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Autore: ICChin__    19/08/2014    2 recensioni
«Who are you?»
«I am the Doctor!»
«Doctor Who?»
«Just the Doctor. Basically, run.»
{MakoRin.}
[Free!Doctor Who AU: perché non è mai troppo tardi perché due nuotatori dai fisici prestanti diventino Dottore e Companion.]
Genere: Angst, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana, Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki, Rin Matsuoka
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Guida galattica per crossover spaziali. Di Time Lord, Companion e cabine blu della polizia.
Personaggi: Doctor!Rin Matsuoka, Companion!Makoto Tachibana, Haruka Nananse, Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki
Pairing: MakoRin
Rating: Verde
Genere: AU, romantico, fantasy, angst
Desclaimer: I pg di Free non  mi appartengono, ma se l'anime fosse sotto la mia direzione la MakoHaru sarebbe già canon, ma forse anche la MakoRin, perché both is good. Doctor Who invece appartiene alla BBC e a Mr. Uccisore di Feels conosciuto anche con il nome di Steven Satana Moffat.
Note: Lo so. Io e le mie AU dovremmo starcene a casa mia e non dovrebbero essere condivise con il mondo che non le cerca, né le vuole, ma...dopo aver letto High Speed mi sono presa bene con la MakoRin. Insomma, con High Speed ti si apre il mondo della MakoRin- tralasciando che quelle due novel sono PALESEMENTE una fic MakoHaru. -e, beh, visto che amo Doctor Who...TADAN! CROSSOVER! E no, chiunque non sappia cos'è Doctor Who il Dottore non è un Dottore. Cioè, lo è, ma non nel senso comune del termine. Per dirla in due parole: il Dottore è un'alieno che rapisce (?) ragazze umane- per lo più londinesi, perché Londra è figa, immagino. -e le porta in giro nello spazio e nel tempo con una cabina blu della polizia, più grande all'interno, perché una macchina normale era troppo mainstream. Enjoy!



Makoto Tachibana era un normale studente dell'Iwatobi, un ragazzo come tanti altri al suo ultimo anno di liceo, in procinto di decidere del suo futuro come un qualsiasi normale liceale. 
C'era solo una nota che stonava in quella normalità: il Dottore.
Da quando lui- capelli rosso mogano, occhi rosso fuoco, fuoco che non solo dava colore ai suoi occhi, ma che gli bruciava dentro, denti affilati alla stregua di quelli di uno squalo. -gli era comparso davanti, uscendo da chissà dove, afferrandogli il polso senza troppe cerimonie e urlandogli un «Run, you idiot!», salvandolo così da un'orda di Snowmen con ghigni malefici e denti affilati quasi quanto il Dottore, la sua vita era inevitabilmente cambiata. 

«Who are you?»
«I am the Doctor!»
«Doctor Who?»
«Just the Doctor. Basically, run.»

Da quel giorno, il giorno in cui aveva incontrato il Dottore, la vita di Makoto era cambiata in così tanti modi che lo stesso ragazzo non avrebbe mai potuto né immaginare né pensare. Infatti, dopo aver salvato solo, più o meno, tutta l'umanità dalla Great Intelligence, Makoto aveva cominciato a viaggiare con il Dottore alla scoperta di passati dimenticati, futuri che mai avrebbe potuto vedere, razze di cui mai avrebbe anche solo potuto immaginare l'esistenza e per Makoto tutto era incredibile, tutto era fantastico, perché viaggiare con il TARDIS, la macchina del tempo del Dottore- che altro non era che una cabina blu della polizia. -, viaggiare con il Dottore era un qualcosa di così spaziale che Makoto non poteva che voler desiderare di poter viaggiare sempre al suo fianco. Per sempre.


Questo desiderio era condiviso anche dal Dottore, non solo da Makoto. 
Il Dottore era arrivato a desiderare, come non mai aveva desiderato, che quel ragazzo dal cuore generoso e dagli occhi verdi come il colore delle cascate smeraldine di Nyaonyamen viaggiasse con lui per sempre. Ma, a pensarci bene gli occhi di Makoto erano ancora più verdi, ancora più brillanti, ancora più belli. Così belli da fare in modo che il Dottore desiderasse di perdervisi dentro, immergervisi completamente fino ad essere circondato da quel verde che aveva la capacità di calmarlo, di farlo sentire...diverso e, forse, non era solo una sensazione, perché con Makoto, il Time Lord, si sentiva diverso. Si sentiva come si sentiva quando era immerso in acqua: protetto, libero, se stesso. 
Si sentiva come se avesse trovato nuovamente una casa, come se avesse trovato nuovamente una persona per la quale valeva la pena tornare a sorridere. 


