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Autore: Haley_V    17/08/2014    2 recensioni
E scusami se non mi sono mai curato del mondo sotto di noi: ma conviviamo con le stelle, e nient’altro ha mai contato se non noi due.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Quinn, Finn/Rachel
Note: Cross-over, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E scusami se non mi sono mai curato del mondo sotto di noi: ma conviviamo con le stelle, e nient’altro ha mai contato se non noi due.
 









 
È soltanto un’altra notte,
E sono steso a guardare la luna
Ho visto una stella cadente, e ho pensato a te,
Ho cantato una ninna nanna sul pelo dell’acqua e sapevo che se fossi stato qui
L’avrei cantata a te;
Sei dall’altra parte,
Come se il confine del cielo si spezzasse a metà
Sono miglia lontano per riuscire a vederti
Posso vedere le stelle dall’America, e mi chiedo
Puoi vederle anche tu?
 
  • Ed Sheeran






 
 
 
Quando avevo 8 anni a mia madre è stato diagnosticato un tumore rarissimo che me l’ha portata via in pochi mesi. Quando ne avevo 13, mi è stato diagnosticato un tumore ai polmoni che mi ha costretto a letto per due anni. A 15 scoprii che mi piacevano i ragazzi.
Nel tardo inverno dei miei quasi 17 anni, mio padre aveva deciso che avevo bisogno di uscire.  Sono abbastanza sicuro che con ‘uscire’ intendesse curarmi dalla depressione, solo che, essendo lui un uomo dal cuore infinitamente grande, ha voluto tentare di indorare la pillola sostenendo che “un ragazzo della mia età ha bisogno di una vita sociale”.
Il problema era che di vita ne avevo persa a sufficienza molto tempo fa.
Mio padre mi ha ripetuto spesso che sono molto simile a mia madre, che i miei occhi azzurri gli ricordano i suoi, ma io non ci ho mai creduto. Ho sempre fatto finta, perché che io mi ricordassi anche in punto di morte mia madre aveva sempre il sorriso e una parola gentile per chiunque, come se a stare male fossero gli altri. Persino a me, che avevo 8 anni, era apparso chiaro come il sole che il suo sorriso era falso come il suo “sto bene”; ma facevo finta perché aveva un cuore enorme anche lei. Un cuore che il tumore si è portato via in poco meno di un anno. Quando poi i medici mi hanno diagnosticato lo stesso tumore pochi anni dopo, per un periodo pensai persino di esserne felice, perché almeno l’avrei potuta raggiungere. Ma poi vidi mio padre di nascosto, che piangeva con il viso affondato tra le mani, e allora capii che era meglio rimanere con lui. Così decisi che non volevo morire, almeno non subito. Arrivato a 15 anni la ricerca medica aveva fatto progressi, e grazie ad un nuovo farmaco miracoloso riesco anche ad uscire di casa senza rimanere attaccato al tubo del respiratore ai piedi del mio letto. Poco tempo dopo ho detto a mio padre di essere gay, e lui l’ha presa bene, suppongo perché tra avere un figlio omosessuale e averne uno con il cancro il problema più grave non sarebbe stato certo il primo. Un giorno però ha deciso che ero depresso, e che quindi avevo bisogno del gruppo di supporto. Ho odiato quella parola fin da subito, perché secondo me era una cosa stupida. E ho cercato di dirglielo, ma lui ovviamente non ha voluto sentire ragioni.
 
