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Autore: kitharah    19/08/2014    3 recensioni
{LongFic – molto long, sul serio}
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Dal terzo capitolo:
[…] era da poco entrata nell’edificio dalle pareti e tetto arancioni, le cui sfumature andavano da quella più scura a quella più chiara, ovvero il Centro Pokémon. Subito dopo aver curato i suoi Pokémon, accese il computer che era lì a disposizione di ogni Allenatore per chiamare la sorella che non sentiva e vedeva da qualche giorno […]
[…] Diantha era nel suo ufficio, molto grande e ben ordinato. Era intenta a leggere dei fogli. Come ogni Campione, aveva molto da fare ed era sempre occupata. La maggior parte del tempo la passava a combattere, sbrigare pratiche oppure recitare. Infatti lei era anche una delle migliori attrici nella regione di Kalos oltre che Campionessa ed ogni giorno le arrivavano lettere da parte di fan e contratti da parte di varie case cinematografiche le quali le chiedevano se volesse entrare nel cast di un film.
Nella regione di Kalos tutti l’ammiravano. Bambini, anziani, coordinatori, pigliamosche… tutti. Per loro era un onore e se ne vantavano con tutti. […]
♦ ♦ ♦
Perché è tutta una questione di punti di vista lo scegliere da quale parte stare.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blue, Camilla, N, Nuovo personaggio, Red, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
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Capitolo uno.
Ombre sul futuro.
 
 
 
 
 
Il castano si diresse nel suo ufficio, il quale disordine era direttamente proporzionale alla grandezza della stanza – addirittura delle pile di fogli avevano preso il posto di quella che doveva essere una petunia che una dei suoi più cari amici le aveva regalato per abbellire quella stanza.
Un altro ragazzino era giunto lì per sfidarlo, ma come gli altri dovette ritirarsi e darla vinta a colui che era il Campione della Lega di Kanto e di Johto per via della differenza di potenza tra i suoi Pokémon e appunto quelli del giovane diciassettenne.
Red si lasciò cadere sulla poltrona da ufficio di ecopelle nera, sbuffando; dopodiché poggiò i piedi sulla scrivania e, dopo il passare di qualche minuto, si voltò verso la grande vetrata che dava sul maestoso Monte Argento, il monte su cui molto spesso andava ad allenare la sua squadra di Pokémon.
Lui era stanco di stare tutto il giorno buttato lì in attesa di Allenatori pronti a sfidarlo. Le visite da parte degli amici erano poche, anche perché per arrivare sull’Altopiano Blu ce ne voleva di strada, e di parole ne scambiava poche, solo quando andava a prender qualche snack dalla macchinetta. Allora poi andava a trovare i suoi colleghi Superquattro – che, a dirla tutta, non gli stavano poi così tanto simpatici.
Red non voleva più quella vita, o meglio, voleva staccare un po’. Ed era da un bel po’ che gli frullava una mezza idea in testa: voleva andarsene da lì, anche per qualche mese, e andare ad allenare i suoi Pokémon in giro per Kanto, o Johto, o in qualche altra regione. Ma era impossibile, non poteva farlo. Chi si sarebbe occupato di tutti quegli Allenatori che giungevano lì per sfidarlo? Chi avrebbe risposto alle decine di lettere che arrivavano ogni giorno da tutto il mondo? Lui era il Campione, doveva stare lì. Infatti, come è usuale dire, Red aveva voluto la bicicletta, e adesso doveva pedalare.
Si sentiva come in una gabbia opprimente. Certo, amava essere un Campione – ed era anche uno dei più forti, veniva superato solo dalla Campionessa della regione di Sinnoh: Camilla – ma era pur sempre un diciassettenne, doveva vivere la sua vita.
«Ehi Red.» Karen, la Superquattro specializzata in Pokémon di tipo Buio, entrò nella stanza senza farsi sentire. Fuori dalla porta c’erano Bruno, Pino e Koga che li aspettavano.
«Ciao Karen.» ricambiò il saluto Red, distogliendo l’attenzione dai suoi pensieri.
«Io e gli altri stiamo andando alla macchinetta per sgranchirci un po’ le gambe, vuoi venire a prendere qualcosa con noi?» chiese la venticinquenne.
Lui stette per qualche secondo in silenzio – in realtà non gli andava poi così tanto, tutto quel pensare gli fece venire il magone.
«Okay.» rispose poi lui.
E dopo aver sbuffato per l’ennesima volta, si alzò e uscì da quell’ufficio, che neanche quel giorno si era deciso di riordinare, per andare a prendere una boccata d’aria insieme ai suoi colleghi.
 
