno che possa non viziarlo…- insinuò Tuvok guardandola di traverso. Kathryn si sentì arrossire ricordando l’episodio accaduto circa un mese prima, due giorni avanti la partenza della Voyager per la Terra.

Lei, Chakotay e Tom Paris, primo ufficiale della Voyager, da oltre due ore erano seduti alla sua scrivania per decidere i dettagli del viaggio imminente. La riunione non era ancora finita quando il suo comm-badge si attivò.

- Tuvok ad ammiraglio Janeway-

- dica Tuvok- Era una nota divertita quella che aveva per un attimo sentito nella voce del suo consigliere?

- c’è una “piccola” questione da sistemare, un nostro cittadino le chiede udienza immediata.

Kathryn sollevò lo sguardo verso i due ufficiali che erano con lei, entrambi alzarono le spalle, dichiarando di non saperne nulla. Però Tuvok non era solito fare scherzi o disturbarla per nulla, soprattutto quando era in riunione con gli ufficiali superiori, quindi, sospirando disse.

- Perfetto, lo faccia entrare – si alzò, imitata dagli alti due e si mise in mezzo a loro di fronte alla scrivania attendendo il sibilo di apertura della porta. Insieme a Tuvok, al suo fianco, eretto e impettito nel suo metro scarso di altezza, c’era Adam, capelli neri come il carbone e occhi azzurri come un cielo in piena estate.

Prima che gli adulti potessero dire o fare qualcosa, il piccolo inspirò rumorosamente e poi disse tutto a un fiato.

- signora ammiraglio, io voglio il permesso di fare un tatuaggio come quello che ha mio padre.- detto questo scoccò un’occhiata di sfida alla volta del genitore prima di tornare con gli occhi sull’ammiraglio.

Kathryn si morse il labbro, il bambino era talmente solenne che non voleva denigrarlo scoppiando a ridere. Sentiva Tom che si schiariva più volte la gola, molto probabilmente era nella sua stessa situazione. L’unico che era adombrato era Chakotay, il padre di Adam.

- Che significa questo, capitano? – chiese guardandolo in viso.

- Temo che sia colpa mia… l’altra sera abbiamo discusso su quest’argomento e visto che Adam non sentiva ragione, mi è sfuggito un “potrei prenderlo in considerazione se mi arrivasse un ordine da qualche superiore” vedo che mi ha preso alla lettera. - sospirò l’uomo.

- e io vedo che il piccolo conosce bene la gerarchia…- disse Tom tra un colpo di tosse e l’altro. Kathryn era prossima allo scoppiare a ridere, si stava talmente trattenendo che le faceva male lo stomaco. Prese la parola.

- Capitano Chakotay, per quale motivo è contrario a questa richiesta?- chiese Kathryn dandogli una leggera gomitata per avvisarlo di stare al gioco dei ruoli.

- Ammiraglio, come ho detto a mio figlio, non è un semplice tatuaggio, c’è un percorso da fare prima e la decisione di farsi tatuare non può essere presa con così tanta leggerezza- Chakotay guardava suo figlio fisso negli occhi, il bambino non batteva ciglio e sosteneva lo sguardo del padre con incredibile ostinazione.

Lo sguardo di Kathryn andava dall’uno all’altro, affascinata da questa dinamica famigliare, poi le venne un’idea.

- Adam, per te sarebbe la stessa cosa se invece del tatuaggio che ha tuo padre ti accordassi di farne uno simile ma rimuovibile?- Il bambino distolse lo sguardo dal padre per puntarlo dritto negli occhi dell’ammiraglio.

- Cosa vuol dire?- chiese confuso. Janeway si avvicinò di qualche passo e si accovacciò di fronte al bambino mettendogli una mano sulla spalla.

-Vuol dire che quando sarai grande potrai cancellarlo e farti fare quello vero in seguito alla cerimonia d’iniziazione, come quella che ha affrontato tuo padre. – Kathryn vide il bambino deglutire mentre elaborava la possibile soluzione.

- Però sarà uguale, uguale? – chiese dubbioso. Kathryn si girò verso Chakotay – che ne dice Capitano? Sarà uguale?- Lui le sorrise annuendo con la testa.