  • A cosa potrà mai servirmi stare seduto in cerchio a parlare della mia malattia? So già cos’ho!
  • Sai benissimo che il gruppo di supporto non serve a questo, Kurt. Voglio che tu lo faccia per il tuo bene.
  • Ma non ne ho bisogno! Sto benissimo qui!
  • No, tu non stai bene. Voglio che tu ci vada, che abbia una vita, che ti faccia degli amici dannazione! Hai quasi 17 anni.
  • E questo lo so … ma …
  • Kurt.
E sospirai, perché se c’era una cosa che avevo ereditato da mio padre era la testardaggine, e di solito era lui ad averla vinta. Quindi acconsentii e decisi di andare a quello stupido gruppo di supporto.
Quando arrivai nella chiesetta di quartiere dove il gruppo si incontrava, detti ragione a me stesso, perché quel posto era davvero deprimente, ed ero ancora davanti l’entrata. Quando a fatica entrai all’interno trascinandomi dietro la bombola dell’ossigeno, mi resi tristemente conto che dentro lo era ancora di più. E ancora mi chiesi a cosa servisse far sedere dei ragazzini in centro dai 12 ai 18 anni per ricordare loro di avere il cancro, se non farli sentire ancora meno supportati. Alcuni di loro erano messi davvero male.
Per arrivare nello scantinato dove il gruppo si riuniva si potevano prendere le scale oppure l’ascensore. Di solito, chi prendeva le scale aveva ancora qualche speranza, o qualcosa da vivere. Chi prendeva l’ascensore no.
E c’era un ragazzino, di 12 anni al massimo, che mi ricordava tanto me alla sua età quando il mio corpo era stato mangiato dalla chemio, che aveva la leucemia e alla domanda “come stai?” aveva risposto “così così”. Io mi guardai attorno, e incrociando un paio di occhi alla mia destra sospirai e abbassai lo sguardo. Aveva preso l’ascensore.
Gli occhi, o dovrei dire, l’occhio e mezzo che mi aveva guardato prima, apparteneva a Finn Hudson, un ragazzo che già conoscevo e che seguiva il gruppo di supporto probabilmente per costrizione come me. Finn aveva sofferto di un tumore alla retina, perdendo l’occhio destro, che adesso era sostituito da una copia in vetro. La differenza non si notava molto, dato che era sovrastata dalla sua altezza smisurata. Poteva benissimo raggiungere i due metri, superava quasi lo stipite della porta.
Finn, l’avevo capito da subito, la pensava come me: lo capivo dai sospiri che ci scambiavamo, come a dirci “sta per finire, me lo sento” e “ma davvero credono alle parole che dicono?”
Al centro del cerchio c’era Will Shuester, il capo gruppo: uomo sulla trentina, capelli ricci, riccissimi, e biondi, mento strano. Aveva una bella voce però: era praticamente l’unica cosa che mi faceva prestare un po’ di attenzione a quello che diceva, perché per l’altra metà non faceva altro che rimarcare quanto la vita potesse essere meravigliosa e quanto tutti possano ricavarne qualcosa di buono nonostante tutto. Le sue intenzioni erano più che buone, ma onestamente non riuscivo a credergli. Non poteva pretendere che dei ragazzini con la data di scadenza fossero contenti della loro vita, perché già degli adolescenti normali non lo sono, figuriamoci loro. Figuriamoci io. Forse aveva ragione mio padre, io ero depresso. Solo che lo nascondevo dietro la faccia di bronzo.
 
Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di capirne la differenza.
 
