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Autore: Lerenshaw    19/08/2014    3 recensioni
Il bancone appena tirato a lucido, un bicchiere di whisky e un uomo. Rinchiuso nel suo silenzio, egli cingeva il bicchiere con presa salda, la testa leggermente china, come se stesse scrutando la bevanda color ambra. Il barista lo fissava con un certo sospetto, mentre puliva una delle bottiglie che aveva usato quella sera, strofinandola più e più volte fino a farla luccicare. Perché era ancora lì? Quell'uomo… nonostante il bar avesse chiuso già da mezz'ora, egli era ancora lì, seduto, muto, e non aveva ancora dato un sorso al suo drink. Cercava di farsi beffa di lui? Tsk, i clienti! Nonostante fosse suo compito capirli, e a volte ascoltarli e consolarli, così come si ascoltano i migliori amici, non riusciva proprio a comprenderli.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ranmaru Kurosaki, Reiji Kotobuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era stata una lunga nottata. Erano molti i clienti giunti al bar quella notte: la tipica confusione di un venerdì sera, giorno in cui la settimana era terminata e iniziava il week-end…o almeno così era per molti. Gestirli tutti era stata un’impresa, soprattutto perché lui era l’unico barista, e proprietario, di quel locale. Beh, aveva spesso ricevuto il suggerimento di assumere degli aiutanti a dire il vero, ma… ah, al diavolo! «Chi fa da sé fa per tre» era il ritornello che ripeteva sempre a quella domanda. Nonostante la fatica, però, riusciva comunque a cavarsela da solo e a gestire tutti i clienti, dal primo all’ultimo.
Quella notte non era affatto diversa dalle precedenti. L’orario di chiusura era già passato da un pezzo. Sentiva la stanchezza addosso, tuttavia, aveva ancora faccende da sbrigare prima di poter chiudere: doveva sistemare le bottiglie, lavare i bicchieri, spazzare il pavimento, riordinare il bar per la serata successiva. C’era molto da fare, sì, ma al momento non poteva fare granché.
Il bancone appena tirato a lucido, un bicchiere di whiskey e un uomo. Rinchiuso nel suo silenzio, egli cingeva il bicchiere con presa salda, la testa leggermente china, come se egli stesse scrutando la bevanda color ambra. Il barista lo fissava con un certo sospetto, mentre puliva una delle bottiglie che aveva usato quella sera, strofinandola più e più volte fino a farla luccicare. Perché era ancora lì? Quell’uomo… nonostante il bar avesse chiuso già da mezz’ora, egli era ancora lì, seduto, muto, e non aveva ancora dato un sorso al suo drink. Cercava di farsi beffa di lui? Tsk, i clienti! Nonostante fosse suo compito capirli, e a volte ascoltarli e consolarli, così come si ascoltano i migliori amici, non riusciva proprio a comprenderli. Quel tipo era proprio strambo! Era entrato con aria afflitta e con un sorrisetto forzato aveva ordinato del whiskey; poi, si era seduto allo sgabello, aveva preso il proprio telefono, lo aveva controllato e, con un sospiro, lo aveva ricacciato in tasca, lanciando un’occhiata al barman e attendendo la sua bevanda con pazienza. Era passata un’ora, ormai, e non aveva ancora aperto bocca. Letteralmente! Cosa avrebbe fatto un altro barista al posto suo? Forse, avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ma… non sapeva farci con i clienti. Sapeva che se avesse detto qualcosa, l’altro si sarebbe sicuramente innervosito, finendo magari per lasciare il bar senza pagare il conto, o peggio, attaccando briga con lui. Dopo averci rimuginato un po’ su, ripose con calma la bottiglia che aveva appena lucidato, posò lo strofinaccio sul bancone e si avvicinò lentamente all’uomo.
-Deduco che ormai sia caldo. Vuole che le metta dell’altro ghiaccio?-
L’uomo finalmente si destò dalla trance in cui sembrava esser caduto. Sollevò lo sguardo spaesato e guardò il barista.
-Ah… la ringrazio, ma non c’è n’è bisogno. Mi scusi.- rispose, la voce mostrava una certa tristezza.
L’altro lo osservò per qualche minuto in silenzio.
-Freddo ha un sapore migliore. In più, è dissetante. Ma non la forzerò a gustarlo in questo modo, se non ne ha voglia.-
-Non si preoccupi. Non c’è n’è davvero bisogno!- si affrettò a rispondere quello.
