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Autore: __Fly__    16/08/2014    0 recensioni
"Stavo per realizzare il mio sogno, ero davanti a tutte quelle persone che mi fissavano incuriosite.
Mancavano, però, gli unici occhi che volevo vedere, di quell'azzurro capace di non farmi capire più niente.
Lui non era con me e io non potevo continuare...
Il mio sogno, senza di lui, mai sarebbe stato completo"
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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CAPITOLO 1

L'aeroporto di Londra aveva uno strano odore di sigaro. Mio padre era un fumatore incallito di sigaro e potevo percepirne l'odore. Vivevo con lui da ormai sei anni, da quando lui e mia madre avevano divorziato, io avevo solo dodici anni e mia sorella Savannah nove. Da Toronto, in Canada, mi stavo trasferendo da mia madre Dru e mia sorella che vivevano nella classica Londra. Inizialmente non volevo andarci perché avrebbe significato abbandonare tutta la mia vita passata in America con mio padre, i miei amici...ma a Londra vi era l'Istituto di musica più prestigioso del paese dove io sognavo di andare da tanto tempo. Negli anni seguenti al trasloco di mamma e Savannah, io e mio padre Eddie andavamo a Londra per le vacanze di Natale, Pasqua e quelle estive. Ormai là avevo fatto amicizia con la famiglia della migliore amica di mia madre, Victoria Jones, suo marito Paul Carter e il figlio Zac, il  mio migliore amico. Inoltre avevo anche una migliore amica, Gwendolyn Lewis detta Gwen, dove passavo la maggior parte del mio tempo quando non ero con Zac. Lui era più grande di me di un anno mentre lei aveva la mia stessa età.
L'aeroporto di Londra, Heathrow, era immenso e moderno, popolato da centinaia e centinaia di gente che aspettavano di imbarcarsi o l'arrivo delle valigie o ancora l'arrivo dei parenti e amici che giungevano da lontano. Era passata la mezzanotte e le luci a neon dell'aeroporto erano talmente brillanti da non poter alzare lo sguardo. Quasi tutto lì dentro era blu e bianco, compresa io ero vestita di blu con le mie amate scarpe bianche che ricordavano quelle da infermiera. Una volta prese le valigie, andai verso l'uscita ad aspettare mia madre. A quell'ora, per via del fuso orario, a Toronto sarebbero state le 19.00 del giorno prima e non avevo per niente sonno. Dopo dieci minuti circa, vidi fermarsi davanti a me una Mercedes rossa. Lo sportello posteriore si aprì e vidi una chioma bionda saltarmi addosso.Era lei, la mia sorellina ormai quindicenne.
-"Meg, tesoro!"- urlò mia madre, scendendo dal posto di guida, che a Londra era a destra.
Anche lei mi abbracciò per qualche istante e dopo anche Savannah si allontanò per squadrarmi bene. Era cambiata tantissimo! I suoi capelli biondi e lisci erano molto più lunghi, gli occhiali da vista erano spariti per mostrare i suoi grandi occhi castani uguali ai miei. Era cresciuta di statura e mi arrivava alla spalla. Notai delle sporgenze nel suo petto, conferma che ormai era un'adolescente sviluppata e non mancava qualche brufolo qua e là. Avendo quindici anni, frequentava l'Istituzione Secondaria "The Secondary Education" .
Accanto a lei c'era la bellissima Dru Adams, mia madre, la quale mi assomigliava parecchio in quanto di capelli castano chiaro, lunghi e ondulati e la corporatura snella con un seno molto pronunciato. Aveva qualche ruga, cosa che prima le mancava. Anche caratterialmente le somigliavo: testarda, timida e introversa ma anche stronza quando volevo, gentile e sensibile. Savannah aveva preso da mio padre, biondo, alto un po' arrogante e superficiale, sensibile e anche affettuoso. Mia madre mi sistemò una ciocca di capelli fuori posto dietro l'orecchio.
-"Ci sei mancata Meg, sei ancora più splendida!"-
-"Si, è incredibile che sia più bella di me"- aggiunse Savannah, scherzando.
-"Grazie mille, vi trovo bene!"- sorrisi. Ero una ragazza di poche parole, come mio padre.
Salii in macchina nel posto davanti, accanto al volante e appoggiai la guancia sulla mano guardando fuori dal finestrino. Mia madre cercò un argomento e parlammo di mio padre, del viaggio e di come è bella Toronto. Savannah mi raccontò che aveva un fidanzato chiamato Metthew.
-"Com'è che la mia sorellina ha il ragazzo e io no?"- le chiesi ridendo.
-"Perché io ci so fare, sorellina"-
Nel frattempo dal finestrino ammiravo la Londra illuminata dalla luna e dai lampioni ai lati della strada. Era tutto diverso: il paesaggio, l'ora, la temperatura, la cultura, l'accento del linguaggio, il cibo e le abitudini. Ero un po' preoccupata per tutto quello che mi aspettava in questa nuova vita.