 
♦ ♦ ♦
 
 
«Ecco, Miltank, con questa starai meglio.» disse dolcemente la ragazza dai lunghi capelli color nocciola. Dopodiché si accovacciò a terra e avvicinò la mano destra alla bocca di una Miltank che stremata riposava sull’odoroso fieno della grande stalla. Aveva una Baccarancia, blu elettrica. La Miltank aprì con fatica la bocca e diede un piccolo morso.
«Vedrai che le forze torneranno subito.» le disse sorridendo.
Il Pokémon continuò a mangiare quella Bacca e subito si sentì meglio.
Lei invece si rialzò in piedi e sorrise felice e soddisfatta per aver curato quella piccola Miltank raffreddata.
«Come possiamo ripagarla, Jasmine?» le chiese il padrone della Fattoria Mumu.
«Oh, no, non vi preoccupate signore, non ho di certo curato Miltank per avere una ricompensa. L’ho fatto perché è mio dovere e piacere aiutare un Pokémon in difficolta.» rispose tranquillamente.
«Beh, allora accetti questo dono come se fosse un regalo, e non una ricompensa.» fece la moglie dell’uomo.
Tra le mani aveva un Uovo, un Uovo Pokémon. Il suo guscio aveva un colorito rosato, pallido, con varie macchie violacee sparse qua e la che sembravano avere quasi la forma di fiore.
«Un Uovo Pokémon?» domando stupita colei che i proprietari della Fattoria Mumu svelarono l’identità. Era Jasmine di Olivinopoli – città non lontana da quel posto – ovvero Jasmine la Capopalestra di Pokémon Acciaio.
La ragazza era andata lì perché aveva sentito alcune voci girare su appunto una Miltank malata e lei era stata sempre una fanciulla dal cuore d’oro, una che non si tirava mai dietro dall’aiutare qualcuno in difficoltà. In più sapeva bene che la Baccarancia era la Bacca preferita dalle Miltank e che su di loro aveva un effetto curativo migliore rispetto ad una semplice Pozione, perciò ne raccolse qualcuna dal suo giardino e partì subito alla ricerca di questa Miltank.
«Dove l’avete trovato? L’ha deposto una delle vostre Miltank?» chiese poi ai due coniugi.
«No, impossibile, ancora non è periodo. Mia moglie dice d’averlo trovato nel fienile, la torre che c’è nel campo di pascolo dove solo io e mia moglie abbiamo accesso.» rispose l’uomo.
Jasmine poi distolse lo sguardo dall’uomo e guardò quell’Uovo con aria curiosa. La prima idea che le venne in mente era che molto probabilmente doveva essere un Uovo di Miltank, visto che si trovava in una fattoria dove si allevavano solo quei tipi di Pokémon, ma il proprietario aveva detto che non era periodo di Uova per le Miltank. E poi non aveva mai visto un Uovo con quella fantasia. Per questo era confusa.
«La prego, lo accetti e se ne prenda cura.» disse la donna.
La giovane Capopalestra lo fissò ancora per qualche secondo. Era curiosa di sapere cosa sarebbe nato da lì e per questo lo voleva accettare. Magari era una piccola Miltank, ma magari era un Pokémon raro, di cui nessuno ne aveva visto l’ombra lì a Johto.
«Va bene – disse sorridendo Jasmine – lo accetto.» Dopodiché prese l’Uovo e ringraziò i due coniugi, che a loro volta la ringraziarono per aver curato la loro Miltank, e subito dopo uscì dalla stalla.
«Chissà chi ce l’ha messo questo Uovo lassù, – disse una volta fuori guardando prima l’uovo e poi la torre in mezzo al campo – sicuramente qualunque Pokémon l’abbia deposto dev’essere un Pokémon Volante o qualcosa del genere, ma lo scoprirò appena si schiuderà… e non vedo l’ora.»
 
