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Autore: Gnana    17/08/2014    1 recensioni
Ellie é sull'orlo della depressione ed é nei momenti in cui l'umano é più vulnerabile che il male é in agguato dietro l'angolo. La povera ragazza sarà sballottata di qua e di là dalla crudele Lilith, sarà privata della sua volontà e scapperà inutilmente da qualcosa che la ha in pugno, ormai, da molto tempo.
Non ha scampo.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ellie era ossessionata dal suo Io, ma al tempo stesso aveva timore di sé e si nascondeva quando poteva, con l’illusione che rifiutandosi potesse diventare qualcun altro. Il suo cuore, però, era consapevole che quello era impossibile e dalla finestra accanto a quella certezza, lei poteva guardare i suoi sentimenti più profondi che si tenevano per mano, litigavano, si fondevano tra loro o camminavano da soli. Erano quelli che lei metteva su carta.

Si sedeva sulla sua poltrona, con il suo diario stretto al petto, come se volesse indietro un pezzo di lei che aveva lasciato a quelle pagine. Il suo viso si svuotava da ogni espressione e veniva riempito dalle lacrime, ma neanche quelle bastavano più. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima, ma davanti al suo riflesso non riusciva a scorgere né gli uni né l’altra.

Il suo corpo avrebbe dovuto essere pieno di energia, ma la sua mente era vecchia e troppo piena di preoccupazioni scabrose. Voleva svuotarsi, scacciare i pensieri, gli stessi che scappavano e andavano a frantumarsi sulla carta attraverso le sue mani sottili.

Usava la sua penna magica e le sue amiche pagine e questo le giovava, perché leggendo acquistava tutto più senso. Era il suo modo di legittimarsi e di non dimenticarsi. Si stava sgretolando, ma si sarebbe ritrovata nel suo diario e avrebbe ricominciato d’accapo. Avrebbe ricominciato a rifiutarsi e a piangere e a rifiutarsi ancora e a piangere di nuovo. Un ciclo infinito ma ogni volta sempre peggiore.

Era stanca di questo e sentiva qualcosa di guasto dentro di sé, qualcosa che forse la condizionava, qualcosa che forse si annidava dentro lei, ma non era lei. E questo alimentava la sua paura più grande, terrificante, irrazionale di essere posseduta o controllata da qualcosa che potesse annidarsi dentro la sua mente o che qualcosa della sua mente si ammalasse e la facesse diventare matta. Aveva paura della pazzia.

La sua paura, poi, aumentò fino a riempirle i sogni e a farla star male durante il giorno, tanto che scrivere non aiutava più. Martoriava la sua penna magica e il suo diario con parole oscure e incomprensibili perfino per lei, fino a che non crollava dalla stanchezza e si addormentava, ma poi si svegliava poche ore dopo in preda a crisi di panico e dopo aver regolarizzato il respiro riprendeva a scrivere. Il ciclo infinito stava diventando impossibile da vivere, insopportabile, ma proprio quando pensava di aver toccato il fondo, cominciarono le allucinazioni.

Era un vecchio signore con il viso ustionato, vestito di tutto punto, con la bombetta e il bastone.
Lo guardava camminare per i corridoi, aggirarsi per casa come se stesse passeggiando in un prato, ma non interagiva mai. Col tempo le allucinazioni aumentarono cosicché il vecchio con l’ustione sul viso non la abbandonava mai e la accompagnava in situazioni quotidiane che avrebbero dovuto essere banali, ma che si rivelavano orribili esperienze.

Possibile che la paura della pazzia, mi stia facendo diventare pazza? Se é così, basta non aver paura.

Povera sciocca, che speranze inutili.
Vivevo dentro lei praticamente da sempre, aspettando il momento giusto per impossessarmene  e conosco ogni anfratto del suo cervello e della sua anima. Sapevo prevedere le sue mosse, leggerle il pensiero.
Mi mancava un ultimo sforzo per essere sicura di avere il totale controllo delle sue azioni. Mi insidiai nella sua mente ancora più a fondo e la feci agire a modo mio, mentre lei gridava – e grida ancora, in un anfratto del suo cervello – di smettere. Alla fine capirà che non ho pietà.

Un giorno mi stancai di giocare con lei e passai all’azione, all’ultimo sforzo.
Si trovava sulla poltrona, come sempre, col suo diario in braccio. Guardava nel vuoto, come se potesse scardinare la sua dimensione e passarci attraverso. Una speranza le solcava il viso: forse se non avesse avuto più paura, il mostro se ne sarebbe andato. Una speranza vana perché in quel momento l’uomo con l’ustione sul viso attraversò il muro e si fermò davanti al suo cospetto, sorridendole. Le porse una mano come volendo prendere la sua, poi le fece il gesto di seguirlo e andò via attraverso la porta.

