Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Orsa Minore    12/01/2005    8 recensioni
Il suo unico desiderio è quello di riposare in pace, senza dover più sentire i suoi occhi che lo scrutano come se fosse un individuo infetto da una malattia mortale. Non gli importa più vivere. Ed accoglierebbe la morte a braccia aperte...
Per lei, solo per lei...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo, Momomiya/Strawberry, Ichigo, Momomiya/Strawberry, Ryo, Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Dedicato ad L, che l’ha chiesta perché ama le storie che la fanno piangere.

*** Non importa in cosa si crede,
purchè non lo si creda fino in fondo.
Bertrand Russell ***


È quel freddo che ti entra dentro e ti strazia l’anima come se qualcuno la stesse incidendo con il bisturi.
È quel freddo in cui senti che le ossa stanno per spezzarsi e non sai fare altro che stringere le braccia al petto e cercare di scaldarti.
È quel freddo che puoi avvertire anche in un afoso pomeriggio di agosto.
È quel freddo per molta gente è inspiegabile ma per lui ha un nome. Il suo nome.

Intreccia le mani e le stringe con forza, non devono tremare: lui è una persona forte. Alza gli occhi al cielo e il suo sguardo incrocia il grigio deprimente del soffitto. Si chiede perché è lì. La spiegazione a quella domanda si delinea chiara nella sua mente e lui si chiede perché sia così lucido e intelligente. Quei due anni passati lontano da lei dovrebbero averlo fatto impazzire. Invece no. Più passa il tempo e più lui è lucido.
Ma non vivo, quello no. Non sa cosa vuol dire assaporare la vita, quella vera, da tanto tempo. Troppo forse.
Abbassa la testa di colpo e guarda dritto davanti a sé. Bionde ciocche di capelli gli ricadono sugli occhi azzurri. Il suo sguardo è quello duro delle persone che hanno avuto una vita difficile anche se, ogni tanto, un lampo di amarezza attraversa quell’immensità celeste. E allora puoi capire quanto abbia sofferto.
Forse anche lei ogni tanto se ne rende conto. Forse.

La osserva.
È di fronte a lui, li separa solo una sottile lastra di vetro che, sa benissimo, non può infrangere. Quella fragile barriera tra lui e lei è stata eretta due anni prima e non c’è modo di abbatterla.
No… Respira a fondo. Il suo profumo dolce e sensuale gli stuzzica le narici. Sa che non può averla, non può nemmeno sfiorare la sua piccola mano bianca, le sue sottili dita che ticchettano nervosamente sul banco.
Non può e lo sa. Questo lo fa impazzire.
Sorride, lui è già abbastanza pazzo.
O già abbastanza morto per preoccuparsene.

Sente che gli sta fissando un punto preciso dell’avambraccio destro. Non fa niente per impedirle di vederlo. Per impedirle di arrabbiarsi.
Alza il viso e la guarda. I lunghi capelli rossi ricadono sciolti sulle spalle, non più fermati dagli infantili codini che portava una volta. Ora è una donna, non più la ragazzina con cui amava litigare. Ora qualche piccola ruga, troppo precoce, le affianca gli occhi nocciola. Il fondotinta, anche se steso con cura, non riesce a coprirle.
Lui pensa che a ventidue anni non dovrebbe aver bisogno di mascherare le rughe. Ma lei è cresciuta troppo in fretta. In fondo un po’ è anche colpa sua, avrebbe dovuto impedire che accadesse ciò che era successo.
Non esagerare, ragazzo mio… Lei incontra il suo sguardo e lo gela con un’occhiataccia.
- Perché ti sei fatto quel tatuaggio?- gli chiede fredda.
Lui sorride in modo provocante e tira i muscoli molto sviluppati dell’avambraccio. – Non ti piace?- ribatte con aria innocente.
La ragazza scuote la testa senza distogliere lo sguardo dal tatuaggio. Gli occhi del biondino seguono quelli della rossa e lui osserva, per l’ennesima volta, la scritta “Rest In Peace” che ha incisa sul braccio.
- Non è riferita a lui- aggiunge noncurante.
Una piccola lacrima scende dagli occhi della ragazza. Lui, leggermente pentito, vorrebbe asciugarle il viso ma sa che non può. Si chiede perché continua a fargli visita ancora. Si chiede perché non può semplicemente odiarlo come fanno tutti gli altri.

