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Autore: allalla    18/08/2014    6 recensioni
Shannon aveva una bella vita, la sua batteria, molte donne ai suoi piedi, Tomo, una mamma perfetta, e poi c'era... LUI. Doveva essere una punizione per tutte le cose belle che aveva.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shannon era comodamente seduto sul divanetto di pelle scura del suo salotto. Tra le mani reggeva saldamente una tazzona tutta nera che conteneva un liquido altrettanto nero: caffè espresso 100% arabica di prima qualità.
Guardava la tazza dolcemente; i suoi occhi erano pieni di amore e la sua bocca era curvata in un sorriso affettuoso.
Per tutta la giornata aveva aspettato quel momento e ora finalmente era giunto. Si tirò sù sui gomiti e avvicinò la tazza al suo viso, chiuse gli occhi e piazzata la tazza proprio sotto il suo naso, inspirò forte. Quando il profumo di caffè gli entrò nelle narici, il piacere si fece largo nel suo corpo, il suo battico cardiaco aumentò e il respiro gli si fece affannoso.
"Oh sì" sussurrò, "finalmente possò averti". Avvicinò la tazza alla sua bocca, socchiuse le labbra e posizionò il bordo della tazza fra di esse, piegò la tazza verso di sè e si preparò per ricevere quel nettare squisito nella sua bocca....
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIINNNNNNNNNNNNNNNNNNNNN
Shannon spalancò gli occhi e si voltò di scatto in direzione del suo telefono che si trovava sul tavolo della cucina. Sospirò forte e poggiò la tazza con cura sul tavolino davanti a sè. Si diresse a grandi falcate verso la cucina e si fermò di colpo dinanzi al tavolo. Fissò con occhi pieni di rabbia lo schermo del suo iPhone su cui era scritto a grandi lettere bianche l'ultimo nome che avrebbe voluto leggere. Avrebbe preferito sposarsi con sua madre, uccidere Tomo, fare sesso con un capra piuttosto che rispondere. Shannon respirò profondamente e facendosi coraggio avvicinò il polpastrello dell'indice della mano destra alla cornetta rossa sullo schermo che gli avrebbe permesso di evitare quella tortura, quella piaga, quella punizione divina. Proprio un secondo prima di premere la cornetta un violentissimo fulmine incenerì un albero del suo giardino come ammonimento. Shannon sussultò e iniziò a sudare freddo. DOVEVA rispondere. Avvicinò la mano tremante alla cornetta verde sullo schermo e chiudendo gli occhi e stringendo i denti, premette. 
"30 secondi" dissè una voce calma e controllata dall'altro capo del telefono "Ci hai messo 30 secondi a rispondere".
"Scusami tanto, sai ero di la e non ho sentito lo squillo del telefono, sai com'è... avevo la TV accesa e...", a Shannon tremava la voce "...beh, non è curioso? 30 secondi...", rise nervosamente "come la nostra band".
"Shannon, se non vieni qui entro 3 minuti, mi reco personalmente in tutti i paesi che producono caffè, stermino la loro popolazione ed estirpo ogni singola piantina di caffè con le mie pinzette per sopracciglia".
Shannon sbiancò. La gola gli si fece secca. La sua temperatura corporea scese pericolosamente. Il suo battito cardiaco si fece più lento.
"Arrivo", rispose Shannon con un filo di voce. Dall'altro capo, la bestia riattaccò.
Shannon aveva una bella vita, la sua batteria, molte donne ai suoi piedi, Tomo, una mamma perfetta, e poi c'era... LUI. Doveva essere una punizione per tutte le cose belle che aveva. Giunto a questa conclusione, guardò l'ora e si rese contro con terrore che era già passato un minuto e che quindi gliene rimanevano solo due per recarsi a casa di Satana. Prese in mano il telefono, mandò un bacio alla tazza di caffè e corse verso la sua auto. 
Mise in moto l'auto e partì verso la sua rovina. Un minuto dopo si trovava a destinazione. Scese dall'auto e si avvicinò alla casa.
Le tapparelle erano abbassate. BRUTTO segno.
La porta era socchiusa. Segno più che INFAUSTO.
Dalla casa proveniva un forte odore di bruciato e un denso fumo nero usciva dalla porta. Era SPACCIATO.
Shannon fece un respiro profondo e si preparò a spingere la porta che cigolò rumorosamente e dalla quale fuoriuscì il nero fumo minaccioso.
Shannon sudava come non mai. "Fallo per il caffè fallo per il caffè fallo per il caffè",  si disse a mo' di incoraggiamento. Estrasse il suo telefono dalla tasca e guardò l'ora. Stavano per scoccare i 3 minuti. Sì guardò intorno e poi entrò in casa richiudendo la porta alle sue spalle. 