«Dottore.»cominciò Makoto.«Dove andiamo?»
«Potrei darti la possibilità di scegliere, questa volta.»rispose il Dottore con un ghigno sardonico.
Se Makoto fosse stato un tipo malizioso avrebbe risposto a tono, ma l'unica cosa che riuscì a dire fu un «Davvero?» con gli occhi che gli si illuminarono di aspettativa. Il Dottore non ebbe il coraggio di dirgli di no.
«Davvero.»rispose con un sospiro.
Ah, mi sto rammollendo, pensò il Time Lord guardando il suo companion consultare la Guida 100.000 galassie + 1 con gli occhi sgranati per la meraviglia. Un sorriso gli increspò le labbra e, in quel momento, per un unico istante pensò che Makoto era bello, così bello che avrebbe voluto baciarlo, ma fu un pensiero di un'istante che passò nella mente del Dottore così velocemente che fece appena in tempo ad afferrarlo prima che scivolasse via.
«Baciarlo, si.»disse fra sé e sé.«La prossima volta dovrei provarci.»


Makoto non avrebbe mai pensato che baciare un Time Lord, un alieno, fosse così...normale.
Insomma, non che avesse mai baciato qualcuno, se non si contava Ikemura Satomi alle medie, ma quel bacio fu un qualcosa di così piacevole, ma allo stesso tempo così giusto come se, in fin dei conti, fosse un ulteriore tassello che andava inserito nella loro storia. Quel bacio dovuto a un vischio che non avrebbe dovuto essere in quel posto. 

«Dottore, non credo proprio che queste siano le isole Seychelles.»
«Dannazione a questo coso!»sbottò l'altro, notando il paesaggio innevato. Ok, che il Riscaldamento Globale era un problema serio, ma non avrebbe ridotto le Seychelles in quello stato almeno fino al 2089 e, il Dottore era sicuro, non erano nel 2089. Almeno credeva.«Possibile che faccia sempre di testa sua?»
«Non parlare così alla TARDIS.»lo rimproverò Makoto, accarezzando la cabina blu.
«Tz.»fu l'unica risposta che venne dal Dottore che girò la testa di lato. 

Si stava comportando come un bambino, ne era pienamente consapevole, ma anche lui avrebbe voluto...cosa avrebbe voluto? No, anche solo a pensarci era imbarazzante. Non l'avrebbe mai ammesso a se stesso, figurarsi a Makoto. 
Ma, dopotutto, con Makoto non c'era bisogno di parole, perché Makoto sapeva leggere tra i silenzi, tra le parole non dette e quelle troppo imbarazzanti per essere pronunciate dal più grande Signore del Tempo o cose simili, perciò quando l'altro gli si avvicinò le guancie rosse, non di certo solo per il freddo, e posò un bacio sulle labbra del Dottore. Un bacio così leggero e delicato che il Time Lord pensò di esserselo sognato. Un bacio che aspettava così da tanto che quasi rimase di stucco, incapace di muoversi o anche solo di parlare. 
Un Signore del Tempo, quel Signore del Tempo, che rimaneva senza parole! Non si era mai sentito! 
L'unica cosa che il Dottore riuscì a fare fu dire «Makoto dammi un pugno.»
«Eh? Eh? Perché?»si agitò l'altro, rosso fino alla punta delle orecchie.
«Un pizzicotto?»provò ancora.
«Io...ecco...se non...»balbettò l'altro, troppo agitato anche solo per fare altro.
E per una volta il Dottore pensò che avrebbe potuto fare a meno di perdersi in discorsi che sarebbero rimasti nella storia, parole gettate al vento e sproloqui così complicati da far rabbrividire ogni scenziato terrestre. No, quella volta sarebbe bastato seguire il cuore. Anzi, i cuori. 
L'unica cosa che il Dottore fece fu prendere il volto di Makoto tra le mani e baciarlo nuovamente, in un bacio più prepotente, quasi ruvido e disperato. Un bacio che era una promessa. Per sempre.