Mina e Pam, oramai sono troppo famose per curarsi di lui o ricordare ciò che è successo due anni prima. Impegnate a firmare autografi e a farsi intervistare nelle loro lussuose case si sono lasciate il passato alle spalle.
Paddy, ormai una giovane donna, se ne è tornata in Cina con uno dei pretendenti che le ha affibbiato il padre. Avrà sicuramente cancellato dalla sua mente ricordi troppo spiacevoli di bambina.
Lory, ancora timida e insicura, si è trasferita da circa un anno in America con Kyle. L’unica via d’uscita che hanno trovato è stata nell’amore reciproco.
Meglio per loro… In un modo o nell’altro tutti i suoi vecchi amici hanno trovato una ragione per continuare a vivere. Per cercare di dimenticare un fatto che li ha segnati profondamente. Ma comunque vada saranno sempre marchiati da un segno profondo e incancellabile che li ha divisi irrimediabilmente.

Solo lei non ha cercato di andare avanti.
Solo lei continua a voler non dimenticare.
Solo lei lo tormenta.
Solo lei sta piangendo davanti al suo tatuaggio così provocante.

- E’ per me- continua il biondino mentre osserva le lacrime che scendono dagli occhi scuri della rossa. – Penso di meritare di riposare in pace, dopo tutto quello che mi è successo.
Dopo che l’unica luce nella mia esistenza buia mi ha abbandonato…
Dopo che il caldo fuoco che mi bruciava dentro, al solo nominare il tuo nome, si è spento…
Dopo che la vita ha abbandonato i mio fragile corpo…
Dopo che hai lasciato che morissi…

Lei lo guarda dura. – Te lo sei cercato.

Le mani gli tremano leggermente.
Ora ha capito: continua a fargli visita per aver accusarlo di quello che è successo due anni prima. Non ha il coraggio di ammettere che la colpa è anche sua. Della sua perenne indecisione o forse del sottile piacere che provava ad essere l’oggetto del desiderio.
E ora, ora che il senso di colpa la perseguita, ha trovato il suo sfogo.
Si è ricordata della persona che le ha sempre dato tutto se stesso, senza chiedere in cambio altro che un semplice sorriso…
Della persona che ha sacrificato la sua intera esistenza per lei…
Della persona che ha deciso di morire per lei…
Di te, involontario capro espiatorio di tante colpe…
Il freddo che prova dall’inizio della visita lo attanaglia sempre di più. Comincia a tremare anche se nella stanza ci sono come minimo trenta gradi.
Pensava di averla dimenticata, lo credeva veramente.
La continua tensione che stare in quel luogo dimenticato da tutti gli provocava, aveva occupato ogni suo pensiero. E ora si chiede perché avesse cercato così a lungo di sopravvivere.
Perché avesse sperato, suo malgrado, di continuare a vivere.
E, soprattutto, perché lo avesse fatto per lei.
Per una persona che non si preoccupava minimamente delle sue sofferenze, delle sue cicatrice, di lui.

