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Autore: Fragolina84    22/08/2014    0 recensioni
Sequel di Un raggio di luce per l'umanità
Driven to tears, spinto alle lacrime.
Loki è tornato e vuole vendetta. Gli Avengers e soprattutto Tony saranno spinti alle lacrime dalla rabbia del semidio di Asgard che si abbatterà su ciò che hanno di più caro al mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I love Avengers'
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Victoria è viva e grazie alla medicina asgardiana è sana e salva.
Ma Loki tiene in ostaggio Elizabeth e le donne degli Avengers
e molto presto si metterà in contatto con loro per dettare le sue condizioni.
Cari amici, vi auguro buona lettura e attendo i vostri commenti.
Grazie!


«Fammelo vedere di nuovo» disse Tony.
Si trovavano tutti sul ponte dell’Helicarrier: Tony, tornato da Asgard da meno di un’ora; Thor, con il martello posato davanti a sé; Steve, che indossava la sua uniforme a stelle e strisce; Clint, con l’arco di traverso sulla schiena; Bruce, che giocherellava con i suoi occhiali da vista.
Ciò che Tony e tutti loro avevano temuto si era rivelato vero: Loki aveva quasi ucciso Victoria e rapito Elizabeth, insieme a Jane, Beth, Natasha e Violet. Poi aveva lasciato loro un video messaggio.
Come aveva richiesto Stark, la Hill fece partire le immagini che presero a scorrere sui loro schermi.
Il video messaggio che Loki aveva fatto recapitare loro mostrava un luogo buio, forse un magazzino o un bunker sotterraneo. Più probabile che fosse un bunker, ragionò Tony, più difficile da individuare. Infatti non c’erano ancora riusciti.
La telecamera zumava su una serie di celle. Sembravano gabbie per animali, chiuse da sbarre di ferro, piuttosto anguste. Dentro ognuna di esse c’era una delle loro donne.
La prima ad essere inquadrata fu Natasha. Era l’unica ad essere legata alle sbarre con una catena di acciaio che le impediva di muoversi liberamente. Non che ne avesse possibilità: era seduta con la schiena contro le sbarre, con la testa ciondoloni. Dovevano averla picchiata – aveva un bernoccolo bluastro sulla fronte e del sangue sul viso – e probabilmente la tenevano sedata. Di tutte le ragazze degli Avengers, lei era quella pericolosa e Loki lo sapeva bene.
La cella a fianco della sua era l’unica occupata da due persone e Tony strinse i pugni come ogni volta in cui aveva visto quel video. Violet era seduta per terra e non sembrava ferita ma solamente scossa. Teneva in braccio Elizabeth che stava chiaramente dormendo, il corpo abbandonato contro il petto della zia. L’incertezza di sapere se stesse davvero bene lo rodeva dentro, ma ragionò che Violet non sarebbe stata così tranquilla se la nipote fosse stata ferita.
La telecamera proseguiva nella sua carrellata, mostrando la cella successiva in cui era prigioniera Beth. Sedeva per terra, abbracciandosi le gambe con le braccia, la testa appoggiata sulle ginocchia. Era voltata verso Violet e probabilmente stavano parlottando perché, anche se non c’era audio, vedeva la cognata rispondere ogni tanto.
L’ultima cella era occupata da Jane. Era l’unica che non era seduta e passeggiava nervosamente avanti e indietro, come una leonessa in gabbia. Tony la conosceva e sapeva che era un vero peperino e sicuramente aveva fatto ammattire i carcerieri. Aveva un livido scuro su uno zigomo, forse dovuto all’incidente in seguito al quale era stata rapita.
Le immagini sfumarono al nero e la presenza odiata e detestata di Loki riempì lo schermo. Era seduto su una specie di trono – in perfetto stile con la sua megalomania – e stringeva lo scettro nella destra.
«Carissimi amici» iniziò a dire e Tony non poté impedirsi di colpire il tavolo con il pugno chiuso.
«Scusate» disse poi, «ma mi infastidisce da morire questo personaggio».
«È ciò che vuole» commentò Steve.