Non era mai successa una cosa del genere, non aveva mai interagito con lei ed Ellie ne aveva molta più paura, adesso. Una nuova determinazione si accese nei suoi occhi rendendoli, finalmente, dopo tanto tempo, vivi. Aveva deciso di affrontare le sue paure, di indagare sulla natura di quell’uomo e sulla natura della sua pazzia. Così corse alla porta d’ingresso e si catapultò fuori in quello che credeva sarebbe stato il pianerottolo, invece, si ritrovò in un corridoio buio, tetro e silenzioso.

Era molto lungo, le pareti erano rivestite di carta da parati sporca e logorata dal tempo, disseminate di quadri antichi che rappresentavano paesaggi e ritratti. I pochi lumi appesi emanavano una luce fioca che si rifletteva sui pavimenti in marmo, lucidi nonostante le chiazze e gli aloni di quello che forse una volta era sangue rappreso e poi lavato via.

Si accorse improvvisamente di aver male ai piedi e guardando in basso, vide specchiata su un tratto del pavimento la sua espressione incredula quando si accorse di avere le scarpe consumate e rotte in più punti, come se avesse camminato per giorni. Cominciò ad avvertire dolori in tutto il corpo e si sentì molto debole e affamata e assetata. Decise di non pensarci quando vide l’uomo con l’ustione sul viso passargli davanti e scomparire nel buio infinito di quel corridoio.

Lo seguì di nuovo, stando attenta a non farsi male ai piedi e a non respirare con la bocca aperta, per non seccare di più la sua povera gola. Arrivò alla fine del corridoio, dove c’era una grande porta di legno intarsiato e dei lucchetti in argento. Essa si spalancò facendo scattare i lucchetti e le serrature rivelando una sala enorme con lo stesso pavimento e la stessa carta da parati, solo più luminosa e pulita, quasi accecante. In contrasto con la lucentezza e lo splendore c’erano statue dal timbro gotico, dalle forme raccapriccianti.

Non badando ad esse, ricominciò a correre, attraverso la sala gigantesca, e quando attraversò l’altra porta si ritrovò in un salone più piccolo con al centro due rampe di scale che si univano agli estremi. A differenza di quello precedente, era vecchio e logoro: il pavimento era sporco e pieno di buchi, le scale erano malridotte, molti gradini erano rotti. Pensò che fosse strana anche la disposizione dei locali: quello avrebbe dovuto essere un salone d’ingresso, ma come mai stava venendo da quella che sembrava una sala da ballo? Si girò per tornare a guardare quella bellissima sala, ma non la trovò.  Al suo posto c’era una porta diversa, molto più grande.
Si precipitò ad aprirla e fu investita da una folata di vento gelido che le fece venire i brividi.

Il suo sguardo si posò sul giardino al centro del piazzale, pieno di erbacce e rampicanti che andavano a coprire la piccola fontana piena di acqua piovana sporca. Più in là, un bosco infinito che andava a toccare l’orizzonte. Il cielo era completamente grigio.
“Oh, Dio… Dove sono finita?”

Tutta la determinazione la abbandonò e sentì il peso della stanchezza, della paura, della disperazione e si accasciò, strisciando accanto a quella porta sontuosa. Per un attimo pensò alle porte dell’inferno.
Quell’immensità grigia la fece sentire molto piccola e abbandonata.
“Come faccio a tornare a casa ora?”

Cominciai a parlarle.
Semplicemente non puoi.
“E tu chi cazzo sei?”
Sono un’amica.

Richiuse il portone e si diresse verso le scale, le quali erano lunghissime e ripide. Gli scalini erano in marmo bianco e ogni volta che si poggiava su uno di essi, questi risplendeva di luce propria. Era determinata a scoprire chi era la donna che le stava facendo questo e che le stava parlando, forse l’avrebbe trovata al piano di sopra, in fondo era l’unica direzione in cui poteva andare.

Stai salendo verso la rivelazione, Ellie.
“Mi dici che cosa sta succedendo?”
Ti sto solo rendendo la vita un po’ più divertente, non volevi questo?
“Sei stata tu a farmi tutto questo, vero?”

Era piena di rabbia e saliva le scale a grandi falcate. Fossi stata di carne ed ossa probabilmente mi sarebbe saltata addosso, ma non poteva vedermi. Era stupido perfino cercarmi, ma non aveva capito che la mia voce le era entrata in testa e non proveniva da nessun altro luogo.