Per una persona che ami…
Scuote violentemente la testa. No, non la ama.
Stupido! Come può solo pensare di illudersi di non amarla. Come può pensare di non desiderare di sfiorare quella piccola mano, di baciare quella bocca piena e rossa come una ciliegia, di abbracciare il suo minuto corpo?
Di poterle dare, ancora una volta, tutto se stesso.
Di perdere, ancora una volta, tutto quello che eri diventato…?
Sì.
Come può negarlo? Come potrebbe mentire a se stesso?
Te stesso…?
Sei sicuro di avere ancora un’identità…?
Di essere ancora qualcuno…?
Di non essere diventato uno fra tanti…?
No.
Non è più nessuno. Il suo nome è stato dimenticato da tutti. Da chi lo conosceva, da chi gli voleva anche solo un po’ di bene, da chi lo amava…

Alza il viso e le punta addosso i suoi occhi freddi come il ghiaccio.
Lei, di là dalla barriera di vetro che li separa, non muove un muscolo. Non lo teme più come una volta, ora sa di essere dalla parte del giusto. Tutti glielo hanno dimostrato. Hanno alimentato la sua labile certezza.
Tu sei la bestia, lei la donzella da salvare…
Tu sei il pazzo, lei la sana…
Tu sei il carnefice, lei la vittima…
Dov’è finita la ragazzina timida e insicura che non lo guardava mai in viso per paura di incontrare i suoi occhi?
Dov’è finita la bella Mew Mew che lui ha salvato mille volte?
Dov’è finita perenne insicura a cui aveva dichiarato il suo amore tanto tempo prima?
Già, dove?

Dove?
Di fronte a lui che sostiene il suo sguardo con un’espressione dura in viso. Che lo crede colpevole di qualcosa che non ha fatto. Che lo ha accusato e lo accuserà mille volte ancora di averle procurato tanti problemi.
- Se mi sono cercato tutto quello che è successo in questi ultimi due anni, perché continui ancora a farmi visita?- le chiede controllando il tremore che gli invade prepotentemente le membra.
- Perché provo pena per te e per quello che hai fatto- risponde lei con voce incolore.
Cosa ti è accaduto, cosa ti ha cambiata? Quelle parole… terribili… dette con noncuranza, come se non si parlasse di lui, della sua pena…
Una coltellata, profonda e sanguinante, al cuore.
Una cicatrice, chiusa da tempo, che si riapre dolorosamente.
Un acquazzone invernale che cade rovinosamente su una debole margherita e la schiaccia, la distrugge, la priva della sua antica bellezza.
Che elimina l’unico segno della primavera…

Come? Come ci riesce?
Quale male sconosciuto la fa parlare in quel modo?
Le sue parole crudeli ti stanno cancellando come l’ultima volta…
Perché le permetti di farti ancora male…?


Perché?
Forse perché s’illude che lei sia la stessa persona che amava.
Quella con cui ha passato i migliori momenti della sua vita.
Quella che correva da lui ogni volta che aveva un problema.
Quella che aveva penetrato la sua anima come nessun altro.
Quella che gli aveva fatto dono di volergli bene…
E poi?
Poi si è rimangiata tutte le belle parole con cui ti aveva illuso e ti ha distrutto…
Ha smontato la tua anima pezzo per pezzo e l’ha seppellita in questo orribile posto…
Ti ha lasciato marcire nel luogo di non ritorno…

- Aprimi il cuore, solo così potrò veramente curare le tue ferite- gli aveva detto tanto, troppo tempo prima.
E lui ci aveva creduto con tutto se stesso. Le aveva raccontato la profonda sofferenza che aveva provato perdendo entrambi i genitori in un incendio. Di come non riuscisse più ad esprimere i suoi sentimenti a parole. Le aveva perfino descritto cosa provava per lei e la gelosia che controllava a mala pena nel vederla in compagnia del suo perenne rivale.
Quella volta lei aveva sorriso e lo aveva baciato delicatamente sulle labbra promettendogli che avrebbe scelto.
Bugiarda…