«Vengo a voi con questo messaggio per rassicurarvi che le vostre ragazze stanno bene e nessuna di loro è stata ferita. A parte l’agente Romanoff, ma ha opposto resistenza ed è stato inevitabile».
Tony evitò di alzare gli occhi e guardare Barton. Quando era tornato dalla ricognizione nell’Iowa, Barton aveva ammesso che lui e Natasha stavano insieme. Era la sua donna e Loki evidentemente se n’era accorto prima di tutti loro. Forse era stato in seguito a quel colloquio con lei quando era prigioniero dell’Helicarrier, quando Fury l’aveva mandata a parlare con l’asgardiano per scoprire cosa avesse in mente.
«È l’unica sedata perché è troppo focosa per i miei gusti. Ma non per i tuoi evidentemente, vero Barton?»
Barton non mosse un muscolo, sebbene Tony intuisse che dentro ribolliva di rabbia, come tutti loro.
«La tua Beth è deliziosa, sai Cap?». La voce di Loki era insinuante e ossessiva. Li provocava, li sfidava, fomentava la loro rabbia per poterla poi usare contro di loro. «Era così preoccupata quando i miei le hanno telefonato dicendole che eri rimasto vittima di un incidente mentre eri in missione per lo S.H.I.E.L.D.»
Era stata quella la scusa con cui avevano attirato la ragazza lontana dal suo posto di lavoro. Poi l’avevano caricata su un’auto e portata via, senza che nessuno si accorgesse di nulla.
«E ora veniamo a te, mio caro fratello». Loki si rivolgeva ora a Thor. «La dottoressa Foster ha un carattere davvero burrascoso. Non credo che basti Mjolnir per controllarla, vero? Non mi era sembrata tale su Asgard, ma forse l’Aether la condizionava troppo. Sono stato lì lì per farla legare e sedare come la Romanoff, dopo che ha preso a graffi e morsi i miei uomini».
Loki ridacchiò e tutti loro sentirono il tuono brontolare, mentre un fulmine lampeggiava tra le nubi.
«Chiedo scusa» borbottò Thor, concentrandosi per far cessare il temporale.
«Tu, mio caro dottor Banner, mi hai davvero stupito. Pensavo che non avresti mai trovato nessuno in grado di andare oltre il tuo, diciamo, problema».
Bruce si alzò in piedi e Tony guardò preoccupato verso l’amico che prese a misurare il ponte a grandi passi, mentre Loki continuava nella sua tirata.
«E invece sembra che la signorina Johnson abbia perso la testa per un paio di bicipiti verdognoli. Chi l’avrebbe detto, eh?»
«Bruce» mormorò Tony.
«Sto bene. Devo solo sbollire un po’, ma sono calmo» disse, ma la sua voce roca diceva il contrario.
«Ho tenuto il meglio per ultimo» disse Loki, guardando direttamente in camera. Tony si irrigidì, ben sapendo ciò che sarebbe seguito.
«Sai, Anthony, mi è sinceramente dispiaciuto uccidere tua moglie. Avrei voluto averle entrambe nella mia collezione, le tue donne». Rise.
«Lo ammazzerò stavolta, Thor. Te lo giuro, non mi fermerai» mormorò truce.
«Non vedo perché dovresti avere tu quest’onore» borbottò Bruce.
«Non sarà nemmeno tuo, doc» disse Steve, fissando torvamente lo schermo davanti a sé.
«Signori, per favore!»
Fury li interruppe, prima che la discussione diventasse insostenibile.
Nessuno si scusò, ma tornarono a guardare i monitor. Si erano persi la frase successiva, ma avevano visto quel video abbastanza volte da averlo imparato a memoria.
A conti fatti, Vicky si è dimostrata coraggiosa come una regina. Peccato che il suo sacrificio sia stato vano.
Sentire che Loki usava quel diminutivo con lei, quando era solo e soltanto lui a chiamarla Vicky, lo fece fremere di rabbia.
«Detto ciò, tua figlia ha il suo stesso cuore – e la sua bellezza – e, se ho ben capito, il tuo stesso genio. È un peccato che continui a chiamare te o sua madre, per quanto l’abbia vista crollare davanti ai suoi occhi».