- Allora va bene, grazie- Adam fece un passo indietro ma poi si fermò di colpo, tornando a guardare l’ammiraglio ancora inginocchiata alla sua altezza. – signora, si possono abbracciare gli ammiragli?- Kathryn sorrise di cuore e aprì le braccia per accogliere il piccolo guerriero in un caldo abbraccio.

Quando il bambino uscì correndo, lasciando dietro di se quattro adulti sorridenti, Kathryn si girò verso Chakotay e a mezza bocca gli disse:

 - Che sia da lezione capitano… mi domando: io a chi dovrei delegare una bega simile non avendo un superiore? Bene signori! Torniamo alla nostra riunione . –

Kathryn si riscosse dai sui pensieri e tornando al presente si girò verso il vulcaniano al suo fianco.

- Era venuto per qualcosa, Tuvok?-

- sì, il capitano Chakotay ha chiamato dieci minuti fa, è in anticipo di un’ora e se li vogliamo accogliere come si deve, è ora di incamminarci. E’ ancora dell’idea di andare a piedi? –

- Assolutamente sì, due chilometri non mi ammazzano di sicuro…- ribatté la donna compiaciuta del riguardo che le mostrava il suo fidato amico.

- Molto bene, allora ci conviene incamminarci – le diede il braccio al quale lei si aggrappò e scesero le scale che dal balcone portavano al prato sottostante. Si avvicinarono al gruppo di persone che popolavano il parco tra risate e chiacchiere. Non appena il primo di loro si accorse della sua presenza il chiacchiericcio si affievolì e tutti la accolsero con saluti e sorrisi cordiali. Cercò con gli occhi due persone in particolare.

-Annika! B’Elanna! La Voyager sarà al porto in anticipo, vi unite a me per l’accoglienza?- .

- Yuppyyyy!!!!- si sentì urlare, Adam aveva iniziato a girare tra la folla con le braccia aperte simulando un volo – papà è tornatooooo!!!!- quando il suo volo passò rasente a Janeway, lei fu pronta a prenderlo per le bretelle della sua salopette di jeans.

- Ehi signorino! Quel tatuaggio avrebbe dovuto farti mettere la testa a posto, no?- chiese, severa, indicando l’imitazione del tatuaggio del padre che il dottore gli aveva applicato usando una sostanza non  permanente.

- Sì signora! Scusi signora!- disse il bambino abbassando gli occhi e mettendosi sull’attenti. In quel frangente, Annika si avvicinò al bambino e l’afferrò per una mano borbottando:- quante volte te lo devo dire che alla fine finirai nei guai se non ti calmi?-.

Guardando l’ammiraglio, aggiunse: - ci penso io a lui, non darà più fastidio e soprattutto non tirerà le frecce alla Voyager, vero Adam? – Janeway spalancò gli occhi, quel bambino era un vulcano, l’esatto opposto del suo riflessivo padre.

Quarantacinque minuti più tardi erano tutti sulla piattaforma panoramica del nuovo porto spaziale di Terra2. Il porto era il frutto del lavoro di tutti i pianeti alleati, usato per fini commerciali e turistici.

I nuovi cantieri navali davano lavoro a tantissimi individui e ogni giorno Tuvok era sommerso da richieste di soggiorno per nuovi operai e ingegneri.

Nel giro dei prossimi mesi era previsto il varo di altre due navi ammiraglie che avrebbero affiancato la Voyager nelle sue missioni diplomatiche e di esplorazione.

Altre popolazioni ricche, entrate da poco nella federazione Delta avevano commissionato la loro flotta proprio su Terra2 i cui ingegneri, capitanati dal comandante Torres erano rinomati in tutto il quadrante per la loro serietà e professionalità.

Intorno a questa realtà si stava sviluppando anche la vita del pianeta, erano costruiti sempre più edifici privati e complessi comunitari. Anche se il tutto era biocompatibile e a basso impatto ambientale, era comunque un problema in più per l’ammiraglio in capo. Far sì che le regole fossero rispettate da così tanta gente la stava spingendo a istituire una forza di polizia che la sollevasse un po’ dai suoi doveri.

Janeway stava coccolando la piccola Miral, la figlia di un anno di Torres e Paris, quando un’ombra veloce oscurò il sole che li stava riscaldando. Alzò gli occhi e il cuore le balzò in gola, come sempre le accadeva quando vedeva la sua vecchia, amata nave.