A quel ricordo si sentì sciogliere. Ripensando a quanto lo aveva ascoltato e capito provò un moto d’amore verso quella figura fredda e distante che gli stava davanti. Che lo aveva rinnegato tanto tempo prima lasciandolo solo.
Si chiese come possibile che la ragazza dolce che conosceva fosse scomparsa lasciando spazio ad una persona insensibile.
Basta con il passato, ragazzo mio, colei che amavi è morta, quella che hai davanti è solo un’ombra priva di qualunque sentimento… - Lascia invece che sia io a spiegarti perché continui ancora a venire qui- esordisce lui, duro. – Sei consapevole di aver causato tutto ciò che è successo ed ora hai il tremendo bisogno di un capro espiatorio.
Lei sussulta impercettibilmente. Il biondino non può fare a meno di sorridere compiaciuto. E così ha trovato il suo tasto dolente.
- Sbagli su entrambe le cose. Non sono io il carnefice. Non puoi nemmeno immaginare quanto tempo sono stata male a causa tua. Io sono la vittima- replica dura.
Scacco matto…
- Posso solo immaginare parte delle sofferenze che hai patito a causa mia e non sono confinato qui per niente. Lo so.
- Bene.
Bene?
È l’unica cosa che la tua amata riesce a dire?
Bene?
- Mi chiedo soltanto perché continui a venire qui. Perché continui a tormentarmi.
- Che cosa vorresti che facessi?
Perché me lo chiedi se non ti interessa?
Perché vuoi farmi soffrire ancora?
Perché?


- Vorrei che tu mi lasciassi riposare in pace. Vorrei poter prendere l’amore che provo ancora per te e seppellirlo insieme al mio corpo morto. Vorrei trovare la pace che ho cercato a lungo in te.
Belle parole… sul serio, ma sei sicuro che faranno presa su di lei?
Su colei che ti ha lasciato marcire qui come un verme?
No.
- Se tu mi avessi amata veramente come dicevi mi avresti lasciato scegliere la persona da amare.
Eccolo, di nuovo.
Il freddo che ti fa desiderare la morte e l’inferno. Perché, se esiste il Paradiso, tu non lo meriti.
- Ti chiedo solo una cosa. Di smettere di venire a visitare la mia tomba e di lasciarmi finire di vivere la mia non-vita in pace. Smettila di tormentarmi, Strawberry!
La rossa scatta in piedi, furiosa. – Va bene, Ryan, ti lascerò riposare in pace. Sappi però che non potrai mai riscattarti dalla colpa di avermi portato via l’unica persona che amavo sul serio.
Non ti ha mai amato.
Tu ti sei giocato tutta la tua vita per una persona che non provava il minimo sentimento per te.
Hai perso.
Benvenuto nell’inferno dei vivi.


Si prende la testa bionda tra le mani e la osserva andare via. Il rumore dei suoi tacchi alti gli perfora come un trapano.Osserva la persona che ama allontanarsi da lui.
E adesso capisce.
Capisce perché continua a vivere nonostante tutto.
Perché…?
Per l’evanescente speranza che lei lo avesse mai amato, o almeno perdonato per quello che era successo.
Invece no. Lo odia. E basta.

Come un fulmine a ciel sereno gli torna in mente l’altra volta in cui l’ha vista andare via.
Quando la sua piccola figura si è allontanata a passi sinuosi dal suo amore.
E lui che se ne rimaneva seduto immobile, come ora, vicino al banco degli imputati.
E ripensa a quando l’hanno condannato. Il giudice doveva aver letto il verdetto: “Colpevole del crimine imputatogli, condannato a trent’anni di carcere.”
E sente ancora il dolore lancinante e profondo che ha provato due anni prima. Gli sembra quasi di avvertire il mormorio soddisfatto dei presenti. Vede le facce sconvolte di coloro che una volta chiamava amici. Che il Ryan di una volta chiamava amici.
Il Ryan di una volta è morto, ora è rimasto solo un corpo alto e muscoloso privo del soffio caldo della vita.
Privo di tutto ciò che si può desiderare da vivi…

Si alza.
Non per cercare di fermarla ma per tornarsene alla sua cella buia e fredda. A quella che ormai è la sua unica casa.
Trema leggermente e non riesce quasi a reggersi in piedi. Quell’incontro l’ha distrutto più di qualunque rissa fatta in fila davanti alla mensa. Più di tutti i pugni e i calci che ha dovuto ricevere prima di farsi rispettare.
Pensa che la prigione sia il luogo in cui il peggio dell’umanità viene rinchiusa per liberarsi di un male infettivo e distruttivo.
Una malattia.