Chissà quanto doveva essere spaventata Elizabeth. Era una bambina di appena sei anni, ed era stata strappata via dalla sua famiglia, aveva visto sua madre ferita e quasi uccisa e ora era prigioniera in una gabbia, come un animale.
«Potrei restare ore a parlare, ma il tempo stringe e non ho ancora abbandonato i miei gloriosi propositi per voi».
«La prossima volta che lo incontro gli dico due parole su dove può ficcarsi i suoi gloriosi propositi» borbottò Tony.
L’espressione di Loki cambiò improvvisamente, quasi avesse sentito il suo commento.
«Stark!» abbaiò. «Tra un’ora esatta chiamerò sul tuo cellulare e tu e i tuoi amichetti dovrete essere pronti a fare ciò che vi dirò. O comincerò ad ucciderle. Magari partendo dalla più piccola, che ne dici?»
Il video si spense improvvisamente, lasciando quel commento maligno nell’aria.
Tony si lasciò andare all’indietro, coprendosi gli occhi.
«Ci tiene in pugno, Nick» sospirò.
Avevano tentato di rintracciare l’origine del messaggio, ma né Jarvis né lo S.H.I.E.L.D. erano riusciti a risalire alla fonte. Loki era furbo e, dato che era stato in grado di operare simultaneamente ben cinque rapimenti, doveva essere circondato da una forza sorprendente che di certo aveva reclutato grazie ai poteri oscuri dello scettro.
«Se dobbiamo credergli, tra meno di cinque minuti chiamerà e sapremo cosa vuole» replicò Nick, ma Tony sbuffò.
«Non farà differenza. Non posso parlare per gli altri, ma se mi dirà di spararmi un colpo in testa pur di lasciarla libera, lo farò. È mia figlia, Nick».
«È prematuro parlarne, Stark. Vediamo di scoprire prima cosa vuole e soprattutto dove si trova. Poi faremo tutte le valutazioni del caso».
A mezzanotte in punto, il cellulare di Tony – il nuovo cellulare di Tony, che aveva sostituito quello che lui stesso aveva rotto scagliandolo a terra – che era posato sul tavolo davanti a lui, squillò. Il numero del chiamante era nascosto e sia Jarvis che gli analisti dello S.H.I.E.L.D. si attivarono subito per rintracciare la chiamata.
Tony lasciò il cellulare posato sul tavolo e premette un pulsante. Il computer si attivò, rimandando il segnale in vivavoce, in modo che anche gli altri potessero sentire.
«Stark» disse Tony.
«Buonasera, Anthony» rispose Loki. Era impossibile non riconoscere quella voce: sembrava il sibilo di un serpente. Ma Tony avrebbe senz’altro preferito la compagnia del rettile.
Aveva una tremenda voglia di chiedere notizie di sua figlia, ma s’impose di non farlo. Nessuno di loro poteva mostrare debolezza: Loki sapeva già dove colpire con disarmante chiarezza, non era il caso di dargli ulteriori appigli.
«Sei puntuale» prese atto Tony.
«Come la morte. Si dice così?»
Tony sorvolò, evitando di commentare: «Cosa vuoi, Loki?»
«Intanto lasciami salutare il resto degli Avengers che sicuramente è in ascolto». Nessuno rispose. «Oh, non c’è nessuno che abbia voglia di salutarmi?» chiese Loki, fingendo rammarico. «Neanche tu, fratellone?» aggiunse, ma Thor non si mosse nemmeno.
«Ti ho fatto una domanda semplice, Loki: cosa vuoi?»
«Quanta fretta, Stark! Non mi chiedi nemmeno notizie di tua figlia?»
«Sarà meglio per te che stia bene, o non ci sarà posto nei nove regni dove potrai rifugiarti».
«Sta benissimo. Così come tutte le altre ragazze». Un impercettibile sospiro di sollievo percorse la fila di Avengers. «E il fatto che continuino a stare bene dipenderà da voi».
Tony girò lo sguardo intorno, ma tutti gli analisti che stavano lavorando per rintracciare la chiamata scossero la testa.