Sapeva che la Voyager non poteva essere affidata in mani migliori di quelle del capitano Chakotay, ma non ci poteva fare nulla, quella nave era molto importante per lei e non riusciva a separarsene.

Cercando di non farsi sopraffare dalla commozione, restituì la piccola a sua madre e si appoggiò alla balaustra di sicurezza per guardare le manovre di atterraggio.

Dalla manovra magistrale compiuta dalla nave, capì che il timone lo aveva il comandante Paris, come sempre. Anche lui soffriva della stessa sindrome dell’ammiraglio: non riusciva a separarsi dalla sua nave.

Dopo dieci minuti dall’attracco, si aprirono i portelloni sotto la nave e iniziarono a uscire i passeggeri. Individuò subito la moglie di Tuvok accompagnata dai figli con relative famiglie al seguito. Kathryn si girò verso Tuvok dandogli una gomitata:

- cosa sta aspettando? Non li vede da otto anni, corra da loro!- per un attimo temette che l’uomo le rispondesse con la sua solita fredda logica vulcaniana, invece, inaspettatamente le sorride e la lasciò con un “grazie” prima di dirigersi verso il nutrito gruppo di persone venuto apposta per lui.

Quasi contemporaneamente il tenente Harry Kim vide i suoi genitori, subito dietro la famiglia di Tuvok.

Kathryn mise una mano sulla bocca quando capì che dentro una lunga custodia di pelle, la signora Kim portava il clarinetto che otto anni prima Harry aveva dimenticato a casa. Ricordando che era stata lei a non permetterle di spedirlo prima della partenza, le sfuggì un singhiozzo commosso.

- Mamma! Papà!- urlò il tenente Kim correndo e superando Tuvok, prima di fiondarsi tra le braccia dei suoi.

Vedendo l’esempio dei loro ufficiali superiori, ogni singola persona, a mano a mano che i loro cari scendevano dalla Voyager, si precipitavano ad abbracciarli. Nel giro di poco tutto il viale del porto rimbombava di risate, pianti, pacche sulle spalle e baci.

Infine toccò uscire agli ufficiali in comando della nave. Chakotay era al centro, la sua figura era visibile e riconoscibile a metri di distanza, gli anni passavano ma lui sembrava giovarne. Paris era al suo fianco come il solito, con la sua aria scanzonata che nemmeno l’essere diventato padre gli aveva cancellato dal viso.

Alla destra di Chakotay c’era il dottore, promosso a tutti gli effetti ufficiale medico della nave. Subito dietro venivano i nuovi acquisti della plancia: un ufficiale tattico, un addetto alle operazioni, l’ingegnere capo e due piloti che studiavano sotto la guida di Tom Paris.

Kathryn, B’elanna, Annika e i bambini si avviarono verso gli ufficiali superiori che scesi dal portellone, aspettarono il loro arrivo con un sorriso stampato sulle labbra.

Quando si trovò di fronte, fu Kathryn a prendere la parola:

- Ben tornati, è bello avervi di nuovo a casa!- poi, guardando Chakotay chiese – Capitano, qualcosa di rilevante da riferire?-

- No ammiraglio, tutto come pianificato, troverà il mio rapporto sulla sua scrivania domani mattina.- Kathryn sorrise, questa cosa l’aveva riportata indietro negli anni, quando era lei il capitano che scriveva rapporti da consegnare in un ipotetico ritorno a casa.

- Bene- si rivolse con un’occhiata ai membri della plancia – signori, sono sicura che i vostri cari non vedono l’ora di riabbracciarvi. In libertà. – Tutti lasciarono la loro posizione salutando i loro superiori con cordiali cenni del capo. Rimasero solo Chakotay, Paris e il dottore. Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, si sentì un urlo argentino, seguito da un capitombolo e dallo sbuffo di Annika che si era fatta sfuggire Adam dalla mano.

Il bambino, con una manovra evasiva degna del miglior pilota della flotta, evitò la mano della donna, diede uno spintone al sedere dell’ammiraglio e si catapultò nelle braccia del padre che, di riflesso, lo prese con entrambe le mani e se lo portò al collo baciandolo su una guancia.