- Allora Shirogane- lo chiama con fare da spaccone uno dei carcerati con cui, spesso, si trova a fare a pugni. – La tua gattina ti ha messo al tappeto.
Lui si gira e gela l’uomo con un’occhiata. – Taci Dan!
- Uuuu! Uno che si fa ridurre ad uno straccio da una donna è proprio da temere!
Rapida e imprevedibile la mano sinistra del biondino, chiusa a pugno, raggiunge il naso del carcerato.

Un rivolo di sangue caldo scivola sulla sua mano possente.
Le gambe gli cedono e cade rovinosamente al suolo. La mano, ormai completamente, imbrattata di sangue comincia a bruciargli. Si ricorda dell’altra volta in cui ha provato quella sensazione.
Non lo fare, Ryan, non ricordare ancora… questa volta ti distruggerà, non lo sopporterai stavolta…
Morirai di dolore…


Morire…?
L’idea non gli dispiace affatto. Abbandonare quella vita di dolore. Non desidera il Paradiso, solo la possibilità di non sentire più quel cuore traditore battergli freneticamente nel cuore.

Il sangue ha ormai raggiunto il tatuaggio.
Rivive tutto di nuovo. Vede il coltello che trapassa la carne. Vede la sua mano che tiene l’impugnatura e spinge l’arma ancora più in profondità. Vede Aoyama cadere riverso a terra con il petto che sanguina copiosamente. Vede la faccia sconvolta di Strawberry mentre si accascia a terra piangendo sul corpo morto del ragazzo che aveva scelto.
Non è colpa tua: è stato lui ad attaccarti con il coltello, perché lei amava te e non lui, tu ti sei solo difeso…
Perché non l’hai detto alla giuria?
Perché non hai tentato di salvare la tua anima dalla dannazione eterna?


Perché?
Ricorda lo sguardo accusatore di Strawberry il giorno prima del processo. Ricorda la sua voce spezzata dalle lacrime mentre gli domanda perché ha ucciso il suo unico amore. Mentre gli imputa una colpa che non è sua.
Perché?
Che senso ha per un uomo innamorato dimostrare la propria innocenza ad un branco di estranei, di cui non gli interessa nulla, quando l’unica persona che ama veramente, lo crede un folle assassino?
Folle…
No. Innamorato.

Lo sente. Il suo cuore traditore sta rallentando velocemente.
Addio vita… Non dovrà preoccuparsi più di niente. Sconterà le sue pene all’Inferno. Ma non da solo. Un giorno anche lei lo raggiungerà.
E sarete di nuovo insieme…

È quasi fermo. Ancora qualche istante e la vita abbandonerà il suo inutile corpo.
Una scossa. Due, tre.
No! Per carità non fatelo! Non riportatemi indietro!
Troppo tardi. Ha ricominciato a battere: il medico del carcere è arrivato in tempo per rimediare all’attacco cardiaco.
Si è giocato l’unica possibilità di trovare la vera pace.
Apre i profondi occhi azzurri e la prima cosa che vede è il grigio soffitto del carcere. Tenta di sbattere un pugno a terra ma la mano non risponde al suo comando.

È di nuovo all’Inferno.
Che tu sia maledetta, Strawberry…
Sarebbe bastata solo una sua parola di comprensione per ridargli la voglia di vivere. Ma è diventata una macchina senza emozioni arida di sentimenti che non può più percepire il dolore. Anzi, prova un sottile, perverso piacere nel procurarlo alle persone che la amano.
Una risata echeggiò per tutta la stanza. Ci mise un po’ a capire che quella era la sua ristata.
Ti trascinerò all’Inferno con me, tesoro, è una promessa…
  
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