Con questa preghiera Will aveva iniziato la seduta. Ad uno per uno faceva raccontare la propria storia, i propri pensieri, le proprie paure. E dopo il ragazzino con la leucemia, Finn Hudson, che i tutti i suoi due metri di altezza si era alzato in piedi e aveva annunciato una seconda operazione che l’avrebbe reso cieco a vita (ma sto bene, diceva, ho la mia ragazza che mi aiuta molto.), era toccato ad un ragazzo che fino a quel momento non avevo notato, se non di sfuggita: era davvero basso, pensai, perché lo era. Quello che avevo visto di lui fino a quel momento erano i foltissimi capelli ricci (più di Will) e neri, neri come il carbone; visto così sembrava una versione ben vestita dello Hobbit. Poi però il ragazzo misterioso si girò, mentre Finn stava risiedendosi al suo posto, e il mio parere cambiò: aveva un filo sottilissimo di barba che gli incorniciava il volto, e due occhi enormi. E dorati. Non erano semplicemente marroni, o color nocciola, erano un qualcosa simile al miele, con dei riflessi verdi che li facevano sembrare cerchi d’oro. E lo fissai. Io di solito non uso fissare le persone, perché tra la mia condizione e il resto sono diventato molto timido e soprattutto schivo, ma in quel momento feci un grosso errore e iniziai a fissarlo intensamente negli occhi. Erano la cosa più bella che avessi mai visto, e insomma, non si può evitare di guardare qualcosa di così bello.
Se ne accorse.
A quel punto mi sarei aspettato di tutto, una faccia confusa, uno sguardo schifato, magari avrebbe pensato che ero un finocchio pervertito, magari era stra etero e anche fidanzato, e invece no.
Avevo sentito parlare di contatto visivo, ma fino a quel momento non ero davvero riuscito a capire cosa si intendesse, finchè non avevo guardato negli occhi il ragazzo misterioso. Stava letteralmente flirtando, ma in un modo talmente tenero che avrebbe potuto far sciogliere il sole. Mi sorrise, in modo lieve, quasi soddisfatto di quel contatto, e mi ritrovai a pensare che se in quel modo mi aveva stregato non osavo pensare a cosa sarebbe successo se avesse esteso il sorriso al massimo.
Toccò a lui. – Blaine, tocca a te. Perché non ti presenti?
Il ragazzo, che adesso aveva un nome (ed era bellissimo) si alzò in piedi, e grattandosi la testa imbarazzato fece qualche passo incerto verso il centro della sala. Notai che zoppicava.
  • Salve. Sono Blaine Anderson, ho 18 anni e ho accompagnato il mio amico Finn. In realtà ero già venuto qui tempo fa, ma di solito sono di sopra ad aiutare per le lezioni …
  • Ah già, - interruppe Will sorridente – per chi non lo sapesse, Blaine è il capogruppo del nostro gruppo corale, e intrattiene anche lezioni di chitarra!
  • Si … - sorrise Blaine – mi piace aiutare, come posso ..
  • Allora, continua. – lo incoraggiò raggiante
  • Dunque … suppongo di dover raccontare la mia storia, giusto?
Will annuì.
  • Okay … Osteosarcoma, diagnosticatomi a 15 anni. L’ho fatto contento regalandogli questa. – e diede due colpetti alla gamba destra, che scoprii essere una protesi. Ora si spiegava perché zoppicava.
  • E come stai, Blaine?
  • Direi benissimo. Sono su una montagna russa che va sempre in salita. – e sorrise soddisfatto. E io mi sentii morire dentro (e per una volta era in senso metaforico)
  • Sono contento per te. Hai delle paure?
  • Paure Mr. Shue?
  • Si… vuoi condividerle con noi?
Blaine sembrò pensarci un po’ su, poi annuì e rispose – l’oblio Mr Shue.
Mi spiazzò quella risposta: decisi per una volta di fregarmene della timidezza. Alzai la mano. Will sorrise sorpreso.
  • Kurt! Vuoi condividere un tuo pensiero riguardo la paura di Blaine?
  • Verrà un giorno – iniziai – in cui scompariremo tutti. Potrebbe essere domani come fra mille anni, e nessuno si ricorderà più della storia, ne dei personaggi importanti che l’hanno vissuta. In qualsiasi momento lasceremo questo mondo, accadrà comunque, quindi, se davvero hai paura dell’oblio, ti do un consiglio: fattela passare, distraiti, perché è inutile, e Dio solo sa che il genere umano non fa altro che far finta che non esista l’inevitabile.