Non era riuscito a guardarlo bene in faccia precedentemente, dandogli un’occhiata veloce mentre serviva un cliente e l’altro, tuttavia, ora aveva l’opportunità di rimediare e prestare più attenzione al suo insolito cliente. Guardandolo più da vicino, con calma e con curiosità, poteva notare molte cose di lui: il suo abbigliamento era piuttosto casual, molto giovanile e molto alla moda. Indossava abiti di marche note, ma non troppo costose, e molto in voga tra i ragazzi liceali. Inoltre, aveva un viso piuttosto giovane, il quale gli dava qualche anno in meno. Era un viso innocente, con lunghi ciuffi castani che lo incorniciavano ai lati, sotto ai quali si nascondevano dei grandi occhi del medesimo colore e uno sguardo addolorato.  Il barista non avrebbe mai creduto di trovarsi davanti un ragazzo maggiorenne, bensì un ragazzino. Tuttavia, la sua bellezza fisica non era ciò che lo interessava maggiormente. Ciò che più gli premeva sapere era cosa lo aveva ridotto in quello stato, il perché non avesse ancora bevuto, il perché fosse rimasto zitto per più di un’ora seduto a quello sgabello. La vista gli stringeva il cuore.
Il barista aprì leggermente la bocca. Voleva dire qualcosa, provare a farlo parlare, ma… non voleva sembrare invadente, né immischiarsi nella vita dell’altro. Insomma, li ascoltava pure i clienti, lui, ma solo se erano i primi a prendersi la confidenza necessaria per iniziare a raccontare vita, morte e miracoli di sé stessi. Non chiedeva niente e non gli interessava sapere niente, non perché non avesse a cuore i suoi clienti, ma semplicemente perché a volte erano solo volti ed ordinazioni che non avrebbe mai più rivisto o con cui non avrebbe più avuto contatti. Tra l’altro, il suo carattere non lo rendeva granché socievole, perciò si teneva a distanza da loro quanto più possibile. Ma quel tipo… beh, era diverso. Se fino a poco prima non vedeva l’ora che se ne andasse, adesso sentiva la necessità di stargli vicino e ascoltare la sua storia.
-Ehi…- fece, portando una mano sul fianco e una dietro la testa -l’alcool non è una buona soluzione ai tuoi problemi. Certo, potrebbe arrivare a parlarti ad un certo punto, ma… se hai bisogno di sfogarti con qualcuno, sarebbe meglio una persona reale non trovi?-
Il pensiero probabilmente non era stato espresso al meglio, ma sperava che il ‘sentimento’ fosse giunto a destinazione. Voleva dargli una mano, perciò se gli andava bene poteva trovare in lui una figura amica.
-Mi scusi. Non volevo causarle problemi… io… non mi sento particolarmente in vena stasera…- rispose l’uomo con voce flebile, stringendo di più il bicchiere fra le mani. -Credo che finirò di bere questo drink e me ne andrò.-
-Non volevo darti fretta.- lo rimbeccò l’altro, mentre l’uomo si accingeva finalmente a bere quel whiskey. -Hai un’aria afflitta e si vede che vorresti parlarne con qualcuno.-
Il moro non si scompose e bevve tutto d’un sorso l’ormai tiepido whiskey, posando subito dopo il bicchiere sul bancone.
-Si è fatto davvero tardi, mi scusi. Sarà meglio che lasci il locale. Mi dica il conto, per favore.-
Ignorò volutamente le parole del barman, dicendogli quella frase con un’espressione piuttosto desolata. Beh, se non aveva voglia di parlare, era pure libero di farlo. Tuttavia, il barista si sentiva un po’ seccato. Avrebbe voluto davvero aiutarlo in qualche modo, soprattutto per il modo in cui il ragazzo si era comportato, ma non ce n’era possibilità. Era contrastato dal lasciar perdere oppure fermarlo, tuttavia, optò per la prima.
-700 yen.-
L’altro prese il portafogli dalla tasca interna della giacca e posò delle banconote sul bancone, congedandosi e lasciando il suo posto, affrettandosi subito dopo verso l’uscita.