L'auto si fermò davanti a un palazzo color senape, Scendemmo e mia madre prese la mia valigia e il borsone . Entrammo in ascensore e Savannah schiacciò il tasto "3". Una volta arrivate al terzo piano mia madre prese la parola.
-"Il nostro appartamento è quello sulla sinistra, quello di fronte al nostro, quello a destra, è abitato da Vicky, Poul e Zac."-
Annuii alle informazioni e lei cominciò a cercare le chiavi dell'appartamento. Entrai e vidi subito una cucina di legno, un tavolo al centro e un divanetto bianco dove di fronte c'era la televisione. Era tutto molto accogliente . Le pareti erano color pesca e sul pavimento vi era il parquet. Superata la cucina, vi erano delle scale a chiocciola che portavano alle stanze da letto e ai bagni. La prima porta a destra era la camera di Savannah, quella a sinistra di mia madre e quella in fondo al corridoio (non tanto lungo) era quella degli ospiti, cioè la mia.
Era sfoglia e semplice. Le pareti bianche si abbinavano con il copriletto anch'esso bianco. Vi era una scrivania in legno con sopra un pc, il comodino, una finestra e la porta collegata al bagno. Posai la valigia e il borsone sul letto e iniziai a sistemare la mia roba. Appena ebbi finito guardai l'ora notando che erano le due di notte ma a casa mia erano le nove di sera e io di solito a quell'ora cenavo. Mia madre e Savannah erano già andate a dormire ma io non ne volevo sapere così uscii dall'appartamento e scesi le scale. Mentre le scendevo notai qualcuno seduto su un gradone con la faccia tra le braccia appoggiate alle ginocchia. Era un ragazzo, con i capelli neri scompigliati. Notai i suoi muscoli, tesi a causa della posizione. Non sapendo cosa fare cercai di oltrepassarlo ma lui mi sentii e alzò lo sguardo. La prima cosa che vidi furono le sue iridi azzurre e le ciglia lunghissime. Si alzò di scatto vedendomi e aprì la bocca ma la richiuse subito mentre sgranò gli occhi. Aveva qualcosa di familiare ma mi distratti non appena parlò.
-"Meg?"- pronunciò a voce bassa.
Per la prima volta trovai l'accento inglese davvero bello e la sua voce era confortante, calda e intensa. Ma...aveva pronunciato il mio nome?
-"Si, Meg Williams ci conosc...."- mi interruppi da sola perchè appena parlai lui mostrò un sorriso a trentadue denti e allora mi ricordai.
-"Non può essere...Zac? Sei tu?"- quasi urlai dall'emozione. Era il mio migliore amico!
Quello che un tempo era paffuto e occhialuto e che aveva una cotta per me. Era così cambiato, era un ragazzo bellissimo. Ebbi la conferma perché lui mi abbracciò, quasi stritolandomi.
-"Tu che ci fai a Londra?"- domandò con entusiasmo.
-"Domani dovevamo fare una sorpresa alla tua famiglia invitandovi con me presente. Santo cielo sei così diverso!"- tralasciai "sei talmente bello che i miei istinti femminili mi obbligano a saltarti addosso".
-"Tu sei quasi uguale, non hai più l'apparecchio però! Sei sempre bellissima."- arrossii automaticamente e gli sorrisi.
Ci aggiornammo sulle ultime novità e mi disse che anche lui frequentava l'istituto di musica "The Istitute of Contemporany Music And Performance" appunto era una coincidenza che si trovasse a casa sua, dato che dai diciotto anni in su gli studenti abitavano nei dormitori.
-"Sono venuto qui per parlare con i miei, è sempre difficile per noi pagare la retta per quella scuola quindi dovrei trovarmi un lavoro..."- vedevo il dispiacere in quegli occhi azzurri cercai di rincuorarlo.
-"Sono sicura che non sarà così difficile, ce la farai e se vuoi io ti aiuto!"- mi abbracciò e cambiò argomento.
-"Emh...tu suppongo che hai il ragazzo non è vero?"-
-"In realtà no, tu invece?"- pregai mentalmente che la risposta fosse "no" e per fortuna così fu.
Mi disse che era abbastanza tardi per lui e doveva andare ai dormitori dell'istituto così ci salutammo con un abbraccio. Aveva un odore molto buono, un profumo maschile che poteva mandare in brodo di giuggiole ogni parte del cervello femminile. Rientrai nell'appartamento e decisi di dormire, non fu difficile...ma avevo un immagine in testa che favoriva i bei sogni.
Il mio risveglio non fu tanto gradevole come il mio riposo, mia madre urlò il mio nome dalla sua stanza e dovetti andare da lei ad aiutarla. Non sapeva che mettersi per il lavoro e le diedi dei consigli. Lei lavorava in un banca mentre mio padre era farmacista, infatti potevamo permetterci la retta dell'istituto in caso di ammissione. Quel giorno sarei andata lì per iscrivermi!