«Per favore, dì ai tuoi di smettere di provare a rintracciarmi». Si intuiva un sorriso sarcastico sulle labbra di Loki mentre pronunciava quelle parole. «Tra non molto vi dirò io dove trovarmi».
Tony fece cenno di continuare a provare e si appoggiò al tavolo a braccia conserte.
«Senti, Loki: smettiamo di menarla per le lunghe. Sappiamo tutti che è noi che vuoi, quindi lascia andare le ragazze. Non ti servono».
Loki rise. «Mi servono eccome. Non potrei mai farvi fare ciò che ho in mente di farvi fare senza di loro. Mi servono come assicurazione. Si potrebbe dire che vi tengo per le palle, Tony. No, non è corretto: in realtà vi tengo per il cuore».
Tony non rispose.
«A proposito di cuore: il tuo dovrebbe essere straziato a quest’ora. Vedovo, eh? Così giovane, che peccato! Beh, poco male: adesso puoi tornare ad essere il playboy di sempre, non è vero Stark?»
L’uomo scattò in piedi, piantando i pugni sul tavolo. «Ti ammazzerò per quello che hai fatto, Loki. Te lo giuro» urlò. «Ti farò a pezzi e li spargerò nell’universo, tanto per essere sicuro di non vederti tornare dal regno dei morti stavolta».
Il fatto che Victoria fosse sana e salva su Asgard, lontano dalle grinfie di Loki (pur se quest’ultimo non lo sapeva), non gli importava: quello era l’uomo che era entrato in casa sua l’aveva ferita e lasciata dissanguare sul pavimento. E ora osava parlare di lei in quei termini: Tony vedeva rosso, infuriato come il toro davanti alla cappa del matador.
Steve si alzò in piedi e lo raggiunse, mentre lui continuava a inveire contro Loki che, da parte sua, non fiatava nemmeno. Infilò un braccio sotto quello teso di Tony, piegò il gomito e lo trascinò via dal tavolo.
«Lasciami, Steven!» urlò Tony, divincolandosi.
Steve lo tenne contro di sé senza sforzo. «Non dargli questa soddisfazione, Tony» gli sussurrò all’orecchio. «Non permettergli di usare il tuo dolore contro di te, non dargli nulla a cui aggrapparsi».
Tony si rilassò, smettendo di agitarsi. «D’accordo» mormorò, «puoi lasciarmi ora».
«Sicuro?» chiese l’amico.
L’altro annuì e Captain America lo lasciò. Tony tornò ad avvicinarsi al tavolo e trasse un lungo respiro per calmarsi.
«Sei ancora lì?» chiese.
«Papà?»
La vocetta di Elizabeth lo fece sussultare. Non si era aspettato che Loki gli permettesse di parlarle.
«Tesoro! Sono papà! Piccola, stai bene?» disse concitatamente, timoroso che Loki interrompesse quel contatto.
«Sì, sto bene. Papà, quando vieni a prendermi?» domandò la bambina con voce tremante.
«Presto, Lizzy. Molto presto. Tu però devi essere forte e non piangere. Papà sarà presto lì da te, ok?» disse, cercando di infonderle attraverso quelle parole tutto il coraggio di cui aveva bisogno.
«La mamma… sta bene?»
Sebbene se l’aspettasse, non era in grado di rispondere a quella domanda. Avrebbe voluto dirle che Victoria era viva e guarita, al sicuro, ma non poteva permettere che Loki subodorasse qualcosa. E non poteva nemmeno dirle che era morta, confermando ciò che Loki pensava fosse vero: non poteva spezzare in quel modo il cuore di sua figlia. Mentre rifletteva, indeciso su cosa rispondere, Loki tornò a farsi sentire.
«Sei patetico, lo sai?» disse. «Avresti dovuto dirle la verità. Guarda cos’è successo a me, quando Odino mi ha rivelato ciò che mi aveva taciuto per anni».
Tony strinse i denti per impedirsi di riprendere ad insultarlo.
«Adesso basta, Loki» esclamò. «Smettiamola di giocare e vediamo di concludere questa storia». Sperò che il suo avversario non riuscisse a sentire il tremito che lui avvertiva nella propria voce. «Che dobbiamo fare?»