Era buio. Buissimo. C'era puzza di bruciato e a malapena si riusciva a respirare. L'aria era pesante e calda. Sul pavimento giacevano inermi moltissimi capi d'abbiagliamento. Tutti orribili. Tutti macchiati, stropicciati, strappati. Shannon pensò che sembravano cadaveri smembrati. A quel pensiero, un brivido gli percorse la schiena. Se l'inferno esisteva, doveva assomigliare a quel posto.
Udì dei passi. Qualcuno si avvicinava. Shannon indietreggiò verso la porta. I peli gli si rizzavano mentra l'oscura figura si avvicinava. I contorni si facevano sempre più definiti... "Shan!", sussurrò la figura che ormai era vicinissima.
"Tomo?", esclamò sorpreso e confortato Shannon. "Oddio, credevo... credevo fosse...", Shannon si blocco. Tomo annuì comprensivo posando una mano sulla spalla di Shannon.
"Non sapevo fossi qui anche tu. Tomo, che succede? Io non...", disse Shannon a bassa voce. Tomo lo zittì con una mano e lo guardò severo. "Ora vieni, non c'è tempo" disse Tomo avviandosi sù per l'ampia scalinata. 
Shannon dovette fare attenzione a dove metteva i piedi perchè il buio gli impediva di vedere distintamente i gradini. 
Arrivati al piano di sopra, Tomo guidò Shannon lungo un corridoio stretto e infine dentro una stanza.
Shannon vedeva pochissimo. La stanza era polverosa e piena di vecchi mobili da ufficio. Non vedeva nessun essere umano, ma percepiva una presenza. Una presenza oscura e maligna.
Gli occhi di Shannon scorsero per la prima volta dietro la grande scrivania, quella che doveva essere una poltrona. Di colpo notò che la poltrona stava iniziando a girare su sè stessa molto lentamente. Shannon non capiva che stava succedendo, era confuso, non sapeva cosa fare. Solo di una cosa era certo. Su quella poltrona non c'era niente di buono.
La poltrona si fermò. Ora poteva distinguere qualcosa sopra quella poltrona. Una testa? Delle spalle? Shannon rabbrividì e si girò verso Tomo con la faccia di un cucciolo spaventato.
Tomo era tesissimo ma sorrise e spinse un po' in avanti Shannon. 
Improvvisamente una forte luce illuminò la poltrona e Shannon urlò forte per l'orrore.
Satana era seduto sulla poltrona a gambe incrociate. La schiena era appoggiata sullo schienale. Indossava un maglioncino rosa con stampe di piccoli gattini anch'essi rosa, dei leggins con le galassie ed un paio di babbuccette color verde menta con borchiette e brillantini. Al collo indossava un crocefisso rosa fluo. In grembo reggeva una copia di LLF+D e la accarezzava. I suoi capelli erano raccolti in due trecce legate con elastici rosa. I suoi occhi erano parecchio arrossati e le labbra screpolate. 
Shannon non aveva mai visto una cosa così oscena, rivoltante, immorale e blasfema allo stesso tempo. Quella visione era così raccapricciante che dovette distogliere lo sguardo. 
Satana parlò con voce soave: "Ciao Shannon". 
Shannon raccolse tutto il suo coraggio per rispondere.
"Jared...", fece Shannon fissando il pavimento.
"Voglio ringraziarti di essere venuto, mi dispiace di essere stato così aggressivo prima al telefono, devi scusarmi ma ero un po' agitato. Per farmi perdonare ti ho preparato un caffè", Jared parlò con una voce dolce ma Shannon scorse nei suoi occhi una scintilla maliziosa. Ma questo Shannon l'aveva dimenticato dopo aver sentito la parola 'caffè' e si era gettato sulla tazza che si trovava sulla scrivania, trangugiandone il contenuto in un sorso. Jared lo osservava. Aveva la faccia tirata in un sorrisetto perfido. Shannon contrasse la faccia e strinse gli occhi, guardò negli occhi Jared e con sdegno battè forte il pugno sul tavolo. Jared sobbalzò e spalancò gli occhi. Tomo indietreggiò. 
Shannon aveva una paura folle di suo fratello. Lo temeva come nessun'altra cosa al mondo. Ma a tutto c'è un limite e Jared l'aveva superato. Fargli bere QUEL caffè... era troppo. 