Era andato ormai. Beh, non poteva far niente. Finalmente poteva finire di sistemare tutto e tornare a casa. Era stanco e per il momento non voleva più sentir parlare di clienti e gente afflitta. Voleva semplicemente stendersi sul letto e fare una bella dormita. Quella giornata lo aveva distrutto; inoltre, era la prima delle tre notti del week-end e ciò significava che avrebbe passato altre due serate così.
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Era passato ormai un mesetto da quel venerdì sera e per il momento quel cliente non era più tornato al locale. Continuava a pensarci e scervellarsi su cosa lo avesse turbato così tanto, ma non trovava risposta. Ne aveva sicuramente visti di clienti strani, ma tutti avevano un comportamento “normalmente" insolito. In cuor suo sperava che tornasse e che magari si decidesse a parlare… ah, ma perché dannarsi tanto per un cliente? Sicuramente era rimasto deluso per via del proprio lavoro, o di un sentimento non corrisposto, o…sì, beh, quel genere di cose. Non doveva preoccuparsi, dato che non lo avrebbe rivisto mai più. Era semplicemente uno dei quei clienti che metteva piede in un bar solo una volta, lo testava e poi non ci tornava più. Esatto, proprio così. Cercò di lasciare da parte i propri pensieri mentre continuava a servire i clienti, cercando di dare il meglio di sé anche quella notte.
Velocemente, erano già arrivate le tre e quando i suoi occhi notarono la posizione delle lancette sul quadrante dell’orologio da polso, tirò un sospiro di sollievo. Il locale si  era leggermente svuotato. Entro un’ora avrebbe cercato di chiudere e subito dopo sarebbe tornato a casa a riposarsi. Ne  sentiva proprio il bisogno. Finì di mescolare alcuni liquori e nel mentre vide qualcuno sedersi al bancone.
-Un Cointreau e un midori, per favore.- disse una voce.
Un uomo castano, alto, con abiti molto giovanili, e un ragazzino vestito allo stesso modo dai capelli di un azzurro chiaro presero posto agli sgabelli del bancone. Ebbe giusto il tempo di porgere il cocktail che aveva appena preparato ad un cliente e di dare il benvenuto ai nuovi arrivati, quando si accorse di ciò: l’uomo che adesso sedeva di fronte a lui era lo stesso che gli aveva dato molto a pensare ultimamente. Si trattava proprio di lui, senza ombra di dubbio. Tuttavia, contrariamente all’ultima volta, egli aveva un’espressione piuttosto allegra e parlava tranquillamente con il suo amico. Sembrava proprio un'altra persona! Come aveva immaginato, quella volta aveva semplicemente preso una bella batosta, che si trattasse del lavoro o della sua ragazza, e quindi preoccuparsi era stato stupido da parte sua. Oh, giusto! Non voleva mettere in dubbio l’altro cliente, ma doveva accertarsi che il piccoletto fosse davvero maggiorenne.
-Per favore, signore, mi mostri la sua carta d’identità.- fece il barista.
Il ragazzino lo fissò coi suoi occhi azzurri, ora ridotti a due fessure, mettendo subito la mano in una tasca della giacca ed estraendo subito qualcosa. L’altro sgranò subito gli occhi incredulo. Una banconota da diecimila yen? Ma cos…? Dove si era procurato tutti quei soldi un ragazzino come lui? E soprattutto, voleva forse corromperlo? Si riprese e ricambiò l’occhiata minacciosa del ragazzino con una altrettanto provocatoria. Quello, però, non si scompose minimamente e reclamò ancora una volta il suo alcolico, con voce sottile.
-Un midori, per favore. Il più forte che ha.-
Che faccia tosta! Osava ancora chiedergli quel drink? E ora, allungava sul banco la mano, sotto la quale vi era la banconota arrotolata. Guardò il suo amico, il moro, il quale fece un sorrisino imbarazzato, quasi volesse supplicare il barista di chiudere un occhio a riguardo.
-Solo per questa volta, su~.-
Osservò per benino i due e la banconota con indecisione. Non aveva altra scelta a quanto pare: se non voleva scatenare un putiferio, o attirare la curiosità degli altri clienti, doveva far finta di nulla e accontentarli. In più, l’occasione si rivelava perfetta per poter sia guadagnare due nuovi clienti, sia per apprendere qualche notizia sul moro. Non poteva farsi scappare un momento come quello, visto che aveva agognato tanto per farlo realizzare. Già, chissà cosa avrebbe sentito!