“Cosa vuoi da me?
Non é necessario che tu sappia, ma se proprio insisti…

Sentì la testa bruciare, un fischio acuto le perforava le orecchie, la vista si annebbiò e cadde in ginocchio sui gradini. Si sentì fluttuare nel buio per alcuni secondi, poi si ritrovò nella sua stanza, stesa nel suo letto.
Non ci poteva credere e cominciò a toccarsi dappertutto, voleva sapere se era ancora viva, se era ancora fatta di carne. Si tranquillizzò pensando che fosse stato tutto frutto di un sogno o di un’altra allucinazione e si mise comoda facendo rilassare i muscoli.

Che fai, non mi vuoi più parlare?
“Oh, no!”

Si mise a sedere di scatto e vide la finestra trasformarsi in un grande schermo, dove vide la scala di marmo scorrere, come se qualcuno vi stesse salendo.
“Non é possibile, io sono qui, non posso essere anche lì!”
Quella non é la tua camera, piccola.
Una nebbiolina leggera uscì da sotto il letto.
“E allora cos’é?”

Le scale erano finite. Una grossa porta finestra si stava avvicinando. Fuori, un’ombra poggiata alla ringhiera in marmo. La nebbiolina nella stanza si fece più fitta e piano piano saliva.
“Mi dici cosa stai facendo?”
Non ti agitare, non hai scampo. Sono stata io, Lilith, la regina del caos, a regnare nella tua mente e coltivare il seme della pazzia. Ho fatto sì che la tua personalità si sgretolasse, ti ho piegato al mio volere, ma non ti sei accorta di niente. Ti ho mostrato questa casa com’era prima e tu non hai capito niente. Era la mia dimora ed era splendente e oscura, come la padrona, poi Legio me l’ha portata via. Sono secoli che attendo nell’ombra, per secoli ho aspettato di avere abbastanza potere da tornare anche solo in parte in questo mondo che ormai appartiene ai demoni, che prima apparteneva a me! Ho aspettato di avere abbastanza potere da ostacolarlo e tu sei il mio strumento. Sei debole e morente e non c’é un’anima viva qui, non c’é nessun corpo con cui sostituirti. Semplicemente si dissolverà, ritornerà nel Vuoto e anche lui, o meglio loro, dovranno aspettare secoli prima di ritornare a possedere e distruggere. Ti ho mostrato quell’uomo come sarà e tu ancora non capisci.
L’ombra si stava avvicinando, ma non era più un’ombra. Era un uomo in carne ed ossa, con bombetta e bastone. La pelle del viso era perfettamente liscia.

Gli oggetti nella camera erano difficilmente distinguibili, a causa della nebbia. La finestra formava un rettangolo luminoso, anche se quello che vedeva era tremendamente oscuro.
Ma che sia chiaro: mi fa tremendamente piacere.
L’uomo si era staccato dalla ringhiera e la stava aggredendo, ma uno schioccare di dita lo fermò, facendogli prendere fuoco.
“No!”

Ellie sentiva la stanza tremare e diventare più calda, anche lì si sentivano le urla e la puzza di bruciato.
Cercò di prendere qualcosa di pesante per spaccare i vetri, ma già sapeva che non avrebbe funzionato.
L’uomo si fermò al suo cospetto e le sorrise. Un sorriso finto, che faceva trapelare la rabbia, gli occhi erano anch’essi pieni di fiamme. E parlò.
“Ci chiamiamo Legio. E tu sarai la nostra nuova dimora.”
Il corpo dell’uomo cadde a terra, in fiamme. La stanza divenne sempre più calda, fino ad incendiarsi, e si scosse, si agitò, scaraventando Ellie da un parte all’altra. Scappai via, per non farmi avvertire da Legio, ma potei parlare con lei ancora un po’, da lontano.

La stanza era diventata immobile e oscura, persino io potevo avvertire il gelo che vi regnava. Le parlai per l’ultima volta.
Quell’uomo era il tuo futuro e tu l’hai seguito, come mio volere.
“Non capisco!”

Povera ragazza. Destinata a guardare la sua vita da una finestra.



NdA
Storia completamente revisionata. C'ho messo del tempo sia per riscriverla che per pubblicarla (ce l'ho sul pc da mesi e mesi >.<) ma alla fine ce l'ho fatta e sono pronta ad accogliere tutte le vostre impressioni, le vostre critiche e i vostri consigli!
Che il Dottore vegli su di noi.
   
 
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