Si, è vero, ero stato abbastanza (ok, parecchio) pungente nella mia risposta, e molti in sala avrebbero potuto dissentire, ma non Blaine. Sembrava quasi grato che io avessi alzato la mano per rispondere, e sorrise quando parlai. Ridussi i miei occhi a due fessure, perché non mi capacitavo di quanto potesse sembrare sfacciato e dolce in quel modo. E non sapevo se questo mi spaventava o mi attraeva ancora di più.
Verso la fine dell’incontro Will intonò una canzone lenta e dolce, e per quei due minuti mi sentii rilassato, poi ci benedisse con una preghiera e finalmente potei lasciare la sala. Aspettai per potermi alzare, così da far passare la folla, e quando anche Will se ne era andato, mi accorsi di essere rimasto da solo, fatta eccezione per Finn, che aspettava sulla soglia, e Blaine, che era chino e concentrato su quella che sembrava una custodia per chitarra.
  • Allora io vado amico, ci vediamo domani?
  • Si Finn, io metto in ordine e vado. A domani.
Finn mi lanciò un’occhiata gentile e andò via. Rimasti io e lo Hobbit carino, iniziai a sentire dentro di me un forte sentimento di esitazione. Non sapevo se avviarmi a trascinare la mia zavorra per le scale fino all’uscita, o aspettare che succedesse qualcosa. Non sapevo esattamente cosa, ma ci speravo comunque.
  • Ciao.
Fu un saluto quasi impercettibile, ma fu tutto quello che servì per farmi avvampare. Sentivo che i polmoni avrebbero potuto cedere da soli, e allora sarei stato fregato.
  • C- ciao. – e in quel momento pregai tutti i santi in Paradiso, nonostante fossi un ateo convinto, che non avesse notato troppo la mia voce così stridula e femminile e che non mi schifasse per questo. Ma ancora una volta Blaine Anderson riuscì a stupirmi, e conoscevo a malapena il suo nome. Mi sorrise, e mi tese la mano. Ricambiai.
  • Blaine. Ma credo tu l’abbia sentito prima.
  • K-Kurt.
  • Qual è il tuo nome completo?
  • C-completo?
  • Si, non credo tu ti chiami solo Kurt, no?
  • Kurt Elisabeth Hummel. Ti prego non prendermi in giro, …
  • Per niente. È davvero un bel nome.
  • Era di mia madre …
  • Era?
  • È morta… molto tempo fa.
Fantastico, una conversazione che inizia con l’argomento madre morta era davvero ottima per fare amicizia. Scossi la testa, mi diedi mentalmente degli schiaffi.
  • Mi spiace … comunque è un vero piacere Kurt Hummel.
  • Puoi chiamarmi anche solo Kurt.
  • Mi piace chiamarti con nome e cognome.
  • A- allora… - deglutii – ho sentito che fai parte del gruppo corale. – accennai, guardando la custodia ancora accantonata al muro.
  • Uh, si, beh … mi piace cantare, e so suonare la chitarra… cerco solo di rendermi utile.
  • È una bella cosa.
  • Trovi? Potresti venire con me qualche volta.
  • Nah – alzai le mani – non sono cose che fanno per me.
  • Kurt Hummel – rispose in tono solenne – non devi vergognarti se sei stonato. Farò del mio meglio per non farti fare brutta figura.
Ridacchiai – non è quello, è che … non mi piace molto uscire, ecco.
  • Beh, sarà una delle mie nuove missioni, allora.
  • Seriamente?
  • Certo. Alla fine sarai talmente tanto fuori casa che diventerai claustrofobico.
  • Non essere così drastico. Mi basta anche un’uscita al parco.
  • Perché no.
  • Vuoi … vuoi andare a fare una passeggiata? Potrei essere una palla al piede. – borbottai alzando la bombola.
  • Tranquillo, la mia bella gamba non è adatta alle maratone.
  • Okay – sorrisi – allora magari possiamo organizzarci …
  • Adesso.
  • Adesso?
  • Si. Conosco un posto perfetto per le passeggiate.
  • Quanti posti così fantastici potrebbero mai esistere in un buco come Lima?
  • Permettimi di sorprenderti.
  • Ma potresti essere un killer seriale. Come faccio a fidarmi?
  • Mettimi alla prova!
 
