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Autore: cecchino_2028    20/08/2014    0 recensioni
Patrizia è consapevole di essere solo l'amante, l'altra, l'eterna seconda.
Claudia sospetta, ma non ne ha la certezza.
Enrico quasi muore quando le vede nella stessa stanza, le sue fantasie perverse fattesi realtà.
Tommaso tenta solo di portare via la tristezza da quegli occhi.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
- Questa storia fa parte della serie '365 stories'
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Roma, agosto 1976

Claudia e Patrizia non hanno granché in comune, fatta eccezione per la passione per lo stesso uomo, tra l’altro ricambiata per entrambe, per questo non si spiegano come abbiano fatto a ritrovarsi nello stesso bar nell’ora in cui ogni benedetto locale è gremito di gente per l’aperitivo che sta dilagando tra i giovani della Roma bene.
 Patrizia ha appena terminato una sessione di studio all’università, i libri nella sacca che via via si sta sfondando, una fascia rossa a tenerle i capelli castani e gli occhi azzurri che bevono tutto ciò che hanno intorno.
Claudia è fasciata in un vestito leggero e scuro, che le copre, pudica, le gambe fino al ginocchio, ride alle battute degli amici, sorride agli sconosciuti ed arrossisce ai complimenti dei ragazzi.
Patrizia è scioccata di vederla lì, da sola, senza l’eterna compagnia dell’adorato – e adorabile – Enrico.
Chissà dov’è, si chiede Patrizia.
Claudia finge di non vederla, scolando il suo aperitivo analcolico, bevuto solo per moda, scelto per decenza. 
Tommaso fissa Patrizia come se nel locale ci fosse solo lei, accarezza i suoi jeans con lo sguardo, sospira sullo scollo della camicia bianca, che getta lo sguardo dritto sul seno, poi affoga i suoi pensieri in una birra ghiacciata, sapendo di poterla avvicinare ogni volta che vuole, di poterle rubare un pensiero, un bacio, ma mai il cuore ed i sospiri, inevitabilmente destinati ad un altro.
La radio gracchia in sottofondo la notizia dell’attentato all’Italicus, confermando il numero ed i nomi delle vittime. Claudia non sente quel rumore, ma Patrizia sì, e le si stringe il cuore ed una bestemmia le si ferma tra i denti. Tommaso sorride appena, riconoscendo nello sguardo azzurro la forza della determinazione, la voglia di fare giustizia da sola, con le sue mani bianche, abituate a pizzicare corde che stimolano ogni terminazione del cervello e fanno fremere il corpo; vorrebbe avvicinarsi e baciarla fino a toglierle il fiato, così, solo per sapere che per un attimo ha chiuso gli occhi e le immagini della strage si sono dileguate dalla sua mente, ma sa che non può, non ora, non di fronte a tutti.
Alla fine accade qualcosa che cambia la situazione.
È solo un attimo, lo spostamento d’aria, il tintinnio di un pennacchio sulla porta, due teste – una bionda e l’altra castana – che si voltano.
Enrico fa la sua entrata nel locale, sussulta e si blocca nel riconoscere il profilo di Claudia ed il profumo di Patrizia, dannazione, il profumo dolce mescolato allo sguardo languido della bionda, una delle sue fantasie più perverse.
Non è nella sua camera, non è nel suo letto e non si sta masturbando, eppure è tutto lì, Claudia e Patrizia, entrambe in attesa di vederlo, di sentirlo, di possederlo.
 Claudia posa il bicchiere e si alza, con passo affrettato lo raggiunge, gettandogli le braccia al collo e baciandolo dritto sulle labbra, e Patrizia si sente sprofondare.
Sola ed in balia della tempesta.
Tommaso la fissa senza proferire parola, picchietta piano le dita sul bancone del bar, fa per avvicinarsi alla ragazza, ma quando scola l’ultimo goccio di birra il profumo fruttato è già sparito dalla circolazione, solo la fascia rossa a terra, volata – chissà come – da quei capelli castani.

 kiss

Tommaso pizzica le corde della chitarra, incapace di mettere insieme una melodia, il fuoco scoppietta creando un’atmosfera intima, anche se attorno ad esso siedono una dozzina di persone. Patrizia siede accanto a lui, una bottiglia di vino in mano ed un sorriso stampato sulle labbra, finalmente felice, anche se il pensiero – di tanto in tanto – corre a quel dannato Enrico troppo distante e troppo sfuggente.
«La smetti di torturare quella povera chitarra?» domanda, divertita, Patrizia, avvicinandosi alla bottiglia per trangugiare quanto più alcool possibile.
«Se qui ci fosse stato Enrico non avresti detto così!» è la risposta, acida, di Tommaso, agevolato dalla gradazione alcolica.
 In un attimo tutto si è fermato, nessuno osa più fiatare, gli sguardi fissi su Patrizia, che ha corrugato la fronte ed ha lasciato cadere la bottiglia a terra, e sugli occhi brucianti di Tommaso, che la guarda, in attesa di una qualsiasi reazione.
Ma Patrizia non fa nulla, si limita ad alzare le spalle ed andarsene a sedere su un tavolo in disparte, una sigaretta che brucia tra le dita e le lacrime agli occhi, mentre si stringe nella felpa, unica consolazione che ancora porta il profumo di Enrico.
Tommaso si rende conto delle sue parole, si trattiene dal bestemmiare solo per raggiungere l’amica ed abbracciarla, nel tentativo di chiederle scusa senza dover usare davvero le parole.
Patrizia non si smuove, continua a fumare la sua sigaretta ed a lasciarsi cullare, inerme, dalle carezze di Tommaso, che – preso dalla foga e dall’alcool – si fanno più spinte, scendendo sotto la canotta a righe della ragazza, alla ricerca del seno prosperoso.
 Poi il bacio, inaspettato, dolce, che sa di fumo, vino e birra, morbido come nessuno dei due si aspettava, ma che non arriva, perché Patrizia si scosta, presa dalla paura e dal timore di fare qualcosa di cui poi si potrebbe pentire.
Eppure un sospiro ed un fremito si fanno avanti, le carezze diventano più spinte e le chiacchiere vuote in lontananza li raggiungono, qualcuno che grida di non fare nulla di stupido, di andare a dormire ognuno nella sua tenda.
 E Patrizia davvero non se lo aspettava, né quel tentato bacio, né quelle carezze; non credeva che in due giorni di campeggio sarebbe riuscita, anche per un solo fugace attimo, a dimenticare Enrico, ed a lasciarsi cullare da mani più ruvide, da uomo, da operaio, da uno che sa come far divertire una donna senza doverla per forza gettare su un letto.


 falò

E forse Patrizia ora rimpiange quel bacio, quel movimento fatto con la testa, quella carezza su quel viso ubriaco lasciata fare ai capelli profumati invece che alle mani, e tornerebbe indietro a quella sera, solo per gettarsi nel vuoto e baciare quelle labbra che adesso agogna, anche solo per saggiare qualcosa di nuovo, qualcosa che non fosse Enrico.

   
 
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