 
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Belle e Touya camminavano per la piccola cittadina di Soffiolieve, loro città natale.
Touya era diventato il Campione di Unima già da qualche mese, e da tale doveva stare sempre alla Lega Pokémon. Le poche volte che tornava a casa, di solito, le passava con i suoi migliori amici: Touko, Belle e Cheren. Ma quel giorno c’era solo Belle, la quale provava una cottarella per il bel ragazzo, quindi si poteva immaginare la felicità che la bionda provava nel vederlo – che poi, chiamala cottarella… era innamorata persa.
I due stavano chiacchierando da quando il Campione era atterrato col suo maestoso Reshiram. Parlavano di qualsiasi cosa, come un tempo, quando erano in viaggio insieme per sconfiggere tutti i Capipalestra di Unima, e così aggiudicarsi le varie Medaglie.
«Quindi Cheren è a Levantopoli a studiare per diventare Capopalestra, eh?» chiese il castano.
«Sì. Sta studiando da quando siamo tornati a Soffiolieve; ora è voluto andare alla Scuola per Allenatori, come se gli servisse.» osservò infine Belle.
Giustamente, quello che disse Belle era vero al cento per cento: Cheren era il migliore tra loro in fatto di conoscenza sui Pokémon, e Touya lo sapeva benissimo. Fin da piccolo stava sui libri scritti dai migliori Ricercatori Pokémon esistenti, inclusi i testi della Professoressa Aralia – quelli erano i suoi preferiti perché erano i più completi, diceva lui.
«Certo che poteva anche rilassarsi un po’, quel tonto. È piena estate e lui va a Levantopoli per studiare.» fece Touya con aria alquanto dispiaciuta. Gli mancava molto Cheren e, per una volta che era venuto, né lui né Touko c’erano.
«Sai come è Cheren, no?»
«Sì, purtroppo.» fece lui ridacchiando.
Belle sorrise, poi subito disse alzando lo sguardo verso l’alto: «Chissà come gli staranno fischiando le orecchie.»
«Beh, se lo merita.»
Lei subito ridacchiò, lui la guardò e di conseguenza sorrise. Amava sapere che Belle era di buon umore.
«E Touko? Lei dov’è?» chiese poi.
«Mh, in realtà non so.» rispose la bionda. «Mi ha detto che doveva fare delle commissioni per Nardo, ma boh.» aggiunse poi.
In realtà, da quando Touko perse contro Touya per aggiudicarsi chi tra loro due doveva essere il Campione di Unima, nemmeno lei c’era molto lì a Soffiolieve. Un po’ perché andava a cercare nuovi Pokémon da aggiungere al Pokédex, un po’ perché si allenava nei dintorni per conto suo, un po’ perché appunto sbrigava delle commissioni per Nardo, e un po’ perché quest’ultimo voleva che si allenasse con lui per farla diventare più forte – perché, a dirla tutta, l’ex Campione preferiva che fosse la giovane la Campionessa di Unima, piuttosto che il ragazzo. Non che Touya gli stesse antipatico, per carità, anzi… ma lui Touko l’aveva presa più a cuore, come se fosse sua figlia. Ed era per quello che l’allenava: voleva che Touko prendesse il posto di Touya, un giorno.
I due stettero insieme per tutta la mattinata, presero un gelato al miglior bar- pasticceria della città e parlarono di tutte le novità che sapevano. Si raccontarono di quanto si mancavano e di quanto mancava a tutti e due lo stare insieme dalla mattina alla sera, trecentosessantacinque giorni all’anno. Si raccontarono un po’ delle loro vite, che erano cambiate di molto. Eccome se erano cambiate. In quel viaggio che avevano affrontato, tutti e quattro insieme, i loro caratteri si erano forgiati. Forti, coraggiosi, intraprendenti… da semplici ragazzini, erano diventati Eroi, gli Eroi egli Ideali e della Verità, gli Eroi di Unima.
 