Salii nella Mercedes di mia madre e sgommai verso l'istituto. Dopo sei chilometri arrivai e posteggiai nel parcheggio dedicato agli studenti. Davanti la scuola giaceva il cartello "The Istitute Of Contemporany Music And Performance" così mi diedi coraggio e aprii la porta di legno massiccio per entrare. Tutti gli edifici erano di un bianco invecchiato e vi era un enorme spiazzo con al centro una fontana. Era ricoperto di alberi, cespugli e cartelli che indicavano dove erano le classi. A destra del grande spiazzo vi era un edificio dove si teneva la classe di canto, nell'edificio a sinistra quella di chitarra e piano e quella di fronte la classe di ballo. Il grande giardino era pieno di ragazzi, seduti su panchine, impegnati a leggere, suonare o ascoltare musica. Un po' più in fondo vi era uno sportello con scritto "Sportello delle iscrizioni" e mi diressi lì. Presentai il mio curriculum ad una ragazza sui diciannove anni con i capelli rossicci, lunghi e lisci e con un sorriso smagliante. Mi fece compilare un modulo e mi disse infine che avrei dovuto attendere una lettera di ammissione nei prossimi giorni o una lettera di rifiuto. La ragazza si chiamava Bea ed era molto graziosa anche se senza alcuna forma, a parte questo aveva una voce squillante.
Andrai verso un piccolo edificio dove capii, grazie al cartello, che era la mensa, Inciampai in un gradino ma non feci in tempo a cadere perché qualcuno mi afferrò dal braccio destro.
-"Dovrei stare più spesso insieme a te, così eviti di cadere. Considerami un supereroe!"- mi sorrise Zac.
-"Per lo più ti vedo come uno di quei ragazzi che accompagnano le vecchiette ad attraversare la strada per evitare che cadano. Puoi sempre fare il supereroe delle vecchiette!"- sdrammatizzai e lo feci ridere.
Aveva una risata bella da sentire e anche da vedere, quando rideva le spuntavano delle fossette sulle guance. Smise di sorridere e il suo volto si incupì, si fermò a guardare in un punto dietro le mie spalle. Feci per girarmi e vedere cosa stava guardando ma mi prese per un braccio e mi fece entrare dentro la mensa che a quell'ora era deserta.
-"Che succede Zac? Hai visto il fantasma di qualche vecchietta che hai fatto investire?"-
Si mise a ridere e almeno la mia battuta lo fece fermare.
-"Perché siamo qui?"- gli domandai incuriosita.
-"E' che...volevo mostrarti la mensa..."-
Qualcosa puzzava e non parlavo dell'odore di carne misteriosa proveniente dal self-service della mensa.
-"Cosa mi nascondi?"- lo avevo sorpreso.
-"Ecco...volevo stare da solo con te!"-
Con me? Da solo? Ah. Infatti si avvicinò vertiginosamente a me guardandomi negli occhi e poi le labbra. Mi prese dai fianchi. Che intenzioni aveva? Così glielo domandai.
-"Tranquilla Meg, se avevo intenzione di portarti a letto sicuramente non sarebbe stato qui e ti avrei già spogliata...non che non voglia...."- mi aveva spiazzata. Ma che stava dicendo? Si mise a ridere vedendo la mia espressione. Dubitavo scherzasse.
Io sapevo tutto di lui, a sedici anni mi confessò cosa faceva quando i suoi erano fuori casa. Non era un cattivo ragazzo, era bravissimo ma naturalmente a quell'età, soprattutto ad un ragazzo, gli ormoni impazziscono. Era innamorato di me e non era stato con nessuna, al massimo aveva dato il suo primo bacio...a me per giunta. Ma in questi anni non sapevo se avesse fatto conquiste, sicuramente con quel bel faccino e i muscoli da Abercrombie...
Io con il mio ex, Andrew, avevo perso la mia verginità pensando che la nostra relazione durasse in eterno ma dopo un anno mi lasciò.
-"Dovremmo ritornare fuori..."- gli dissi infine.
Lui annuii e mi portò fuori. Mi chiese se avevo bisogno di un passaggio ma rifiutai dato che ero venuta con la macchina di mia madre. Mi stava accompagnando all'uscita ma una vocetta stridula ci fece fermare.
-"Zac? Amore, dove vai?"-
Posai lo sguardo sul mio migliore amico e lo guardai in modo interrogativo. Lui aveva il terrore dipinto in volto, le mani serrate in due pugni e sentivo che non respirava più. Forse era il fantasma di qualche vecchietta? Ma perché mai una vecchietta lo avrebbe chiamato "Amore"?
La misteriosa voce ci raggiunse e la vidi in volto. Era Bea, la ragazza delle iscrizioni.
-"Amore mio, conosci emh....Meg? Io l'ho conosciuta poco fa allo sportello delle iscrizioni.
Aspettate un momento.
-"Voi due state insieme?"- quasi balbettai.
Lei annuii tutta contenta e gli stampò un bacio su quelle labbra. Lui le spiegò che eravamo migliori amici e che ero venuta dall'America fino a qui.
No. Non potevo crederci. Mi aveva mentito. Lui era fidanzato. E io avevo la sua ragazza davanti.



  MEG WILLIAMS


   DRU ADAMS


  ZAC CARTER


  SAVANNAH WILLIAMS


  BEA O'CONNER
  
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