Shannon poggiò le mani sulla scrivania, si avvicinò a Jared e urlò: "CAFFè DEL DISCOUNT! MALEDETTO CAFFè DEL DISCOUNT CHE SA DI PISCIO DI TOPO! COME OSI?! DOPO TUTTO CIò CHE HO FATTO PER TE! TUTTE LE ECHELON CHE HO SACRIFICATO PER TE! TUTTE LE CANZONI DI MERDA CHE TI HO LASCIATO METTERE IN LLF+D! TUTTE LE NOTTI INSONNI CHE HO PASSATO PER TROVARTI I VOLI LAST MINUTE PER LA FRANCIA! TUTTI I VEGAN PANCAKES DI MERDA CHE HO MANGIATO! E TU.. TU MI FAI BERE DEL CAFFè DI MERDA DEL DISCOUNT?!?!?!?! LURIDO PICCOLO FIGLIO DI PUTTANA!"
Tomo era a bocca aperta. Jared era basito, aveva un'espressione sconcertata, quasi dispiaciuta. Sospirò e posò il CD di LLF+D sulla scrivania. Scrociò le gambe, si alzò in piedi, prese dalla tasca il suo iPhone, lo sbloccò e compose il numero di sua madre. Aspettò poi che rispondesse. Shannon lo guardò e gli dispiacque per ciò che gli aveva detto, forse aveva esagerato un po'. 
"Senti Jared..." incominciò Shannon ma Jared lo zittì alzando un indice e poi scostandosi una treccia dalla spalla con un hairflip degno di Beyoncè. 
"Sì, ciao mammina" fece Jared non appena Constance rispose, "Che fai?" chiese poi con finto interesse.
"Mmmmh nulla Jared, perchè?" rispose Constance sospettosa.
"Beh, ti ho chiamata perchè devo assolutamente informarti di una cosa, mamma. Tuo figlio Shannon poco fa mi ha chiamato FIGLIO DI PUTTANA, ripeto FIGLIO DI PUTTANA. Credo che tu debba prendere dei seri provvedimenti disciplinari nei suoi confronti" spiegò Jared con tono saccente guardando Shannon dritto negli occhi.
Shannon decise di mantenere la calma, non doveva dar retta al fratello. Quello stronzetto voleva solo farlo arrabbiare, ma non ci sarebbe riuscito. 
"Credo che qui quello che necessita al più presto di seri provvedimenti sia tu. Quanti anni hai? 42. 42 anni e ancora vai a piangere dalla mamma quando qualcuno ti sbatte in faccia la verità?" proferì Shannon. 
Jared sbiancò, gli tremava il labbruccio, la vena sotto l'occhio gli pulsava, la barba gli prudeva. Si sedette, interruppe la chiamata ed entrò su twitter. Shannon se ne accorse e sorpreso chiese: "Ma che fai?". Jared aveva un sorrisetto compiaciuto. Guardò Shannon e poi Tomo, che era all'entrata della stanza con dei popcorn che si godeva la litigata. Poi iniziò a spiegare: "Vedete, esssendo io Jared Leto, ho a disposione molte, anzi direi moltissime donne che, beh, mi difendono, per così dire. Vengono chiamate "le paladine di Jared".
Shannon e Tomo parevano non capire e guardavano Jared confusi.
Jared proseguì: "Diciamo che sono donne arrapate che non aspettano altro che qualcuno mi insulti per giustificare ogni singola stronzata che faccio. Sarebbero disposte a morire piuttosto che ammettere che io sbaglio. Perciò, io sono imbattibile".
Shannon e Tomo erano esterrefatti. Avevano sentito parlare delle cosiddette "paladine di Jared" ma avevano creduto fossero una leggenda. 
"Comunque..." proseguì Jared, "Ti avevo chimato qui, Shannon, proprio perchè volevo metterti a capo di quest'armata ma..."
Shannon e Tomo si guardarono e scoppiarono fragorosamente a ridere. Jared era sconvolto. Perchè ridevano? Credeva che Shannon avrebbe pianto per l'occasione appena persa. Non si ride in faccia a Jared Leto, lo sanno tutti. Come osavano?
Shannon cercando di darsi un contegno, si schiarì la voce e disse: "Tu non sei imbattibile, Jared", il suo sgurdo era serio e le labbra erano piegate in un ghigno di sfida.
Jared si corrucciò preoccupato. Possibile che avesse scoperto il suo punto debole? L'unico modo per sconfiggerlo? 
Shannon si avvicinò a Jared e gli prese il viso fra le mani, afferrò poi una forbice dal portapenne sulla scrivania e tagliò una ciocca dei capelli di Jared.
'AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH' urlò Jared 'NOOOOOOOOOOO LA MIA CHIOMAAAA IL MIO ORGOGLIOOOO IL MIO SHATUSH AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHH'
Fu questione di un attimo e il Disagio uscì per sempre dal corpo di Jared Leto e vissero tutti felici e contenti.
   
 
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