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Autore: flatwhat    20/08/2014    3 recensioni
No, non può essere.
Le parole che gli marchiavano il petto.
Javert si chiese in che razza di situazione si sarebbe ritrovato.
Seguimi.
La parola che le segnava il ventre e che lei avevo creduto di aver udito da Tholomyes.
Sarebbe stato da lui, una richiesta così informale ad una sconosciuta?

(Fantine/Javert, Soulmate Tattoo AU, Nulla Cambia. Raiting arancione per volgarità e tematiche delicate.)
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fantine, Javert
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note iniziali: Un Soulmate Tattoo AU è un universo alternativo nel quale le persone hanno tatuate, su una parte del corpo, le prime parole che udiranno dalla propria anima gemella. In questo modo, quando la incontreranno e la sentiranno parlare, se ne renderanno immediatamente conto.
Could our destiny be meaningless
 
In quello squallido covo di feccia umana, esistevano marchi di tutti i tipi.
Chi aveva tatuato un nome, chi una data, magari per dire, stupidamente, a sé stessi di essere ancora umani, chi un numero, come gli ergastolani, che umani non lo erano più.
Javert aveva il suo, di marchio, sotto la divisa della prigione, sul suo petto e tremava. Era comparso il giorno prima, non c’era mai stato.
C’era gente di tutti i tipi, a Tolone, e molti di loro avevano sicuramente le parole della propria anima gemella tatuate da qualche parte.
Non si scappa, da queste cose.
Neanche Javert, che aveva solo sedici anni e che, pure, non voleva essere umano, non meno di quegli animali che erano i detenuti (ma lui, lui lo faceva per motivi nobili), aveva potuto scappare.
Il suo marchio erano proprio le parole di un’anima gemella. Che era lì fuori e che lui non cercava né voleva.
Quelle parole erano come una condanna che prima o poi sarebbe stata eseguita.


“Quanto sei stata stupida”, si diceva Fantine, mentre osservava la propria figlioletta che dormiva, “Quanto sei stata stupida a fidarti di Tholomyes”.
Tholomyes, che non era neanche la sua anima gemella. Tholomyes, che lei aveva creduto la sua anima gemella, perché si era illusa di aver sentito male, che le prime parole che lui le aveva rivolto fossero le stesse che aveva sul ventre. Il ventre che aveva portato la figlia di quell’uomo orribile, che ora si ritrovava senza padre. 
“Ed è tutta colpa mia”, si diceva Fantine, cullando la piccina. Sperò che un giorno avrebbe davvero trovato la sua anima gemella.


No, non può essere.
Le parole che gli marchiavano il petto.
Javert si chiese in che razza di situazione si sarebbe ritrovato.


Seguimi.
La parola che le segnava il ventre e che lei avevo creduto di aver udito da Tholomyes.
Sarebbe stato da lui, una richiesta così informale ad una sconosciuta?


La sua routine a Montreuil era scandita dall’arrestare canaglie di vario genere. Perché il sindaco permetteva l’esistenza di queste persone, era una delle questioni che gli facevano alimentare i sospetti per Madeleine.
Ogni volta che Javert voleva toccare l’argomento prostituzione, tra gli altri, Madeleine non lo appoggiava di più delle altre volte. Credere che questa gentaglia sia recuperabile è pura e semplice utopia, e a dimostrazione di ciò, Javert aveva davanti una puttana orrenda, senza capelli e senza denti, che per di più aveva osato malmenare un onesto cittadino.
I suoi uomini l’avevano circondata, ma lo stesso lui accettò l’onere di afferrarla di persona per la collottola.
“Seguimi”, le disse.
Si era aspettato lacrime di coccodrillo, preghiere, paura. C’erano sempre. Questa feccia ricordava sempre troppo tardi di doversi comportare in un certo modo.
Quindi, non si stupì quando la puttana sgranò gli occhi e tentò di sottrarsi.
A farlo sussultare furono le parole che uscirono da quella bocca sdentata.
“No, non può essere”.