- Papà!- protestò il bambino ridendo – hai la barba! Pizzichi!-

- Mi meravigliano queste parole dette da un guerriero del tuo calibro! – lo schernì il padre con un sorriso di orgoglio sul volto – allora, hai fatto quello che ti ho detto? Hai protetto la mamma mentre ero via?- Il bambino parve imbarazzato e poi disse con gli occhi pieni di orgoglio: - no, perché lei è molto forte e non ne ha bisogno…- tutti si misero a ridere – non ridete! E’ vero che è forte… - piagnucolò nascondendo il viso nella spalla del padre.

Poi, dimenticando tutto nel giro di un secondo, si riscosse e disse:

- Papà! La mamma ha detto che stasera possiamo cenare sulla Voyager e che possiamo dormire a bordo, e domani potremo venire con te e lo zio Tom alla stazione stellare per attraccarla! Possiamo?-

Chakotay sorrise contento, era proprio un programma allettante, il dovere lo portava lontano da casa per altri due giorni, era il tempo che ci voleva ad attraccare la nave alla stazione stellare più vicina e poi tornare con la sua navetta, ma se veramente la sua famiglia era disposta a seguirlo, non avrebbe sentito il peso del dovere.

- Se lo dice la mamma, allora è vero che possiamo… il bambino si divincolò per scendere e inscenare delle capriole tra gli adulti che lo guardavano ridendo.

- Allora, se anche lo zio Tom torna all’attracco, possiamo venire anch’io e Miral, che ne dici?- disse B’Elanna raggiungendo il marito. Lui la baciò con passione prima di prendere in braccio la figlia che l’afferrò subito per le orecchie, nemmeno fosse un ferenghi.

- Certamente, non ci ho pensato un secondo a lasciarvi di nuovo a terra!- esclamò l’uomo mettendo un braccio sulle spalle della moglie e guidandola verso l’interno della Voyager.

- Dottore, perché non venite anche lei e Annika? – chiese Chakotay, sarà come ai vecchi tempi e Annika potrebbe cucinare per noi- si avvicinò alla moglie che lo guardava in silenzio e le prese una mano – Kathryn mi ha detto che nelle ultime settimane ha cucinato delle pietanze degne di uno chef stellato. Sono curioso di provarle anche io…- disse perdendosi negli occhi di Kathryn mentre stava ancora parlando con i suoi amici.

Il dottore alzò gli occhi al cielo, sospirando:- umani…- poi prese per mano sua moglie.

-Vieni Annika, entriamo nella nave, qui siamo di troppo, evidentemente- disse gettando un’occhiata al Capitano che stava accarezzando una guancia della moglie senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi – ah, tesoro… - disse fermandosi – prendi il loro marmocchio, lo portiamo con noi. In questo momento potrebbe cadere nel lago e nemmeno se ne accorgerebbero… umani!- Annika prese in braccio Adam, sollevando un sopracciglio disse al marito: - ma qui non c’è un lago, doc. – Il dottore sbuffò farfugliando sull’eventualità di fare un corso d’ironia e battute di spirito.

Kathryn e Chakotay sorrisero, ascoltando il siparietto dei due. Poi lui la baciò, lentamente, intensamente… per poi scoppiare a ridere quando la vocina di Adam scoppiò in un – Bleeeeeehhhh, lo sapevo che si sarebbero baciati!-

- Adam, ti devo raccontare un po’ di cose sullo strano comportamento degli umani adulti…- disse il dottore mentre spariva nella pancia della nave con la moglie al suo fianco.

 

- Mi sei mancato…- disse Kathryn aggrappandosi al suo collo. Lui guardò indietro per assicurarsi che il bambino non fosse più a portata visiva e poi baciò sua moglie con tutta la passione che aveva represso per quel lungo mese di assenza.

- Tu mi sei mancata di più, ne sono sicuro. Allora… – disse lui come se gli fosse venuto in mente qualcosa all’improvviso – cos’è quella cosa che “potevi dirmi solo di persona” ? – Lei sorrise, lo baciò di nuovo e poi gli prese una mano portandola in basso, sul suo ventre piatto.

- Mi dispiace per te ma non sono più in minoranza! Avremo una bambina! – Sul viso di Chakotay apparve il sorriso più intenso e dolce che lei avesse mai visto.

- Questo si che è stato proprio un bel ritorno…- le disse prendendola tra le braccia – quante possibilità ci sono che sia rossa come te?- la baciò infilandole le mani tra i capelli – Te l’ho mai detto che ho un debole per le rosse?-

 

  
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