Finalmente riuscimmo ad arrivare all’uscita. Quando trascinai la bombola fuori, ci sistemammo sul marciapiede. Mi stupii: mio padre non era ancora arrivato. Avrei giurato di trovarlo sul ciglio con i festoni e le ghirlande.
Mi guardai attorno, e riconobbi Finn dietro gli alberi: baciava con passione, o più che altro sembrava se la stesse mangiando, una ragazza bionda, la divisa da cheerleader, molto più bassa di lui (non che ci volesse molto). Pomiciavano come ippopotami che sbadigliavano bocca a bocca, si palpeggiavano, e tra un bacio e l’altro si sentiva un “sempre” a fior di labbra.
  • Perché quei due dicono “sempre” in quel modo?
  • “Sempre” è la loro parola, credo.
  • Ovvero?
  • Una cosa solo loro. Sinceramente la trovo una cosa molto stupida, ma io e Finn siamo molto uniti, quindi, ovviamente dopo averlo sfottuto a dovere, non ho potuto far altro se non distogliere lo sguardo disgustato ogni volta che iniziavano a pomiciare. Non sembra si bacino in verità.
Annuii.
  • E tu? – mi chiese
  • Io cosa?
  • Hai la ragazza?
Avvampai. Ecco, mi dissi. Ci siamo. Adesso mi prende a pugni e mi urla che son un finocchio.
  • N- no. Non ho la ragazza.
  • Capito.
  • T- tu?
  • No. Diciamo che non gioco in quella squadra.
Non ci potevo credere. Mi aveva appena detto – o mio dio. Era fatta. Forse … o mio dio. Mi dovetti trattenere dal sorridere come un idiota.
  • Sei gay? – e non so come riuscii ad essere così schietto.
  • Si... ti crea qualche problema?
  • Assolutamente no, io … ti capisco, ecco.
  • Ah.
Abbassai lo sguardo. Beh, almeno ero sicuro che non mi avrebbe picchiato.
Mi sorrise. – La proposta della passeggiata è ancora valida, comunque.
Sospirai. – pensavo scherzassi.
  • Io non scherzo mai!
Ridacchiai. – Mi farai da chaperon?
  • Ma certamente mio signore. – e risi di nuovo. Flirtava, non faceva altro. Lo trasudava ovunque. Blaine mise le mani in tasca, e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette. Ne prese una e la mise all’angolo della bocca.
  • Ma cosa sei, impazzito?
  • Eh?
  • Tutti quei discorsi sull’oblio, i sorrisi, tu … arrgggh.
  • Kurt …
  • Sei guarito dal cancro e usi qualcosa che te lo fa tornare. Ma cos’hai nella testa?!
  • Kurt, non vedi che non l’ho accesa?
Lo guardai, e in effetti aveva ragione. Era ancora spenta. Lo guardai, confuso.
  • Una persona a me molto cara una volta mi ha parlato di metafore. Sono qualcosa che rappresentano in qualche modo quello che sei, o quello che vuoi diventare. Ti rappresentano, dicono tutto di te. E questa è la mia metafora Kurt Hummel. Prendo il controllo di quello che mi ha portato via la gamba. La metto in bocca, ma non l’accendo. Non le permetto di rovinarmi. – e strinse leggermente il cilindro bianco tra le labbra – una metafora.
In quel momento constatai che oltre che bellissimo e intelligente, Blaine Anderson era strano.
  • Tu sei strano.
  • È questo che mi rappresenta, suppongo.
In quel momento la macchina di mio padre fece manovra verso il marciapiede davanti a noi. Stavo per avviarmi verso di lui, e Blaine mi seguì.
Bussai al finestrino facendo cenno a mio padre di abbassarlo.
  • Io … ecco… vado a fare una passeggiata con Blaine Anderson. Ci- ci vediamo a casa, okay?
 
 






















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Pipoool! Siccome sono una persona molto coerente, ho una lista astronomica di storie da aggiornare (sento lo sguardo minaccioso di una certa persona da qui) ma giustamente inizio di iniziarne una nuova. Ho messo l'avvertimento spoiler per ovvi motivi. Magari c'è chi non ha letto il libro e aspetta il film (io vi ho avvertiti! Poi non odiatemi! Anche se c'è chi mi odierà anche conoscendo la storia, ma sono dettagli), comunque... vi prego di farmi sapere il vostro parere sulla storia, specie se pensate che debba modificarla o migliorarla in qualche modo! Ci tengo ai vostri giudizi! 
Che altro dire, spero vi sia piaciuto questo primo capitolo e che non mi odiate già da ora cwc Spero di poter pubblicare al più presto, intanto .. alla prossima! 

Haley :)

Ps. Non ditemi niente dei puntini nei dialoghi. Non so come risolvere. Anzi, se qualcuno lo sa sarò felice di sapere la soluzione :)
  
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