-Provvederò subito.- rispose, prendendo la banconota e cacciandosela subito in tasca, lontana da occhi indiscreti; poi si voltò di scatto e allungò una mano per prendere una per volta le bottiglie necessarie. Infine, si mise all’opera.
Una volta che il pericolo sembrò esser passato, i due si rasserenarono e ripresero a parlare.
-Beh, Ai-chan, dimmi un po’ del tuo nuovo singolo. Sono così curioso!-
-Ti entusiasmi troppo facilmente. Non è nulla di che.-
-Su, non essere così modesto! Voglio dire, hai fatto un grande successo nel giro di due settimane! Il tuo debutto è stato più veloce di qualunque altro! Scommetto che il tuo prossimo concerto farà ‘tutto esaurito’. Già sento le fan in delirio prima del tuo arrivo sul palco! Ahhh, che invidia!-
-…. Non capisco perché la cosa ti faccia esaltare così tanto. Insomma, non è nulla di speciale essere un cantante. Canti dalla mattina alla sera, scrivi canzoni da quattro soldi, fai sceneggiate su un palco lungo mezzo chilometro, sorridi a fan scalmanate. Andiamo, Reiji. Vuoi anche tu una vita così… noiosa?-
-….. sai, tu ce l’hai fatta. Ti invidio per questo. Comprendo benissimo come ti senti, alla luce di ciò che mi hai detto, ma… era ciò che io sognavo da tempo. Volevo esserci io su quel palco. Avrei voluto poter sorridere alle fan, cantare canzoni mentre ballo danze strane, cantare dalla mattina alla sera in giro per il mondo. Era la vita che desideravo per me.-
-Non ti serve. Una vita normale può darti lo stesso piacere. Inoltre, risparmi molte energie.-
-Ecco i vostri cocktail, signori.- si  intromise il barista, finalmente porgendo loro i bicchieri con gentilezza.
Nessuno dei due rispose con un grazie. Sembrava che l’atmosfera allegra fosse improvvisamente svanita per lasciar posto ad un’aria funebre. Il moro aveva uno sguardo demoralizzato, leggermente simile a quello di allora, gli occhi un pochino lucidi, come se il discorso avesse potuto ferirlo ulteriormente e farlo piangere, se avessero continuato. Invece, il ragazzino aveva uno sguardo molto serio. Aveva avvicinato a sé il bicchiere e aveva preso a scrutarlo. Non guardò il suo amico, né aggiunse parole di scuse o di consolazione - almeno, non finché ci fosse stato il barista-, ma rimase a fissare il suo bicchiere dalla forma triangolare, in cui il liquido verde sembrava un po’ risplendere, una ‘allucinazione’ dovuta molto probabilmente alla luce del locale. Dopo un poco aveva preso a giocherellare con la fetta di limone posta sull’orlo del bicchiere. Al contrario, il moro… beh, lui era rimasto a fissare il giovane e non aveva affatto toccato il suo bicchiere. Probabilmente si aspettava che l’altro continuasse il discorso o che si scusasse per esser stato duro.
-Scusa, un Margarita!- gridò qualcuno dall’altro capo del bancone.
“Accidenti!” pensò. I soliti ubriaconi. Purtroppo per lui, non era il momento di stare ad origliare ciò che i clienti dicevano -e se lo avessero saputo, chissà cosa avrebbero fatto!-, perciò rimbeccò il cliente con una classica scusa e prese subito subito un bicchiere da una dispensa ai suoi piedi, poi si voltò nuovamente verso lo scaffale dietro di sé, prese le bottiglie, e iniziò a preparare la bevanda successiva.
-Ti auguro tanta fortuna con la tua carriera.- riprese il moro, qualche istante dopo aver visto il barman girarsi.
-Ti ringrazio. Fortunato o meno, mi piacerebbe davvero poter realizzare il tuo sogno, o farti vivere la mia esperienza, così capiresti cosa intendo con ‘vita noiosa e stressante’. Se avessi potuto scegliere, avrei voluto continuare gli studi in pace e tranquillità.-
-Fino a prova contraria, nessuno te lo impedisce.-
-… a parte le fan e gli impegni di lavoro, vuoi dire.-
-….-
-E comunque, Re….-
-Insomma, ma quanto ci vuole per questo dannato Margarita!?- tuonò la stessa voce di prima, mentre un botto sul bancone si udì, simile ad un piccolo scoppio.