 
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Violetta stava camminando lungo il Ponte Freccialuce, tra Austropoli e Zefiropoli, o almeno, così diceva la cartina. Affianco a lei c’era la sua Vivillon che svolazzava felicemente giocherellando con le foglie che il vento trasportava da una parte all’altra.
Quella era la prima volta lì a Unima per Violetta. Non c’era mai andata, o meglio, l’ultima volta che ci andò era troppo piccola per ricordarsi città, strade, percorsi, o comunque più in generale, il posto.
Lei era della regione di Kalos, abbastanza lontana da Unima. Per arrivare lì aveva fatto molta strada. Certo, aveva viaggiato con la nave, sì, ma si era stancata lo stesso. Per di più si era messa a girovagare per Unima già da appena scesa. Aveva visitato gran parte di Austropoli e, appunto, ora si stava dirigendo verso Zefiropoli. Ma stanca com’era, fece una sosta. Lì sul ponte c’era una panchina, per chi voleva godersi il tramonto da lì sopra, e si sedette.
«Uff, che stanchezza.» disse passandosi la mano destra sulla spaziosa fronte per asciugarsi un po’ di sudore.
Intanto fissava il sole tinto di un arancio forte che tramontava verso l’orizzonte, sul mare di Austropoli. Era un bel panorama, perfetto da fotografare. E da buona esperta fotografa, infatti, la diciottenne prese la sua preziosa macchinetta fotografica appesa al collo – una costosissima Polaroid, precisamente – e la posizionò sull’occhio, pronta per fare “click” e scattare una bellissima foto.
La fissò per qualche secondo fiera di quella nuova foto che aveva scattato, foto che una volta a casa a Novartopoli avrebbe appeso in corridoio, o in camera sua. Poi, senza distogliere lo sguardo dalla foto, si rivolse al suo Pokémon e disse: «Guarda Vivillon, è bellissima.»
Ma non ebbe risposta.
Allora si voltò e vide che Vivillon non c’era più. O meglio, stava svolazzando via verso la fine del ponte.
«Vivillon, torna subito qui!» esclamò l’Allenatrice.
La bionda prese subito il suo zaino che aveva appoggiato sulla panchina e incominciò a correre verso il Pokémon Farfascaglia, ma non si accorse che nella fretta lasciò cadere, guarda caso, la cartina di Unima.
La seguì correndo più veloce che poteva e poi vide che Vivillon si addentrò tra la flora di un bosco poco fuori il Ponte Freccialuce.
Così cercò nel suo zainetto la cartina per sapere dove si trovava esattamente, che bosco era quello, ma non la trovò.
«Maledizione, l’avrò persa!» si rimproverò.
Sbuffò infastidita, ma poi prese coraggio e si addentrò anch’essa nel bosco. La vegetazione era abbastanza fitta e molte piante erano piene di spine. Si ferì un po’ sulle gambe, ma erano semplicemente dei graffi, niente di più.
Si fece strada con l’aiuto della sua Surskit, che con Millebave riusciva a legare i rami delle piante che poi tirandoli li spezzava.
Violetta era abbastanza impaurita. Ma non per lei stessa. Cioè, lei era coraggiosa e forte, aveva al suo fianco Surskit che l’avrebbe protetta, ma era in pena per Vivillon. Oltre il fatto che da lei non si separava mai, proprio come con Surskit, ma poi non voleva che le succedesse qualcosa di brutto.
Tutt’un tratto però si ritrovarono fuori da quella folta vegetazione, in un pezzo di bosco con sola erbetta e fiori. E Vivillon era lì, che giocava con un esemplare di Butterfree e uno di Beautifly.
Subito Violetta corse verso di lei con un sorriso splendente in volto, felicissima di vedere che stava bene, ma ecco che inciampò nella  trappola di un qualche Pokémon Coleottero. Surskit, Vivillon e i suoi nuovi amici subito accorsero in suo aiuto, ma subito un Ariados le attaccò.
Violetta era caduta nella trappola di un Ariados e probabilmente lei sarebbe stata la sua cena.
La diciassettenne rabbrividì. Non voleva morire.
Allora Vivillon, Butterfree e Beautifly si lanciarono all’attacco per distrarre l’Ariados e intanto Surskit liberò la sua Allenatrice.
«Bene, grazie Surskit.» fece la ragazza. Dopodiché la fece rientrare. Ariados era molto più forte di Surskit, il Pokémon Sfiorapozze non sarebbe uscito vivo se avrebbe combattuto.
Così, Violetta pensò a quale strategia usare contro quel Pokémon. Sapeva che uno scontro diretto contro quel Pokémon sarebbe stato fatale per le tre farfalle. L’abilità di Ariados era Velenopunto, lei lo sapeva benissimo dato che era un’esperta di Pokémon Coleottero.
Allora cosa poteva fare? Ma ecco che le venne un’idea in mente.
«Vivillon, usa Assillo!» esclamò la ragazza.
Il suo Pokémon così cominciò ad assillare l’Ariados, e intanto Violetta ordinò a Beautifly di usare Ronzio e a Butterfree Ventargenteo. Certo, erano tutti e tre attacchi di tipo Coleottero, Ariados poteva anche farcela e resistere. Ma tre Pokémon contro uno era semplicemente uno svantaggio per il Pokémon selvatico.
Violetta poi pensò che un Ariados nella sua squadra sarebbe potuto servire. Un Pokémon Coleottero forte come quello era l’ideale.
Così decise che lo avrebbe catturato, una volta indebolito abbastanza.
Dopo vari attacchi, le tre riuscirono ad indebolirlo quanto basta per catturarlo e Violetta lanciò una PokéBall dritta dritta sul Pokémon Lungazampa che entrò nella Ball.
La ragazza fissò la sfera per qualche secondo, sperando che Ariados non riuscisse a liberarsi. A Vivillon di certo non sarebbe stato simpatico, aveva cercato di mangiare la sua Allenatrice. Ma allo stesso tempo voleva che fosse catturato perché Violetta lo desiderava, e se lo voleva lei, lo avrebbe voluto anche Vivillon.
Passarono venti secondi circa e Ariados era ancora nella Ball che si muoveva, segno che stava cercando ancora di liberarsi, ma nell’arco di altri dieci secondi finì di sbattere contro le pareti interne della PokéBall e questo fece capire a Violetta che aveva catturato un Ariados.
«L’abbiamo catturato, Vivillon!» fece felice la ragazza rivolgendosi verso il Pokémon.
Dopodiché ringraziò il Butterfree e il Beautifly per l’aiuto e diede loro delle Bacche che accettarono con gioia.
Violetta era felicissima. Aveva catturato un bellissimo esemplare di Ariados. Certo, aveva cercato di mangiarla, ma gli avrebbe voluto bene lo stesso, se lo sentiva.
 