«Chiedimelo di nuovo.»gli sussurrò il Dottore. Una nuvoletta bianca accompagnò le sue parole.
«Cosa?»chiese Makoto, non capendo dove voleva arrivare.
«La cosa che mi hai chiesto quando ci siamo incontrati per la prima volta.»
«Who are you?»chiese allora Makoto.
«The Doctor.»
«Doctor Who?»
Il Dottore respirò. 
Una.
Due.
Tre volte.
I secondi passavano, ma il Time Lord non accennava a rispondere.
Tredici secondi. Makoto li aveva contati. Tredici secondi quante tredici erano le vite del Dottore.
«Rin Matsuoka.»
Makoto, lo sguardò illuminato, pieno di sorpresa e qualcos'altro. Amore, forse? 
Quel nome che il Dottore aveva covato così gelosamente per sè stesso e sè stesso soltanto era più di quanto Makoto avrebbe mai potuto chiedere. Era più di quanto Makoto avrebbe mai potuto sperare.
Quel nome che era stato custodito per così tanto tempo da quell'alieno così solo, triste, strafottente, a volte, ma così pieno di speranza, altruismo, generosità e coraggio era quello che Makoto aveva sempre voluto sentire, ma mai sperato di poter ottenere.
Un «Ti amo.» conservato e custodito per 900 anni. 


Il pianeta di Waterland era il loro pianeta preferito. Un intero pianeta fatto d'acqua, acqua, acqua e ancora acqua. Vi erano atterati una volta, più per errore che perché volessero davvero atterarvi, però visto che l'acqua era per tutti e due, più che per il Dottore in realtà, un vero e proprio habitat naturale, Makoto si era adeguato incapace di dire a Rin che a lui l'acqua incuteva terrore, paura. Perché non poteva mai sapere quando il mostro l'avrebbe catturato e divorato con le sue fauci. 

«Ad Haru piacerebbe qui.»disse Makoto con un sorriso. Da quanto tempo non vedeva Haruka. Troppo. 
«Haru? Il tuo amico?»domandò il Dottore. Se nella sua voce c'era una punta di gelosia Makoto non se ne accorse.
«Si. Ama nuotare.»rispose l'altro.«Siete molto simili, voi due.»
«Tch! Non esiste nessuno incredibile quanto me!»rispose Rin.«E poi, io ho un Cacciavite Sonico!»

Eccolo che ricominciava. Lui e il suo super Cacciavite Sonico che non funzionava sul legno ed era pure inutile con i fantasmi! Perché si, Makoto aveva ragione!, i fantasmi esistevano e non erano per nulla simpatici e lui ne aveva così paura che nascondersi dietro la schiena di Rin e urlare per il terrore era diventato ormai la norma quando comparivano fantasmi o Makoto sentiva rumori che fantasmi non erano, ma non si sa mai quando un fantasma può comparire!, perciò l'intero corpo di Rin era l'ideale per nascondersi o per spalmarcisi contro nel tentativo di fondersi con il rosso e scomparire completamente. 
Come se uno della sua stazza potesse farlo! 
Il Dottore non credeva possibile che Makoto, grande com'era, avesse paura dei fantasmi, del buio e di altre cose che se dovesse elencarle non gli basterebbe un Rotolone Regina, ma, ehy!, doveva ammettere che finché l'altro gli si spalmava addosso non era poi così male, quella paura. 

«La prossima volta potremmo portarcelo!»continuò, sorridendo al Dottore, sicuro che non avrebbe mai detto di no.«E potremmo portare anche Rei e Nagisa! Piacerebbe a tutti!»
E perché non fare una bella gita poi, già che c'erano? Lui avrebbe potuto fare da balia a tutti! 
Non ci pensava proprio di portare tutti quei tizi- quell'Haru-chan men che meno. -nel suo TARDIS e in giro per l'Universo a combinare disastri. 
Stava per dirlo a Makoto, ma fece un'errore madornale. Così madornale. Lo guardò negli occhi, traboccanti di fiducia, la bocca piegata nel suo solito sorriso e i pettoriali! Oh, quei pettorali! 
Forse, Rin avrebbe potuto portare gli amichetti di Makoto in quel mondo. 
Avrebbe potuto lasciarli da qualche parte e poi avrebbe potuto portare il suo ragazzo in un luogo appartato e sarebbero stati solo loro, come al solito. 
Avrebbe potuto fare così. 
Non c'era speranza, fin dall'inizio, che rifiutasse comunque. 
Ah, si stava proprio rammollendo. 
Ma, in fondo, rammollirsi per quel ragazzo non era poi così male. 
Non era male per niente. 


Makoto stava consultando la Guida Galattica per Autostoppisti, mentre il Dottore tentava di riparare la TARDIS con il Cacciavite Sonico senza successo da ormai ore.