-Arriva, arriva! Dannato ubriacone! Ti ricordo che devi ancora saldare il conto di ieri!- sbraitò a sua volta il barman, prendendo una piccola ciotola in cui aveva versato del sale e portandola con sé assieme ad una fetta di lime. -Spero che ti sia dimenticato come berlo e che il sapore ti disgusti così tanto da farti lasciare all’istante questo posto!-
Guardò l’uomo con disapprovazione mentre posava il bicchiere, la fetta di lime e la piccola ciotola di vetro con il sale. Il cliente, un uomo sulla mezza età, sbottò qualcosa. Era un cliente di fiducia, abituale nel week-end, e aveva un conto aperto da mesi in quel posto. Si trattava di un povero impiegato che sfogava la sua frustrazione in una serie di bicchierini, i più forti che c’erano, perdendo poco a poco lucidità. Solitamente, già dopo il secondo giro iniziava a mostrarsi sbronzo e a ‘sfidare’ qualsiasi cliente gli fosse vicino ad una gara di bevute, scommettendo persino i suoi soldi! Inutile dire che non finiva mai bene per lui… Il barista portò una mano sul fiancò e sospirò, scuotendo la testa, e dopo un po’ raggiunse un altro cliente al lato opposto del bancone.
Non aveva potuto ascoltare più niente riguardo ai due clienti ‘speciali’. Era piuttosto interessato al loro  discorso, ma il dovere lo chiamava. Quel poco che aveva sentito, però, era stato più che sufficiente a placare la sua curiosità (parzialmente!). E così, i due erano dei cantanti, eh? Questo spiegava perché il ragazzino non si fosse fatto problemi ad ordinare la bevanda e a dargli tanto generosamente una banconota di grosso taglio. Ovviamente, la fama dava certi privilegi e, onde evitare guai, lui stesso aveva preferito assecondare il piccoletto. Comunque, famoso o meno che fosse, a lui non importava. Non gli importava nemmeno della pubblicità che ne avrebbe ricavato, se quel ragazzino fosse tornato con altra gente famosa, o se ne avesse parlato ai suoi  colleghi. Per il momento era semplicemente curioso di conoscere meglio il moro. Sembrava strano poter provare una certa simpatia per un cliente, eppure quel tipo era stato uno dei pochi ad aver destato maggiormente interesse. Probabilmente era semplicemente dovuto al suo comportamento insolito: non era riuscito a scacciarlo dal bar tempo addietro, se non a orario di chiusura inoltrato. Chissà se anche quel giorno sarebbe accaduto di nuovo?
Continuava a preparare altre bevande a diversi clienti, o portava loro il conto. Pian piano molti stavano lasciando il locale, che ora sembrava un posticino piuttosto tranquillo. Anche l’uomo sembrava voler smettere, nonostante le sue parole affermassero l’esatto opposto. Il barment ebbe giusto il tempo di chiamare un taxi per farlo prelevare, quando i due lo chiamarono.
-Un altro giro di Cointreau, per favore.-
-Subito.- rispose il barista, prendendo una bottiglia e versando il liquido nel bicchiere.
Questa volta, però, il moro lo ringraziò e gli sorrise. L’altro strabuzzò gli occhi per lo stupore.
-Dunque, Ai-chan, come ti dicevo prima ieri mi è capitata una cosa divertentissima in ufficio!-
La voce un tantino stridula e lagnosa del ragazzo lo fece riprendere. Aveva delle faccende da barman da sbrigare, perciò dovette desistere anche in quel momento dall’ascoltarli, allontanandosi subito.
 
Dopo nemmeno mezz’ora anche il moro gli aveva chiesto il conto. Beh, in tempo per la chiusura, senz’altro. Aveva atteso con ansia il suo arrivo, tuttavia il lavoro lo aveva tenuto impegnato e aveva appreso così poco. Se non altro, ne aveva almeno avuto la possibilità! Anche se si trattava di poco era pur sempre un inizio, un indizio utile per scoprire di più sui due. Si sentiva uno stalker a fare certi pensieri, però… si trattava semplicemente di curiosità, no? Non poteva di certo far male, si disse. Cacciò i suoi pensieri dalla testa e continuò il suo lavoro, facendo il conto e mostrandolo ai ragazzi.
Il ragazzino uscì il suo portafogli e prese un’altra banconota di grosso taglio dallo stesso, posandola sul bancone.