«Conosci Treasure City?» disse l’altro.
Si trattava di una città fantasma del Nevada, nata sull’onda della frenetica corsa all’oro e abbandonata da quasi centocinquant’anni, quando i filoni sotterranei si erano esauriti. Era uno dei territori più aridi e inospitali della zona e non era strano che Loki avesse scelto di stabilirsi proprio lì.
«Sì, la conosco».
«Bene. Vi aspetto lì tra un’ora. Solo voi cinque. Chiaro?»
Era ovvio che chiedesse loro di presentarsi da soli. Tony si chiese che cosa avesse in mente e cosa avrebbe chiesto loro di fare.
«Se ho solo il sospetto che ci siano con voi agenti dello S.H.I.E.L.D.» proseguì Loki, «le uccido. Non sto scherzando».
«D’accordo» acconsentì Tony.
«Verrete con un solo velivolo, che piloterà Barton. Arrivate con un solo minuto di ritardo e ci saranno conseguenze. Quando sarete sul sito, i miei uomini vi daranno indicazioni per l’atterraggio e vi porteranno da me. Una volta qui vi darò le informazioni necessarie a liberare le ragazze».
Tony lanciò un’occhiata a Barton che annuì.
«Ok. Altro?»
«Se penserete soltanto di provare a fare uno dei vostri giochetti, lo saprò e…» iniziò Loki, ma Tony non lo lasciò proseguire.
«Va bene. Abbiamo capito, Loki. È tutto?»
«È tutto. Bon vojage» replicò l’altro e riattaccò.
Non appena la comunicazione fu chiusa, balzarono tutti in piedi.
«È una trappola» disse Fury.
«Sì, ma non abbiamo scelta» rilevò Thor. «Farà ciò che ha detto e nessuno di noi può permetterlo».
«E io non posso permettervi di mettere in pericolo l’unico team di guerrieri in grado di opporsi a qualsiasi cosa abbia in mente Loki».
Tutti si bloccarono.
«Nick,» intervenne Rogers in tono conciliante, «non abbiamo tempo per questa discussione. Ogni minuto che perdiamo è un minuto di vita in meno per loro».
Tony sapeva cosa stava pensando Nick: cinque persone non erano nulla nell’economia del mondo. Se avesse dovuto scegliere se salvare cinque donne o il mondo intero, la scelta sarebbe stata oltremodo scontata. Discorsi comprensibili, finché non si parlava di tua figlia o della tua donna. In quel caso le cinque persone erano infinitamente più importanti del mondo intero, perché quello stesso mondo cessava di avere significato senza di loro.
«Quando saremo lì ci inventeremo qualcosa, ma devi lasciarci andare».
Fury parve voler replicare, ma poi osservò i loro volti: se avesse impedito loro di andare, si sarebbero ribellati. Sull’Helicarrier non c’era nulla che avrebbe potuto opporsi a quei cinque straordinari eroi. I loro volti erano duri e le espressioni risolute: ci avrebbero messo poco a mettergli a soqquadro la nave e a prendere un velivolo. In tal modo lui sarebbe rimasto senza i suoi e non avrebbe più potuto contare sull’appoggio degli Avengers.
«E sia» consentì infine.
Si mossero tutti per gli ultimi preparativi, ma Tony li richiamò indietro.
«Qualsiasi cosa accada, Loki dovrà essere mio» disse.
Fu Thor a parlare per tutti: «Tony, non è questo il momento per lasciarci accecare dalla vendetta. Credo che…»
«Victoria era incinta» dichiarò. Tutti tacquero, e lui li sfiorò con lo sguardo uno ad uno. «Non lo sapevamo, ma lei aspettava un bambino. Mio figlio. Un figlio che Loki ha ucciso». Nessuno ancora si azzardava a parlare. «Non vi sto chiedendo il permesso. Vi sto comunicando una verità: Loki è mio» scandì.
Thor abbassò il capo, riconoscendo la sua autorità. Si rendeva conto che non c’era modo di recuperare Loki. Non più. Lui non sarebbe stato in grado di ucciderlo. Tony Stark sì.
  
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