«Ehi, Dottore!»esclamò Makoto.«Qui c'è scritto il numero del meccanico! Possiamo chiamarlo! Riparerà la TARDIS in un batter d'occhio.»
«Assolutamente, categoricamente, no!»ripetè Rin per l'ennesima volta.«Nessuno può toccarla.»
«Si, ma ci stai provando da ore, Rin.»continuò l'altro, gentilmente.«Non riuscirai a ripararlo. Non questa volta.»
«Tch! Io posso fare tutto!»
«Ma il meccanico...»
«Makoto. No.»
«Se solo...»
«Non se ne parla.»
«Se tu provassi a...»
«No, vuol dire no.»
«Ahhh.»sospriò l'altro rassegnato.«Va bene.»

Un sorriso a trentadue denti comparve sul volto di Rin. Avrebbe riparato la TARDIS in men che non si dica e poi sarebbero ripartiti! Makoto doveva solo avere un po' di fiducia. Non avrebbe mai lasciato che qualcun'altro che non fosse lui toccasse la sua sexy. Mai. 


«E ora?»chiese Nagisa nuotando più veloce di quanto avesse mai fatto.
Già e ora? Come avrebbero fatto a calmare quell'orca inferocita che li seguiva?
«Chi diamine è stato che ha cominciato a starci sopra come se fosse una tavola da surf?»sbottò il Dottore.
«Dottò-chan, non è stata colpa mia! Sembrava una tavola da surf, lì per lì!»si giustificò Nagisa.
«Non vedo come possa esserti sembrata una tavola da surf, Nagisa-kun.»lo rimproverò Rei.
Makoto sorrise, Haruka al suo fianco che continuava a nuotare incurante di quel coso gigante che stava per mangiarseli per cena, perché la tecnica «Run, you fool!» del Dottore questa volta sembrava destinata a fallire.
Avere Haru, sopratutto, ma anche Nagisa e Rei al suo fianco era meraviglioso. Era come tornare a casa e, in un certo senso, aveva compreso che la loro presenza faceva bene anche a Rin. L'aveva visto sorridere molto più spesso negli ultimi giorni e la cosa non poteva che fargli piacere.
Quel giorno aveva raccontato ad Haru, Nagisa e Rei del Dottore, gli aveva parlato di Waterland, di quanto gli sarebbe piaciuto portarli lì, ma poco gli era bastato per convincere gli amici che alla parola «acqua» erano già corsi a casa a prendere i costumi e poco importava se, come al solito, fossero finiti inseguiti da qualcuno, o qualcosa, che voleva ucciderli, poco importava che se non fosse stato per il proverbiale intervento della TARDIS sarebbero finiti nella pancia di un'orca, poco importava finché la loro eternità insieme poteva continuare.


Tutto questo però non poteva durare.
La normalità di Makoto non poteva essere lasciata a casa, chiusa dietro una porta logorata dal tempo stesso, perché quella normalità l'avrebbe sempre seguito ovunque lui andasse e gli avrebbe chiesto di pagare il dazio prima o poi. Quel momento era arrivato. Quel momento era ora e neanche la TARDIS avrebbe potuto evitarlo saltando indietro nel tempo o nello spazio: quella porta andava aperta, doveva essere ripulita dalla polvere del tempo, riparata dalle intemperie e dalle dimenticanze, perché la normalità è ad est, mentre l'Universo e Rin, il suo Dottore, erano ad ovest. 
Makoto sapeva dove sarebbe voluto andare, dove avrebbe dovuto essere, lo sapeva, ma sapeva anche che il vento non soffiava sempre ad ovest e che c'era un momento in cui il vento avrebbe soffiato ad est e lui avrebbe dovuto seguirlo. In fondo, era solo un giorno, una manciata di ore, un paio di minuti, un ticchettio di orologio. Cos'era quello in confronto al per sempre che lo aspettava una volta con lui
E poi, in fondo, tornare a casa non era poi così male, perché Rin l'avrebbe sempre aspettato con la porta della TARDIS aperta per lui, l'avrebbe accolto con un bacio e poi sarebbero partiti alla volta di nuove avventure.
Per sempre.
Non era forse così Rin?
Non era forse così?
In fondo, l'avevi promesso. 

«L'avevi promesso.»singhiozzò.

Una lacrima rigò la guancia di Makoto. 
Una.
Dua.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Sette.
Otto.
Nove.
Dieci.
Undici.
Dodici.
Tredici.
L'orologio del Dottore aveva scoccato la tredicesima ora. 
Il Requiem del Dottore.
Il Requiem di Rin.
La fine del Dottore. 




  
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