 
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Come sempre, ad Aranciopoli spirava quella leggera brezza marina sana e incontaminata. Come ogni anno, nel periodo estivo, era stata invasa da centinaia di turisti in ferie provenienti da tutto il mondo. D’altronde era una delle mete più gettonate. Le strade erano piene zeppe di persone che passeggiavano e che ad ogni negozio si fermavano per fare shopping o semplicemente per guardare le vetrine. Anche le spiagge erano affollate. Pubbliche, piene maggiormente di ragazzi che erano andati lì per fare nuove esperienze, e private, i quali ombrelloni erano stati affittati per la maggior parte da famiglie. Insomma, le tipiche condizioni di una città che si affacciava sul mare.
Anche Blue era lì. Camminava sul lungo pontile della città affiancata dalla sua bella Jiggly, l’esemplare femmina di Wigglytuff che l’aveva accompagnata in tutti i suoi viaggi fin da piccola. Era lì bella tranquilla, ma di certo non era in quell’enorme città per farsi una bella vacanza. O meglio, doveva prendere la M/N Anna per andare a farsi una bella vacanza nella regione di Johto.
Era da tanto che non andava in quella regione, e voleva staccare un po’ da quella monotona vita lì a Kanto. Certo, non poteva lamentarsi, eh. Aveva una vita abbastanza agiata per essere una diciassettenne, ma, da tale, voleva viverla viaggiando un po’ per tutte le regioni, facendo nuove amicizie e magari trovando anche un fidanzato. D’altronde aveva pure ragione.
Faceva molto caldo quel giorno, e lei quasi quasi che non ne poteva più. Non vedeva l’ora di arrivare nella nave; lì sicuramente c’erano i condizionatori dell’aria fresca. Per fortuna era arrivata al porto.
Stava sorseggiando un bel bicchiere di tè alla pesca con ghiaccio, preso al piccolo bar che c’era sulla spiaggia, quando intravide una donna alta, dai capelli violetti all’entrata. Le dava l’impressione di averla già conosciuta in passato, in una battaglia forse. La scrutò parecchio; non era sicura di conoscerla veramente, ma le ricordava qualcuno. Dopo qualche minuto di riflessione, ecco che ebbe come un déjà-vu e immediatamente le venne un nome in mente, un nome che la fece rabbrividire: Sird.
No, era impossibile. Non poteva essere vero. Sird, lì? No, lei probabilmente era morta. Dopo la sua scomparsa nessuno la trovò più, nemmeno Bellocchio.
Dopodiché si voltò verso il Pokémon Pallone e vide che anche lei se ne era accorta, la fissava infatti e sembrava essere anche lei preoccupata.
«Jiggly, anche tu la vedi?» chiese la castana. Wigglytuff annuì voltandosi verso la sua Allenatrice.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Blue aprì bocca: «Jiggly, se è lei dobbiamo intervenire, non possiamo lasciarla andare così.»
Jiggly gemette dandole ragione.
Intanto quella donna entrò nel porto e le due si misero a seguirla senza farsi scoprire, di soppiatto.
Blue ancora non poteva crederci, o meglio, non voleva.
E se il Team Rocket stesse ritornando? No, pensò. Non poteva essere possibile. Erano tutti in prigione, reclute e comandanti.
Dopodiché entrarono anche loro nel porto e videro che la donna diede il proprio biglietto al marinaio per poi dirigersi verso la M/N Anna dove salì e subito entrò.
Le due fecero lo stesso. Quando entrarono nella nave, scrutarono un po’ l’ambiente per cercarla con gli occhi e la videro che stava per girare in uno dei corridoi laterali rispetto all’entrata dove erano situate le stanze, o almeno, le due supponevano questo.
Cercarono di seguirla, ma c’era troppa gente nella sala principale; la giovane dovette far entrare Jiggly nella sua Ball per la confusione. Creò un varco tra quelle persone a forza di spintarelle e “permesso” e finalmente uscì da quella calca. Subito Wigglytuff uscì spontaneamente dalla sua PokéBall, ma le due non la videro più. Non c’era più traccia di colei che loro pensavano fosse Sird, una dei Comandanti del Team Rocket.
«Chissà se era lei, Jiggly… – disse continuando a guardare verso il corridoio – per il momento possiamo solo aspettare.»
 