Fantine si aggrappò a quella parola, a quell’ordine che lei aveva tatuato sul corpo.
Se l’Ispettore era davvero la sua anima gemella, avrebbe capito, doveva capire.
Fino all’ultimo si illuse che l’Ispettore non fosse privo di pietà. Anche quando il Sindaco ordinò che venisse liberata, la sua mente insisteva che doveva essere stato l’Ispettore, non poteva essere altrimenti.
E invece, il Sindaco, che lei aveva odiato, si era rivelato un uomo buono.
L’Ispettore… le faceva paura.
Perché, ora che giaceva febbricitante su un lettino, tra le poche cose che vedeva chiaramente vi era questo: che l’Ispettore la detestava, la vedeva solo come una troia infima meritevole solo di marcire in carcere.
E Fantine si dannava, perché la parola che aveva sul ventre era stata un motivo di speranza. Si era detta che Tholomyes era stato uno sbaglio, ma che la sua anima gemella sarebbe stata diversa.
Ma, anche se Fantine non lo conosceva a fondo, e stava riprendendo fiducia nell’animo umano, fu costretta a dirsi che quanto aveva visto era terribile.
Javert era crudele come Tholomyes. In modo diverso e con intenzioni diverse. Ma, forse per questo, era anche peggiore.


Quando entrò nella stanza, Javert vide Fantine diventare di sasso, in preda al terrore.
Nei giorni trascorsi, aveva riflettuto, nei limiti in cui una persona non abituata a farlo può riflettere. Si era chiesto cosa pensasse di lei, ora che la rivelazione era giunta, ora che era chiaro come il sole che loro due avrebbero dovuto condividere un destino.
Ma lui, al di là di quelle parole incredule sul suo petto, cosa provava veramente? Da una parte, provava qualcosa che somigliava alla paura, qualcosa che c’era sempre stato da quando era spuntato il tatuaggio a sedici anni. Forse, tale paura era motivata dal fatto che, sotto sotto, aveva saputo che la possibilità era reale. La possibilità che la sua anima gemella fosse tutto ciò che lui ripudiava.
Dall’altra parte, provava disgusto, per lei che era una criminale, e per sé stesso. Perché avere come anima gemella una simile cagna, cosa dovrebbe dire, di lui?
Una minima parte di lui, quasi inconsciamente, provò dubbio e, forse, anche tristezza. Rimorso? Quello era troppo. E quella parte rimase inascoltata.
Non gli importava nulla di lei, ora. Gli importava solo di Valjean, che finalmente poteva ricevere la sua giusta punizione, per aver ingannato lui e la città intera. Sì, anche lei.
Valjean cercò di calmare Fantine e poi osò fare la cosa più stupida a cui potesse pensare, trattare con Javert. 
Lui non si sarebbe fatto fregare di nuovo.
E mentre glielo diceva, glielo urlava, ecco di nuovo la puttana innervosirsi e lamentarsi, non importa niente a nessuno di tua figlia, dovresti sparire e basta, la tua esistenza è un paradosso, non avrei dovuto incontrarti.
Urlò troppo forte. Fu troppo arrabbiato. Fu troppo onesto nel dirle che non avrebbe mai più rivisto sua figlia.
Fantine si accasciò sul piccolo letto e morì.
Valjean si avvicinò al suo corpo e constatò il decesso.
Quando vide i suoi occhi, Javert vide un’ira che non aveva mai visto negli occhi del Sindaco Madeleine.
“L’avete uccisa voi!”, gridò Valjean.
Javert strinse i denti e per una frazione di secondo, forse, provò qualcosa.
Per una frazione di secondo, il suo cuore, proprio sotto il tatuaggio, perse un battito.
Poi si costrinse a non provare più nulla.
Fantine era morta, ed era giusto così.

 
Note finali: Questa storia mi gironzola nella mente da alcuni giorni.
A dir la verità, da ancora più tempo avevo intenzione di scrivere qualcosa, su di loro. Solo che all'inizio intendevo scrivere qualcosa di meno... cattivo.
Poi però, data la difficoltà di creare una scena plausibile con questi due, ho pensato all'eventualità di un Soulmate AU.
Su tumblr girano parecchi headcanon, sui Soulmate Tattoo AU. Non ho idea del perché la faccenda dei tatuaggi sia così interessante.
Ogni volta che ne vedevo uno, mi dicevo "E se i due soulmate sono in realtà nemici? O non si sopportano?". Per questo mi aveva accarezzato l'idea di una Valjean/Javert simile a questa. Ho infine deciso di utilizzare l'idea per il mio primo tentativo di Javert/Fantine, un tentativo che non si allontana da cosa succede in canon, tatuaggi a parte.
C'è voluto un po' prima che decidessi finalmente di scriverla, perché, tempo libero a parte, onestamente, mi sentivo proprio, ma proprio cattiva.
Mh.
E questa storia è piuttosto cattiva, colpa anche di Javert che a questo punto del libro è davvero da prendere a martellate in testa.
Però, dato il mio amore per i what if in cui tutto finisce bene, non escludo di scrivere qualcosa di fluffoso, per loro, un giorno.

 
  
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