-A.. Ai-chan, non puoi pagare tu per me! Che figura mi fai fare?!- esclamò il moro con tono lagnoso, mettendo una mano sulla sua per fermarlo.
-Ecco. Se vuole, può tenere anche il resto.- rispose il ragazzino, impassibile.
-No, no, un momento! Pago io. Lasci stare.- replicò l’altro, mettendo una mano nella tasca del pantalone per prendere il portafogli.
Mentre quello cercava di rassicurare il barista con un certo sorriso, assicurandogli che avrebbe pagato lui, l’altro si era alzato dallo sgabello, senza aspettare di ricevere il resto o di aver trovato un chiarimento col suo amico, e si diresse verso l’uscita.
-Noooo, aspetta! Ai-chan, Ai-chan!-
La scena fu piuttosto comica. Il moro si alzò di scatto e corse dietro al suo amico, lasciandosi cadere il portafogli, mentre il barista osservava il tutto allibito, allungando lentamente una mano per richiamare l’attenzione dell’altro. Ma fu inutile. Ormai, quei due se n’erano andati. Già. Era rimasto con un’altra banconota di grosso taglio in mano, ancora insicuro di cosa avrebbe dovuto farne. Beh, poteva sempre tenere in conto il resto e tenerlo di riserva per la loro prossima visita, così sarebbe stato un po’ come un regalo della casa, o considerarla una mancia. Ad ogni modo, il barista notò il portafogli e corse a raccoglierlo, prima che qualche cliente potesse allungare le mani. Era un bel portafogli di pelle, marrone scuro, bello pieno a giudicare dal peso. Lo aprì per cercare la carta di identità del proprietario e quando la trovò ne lesse le informazioni.
-Kotobuki Reiji…- disse con voce bassa, simile a un bisbiglio. -Reiji, uh?-
Alzò lo sguardo in direzione della porta mentre pronunciava quel nome. Sentiva che l’altro sarebbe tornato molto presto per riprendersi l’oggetto smarrito, ma chissà se quel giorno sarebbe stato quello stesso o il successivo. Oppure, avrebbe potuto cercarlo all’indirizzo segnato sulla carta di identità. Annuì con uno sorriso sghembo dipinto sul suo volto. Dopodiché, controllò il suo orologio da polso. Erano quasi le quattro, così richiamò tutti i clienti per invitarli a lasciare il locale.
Dopo che tutti ebbero pagato il conto e se ne erano andati, finalmente poté sistemare tutto e chiudere definitivamente, pensando al morbido letto che lo attendeva a casa. Stava lavando i bicchieri, quando ad un tratto sentì qualcuno prima bussare alla porta, poi suonare il campanello. Chi mai poteva essere a quell’ora? Il bar era chiuso. C’era persino il cartello a indicarlo!  Lasciò il suo lavoro e si diresse alla porta, pensando che effettivamente qualcuno che avrebbe potuto cercarlo c’era.

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"l'angolo del fanwriter"
Salve a tutti! Mi chiamo Lerenshaw e questa è la mia seconda fic. Spero viviamente sia di vostro gradimento e che il primo capitolo vi sia piaciuto! Confesso, l'idea è nata da un drama cd di Utapri in cui veniva proposto un AU in cui ogni personaggio svolgeva un lavoro diverso da quello di cantante. Nel caso di Ranmaru si parlava del barista e... da tempo desideravo vederlo dietro un bancone! *ride* Tra l'altro, sto leggendo un manga che si chiama Bartender e la cosa prende in parte ispirazione anche da lì. Trovo piuttosto divertente dover ambientare la mia storia in un bar e dover prendere confidenza con termini che conosco poco, ma è per me una buona occasione per imparare qualcosa. Perciò, se c'è qualche errore di "documentazione", siate liberi di farmelo notare e siate clementi (anzi, sarei felicissima se poteste segnalare falsità, qualora ne incontraste). Hmm, cos'altro posso dire? Vi ringrazio ancora per la lettura e spero ancora che la storia possa piacervi! Grazie in anticipo a chi commenterà e... un favore! Se aggiungessimo Ranmaru e Reiji -e anche Ai- alla lista dei personaggi, per favore lasciate un voto! Io per prima ne sarei grata! E con questo, grazie ancora! Ci vediamo al prossimo capitolo!
   
 
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