 
 
 
 
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Me.
Allora, la situazione è abbastanza complicata e confusionaria, lo so, e non voglio nemmeno svelarvi nulla perché voglio che sia tutto a sorpresa (capirete già molte cose dal prossimo capitolo però, tranquilli).
Ma alcune cose le voglio chiarire perché così è davvero troppo confusionario (poche però eh ahahah).
Allora, la long è basata principalmente sul manga (è quasi tutto preso da lì), come avete visto, ma anche sul videogioco. Appunto, su questo ho da dire alcune cose.
In primis, la storia si svolge prima degli eventi che si raccontano nei volumi di Bianco 2 e Nero 2 e in X e Y, in pratica subito dopo gli eventi di Bianco e Nero (potete capirlo dal fatto che Violetta e Cheren non sono ancora Capipalestra).
Poi comunque ci saranno nella storia dei personaggi che nelle varie versioni (manga, anime e videogioco) hanno caratteri ben differenti. Beh, io adotterò quelli che preferisco di più.
Poi, sono tutti protagonisti, avranno tutti delle parti nella fic, dal primo all’ultimo, o almeno, quelli che preferisco io ahahah. E in più si svolgerà in tutte le regioni, anche a Kalos.
Infine, ci saranno anche piccolezze prese anche dall’anime, tipo il carattere di alcuni personaggi, ma niente di più, credo.
Vabbè, vado. Spero vi sia piaciuto come primo capitolo, anche se dubito, e spero che qualche anima buona lasci una recensione.
Al prossimo capitolo!
Fra.
  
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